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Libertà di culto, di associazione e di organizzazione delle confessioni religiose e posizione delle confessioni private d'intesa
Sent. n. 45 del 1957 (De Nicola; Petrocelli): Obbligo di preavviso per le riunioni religiose in luoghi aperti al pubblico (R.D. 18 giugno 1931 n. 773, art. 25)
L'art. 17 della Costituzione contiene una netta affermazione della libertà di riunione, ispirandosi a così elevate e fondamentali esigenze della vita sociale da assumere necessariamente una portata ed efficacia generalissime, tali da non consentire la possibilità di regimi speciali, neanche per le riunioni a carattere religioso.
Per questo tipo di riunioni gli artt. 8, primo comma, e 19 della Costituzione, che sanciscono la piena libertà dell'esercizio del culto per tutte le confessioni religiose, devono essere coordinati con l'art. 17, nel senso che le riunioni a carattere religioso non si sottraggono alla disciplina generale di tutte le riunioni.
delle leggi di p.s. 18 giugno 1931, n. 773, risulta essere in contrasto con la Costituzione. Inoltre, va sottolineato che la libertà delle riunioni è soggetta a limiti nel superiore interesse della convivenza sociale. Tuttavia, l'obbligo del preavviso all'autorità è previsto solo per le riunioni in luogo pubblico, come stabilito dall'articolo 17 della Costituzione. Questo implica che non è necessario il preavviso per ogni altra forma di riunione. Allo stesso modo, la disposizione contenuta nell'articolo 25 del T.U. delle leggi di p.s. 18 giugno 1931, n. 773, che richiede il preavviso per le funzioni, cerimonie o pratiche religiose in luoghi aperti al pubblico, non è giustificata in relazione all'articolo 19 della Costituzione. Quest'ultimo articolo vieta l'esercizio dei culti contrari al buon costume, ma nel nostro ordinamento giuridico non esiste il principio che ogni limitazione a una libertà costituzionale debba essere soggetta al controllo preventivo dell'autorità di pubblica sicurezza. Pertanto, l'articolo 25 del T.U. delle leggi di p.s. 18 giugno 1931, n. 773, risulta essere incompatibile con la Costituzione.delle leggi di p.s. è, per la parte di cui sopra, costituzionalmente illegittimo.
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: avv. Enrico DE NICOLA;
Giudici: dott. Gaetano AZZARITI. avv. Giuseppe CAPPI, prof. Tomaso PERASSI, prof. Gaspare AMBROSINI, prof. Ernesto BATTAGLINI, dott. Mario COSATTI, prof. Francesco PANTALEO GABRIELI, prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO, prof. Antonino PAPALDO, prof. Mario BRACCI, prof. Nicola JAEGER, prof. Giovanni CASSANDRO, prof. Biagio PETROCELLI,
ha pronunziato la seguente Sentenza
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 25 T.U. delle leggi di p. s., approvato con R. D. 18 giugno 1931, n. 773, promossi con le seguenti ordinanze:
1. - Ordinanza 17 aprile 1956 della Corte di cassazione, Sezioni unite penali, nel procedimento penale a carico di Lasco Umberto, rappresentato e difeso nel presente giudizio dagli avvocati Giuseppe Sabatini, Arturo Carlo Jemolo e Leopoldo Piccardi, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 141 del 9 giugno 1956 ed iscritta al n. 181 del Reg. ord. 1956;
2. - Ordinanza 16 novembre 1956 del Pretore di Leonforte nel procedimento penale a carico di Carosia Giovanni e Chiaramonte Pietro, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 316 del 15 dicembre 1956 ed iscritta al n. 338 del Reg. ord. 1956.
Vista la dichiarazione di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udite nell'udienza pubblica del 20 febbraio 1957 le relazioni del Giudice Biagio Petrocelli;
uditi gli avvocati Giuseppe Sabatini, Arturo Carlo Jemolo e il sostituto avvocato generale dello Stato Raffaele Bronzini.(...)
Considerato in diritto:
La Corte ritiene opportuno di decidere con unica sentenza le questioni sollevate dalle due ordinanze di cui in epigrafe.
L'ordinanza della Corte di cassazione relativa a Lasco Umberto pone i termini del giudizio di costituzionalità sulla base del rapporto fra l'art. 25 del T.U. delle leggi di p. s. e l'art. 17 della Costituzione.
Ciò si desume essenzialmente dalla parte dell'ordinanza in cui, dopo aver premesso che la situazione giuridica - in rapporto alla disciplina delle pubbliche riunioni - è profondamente modificata dopo l'entrata in vigore dell'art. 17 della Costituzione, che ha soppresso l'obbligo del preavviso per le riunioni private e per quelle tenute in luogo aperto al pubblico, si enuncia testualmente la questione "se la detta norma costituzionale abbia inteso di parzialmente abrogare soltanto la disposizione dell'art. 18 del T. U. delle leggi di p. s., che - come è noto - regola le pubbliche riunioni di ogni tipo, o vero di abrogare anche l'art. 25 dello stesso T. U., che contempla quelle particolari riunioni qualificate dal compimento di cerimonie o pratiche religiose fuori dei luoghi destinati al culto, vale a dire extra ecclesiae ambitum". Entro tali limiti, che le richieste della difesa non possono né modificare.nè ampliare, deve mantenersi il giudizio di questa Corte.