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COSTITUZIONE: Cosa succede se c'è un contrasto tra una norma costituzionale e una norma internazionale? Quale delle due prevale?
Conforti dice: "in linea di principio, dovrebbe prevalere la norma internazionale", perché a parità di rango, la norma internazionale dovrebbe prevalere in base ad una sorta di principio di specialità, perché l'art. 10 usa una formulazione generica dicendo "l'ordinamento italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute". L'ordinamento italiano comprende anche le norme costituzionali e, quindi, anche le norme costituzionali dovrebbero considerarsi modificate nella misura in cui ci fosse un contrasto con le norme del diritto internazionale generale.
Questa prevalenza del diritto internazionale, addirittura rispetto alle norme consuetudinarie, dice Conforti, non va spinto fino alle estreme conseguenze, nel senso che per Conforti, ma anche altri...
costituzionalisti italiani, ritengono che ci siano dei principi fondamentali nella Costituzione che avrebbero un rango superiore a quello costituzionale: sarebbero dei principi super costituzionali, delle norme fondamentali della Costituzione, superiori alla Costituzione stessa, tanto è vero che chi ammette questa concezione, poi dice che quando si modifica la Costituzione con i normali procedimenti di modifica costituzionali, non si potrebbero modificare in alcun modo i principi fondamentali, che avrebbero un rango superiore rispetto alla Costituzione. Se è vero che esistono questi principi fondamentali, ne dobbiamo dedurre che essi prevalgono anche rispetto alle norme consuetudinarie, immesse nell'ordinamento a livello costituzionale dall'art. 10, ma siccome detti principi stanno al di sopra delle normali norme costituzionali, non potrebbero nemmeno essere derogati dalle norme di diritto internazionale consuetudinario. E' difficile che si possa ipotizzare
in concreto un contrasto tra una norma di diritto internazionale consuetudinario e una norma della Costituzione, perché di solito il diritto costituzionale si occupa di materie che il diritto internazionale non regola, ad esempio l'organizzazione interna dell'ordinamento; ma per quanto riguarda i diritti fondamentali, alcuni di questi che sono espressione di principi fondamentali della Costituzione, potrebbero porsi in contrasto con alcune norme di diritto internazionale consuetudinario e vengono qui in considerazione tutte quelle norme tradizionali del diritto internazionale, che attribuiscono delle immunità dalla giurisdizione agli Stati stranieri o ad organi degli Stati stranieri: di fronte a queste norme che garantiscono delle immunità dalla giurisdizione civile e penale (per quello che riguarda gli Stati esclusivamente dalla giurisdizione civile) italiana, si può porre un contrasto con l'art. 24 della Costituzione: Tutti possono agire in giudizio per.La tutela dei propri diritti e interessi legittimi = se ammettiamo che l'art. 24 della Costituzione enuncia un principio fondamentale, di quelli inderogabili anche con legge costituzionale, allora di dovrebbe dedurre che c'è un contrasto tra alcune norme di diritto internazionale consuetudinario tradizionali e un principio fondamentale della Costituzione italiana.
Conforti dice: la cosa importante è che il principio enunciato nell'art. 24 sia soddisfatto nella sostanza = l'art. 24 può considerarsi non violato se nell'ordinamento interno dello Stato straniero che beneficia dell'immunità dalla giurisdizione, ci sono dei meccanismi giurisdizionali dai quali il cittadino italiano può avvalersi per ottenere il soddisfacimento dei propri diritti: se questo è possibile Conforti dice che l'art. 24 è soddisfatto; se non è possibile perché lo Stato straniero è uno Stato incivile, che non
Possiede un sistema giurisdizionale che garantisce una tutela adeguata dei diritti dei cittadini stranieri, allora concludiamo, con Conforti, che c'è una violazione dell'art. 24 e quindi la giurisdizione italiana, nei confronti di questi Stati, che non garantiscono al loro interno dei meccanismi giurisdizionali per la tutela dei diritti degli italiani, non godono dell'immunità della giurisdizione, anche a costo di imputare all'Italia un illecito internazionale, in violazione del diritto internazionale consuetudinario.
A sostegno di questa teoria Conforti cita una sentenza della Corte di Cassazione, sentenza dell'8 giugno 1994, la quale riguarda l'immunità dalla giurisdizione di un'organizzazione internazionale. Si trattava di un'organizzazione internazionale, il "centro internazionale di alti studi agronomici mediterranei", che aveva licenziato un cittadino italiano assunto da un organo locale.
Dell'organizzazione stessa (istituto agronomico di Bari). Il cittadino italiano si rivolge al Pretore del lavoro di Bari e chiede la reintegrazione del posto di lavoro e la condanna dell'istituto al risarcimento del danno subito, nella misura delle mancate retribuzioni dalla data di cessazione del rapporto, nonché alla contribuzione previdenziale. L'istituto si costituisce in giudizio e eccepisce l'immunità dalla giurisdizione: questo centro internazionale funzionava in base ad un trattato, il quale garantisce all'organizzazione un'assoluta immunità per la giurisdizione civile degli Stati membri. L'Italia, al momento di ratificare il trattato, aveva fatto una riserva alla disposizione che attribuiva all'organizzazione un'immunità assoluta dalla giurisdizione, riserva con la quale si era impegnata a rispettare questi principi, nei limiti e secondo i principi generali accordati dal diritto internazionale agli
Stati stranieri = immunità limitata che il diritto internazionale consuetudinario riconosce agli Stati stranieri, immunità che riguarda solo gli atti compiuti nell'esercizio di funzioni sovrane (atti iure imperi). In questo caso, la Cassazione è arrivata alla conclusione che il cittadino italiano licenziato non poteva rivolgersi al giudice italiano per ottenere la reintegrazione del posto di lavoro. Tra le tante argomentazioni sollevate da questo cittadino italiano, c'è anche quella per cui queste norme sull'immunità dalla giurisdizione civile degli Stati stranieri che l'Italia voleva applicare anche a questa organizzazione internazionale in deroga al regime favorevole previsto dal trattato: questo regime era da considerarsi in contrasto con l'art. 24 della Costituzione. La Corte dice: non risulta da norme espresse dalla Costituzione che sussiste un'inderogabilità assoluta dalla giurisdizione statale, né essain cui si valuti l'esistenza in concreto di un giudice chiamato a tutelare il diritto vantato dal soggetto interessato, la questione si pone con riferimento agli Stati esteri, ma si porrebbe anche nei confronti degli enti internazionali che non hanno un proprio ordinamento giurisdizionale se la tutela dei diritti dei loro dipendenti fosse rimessa alle decisioni assolutamente discrezionali dal datore di lavoro.Specifico non è questa la situazione in esame, perché risulta dal regolamento del centro internazionale che vi è un'apposita commissione dei ricorsi competente a decidere dei ricorsi proposti dai dipendenti contro le decisioni del centro, che è un organo di individui che agisce in piena indipendenza ed è composta da esperti di diritto internazionale e diritto di lavoro, cioè sufficiente per garantire il principio supremo per la tutela giurisdizionale, tutelato dall'art. 24 della Costituzione.
La Corte Costituzionale è stata chiamata, una volta, a decidere della contrarietà delle norme del diritto internazionale consuetudinario relative all'immunità dalla giurisdizione all'art. 24 della Costituzione, dando una soluzione diversa da quella di Conforti e dalla sentenza della Corte di Cassazione: nella sentenza del 18 giugno 1979 la Corte Costituzionale ha distinto: norme consuetudinarie che esistevano già
al momento dell'adozione della Costituzione, la dizione dell'art. 10 è talmente onnicomprensiva che garantisce comunque la prevalenza delle norme consuetudinarie anche rispetto ai principi fondamentali della Costituzione; norme consuetudinarie formatesi successivamente dovrebbero prevalere rispetto alle normali norme costituzionali, ma dovrebbero soggiacere ai principi fondamentali della Costituzione.
ADATTAMENTO AI TRATTATI: A differenza di quello che avviene in alcune Costituzioni contemporanee che sono più avanzate della nostra, la Costituzione italiana non contiene nessuna norma relativa all'adattamento del diritto italiano ai trattati internazionali di cui l'Italia è parte, ma si occupa solo della competenza a stipulare i trattati. Dobbiamo citare la teoria avanzata di QUADRI, il quale di fronte alla nuova Costituzione italiana, adottata dopo la II guerra mondiale, di fronte all'art. 10 e di fronte all'assenza di norme.
specifiche relative all'adattamento ai trattati, il quale dice: è vero che non ci sono norme relative all'adattamento ai trattati, però l'art. 10 può sopperire a questa carenza: tra le norme consuetudinarie immesse nell'ordinamento italiano dall'art. 10, c'è anche la norma pacta sunt servanda, quella famosa norma sulla produzione giuridica che fonda l'obbligatorietà dei trattati. Tale teoria andava però contro la chiara volontà dei costituenti che, nell'adottare l'art. 10, avevano chiaramente voluto riferirsi solo alle norme generali (e lo confermano anche i lavori preparatori). Infatti, questa teoria del Quadri suscitò subito varie polemiche in dottrina e, comunque, non è mai stata accolta dalla Corte Costituzionale, la quale invece ha detto esplicitamente che l'art. 10 non può aiutarsi per quanto riguarda il problema dell'adattamento ai trattati,
Perché si riferisce solo alle norme materiali del diritto internazionale generale, non a norme istitutive di fonti come la norma pacta sunt servanda. Così, anche nella prassi italiana del dopoguerra si continua a fare quello che si faceva all'epoca dello Statuto Albertino, cioè di volta in volta, in relazione a singoli casi.