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CONFESSIONI DIVERSE DALLA CATTOLICA”.
La disciplina della legge n. 1159 del 1929 (culti “ammessi”).
I matrimoni celebrati secondo i riti delle confessioni diverse dalla cattolica possono acquisire effetti civili
solo se il ministro di culto è stato approvato dal Ministero dell’Interno: in mancanza dell’approvazione il
matrimonio è ritenuto nullo. Per ottenere l’approvazione, il ministro di culto, deve avere la cittadinanza
italiana e parlare la lingua italiana. Le parti (interessate a contrarre matrimonio), nel chiedere la
pubblicazione all’ufficiale di stato civile, devono dichiarare che intendono celebrare matrimonio davanti al
ministro di un “culto ammesso”. Accertata l’esistenza e la validità dell’approvazione governativa, l’ufficiale
di stato civile rilascia una autorizzazione scritta che riporta il nome del ministro di culto e la data di
approvazione della nomina: in mancanza dell’autorizzazione il matrimonio non può essere trascritto. Se
dopo il rilascio dell’autorizzazione è notificata un’opposizione alla celebrazione del matrimonio all’ufficiale
di stato civile, questi ne deve dare “immediata notizia” al m9nistro autorizzato, e se il matrimonio è
celebrato ugualmente ne sospende la trascrizione fino a che non sia definito il procedimento di
opposizione. Nella celebrazione del matrimonio il ministro di culto agisce come pubblico ufficiale, e deve
considerarsi un atto pubblico l’atto di matrimonio. In conclusione, per il matrimonio celebrato avanti a
ministri delle confessioni diverse dalla cattolica non è prevista la procedura della trascrizione tardiva.
La disciplina delle intese (concordata con la Tavola valdese).
Con l’intesa stipulata il 21 febbraio 1984, le chiese rappresentate dalla Tavola valdese si sono sottratte
all’ambito di applicazione della legislazione sui culti “ammessi”. La materia matrimoniale è ora regolata
dall’art. 11 della L. n. 449 del 1984 che dispone: “Lo Stato riconosce gli effetti civili ai matrimoni celebrati
secondo le norme dell’ordinamento valdese, a condizione che l’atto relativo sia trascritto nei registri dello
stato civile, previa pubblicazione alla casa comunale”. La nuova disciplina lascia immutata la competenza
piena ed esclusiva dello Stato a regolare i requisiti di capacità, le ipotesi di impedimento e le cause di nullità
del vincolo matrimoniale. Tuttavia, è previsto che la lettura degli articoli del codice civile che riguardano i
diritti e i doveri dei coniugi (art. 143, 144 e 147 del codice civile) sia fatta dall’ufficiale dello stato civile cui le
parti si rivolgono per la pubblicazione, dopo che i nubenti hanno comunicato l’intenzione di celebrare il
matrimonio secondo le norme dell’ordinamento valdese. L’ufficiale di stato civile dovrà prima accertare che
nulla si oppone alla celebrazione e poi rilascerà un nulla osta in doppio originale. Il ministro di culto,
celebrato il matrimonio, dovrà redigere l’atto di matrimonio e trasmetterlo entro cinque giorni all’ufficiale
di stato civile del comune di celebrazione, il quale constata l’autenticità del nulla osta e la regolarità
dell’atto di matrimonio e procede alla trascrizione entro ventiquattro ore, dandone notizia al ministro di
culto. Gli effetti civili si producono retroattivamente dal momento della. La disciplina concordata con la
Tavola valdese è analoga alle discipline concordate con le altre confessioni di minoranza. L’unica differenza
consiste nella necessità che i ministri di culto di queste altre confessioni posseggano la cittadinanza italiana,
non richiesta, invece, per i ministri valdesi.
La legge per la regolazione dei rapporti con l’Unione delle Comunità ebraiche italiane.
L’art. 14 della legge n. 101 del 1989 (di approvazione dell’Intesa con le Comunità ebraiche) riconosce gli
effetti civili ai matrimoni celebrati secondo il rito ebraico davanti ai ministri di culto nominati a norma dello
Statuto. La particolarità del rito ebraico, che non prevede un’espressa manifestazione di volontà della sposa
al matrimonio in quanto essa si limita ad accettare l’anello nuziale da parte dello sposo, è considerata
irrilevanti al fine del riconoscimento degli effetti civili.
Capitolo 17. “LA GIURISDIZIONE SUL MATRIMONIO CANONICO TRASCRITTO”.
L’impugnazione alla trascrizione (disciplina dello scioglimento del matrimonio). L’efficacia civile delle
sentenze ecclesiastiche nel Concordato (1929) e nell’Accordo del 1984. Il procedimento di “delibazione”.
Gli accertamenti della Corte d’Appello ed i provvedimenti economici da essa previsti.
La disciplina dello scioglimento del matrimonio contratto a norma del codice civile e quella della cessazione
degli effetti civili conseguiti alla trascrizione del matrimonio celebrato con rito religioso è identica nei casi
presupposti e negli effetti. Il Concordato del 1929 prevedeva, in applicazione del principio dell'uniformità
degli status matrimoniali nell'ordinamento civile e nell'ordinamento canonico, che le sentenze di nullità dei
matrimoni canonici trascritti e i provvedimenti di scioglimento del matrimonio rato e non consumato,
fossero riservate rispettivamente ai tribunali ed ai dicasteri ecclesiastici. Con gli accordi di Villa Madama del
1984, si attuò definitivamente il superamento del principio di esclusiva giurisdizione ecclesiastica sui
matrimoni canonici trascritti nei registri dell'ufficio dello stato civile.
L'articolo 8.2, di anzidetto accordo, infatti, prevede che: "Le sentenze di nullità di matrimonio pronunciate
dai tribunali ecclesiastici, che siano munite del decreto di esecutività del superiore organo ecclesiastico di
controllo (Supremo Tribunale della segnatura Apostolica), sono, su domanda delle parti o di una di esse,
dichiarate efficaci nella Repubblica italiana con sentenza della Corte d'Appello competente, quando questa
accerti:
a) l'esistenza e l'autenticità dei provvedimenti ecclesiastici sulla nullità del matrimonio;
b) che il matrimonio dichiarato nullo era un matrimonio concordatario e cioè un matrimonio canonico
trascritto nei registri dello stato civile;
c) che il giudice ecclesiastico era competente a conoscere la causa;
d) che nel procedimento innanzi al tribunale ecclesiastico sia stato assicurato alle parti il diritto di agire e di
resistere in giudizio, in modo non difforme dai principi fondamentali dell'ordinamento italiano. Ricordiamo
che il diritto alla difesa viene rispettato quando il convenuto sia stato regolarmente citato a comparire e
abbia avuto a disposizione un termine sufficiente per preparare la difesa;
e) le sentenze ecclesiastiche non devono produrre effetti contrari all'ordine pubblico (che in materia
matrimoniale è quello dell'effettività del vincolo coniugale, della comunione spirituale e materiale tra i
coniugi).
Tale procedimento, prese il nome di "procedimento di delibazione". L'articolo 8.2, dell'Accordo del 1984,
prevede che la Corte d'Appello possa "statuire provvedimenti economici provvisori a favore di uno dei
coniugi il cui matrimonio sia stato dichiarato nullo, rimandando le parti al giudice competente per la
decisione sulla materia". La norma si riferisce alle conseguenze economiche previste per il matrimonio, vale
a dire la corresponsione di "somme periodiche di denaro" in favore del coniuge sprovvisto di adeguati
redditi propri e che non sia passato a nuove nozze, e di "una congrua indennità" al coniuge in buona fede
da parte del coniuge "al quale sia imputabile la nullità del matrimonio", anche in mancanza di prova del
denaro sofferto. Questa disciplina si applica sia ai matrimoni dichiarati nulli dal giudice canonico, la cui
pronuncia sia resa esecutiva nell'ordinamento, sia nel caso di annullamento della trascrizione del
matrimonio.
Capitolo 18. “GLI ENTI ECCLESIASTICI”.
Il riconoscimento, la procedura ed i requisiti degli enti ecclesiastici. Il mutamento del fine, la revoca e
l'estinzione.
Nell'ordinamento italiano, di regola, le confessioni religiose non hanno personalità giuridica di diritto
privato, che invece hanno le articolazioni attraverso le quali si strutturano e agiscono. Il riconoscimento
civile come ente ecclesiastico o confessionale può essere conseguito:
- per antico possesso di stato, allorché l'ente è riconosciuto da tempo immemorabile. In questa categoria
rientrano, tra gli enti della Chiesa cattolica, la Santa Sede, le chiese cattedrali, i capitoli, i seminari, le diocesi
e le parrocchie più antiche; invece, tra gli enti delle altre confessioni, la Tavola Valdese e i quindici
Concistori delle Chiese delle Valli Valdesi;
- per legge, in genere quando si tratti di enti che per la loro importanza rendono superfluo l'ordinario
procedimento amministrativo, come la Conferenza episcopale italiana, le Comunità ebraiche e l'Unione
delle Comunità;
- per decreto ministeriale, sia con procedimento abbreviato nel caso di alcuni enti appartenenti alla Chiesa
cattolica e degli enti valdesi/metodisti, sia con procedimento ordinario;
- eccezionalmente, in forza di trattati internazionali.
Il riconoscimento civile è conferito agli enti della Chiesa cattolica con decreto del Ministro dell'interno, a
seguito del quale assumono la qualifica di ente ecclesiastico civilmente riconosciuto. Quanto al
riconoscimento, sono necessari i seguenti requisiti:
a) l'ente deve essere costituito o approvato dall'autorità ecclesiastica;
b) l'ente deve avere sede in Italia;
c) l'ente deve avere un fine di religione o di culto.
Il procedimento di riconoscimento della personalità giuridica degli enti ecclesiastici da parte dello Stato ha
inizio con la presentazione della domanda del rappresentante dell'ente secondo il diritto canonico o
dell'autorità ecclesiastica competente. Alla domanda si allegano gli atti idonei a provare i requisiti necessari
al riconoscimento, e, insieme alla stessa, deve essere allegato l'atto di assenso al riconoscimento
dell'autorità ecclesiastica competente. Tale domanda dovrà essere presentata presso la prefettura del
luogo in cui l'ente risiede. Il prefetto dopo aver istituito la pratica, la trasmette ai ministeri e se vi sono tutti
i requisiti concede il riconoscimento. La legislazione pattizia impone, inoltre, che gli enti ecclesiastici
civilmente riconosciuti mantengono nel tempo una sostanziale continuità nei fini e nel modo di essere.
Pertanto, ogni mutamento sostanziale nel fine, nella destinazione dei beni e nel modo di esistenza, deve
essere formalizzato nell'ordinamento dello Stato, e acquista efficacia civile mediante riconoscimento con
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