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D) LE SINGOLE MISURE DI SICUREZZA PATRIMONIALI

17. La cauzione di buona condotta

La cauzione di buona condotta (artt. 237-239 c.p.) si esegue mediante il deposito di una somma di denaro (da 103

a 2.065 euro) presso la Cassa delle ammende, ovvero mediante la prestazione di una garanzia ipotecaria o di

una fideiussione solidale. La finalità di questa misura – applicabile solo a soggetti ritenuti in concreto socialmente

pericolosi – è quella di distogliere il soggetto dal commettere nuovi reati, prospettandogli, come deterrente, il danno

patrimoniale conseguente alla perdita della somma depositata ovvero all’esecuzione della garanzia prestata.

Destinatari di questa misura, che è prevista sempre in alternativa o in aggiunta alla libertà vigilata, sono:

Colui che, essendo stato assegnato a una colonia agricola o ad una casa di lavoro, venga dimesso da tale

• istituto permanendo la pericolosità sociale, ma in grado tale da non giustificare la proroga della misura di

sicurezza;

Chi, sottoposto a libertà vigilata, abbia violato gli obblighi che gli sono stati imposti;

• Chi abbia trasgredito il divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcooliche;

• Chi abbia riportato condanna per esercizio del gioco d’azzardo, a condizione che si tratti di un

• contravventore abituale o professionale.

Per la cauzione di buona condotta la legge prevede sia una durata minima (1 anno), sia un durata massima (5 anni);

al venir meno della pericolosità sociale, la misura è comunque revocabile. Se colui nei confronti del quale è disposta

questa misura di sicurezza non deposita la somma né presta le garanzie, il giudice sostituisce alla cauzione la libertà

vigilata.

18. La confisca

La confisca (art. 240 c.p.) consiste nell’espropriazione ad opera dello Stato di cose attinenti a un reato o di per

sé criminose.

Finalità della confisca è quella di prevenire la commissione di nuovi reati, mediante l’espropriazione a favore dello

Stato di cose che, provenendo da illeciti penali o comunque collegate alla loro esecuzione, mantengono viva l’idea e

l’attrattiva del reato.

Presupposto della confisca è la pericolosità della cosa, da intendersi come probabilità che, ove lasciata nella

disponibilità del reo, la cosa costituisca per lui un incentivo alla commissione di ulteriori illeciti. Mancando nell’art.

236 c.p. un espresso richiamo all’art. 207 c.p. (revoca delle misure di sicurezza) a proposito della confisca, en segue

che questa misura ha durata perpetua.

“nel

A norma dell’art. 240,1 c.p. caso di condanna, il giudice può ordinare la confisca delle cose che servirono o

furono destinate a commettere il reato, e delle cose che ne sono il prodotto o il profitto”. In tutte queste ipotesi la

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confisca è facoltativa (cioè, il presupposto della pericolosità della cosa va accertato in concreto da giudice).

“cose

Quanto all’oggetto di questa forma di confisca, per che servirono a commettere il reato”, si intendono quelle

“cose

cose effettivamente utilizzate dal reo, mentre che furono destinate a commettere il reato” sono quelle che

erano state predisposte per la commissione del reato, ma in concreto, per una qualsiasi ragione, non sono state

utilizzate. Attraverso le formule citate, il legislatore circoscrive l’area applicativa della confisca ai soli reati dolosi.

Prodotto del reato” sono le cose materiali create attraverso l’attività penalmente rilevante: ad es., la moneta falsa

ottenuta con il procedimento di contraffazione.

Profitto del reato” sono le cose che rappresentano l’utilità economica direttamente o indirettamente conseguita con

la commissione del reato.

La confisca facoltativa è subordinata a due condizioni: il procedimento penale deve essere concluso con una

sentenza o con un decreto penale di condanna o anche con una sentenza di patteggiamento, e la cosa non deve essere

di proprietà di una persona estranea al reato.

L’art. 240,2 c.p. contempla tre ipotesi di confisca obbligatoria (caso in cui la pericolosità della cosa è presunte per

legge).

La prima ipotesi ha per oggetto “le cose che costituiscono il prezzo del reato”, vale a dire le cose (denaro o altra

utilità economica) che sono state date per istigare o determinare il soggetto a commettere reato.

Il carattere obbligatorio di questa ipotesi di confisca riflette una presunzione di pericolosità delle cose che sono state

corrisposte per commettere un reato: se quelle cose rimanessero nella disponibilità dell’istigato, gli renderebbero

tangibile l’idea che il “delitto paga”. Come nelle ipotesi di confisca facoltativa, anche in questo caso la confisca è

preclusa se la cosa che costituisce il prezzo del reato (ad es., un gioiello) appartiene a persona estranea al reato.

La seconda ipotesi di confisca obbligatoria riguarda i beni e gli strumenti informatici o telematici utilizzati per la

commissione di un’ampia gamma dei reati informatici, nonché i beni che costituiscono il profitto o il prodotto di

quei reati.

La terza ipotesi di confisca obbligatoria riguarda le cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione

è prevista dalla legge come reato (ad es., armi da guerra): queste cose vengono denominate “cose intrinsecamente

criminose”.

Bisogna distinguere a seconda che si tratti di cose il cui possesso, uso, ecc. costituisce sempre reato (ipotesi di c.d.

divieto assoluto) e cose il cui possesso, uso, ecc. può essere autorizzato in via amministrativa (ipotesi di c.d. divieto

relativo): in questo secondo caso, la confisca deve essere disposta se in concreto mancava l’autorizzazione ovvero

non erano state rispettate le condizioni alle quali l’autorizzazione era stata rilasciata.

La confisca delle cose intrinsecamente criminose deve essere disposta anche in assenza di una sentenza di condanna.

Se la cosa appartiene a persona estranea al reato, la confisca è applicabile nei casi di divieto assoluto, mentre non

può essere disposta se il divieto è solo relativo.

In relazione ad alcune specifiche figure di reato è stata introdotta nell’ordinamento la confisca per equivalente, che

ha per oggetto somme di denaro, beni o altre utilità di cui il colpevole ha disponibilità, per un valore

corrispondente al prezzo, al profitto o al prodotto del reato.

La Cassazione ha precisato che la misura, finalizzata a privare l’autore del reato dei vantaggi derivanti dalla sua

attività criminosa, è destinata ad operare nei casi in cui la confisca diretta dei proventi del reato non sia possibile per

i più vari motivi. Nei casi di concorso di persone la confisca per equivalente può essere applicata per l’intero importo

nei confronti di uno qualsiasi dei concorrenti. Quanto alla natura di tale forma di confisca, si è osservato che

l’assenza di un rapporto di pertinenza tra il reato e i beni confiscati (proprio invece della confisca ex art. 240 c.p.)

implica il venir meno del presupposto della pericolosità della cosa confiscata: da ciò la conclusione che la confisca

per equivalente non può considerarsi una misura di sicurezza, ma piuttosto una misura dal carattere eminentemente

sanzionatorio. Dalla natura sanzionatoria della confisca per equivalente si è poi ricavato il divieto di una sua

applicazione retroattiva, in ossequio all’art. 25,2 Cost.

Una questione dibattuta è, infine, quella relativa all’individuazione dell’oggetto della confisca per equivalente. Il

problema riguarda i casi nei quali la confisca per equivalente si estende anche al “profitto” del reato. Le Sezioni

Unite della Cassazione hanno definito il profitto come il vantaggio economico di diretta e immediata derivazione

causale del reato, mostrando così di aderire al criterio del profitto lordo che ha riguardo del profitto come il ricavo

complessivo percepito dall’attività criminosa, in contrapposizione al profitto netto che considera il profitto di

interesse giurisprudenziale il guadagno conseguito dal reato al netto dei costi sostenuti.

Un'altra forma di confisca obbligatoria, introdotta negli anni novanta nell'ambito di un provvedimento di contrasto

alla criminalità organizzata e via via estesa a una gamma sempre più ampia di reati di particolare gravità, è ora

prevista nell'art. 240 bis c.p., inserito nel codice penale, in attuazione del principio della riserva di codice, dal d.lgs.

1° marzo 2018, n. 21).

Si tratta della c.d. confisca allargata, che ha per oggetto denaro, beni o altre utilità di valore sproporzionato al

reddito dichiarato ai fini delle imposte sul reddito o alla attività economica svolta, dei quali il condannato abbia la

disponibilità — a qualsiasi titolo, anche per interposta persona — e non possa giustificare la provenienza.

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Secondo le Sezioni Unite della Corte di cassazione, i beni che possono essere oggetto di confisca sono solo quelli

entrati nella disponibilità del condannato fino al momento della pronuncia della sentenza per il c.d. 'reato spia', salva

comunque la possibilità della confisca di beni acquistati anche in epoca posteriore alla sentenza, ma con risorse

finanziarie possedute prima. Nel caso in cui non sia possibile procedere alla confisca di quel denaro, di quei beni o

di quelle utilità, la confisca può assumere i connotati della confisca per equivalente il giudice può cioè ordinare la

confisca di denaro, beni o altre utilità di legittima provenienza per un valore equivalente.

I tratti salienti della 'confisca allargata' ex art. 240 bis c.p. sono stati efficacemente individuati in una recente

sentenza della Corte di cassazione a Sezioni Unite: « una confisca giustificata dalla particolare gravità dei delitti-spia

ed in cui la diminuzione patrimoniale è caratterizzata da un forte affievolimento degli oneri probatori gravanti

sull'accusa in quanto fondata, nella sostanza, su tre elementi: la qualità di condannato per determinati reati; la

sproporzione del patrimonio di cui il condannato dispone, anche indirettamente, rispetto al suo reddito o alla sua

attività economica; la presunzione che il patrimonio stesso derivi da altre attività criminose non accertate ».

Per espressa previsione di legge il condannato non può giustificare la legittima provenienza dei beni sul presupposto

che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell'evasione fiscale.

La confisca ex art. 240 bis c.p. è prevista in caso di condanna o di patteggiamento, tra l'altro, per i delitti di

associazione mafiosa, per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni di cui all'art. 416 bis c.p. o commessi al

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A.A. 2024-2025
115 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/17 Diritto penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher francescabrunaperrucci di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto penale I e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bari o del prof Gianniti Luigi.