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COMUNICAZIONE COMMERCIALE PUBBLICITARIA
Art. 18.1 lett. d) c. cons. Art. 1.1 lett. D) d.lgs. 145/2007
“Pratiche commerciali tra professionisti “Pubblicità: qualsiasi forma di messaggio e consumatori: qualsiasi azione, che è diffuso, in qualsiasi modo, omissione, condotta o dichiarazione, nell’esercizio di un’attività commerciale, compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori.”
Es. 21.3 bis, 23 lett. p) (vendite piramidali), 26 lett. a), c), d).
L'art 21.3 bis vieta la prassi delle banche che, per concedere un mutuo, obbliga
Il cliente può aprire presso di loro un conto o acquistare una polizza assicurativa a vita. Quando l'apertura di un conto corrente o di una polizza assicurativa a vita viene posta dalla banca come condizione per la concessione del mutuo, questo testo euro - unitario considera questa prassi una pratica commerciale sleale. Questa è una politica commerciale (non comunicazione commerciale). È una tecnica di marketing. Di questa prassi si occupa la norma statale di derivazione europea in quanto vieta qualcosa di più ampio della comunicazione commerciale sleale, ma vieta le pratiche commerciali sleali (che includono sia comunicazione sia politiche di marketing che possono anche non sostanziarsi in singoli messaggi). Un altro esempio ci è fornito dall'articolo 23 lettera p) che vieta, in quanto sleale per presunzione iuris et de iure (per presunzione assoluta), la vendita piramidale. Nell'articolo 26 lett. a), c), d) vengono
Presentatialtri esempi delle politiche commerciali diverse dalla comunicazione commerciale in quanto tale. Nel testo statale troviamo una nozione molto più ampia rispetto a quella di semplicecomunicazione commerciale. La comunicazione commerciale, ivi compresa la pubblicità, non ci viene definita se non nel suo requisito che è comune a tutte le pratiche commerciali, ovvero il fine della promozione della vendita o fornitura di beni o servizi ai consumatori. Nell'articolo 1.1 lettera b) del decreto 12 legislativo 145/2007 viene attuata la medesima direttiva che vieta le pratiche commerciali sleali, con riferimento esclusivo al divieto di pubblicità ingannevole e occulta nei rapporti fra professionisti (imprenditori). Questo decreto legislativo definisce la pubblicità. PUBBLICITÀ sarà "Si intende per pubblicità qualsiasi forma di messaggio che è diffuso in qualsiasi modo nell'esercizio di un'attività commerciale,
industriale, artigianale o professionale (vienedescritta la fonte del messaggio), allo scopo di promuovere il trasferimento di beni mobili o immobili (vendita), prestazioni di opere o di servizi oppure la costituzione o il trasferimento di diritti e di obblighi su di essi”. È una definizione di pubblicità che si qualifica come commerciale, in rapporto alla sua fonte (la fonte della comunicazione commerciale deve essere sempre un’impresa commerciale, industriale, artigianale o un professionista), al suo scopoà (vendere beni, servizi, attività di consulenza, attività intellettuale). In qualsiasi modo (Conàqualsiasi mezzo art. 21 si introduce un principio di neutralità tecnologica. Modo è inteso come mezzo (stampa, affissioni, radio, internet come ad esempio l’influencer marketing). Influenceràmarketing Questo è un fenomeno che vede soggetti apparentemente privati (non imprenditoriali), apparentemente
consumatori che si distinguono dagli altri consumatori perché sono celebrities o perché hanno acquisito fra i loro pari una certa autorevolezza che li ha portati ad avere un seguito/followers/pubblico e che quando parlano di marchi sono in grado di influenzare e persuadere all'acquisto. Bisogna però capire quando l'influencer parla di un marchio a titolo totalmente personale e allora ci ritroviamo nell'ambito della manifestazione del pensiero e quando parla di un marchio perché ha una material connection con l'impresa, tanto da diventarne una sorta di preposto occulto o un mandatario occulto. Il consumatore difficilmente è in grado di distinguere i 2 casi. L'istituto di autodisciplina pubblicitaria ha elaborato un decalogo di regole volte a rendere trasparente la relazione dell'influencer con la sua fonte, allo scopo di dare effettività al precetto della trasparenza. La comunicazione commerciale deve sempreEssere riconoscibile come tale (riconoscimento indispensabile) per salvaguardare la libertà di autodeterminazione economica del consumatore. Il consumatore deve essere in grado di identificare in modo corretto la fonte della comunicazione che riceve (natura commerciale o non commerciale). La sua attitudine critica varia a seconda della fonte.
Sono due definizioni che troviamo nelle fonti statuali con rilievo super costituzionale (vista l'attuazione di una direttiva europea). Le stesse definizioni le ritroviamo in una fonte privata che gioca un ruolo importante per quanto riguarda le regole della comunicazione commerciale in termini di effettività, ovvero il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale. Il codice è stato elaborato e viene seguito da oltre 50 anni dall'industria italiana (lo stesso si può dire anche degli altri Paesi europei vista la comune matrice del codice modello elaborato dall'ICC negli anni '30 del XX secolo).
In questo codice troviamo una definizione di pubblicità che sostanzialmente non è diversa da quella che ritroviamo nelle fonti statali e, fino al 2008, era la seguente: "La pubblicità comprende ogni comunicazione, anche istituzionale, diretta a promuovere la vendita di beni e di servizi quali che siano i mezzi utilizzati". Abbiamo una definizione che sostanzialmente coincide con quella del decreto legislativo 145/2007, con la differenza che questa definizione ha preceduto quella legislativa. Questa definizione è stata posta negli anni '60 quando, in Italia, nessuna norma statuale (tantomeno europea) si occupava delle regole della pubblicità. Questa definizione è stata posta dall'industria e dagli operatori della pubblicità in via autodisciplinare (spontaneamente) quando, nel nostro ordinamento, esisteva un vuoto normativo su questi temi. La pubblicità è sicuramente comunicazione diretta a vendere beni e servizi,
Qualunque sia il mezzo utilizzato (principio di neutralità tecnologica). È una definizione più sofisticata di quella statuale in quanto viene definita come pubblicità anche ogni comunicazione istituzionale d'impresa. Cosa si intende per comunicazione istituzionale d'impresa? Una comunicazione commerciale per promuovere la vendita di un bene o di un servizio può parlare del bene o del servizio ad esempio esaltandone le caratteristiche o prestazioni nel tentativo di convincere qualcuno ad acquistare. La comunicazione commerciale si avvale anche di altre modalità per promuovere la vendita di un bene o servizio, ad esempio una comunicazione commerciale potrebbe limitarsi a parlare di un marchio associandolo ad altre storie al solo scopo di catturare l'attenzione dei consumatori, indurre la memorizzazione del marchio e conseguentemente spingendo in modo indiretto i consumatori a rivolgersi ai prodotti di una determinata impresa.
Esempio Campagna pubblicitaria realizzata dal gruppo Benetton negli anni '90 con l'assistenza di Oliviero Toscani. Le campagne pubblicitarie della Benetton solo fino alla fine degli anni '80 inizio anni '90 facevano vedere i capi di abbigliamento. Improvvisamente i capi di abbigliamento scompaiono dalla comunicazione pubblicitaria, ma non scompare il marchio e la comunicazione pubblicitaria Benetton firmata da Toscani inizia a parlare di razzismo, violenza, AIDS, guerre ed inquinamento e lo fa con toni provocatori e scioccanti. La comunicazione Benetton non passa inosservata ed è sicuramente una comunicazione molto efficace per la memorizzazione del marchio. Proprio perché è comunicazione commerciale, in quanto parla di un marchio allo scopo di vendere beni o servizi. Questo anche secondo il Giurì di autodisciplina e l'autorità garante della concorrenza del mercato in applicazione delle norme allora vigenti a partire dalla.direttiva sulla pubblicità ingannevole e scorretta. Era comunicazione commerciale che parlava d'altro per fare accelerare la memorizzazione del marchio e quindi incrementare la vendita di beni e servizi. Anche nell'ambito della comunicazione commerciale c'è uno spazio per la libertà di manifestazione del pensiero dell'imprenditore, ma come si esprime? Si esprime come libertà creativa. Quando l'imprenditore fa pubblicità esercita la sua libertà di manifestazione del pensiero scegliendo le modalità creative (parlare del prodotto o di altro, fare pubblicità informativa, suggestiva, comparativa, se fare influencer marketing...). Questa libertà però si muove entro i confini segnati dalle regole della comunicazione commerciale in quanto ha uno scopo ben preciso e coinvolge i consumatori che devono essere tutelati per garantire una certa regolamentazione del mercato e che su di esso.L'incontro tra domanda ed offerta avvenga in modo corretto (non per effetto di frode, di manipolazione) e nel rispetto della capacità critica del consumatore che viene assunta come risorsa fondamentale per il corretto funzionamento del mercato. La pubblicità può essere anche istituzionale.
La sponsorizzazione di un evento è una tecnica commerciale ma non è comunicazione commerciale. La sponsorizzazione è un contratto che consente ad una certa impresa che finanzia un evento, di dare visibilità al suo marchio all'interno di quell'evento. Però non c'è una comunicazione.
Diverso è il caso dell'impresa che non ha fatto un contratto di sponsorizzazione per un evento ma, attraverso una serie di iniziative, fa credere al pubblico di essere lo sponsor per accaparrarsi la reputazione dell'evento e trasferirla sul proprio marchio. Esempio: Tra gli sponsor dei mondiali in Sud Africa c'era
uttività o al valore di un bene o di un servizio) e aveva cercato di rubare i segreti di produzione. Ma il marchio di birra, con la sua lunga storia e la sua reputazione di qualità, non si è lasciato intimidire. Ha deciso di fare causa al concorrente per violazione del contratto e per danni morali. Dopo un lungo processo legale, il marchio di birra ha ottenuto una vittoria schiacciante. Il concorrente è stato condannato a pagare una multa salata e a interrompere immediatamente la produzione dei prodotti rubati. Il marchio di birra ha dimostrato ancora una volta di essere un leader nel settore e di non tollerare comportamenti scorretti da parte dei suoi concorrenti.