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LA CRISI DEL CODICE ROCCO
La parte speciale del nostro codice penale ha perso quel ruolo centrale all'interno del sistema che
dovrebbe competerle, siamo in presenza di un’autentica devastazione della parte speciale del codice
alla quale deve ormai riconoscersi un carattere residuale all’interno delle fonti normative in materia
penale.
La parte speciale è, per sua natura, maggiormente condizionata dal clima culturale e politico in cui
il codice nasce, se pure non costituirebbe una aperta rottura nella linea di politica criminale dello
Stato liberale precedente, cionondimeno è indubbio che la matrice autoritaria è particolarmente
evidente. Se è pur vero che il codice penale del fascismo non fu un codice penale tout court fascista,
è altrettanto certo che qualche condizionamento l'ideologia politica dominante ha svolto nella sua
redazione.
È nel complesso un sistema organizzato secondo una scala decrescente di valori che muove
significativamente dalla tutela dello Stato e della sua organizzazione per giungere, solo
successivamente, a quella dell'individuo e nella quale molti beni che hanno una connotazione
individuale o comunque privatistica sono assunti in una dimensione pubblicistica.
È evidente come di segno diametralmente opposto siano le indicazioni politiche e culturali espresse
dallo Stato repubblicano e dalla Costituzione e come la permanenza del codice Rocco dopo la
caduta del fascismo possa apparire anomala e dia luogo a tensioni e frizioni nel sistema. A questo
dato specificamente politico si deve aggiungere, peraltro, quello costituito dalla fisiologica
evoluzione che, in oltre settant'anni, la società ha subito e che, di per sé sola, rende il codice vecchio
e superato.
Tutto quanto si è sin qui andati osservando rende più che mai auspicabile che anche da noi si
approdi finalmente ad una organica riforma del sistema penale, complessivamente inteso, attraverso
la riformulazione del codice sia quanto alla parte generale, sia rispetto alla parte speciale.
La strada è per più versi aperta e l'impresa già avviata con alcune importanti progettazioni che
hanno prodotto testi di notevole interesse (es. progetto di legge delega di codice penale esteso sia
alla parte generale che alla parte speciale.).
L'organizzazione della parte speciale
CLASSIFICAZIONE DELLE FATTISPECIE E TECNICHE DI ORGANIZZAZIONE. IL CRITERIO DEL
BENE GIURIDICO
La diversità dei contenuti tipici della parte speciale trova un raccordo funzionale nella circostanza
che esse rappresentano strumenti di tutela di interessi giuridici: le fattispecie incriminatrici
costituiscono il mezzo per realizzare tale fine. Ciò che importa sottolineare è la connessione
funzionale che ogni norma incriminatrice di parte speciale presenta con la tutela di un quid che la
norma stessa assume come dato, sia esso un bene giuridico, uno scopo politico-criminale o una
funzione.
In quanto disposizioni rivolte alla tutela di un interesse giuridicamente rilevante, le fattispecie
incriminatrici sono suscettibili di una classificazione che, muovendo dal riconoscimento delle
affinità intercorrenti tra i diversi aspetti della tutela, le riconduce ad apparati relativamente
omogenei. La classificazione delle fattispecie costituisce la tecnica di organizzazione della parte
speciale; in essa si esprime la funzione sistematico-classificatoria del bene giuridico. Talvolta si
sono prospettati in dottrina criteri di classificazione ispirati ad un diverso principio. Così, si è
proposto di classificare i reati in rapporto alle modalità della loro realizzazione o in rapporto ai
motivi dell’agire criminoso,
La classificazione della parte speciale dipende essenzialmente dal modo con cui viene concepito il
reato.
L'idea del reato come offesa di un interesse si è affermata, nella tradizione giuridica moderna, ad
opera del pensiero illuministico: i riformatori settecenteschi muovevano dall'idea che la società
civile fosse costituita allo scopo di salvaguardare i diritti naturali di cui ciascun consociato era
detentore originario e di cui conservava l'esercizio nei limiti imposti dalla vita associata e dalla coe-
sistenza di altri consociati titolari di pari diritti. Il reato era perciò riguardato essenzialmente come
fatto lesivo di un diritto naturale. All'idea del diritto si sostituì, nel primo Ottocento per opera di
Birnbaum, l'idea del bene giuridico.
Il concetto di bene (o interesse) giuridico ha continuato a rappresentare la base di ogni criterio
d'identificazione del reato ed è stato oggetto di una rivalutazione in chiave costituzionale, nel senso
che ogni reato postulerebbe il necessario riferimento ad un’offesa significativa di interessi
costituzionalmente rilevanti.
Tuttavia, affermare il carattere fondamentale della classificazione e quindi dell'organizzazione
basata sul bene giuridico non significa affermarne l'esaustività:
- la sola considerazione dell’oggetto giuridico non può dar conto della complessità normativa
propria di un settore genericamente rivolto alla tutela di un determinato interesse;
- sul piano delle singole fattispecie è evidente che una considerazione esclusivamente legata al
bene giuridico non è sempre in grado di dar conto delle differenze intercorrenti tra disposizioni
incriminatrici, diverse ma volte alla tutela del medesimo bene.
IL DESTINO «SISTEMATICO» DELLE CONTRAVVENZIONI
In una codificazione moderna lo spazio riservato alle contravvenzioni deve essere minimo.
Le disposizioni incriminatrici di carattere contravvenzionale, sono dominate da due idee
fondamentali:
- di prevenzione, in quanto si tratta, per lo più, di norme volte a scongiurare situazioni
disfunzionali, rispetto a condizioni di ordine, di regolarità, di sicurezza, di stabilità, di volta in
volta identificate in un certo assetto;
- di specializzazione, in quanto la disciplina prevista si puntualizza in rapporto a luoghi, persone o
attività specificamente determinati.
Da questo punto di vista le contravvenzioni finiscono sempre con l’assumere il ruolo di tutela
frazionaria.
In secondo luogo, la tutela offerta dalle disposizioni contravvenzionali è, per lo più, una tutela di
funzioni, e non già una tutela di beni. In questi casi la norma non può reprimere l'offesa di un
interesse, perché esso si identifica in realtà con il rispetto di una serie di limiti e di condizioni volti
ad assicurare il «corretto assetto», il quale rappresenta lo scopo finale dell'intera disciplina.
Perciò la norma si limita a tutelare le modalità legalmente definite per risolvere un conflitto di
interessi, e cioè la funzione amministrativa destinata a tale fine. Da questo punto di vista, è evidente
che la migliore collocazione delle contravvenzioni è in linea di principio nel contesto della
disciplina amministrativa cui esse, di volta in volta, si riferiscono. Non è escluso tuttavia che in
taluni casi la fattispecie contravvenzionale possa assumere un significato prevenzionistico
direttamente riferibile ad un bene giuridico. In questo caso l’attrazione della fattispecie nell’area
codicistica è senza dubbio giustificata; ma l’inserimento dovrà avvenire nei contesti normativi
appropriati e non in una sede separata, rimarcando così la funzione specifica di tutela svolta dalla
disposizione contravvenzionale.
NATURA E CONTENUTI DELLE NORME DI PARTE SPECIALE
I principi generali della parte speciale
6 C 3
APITOLO
I RAPPORTI TRA PARTE GENERALE E PARTE SPECIALE
Le regole della parte generale integrano, completano e trovano reale riscontro nell'interpretazione e
nell'applicazione delle singole fattispecie incriminatrici. Non vi è dubbio che è rispetto al singolo
reato che operano concretamente sia le norme che definiscono gli elementi fondamentali che
costituiscono la fattispecie penale - colpevolezza, nesso causale, ecc. -, sia quelle che regolano i
meccanismi inerenti alla responsabilità.
Ma a questi, altri dati si aggiungono: innanzitutto il fatto che nella parte generale del codice si
trovano anche prescrizioni concernenti la stessa norma penale. Si tratta di autolimitazioni che il
legislatore si pone rispetto alle fonti ed alla conformazione della fattispecie penale (art. 1 e 2
principio di legalità e di irretroattività).
La presenza di queste regole che si pongono, quanto al contenuto, come sopraordinate alle norme
che descrivono i singoli reati ma che, di contro, hanno eguale valore, può dar luogo a discrasie
dell’ordinamento difficilmente superabili (così all’affermazione del principio di stretta legalità
enunciato nell’art. 1 fanno riscontro, nella parte speciale, alcune fattispecie che sono universalmente
ritenute come deroganti a quel canone).
Più evidente il fenomeno rispetto al principio di tassatività stante l'esistenza di non poche norme in
cui la descrizione del fatto tipico è tutt'altro che soddisfacentemente operata (es. reati di vilipendio,
apologia). In tutte queste ipotesi, si è in presenza di una non definizione: e la determinazione del
fatto punito finisce con l'essere affidata al giudice del (e nel) caso concreto.
Lo stesso vale rispetto all'asserito principio di concreta offensività che appare contraddetto da non
poche ipotesi di reati di pericolo presunto contenute nella parte speciale del codice; di casi in cui,
cioè, la legge non richiede, per il perfezionarsi della fattispecie, che il bene giuridico alla cui tutela
essa è volta sia concretamente posto in pericolo.
Le ragioni di queste divergenze tra parte generale e parte speciale, all'interno dello stesso testo
normativo, non sono di facile individuazione, forse ne può essere data una spiegazione in chiave
politica.
La conclusione non può che essere che le prescrizioni contenute o comunque traibili da norme della
parte generale del codice hanno ben poco rilievo pratico; alcune di esse possono costituire criteri di
orientamento per l'interprete nei casi in cui la norma lasci spazio a diverse possibili letture.
I termini del problema mutano radicalmente al mutare del quadro sociopolitico e, ancor di più, in
forza del rilievo che ad alcuni o a tutti i principi riconosce la Carta costituzionale. L'esistenza di
regole di rango costituzionale concernenti le fonti, le forme e i contenuti delle norme penali crea dei
vincoli per il legislatore e condiziona, quindi, significativamente la parte speciale. Ciò vale sia nel
senso che l'eventuale inosservanza di quei canoni può essere sanzionata con la dichiarazione di
illegittimità costituzionale, sia in quanto l'orientamento interpretativo che da essi promana acquista
un particolare valore nella