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La Corte Costituzionale
pronunciando con unica sentenza nei giudizi riuniti come in epigrafe:
dichiara la illegittimità costituzionale della norma contenuta nell'art. 25 del T. U. delle leggi di pubblica sicurezza del 18 giugno 1931, n. 773, nella parte che implica l'obbligo del preavviso per le funzioni, cerimonie o pratiche religiose in luoghi aperti al pubblico, in riferimento all'art. 17 della Costituzione.(...)
Libertà di culto, di associazione e di organizzazione delle confessioni religiose e esposizione delle confessioni prive d'intesa
Sent. n. 195 del 1993 (Casavola; Ferri): Edilizia di culto - assegnazione di aree e contributi alle confessioni religiose prive di intesa (art. 1 della Abruzzo 16 marzo 1988, n. 9)
Rispetto all'assegnazione di benefici finalizzati ad agevolare l'effettivo godimento del fondamentale e inviolabile diritto di libertà religiosa (art. 19 Cost.), di cui l'esercizio pubblico del culto è componente essenziale.
ciascuna confessione religiosa - che tale risulti non in base a mera autoqualificazione, ma a precedenti riconoscimenti, allo statuto o almeno alla comune considerazione - è idonea a rappresentare gli interessi religiosi dei suoi appartenenti, indipendentemente dal suo 'status', e senza possibilità di discriminazione, stante l'eguale libertà di tutte le confessioni davanti alla legge (art. 8, comma primo, Cost.). Perciò, l'attribuzione di aree riservate e di contributi finanziari per la realizzazione di edifici di culto - mentre ragionevolmente è condizionata e proporzionata alla presenza nel territorio comunale della confessione che richiede i benefici - non può essere legittimamente negata alle confessioni acattoliche che non abbiano ancora stipulato l'intesa con lo Stato prevista dall'art. 8, comma terzo, Cost., o che siano prive dello statuto organizzativo di cui al comma secondo dello stesso articolo. LA CORTECOSTITUZIONALE composta dai signori:
- Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
- Giudici: dott. Francesco GRECO, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO;
ha pronunciato la seguente Sentenza nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 5, terzo comma, della legge della Regione Abruzzo 16 marzo 1988, n. 29, recante "Disciplina urbanistica dei servizi religiosi", promosso con ordinanza emessa il 19 febbraio 1992 dal Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo sul ricorso proposto dalla Congregazione cristiana dei Testimoni di Geova contro il Comune dell'Aquila, iscritta al n. 549 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell'anno 1992.
Visti gli atti di costituzione della
Congregazione cristiana dei Testimoni di Geova e del Comune dell'Aquila nonché l'atto di intervento del Presidente della Regione Abruzzo; udito nell'udienza pubblica del 9 febbraio 1993 il Giudice relatore Mauro Ferri; uditi gli avvocati Stefano Grassi, Pietro Rescigno e Angelo Clarizia per la Congregazione cristiana dei Testimoni di Geova e l'Avvocato dello Stato Carlo Salimei per la Regione Abruzzo.(...) Considerato in diritto 1. Il Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 5, terzo comma, della legge regionale Abruzzo 16 marzo 1988 n.29, recante la disciplina urbanistica dei servizi religiosi, nella parte in cui prevedono l'erogazione di contributi solamente a favore delle confessioni religiose i cui rapporti con lo Stato siano regolati sulla base di intese, ai sensi dell'art. 8, terzo comma, della Costituzione. Siffatte disposizioni - ad avviso del giudice remittente- si porrebbero in contrasto con gli artt.2, 3, primo e secondo comma, 8, primo comma, 19, 20, 117 e 120, terzo comma, della Costituzione.
2. La legge della Regione Abruzzo deferita al vaglio di questa Corte disciplina - come è espressamente enunciato nell'art. 1 - "i rapporti intercorrenti tra insediamenti residenziali e servizi religiosi ad essi pertinenti, nel quadro delle attribuzioni spettanti rispettivamente ai comuni ed agli enti istituzionalmente competenti in materia di culto della Chiesa cattolica e delle altre confessioni religiose, i cui rapporti con lo Stato siano disciplinati ai sensi dell'art. 8, terzo comma, della Costituzione e che abbiano una presenza organizzata nell'ambito dei comuni interessati dalle previsioni urbanistiche di cui ai successivi articoli".
L'art. 5, poi, prevede, al primo comma, che "I comuni devolvono entro il 31 marzo di ogni anno alle competenti autorità religiose di cui alla presente legge una aliquota
Pari al 10% dei contributi per urbanizzazione secondaria loro dovuti"; successivamente, dopo aver regolato le modalità di determinazione delle somme, il terzo comma del medesimo art. 5 dispone: "i contributi sono corrisposti alle confessioni religiose che facciano richiesta e che abbiano i requisiti di cui al precedente art. 1: proporzionalmente alla loro consistenza ed incidenza sociale".
Questa Corte è pertanto chiamata a decidere se la riserva esclusiva dei detti contributi in favore, oltre naturalmente che della Chiesa cattolica, delle sole confessioni religiose che abbiano regolato i loro rapporti con lo Stato attraverso le intese previste dall'art. 8, terzo comma, della Costituzione, contrasti con il principio di eguale libertà di tutte le confessioni religiose e con il diritto assicurato a tutti di professare la propria fede religiosa e di esercitarne in pubblico il culto; in particolare, quindi, con riferimento agli artt. 8, primo comma, e 19 della Costituzione.
La questione è fondata. La norma sottoposta al vaglio della Corte è compresa nella "disciplina urbanistica dei servizi religiosi" adottata dalla Regione Abruzzo nell'ambito della propria competenza in materia urbanistica, e nel contesto delle disposizioni statali che comprendono le chiese e gli altri edifici per i servizi religiosi tra le opere di urbanizzazione secondaria, al pari di altri servizi di pubblico interesse (cfr. legge n. 167 del 1962 modificata dalla legge n. 865 del 1971). La disciplina della Regione Abruzzo prevede fra l'altro, all'art. 3, una dotazione di aree specificamente riservate ai servizi religiosi sino ad un massimo del 20% di quelle obbligatoriamente previste per attrezzature di interesse comune, nonché all'art. 5 l'erogazione di contributi nella misura parial 10% dei contributi per urbanizzazione secondaria dovuti ai comuni, da utilizzarsi per la realizzazione di attrezzature di interesse comune di tipo.religioso. Si è di fronte quindi ad un intervento generale ed autonomo dei pubblici poteri che trova la sua ragione e giustificazione - propria della materia urbanistica - nell'esigenza di assicurare un sviluppo equilibrato ed armonico dei centri abitativi e nella realizzazione dei servizi di interesse pubblico nella loro più ampia accezione, che comprende quindi anche i servizi religiosi. La realizzazione di questi ultimi ha per effetto di rendere concretamente possibile, e comunque di facilitare, le attività di culto, che rappresentano un'estrinsecazione del diritto fondamentale ed inviolabile della libertà religiosa espressamente enunciata nell'art. 19 della Costituzione. In tale campo quindi l'intervento dei pubblici poteri deve uniformarsi al principio supremo "della laicità dello Stato che è uno dei profili della forma di Stato delineata nella Carta Costituzionale della Repubblica", principio che"implica non indifferenza dello Stato dinanzi allereligioni ma garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione, in regime dipluralismo confessionale e culturale" (cfr. sent. n. 203 del 1989).
4. La tesi difensiva della Regione Abruzzo si basa in sostanza sull'argomento secondo cui l'esclusione dai contributi delle confessioni religiose che non abbiano regolato per legge i propri rapporti con lo Stato mediante intese non darebbe luogo a violazione dei principi di libertà e di uguaglianza essendo il differente trattamento legittima conseguenza di situazioni non omogenee.
Ma l'argomento è fuorviante: il rispetto dei principi di libertà e di uguaglianza nel caso in esame va garantito non tanto in raffronto alle situazioni delle diverse confessioni religiose, (fra l'altro sarebbe difficile negare la diversità di situazione della Chiesa cattolica), quanto in riferimento al medesimo diritto di tutti gli appartenenti.
alle diverse fedi o confessioni religiose di fruire delle eventuali facilitazioni disposte in via generale dalla disciplina comune dettata dallo Stato perché ciascuno possa in concreto più agevolmente esercitare il culto della propria fede religiosa. Se la diversità di trattamento ai fini dell'ammissione al contributo pubblico, come la stessa difesa della Regione sottolinea, è collegata alla entità della presenza nel territorio dell'una o dell'altra confessione religiosa, il criterio è del tutto logico e legittimo, e la previsione in tal senso della legge regionale (artt. 1 e 5) non è contestabile; essa non integra nemmeno stricto sensu una discriminazione in quanto si limita a condizionare e a proporzionare l'intervento all'esistenza e all'entità dei bisogni al cui soddisfacimento l'intervento stesso è finalizzato. Rispetto, però, alla esigenza sopra enunciata di assicurare edifici aperti.al culto pubblico mediante l'assegnazione delle aree necessarie e delle relative agevolazioni, la posizione delle confessioni religiose va presa in considerazione in quanto preordinata alla soddisfazione dei bisogni religiosi dei cittadini, e cioè in funzione di un effettivo godimento del diritto di libertà religiosa, che comprende l'esercizio pubblico del culto professato come esplicitamente sancito dall'art. 19 della Costituzione.
In questa prospettiva tutte le confessioni religiose sono idonee a rappresentare gli interessi religiosi dei loro appartenenti. L'aver stipulato l'intesa prevista dall'art. 8, terzo comma, della Costituzione per regolare in modo speciale i rapporti con lo Stato non può quindi costituire l'elemento di discriminazione nell'applicazione di una disciplina, posta da una legge comune, volta ad agevolare l'esercizio di un diritto di libertà dei cittadini.
Invero, tutte le confessioni religiose sono
- secondo il dettato dell'art. 8, primo comma, della Costituzione - egualmente libere davanti alla legge. A qu