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La disciplina della concorrenza applicabile alle imprese

La sana concorrenza tra le imprese che operano nel mercato comune rappresenta uno degli obiettivi primari dell'Unione ed al tempo stesso uno degli strumenti più efficaci per mantenere e consolidare l'assetto unitario del mercato.

L'art 3 TUE richiede la promozione di "un'economia sociale di mercato fortemente competitiva": il regime della concorrenza è quindi funzionale all'obbiettivo di integrare i diversi mercati nazionali in un mercato unico avente caratteristiche analoghe a quelli interni dei Paesi membri.

Talune restrizioni della concorrenza sono tollerabili purché finalizzate al raggiungimento di altri obiettivi del Trattato e così compensate da effetti benefici per la collettività.

Il sistema, che attribuiva alla sola Commissione la competenza a concedere esenzioni, è stato radicalmente modificato a decorrere dalla data di entrata in vigore del Trattato di Lisbona.

Da maggio 2004, con l'introduzione di un anche alle autorità della concorrenza e alle giurisdizioni degli Stati, regime c.d. di eccezione legale in base al quale le intese restrittive della concorrenza sono lecite e purché rispettose dell'art 101 TUE. Valide ab initio, senza la necessità di una preventiva decisione,

L'azione dell'Unione si è sviluppata in questo campo in più direzioni e con strumenti sia diretti che indiretti, destinati sia alle imprese che agli Stati membri.

La sfera di applicazione materiale delle norme europee sulla concorrenza si estende a tutte le attività economicamente rilevanti che non vi siano espressamente sottratte (produzione di beni, prestazioni di servizi, settore bancario, delle assicurazioni, dei trasporti, ecc).

Possono quindi esservi sottratti gli accordi collettivi di lavoro, parzialmente gli accordi interprofessionali, le attività relative al settore agricolo e il settore della

difesa e della sicurezza nazionale (es. produzione e commercio di materiale bellico, armi e munizioni). Le norme specificamente indirizzate alle imprese sono gli artt 101 e 102 TFUE, dedicati rispettivamente alle intese tra imprese e all'abuso di posizione dominante. LA NOZIONE DI IMPRESA La nozione europea di impresa è alquanto ampia in quanto comprende qualsiasi entità, persona fisica o giuridica, che svolga un'attività economicamente rilevante, industriale o commerciale o di prestazione di servizi. Rientrano quindi l'esercizio di una professione liberale, l'attività del medico, dell'avvocato, un'attività artistica, un ordine professionale, la Federazione sportiva, gli uffici di collocamento, il servizio postale, il gruppo, ecc. Non è rilevante la forma giuridica assunta dall'impresa o le modalità di finanziamento (es. è impresa anche l'amministrazione dei monopoli di Stato).

Italia).l'assenza di fine di lucro non priva affatto l'attività svolta della sua portata economica. Del pari, ed il soggetto che la svolge della qualifica di impresa. È viceversa escluso dalla nozione di impresa un ente che contribuisca alla gestione di un servizio pubblico di carattere sociale o che agisca in veste di attività pubblica, sicché la sua attività sia svolta secondo principi estranei alle leggi di mercato (es. organismo di previdenza sociale di categoria, l'ente che gestisce il sistema sanitario nazionale, l'ente incaricato di gestire il servizio di controllo della navigazione aerea, ecc).

L'ART 101 DIVIETO DI INTESE ANTICONCORRENZIALITFUE: "Sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire,

restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato interno [...]" L'INTESA può assumere qualsiasi forma e può essere anche implicita: è sufficiente che le imprese abbiano espresso la comune volontà di comportarsi sul mercato in un determinato modo. Sono considerati "intesa" tutti quei comportamenti di due o più imprese finalizzati a realizzare iniziative comunque idonee ad alterare la concorrenza. Le ipotesi di intesa rilevate sono: - L'ACCORDO, la cui nozione è molto ampia e privilegia la sostanza alla forma. Può dunque trattarsi di un accordo sia scritto (anche non sottoscritto) che verbale, e non è necessario che si traduca in un vero e proprio contratto giuridicamente valido. Sono accordi anche misure prese e in poste in modo apparentemente unilaterale da parte di un produttore (es tramite circolare) ai distributori, salvo che questi non abbiano assentito neppure tacitamente ma
  1. anzi abbiano tentato di contrastarle.
  2. LE DECISIONI DI ASSOCIAZIONI D'IMPRESE sono quelle, anche non vincolanti (es, semplici raccomandazioni), professionali nei confronti degli associati.
  3. sono qualsiasi forma di comportamento coordinato tra imprese
  4. LE PRATICHE CONCORDATE che, senza tradursi in un vero e proprio accordo formale, rappresenti una cooperazione consapevole tra le stesse a danno della concorrenza.
  5. L'esigenza di autonomia vietata rigorosamente che tra gli operatori abbiano luogo contatti diretti o indiretti aventi lo scopo o l'effetto di influire sul comportamento tenuto sul mercato da un concorrente attuale o potenziale.
  6. La mera partecipazione a riunioni o discussioni tra concorrenti non è di per sé idonea a dimostrare l'esistenza di una concertazione tra le imprese, ma dà luogo ad una presunzione.
  7. La nozione di pratica concordata implica, oltre alla concertazione fra le imprese,

Un comportamento successivo alla concertazione stessa ed un nesso causale tra questi due elementi. La concertazione non si può presumere quando il parallelismo di comportamento può spiegarsi anche diversamente, ma esso rimane pur sempre un serio indizio: il parallelismo di comportamento non può infatti essere considerato prova di una concertazione tra le imprese se non quando questa sia la sola spiegazione plausibile. Perché l'art 101 non elimina il diritto degli operatori economici di adattarsi "intelligentemente" al comportamento rivelato dai concorrenti. La pratica concordata che abbia un oggetto anticoncorrenziale integra come tale una violazione del Trattato, senza che occorra verificare la sussistenza anche di effetti anticoncorrenziali. È alla Commissione che spetta l'onere di provare la sussistenza della violazione, che può risultare da un atto isolato ma anche da un insieme continuato di atti, e di produrre.

Tutti gli elementi idonei ad individuare la responsabilità di ciascuna impresa, il cui comportamento può avere diverse gravità. L'intesa rilevante è quella tra due o più imprese, non necessariamente comunitarie.

Presupposti per l'applicabilità:

  • IL PREGIUDIZIO AL COMMERCIO TRA STATI MEMBRI
  • L'ALTERAZIONE DELLE CONDIZIONI DI CONCORRENZA ALL'INTERNO DEL MERCATO COMUNE

Prima ancora occorre che le imprese siano libere di determinare il loro comportamento: se il comportamento fosse imposto da una normativa nazionale o questa avesse eliminato ogni possibilità di comportamento concorrenziale, gli artt 102 e 103 non troverebbero applicazione.

IL PREGIUDIZIO AL COMMERCIO TRA STATI MEMBRI è suscettibile di pregiudicare gli scambi intracomunitari l'accordo che, sulla base di un insieme di elementi soggettivi di diritto o di fatto.

è ragionevole prevedere possa esercitare un'influenza diretta o indiretta, attuale o potenziale, sulle correnti di scambio tra Stati membri in una misura che potrebbe nuocere alla realizzazione degli obiettivi di un mercato unico. L'elemento del pregiudizio agli scambi in via di principio limita l'applicabilità della disciplina comunitaria della concorrenza alle intese i cui effetti si realizzano a livello comunitario e non all'interno di un solo Stato membro o sono quindi confinati. Il rilievo comunitario di una fattispecie non è tuttavia escluso per il solo fatto della localizzazione (es. l'intesa solo nazionale potrebbe delle imprese e/o della loro attività in un unico Stato membro pregiudicare il commercio intracomunitario per effetto della chiusura del mercato nazionale o della maggior difficoltà per i concorrenti stranieri di accedere a quel mercato). Per le intese che si estendono all'intero territorio nazionale sussiste

Una presunzione che può cadere se solo l'analisi delle sue caratteristiche e del contesto economico in cui si inserisce dimostrino il contrario (es. nel settore dei giornali un sistema di distribuzione chiuso può incidere anche sulla distribuzione dei giornali o periodici provenienti da altri Paesi terzi).

Ai fini di un'intesa, e ancor più ai fini dell'abuso, più in generale, il mercato geografico che rileva di posizione dominante, è costituito da una "parte sostanziale del mercato comune".

Perché si produca un pregiudizio agli scambi occorre tener conto del contesto economico e giuridico in cui l'accordo si inserisce, ovvero della struttura del mercato, della posizione occupata dal fornitore, il differenziale tra i prezzi dei prodotti di cui trattasi all'interno e all'esterno della Comunità, ecc.

L'accertamento del pregiudizio al commercio tra Stati membri va operato caso per caso.

 È

necessario che il pregiudizio abbia una certa consistenza, ma non che si sia già verificato ("possano in fatto: è sufficiente che sia potenziale pregiudicare") e che investa direttamente o indirettamente il volume degli scambi, i prezzi o la qualità dei prodotti o dei servizi idonei a produrre l'effetto vietato: La Corte richiede infatti la prova che gli accordi siano deve apparire ragionevolmente probabile. La logica della disciplina della concorrenza è e dev'essere in sintonia con la logica della libera circolazione delle merci all'interno del mercato comune: come gli Stati devono eliminare gli ostacoli alle importazione, così le imprese non possono concertare preclusioni equivalenti. Dalla riforma avutasi con il regolamento n 1/2003 il criterio del pregiudizio ha assunto un ruolo centrale ancor più determinante: è infatti imposto alle autorità di concorrenza e ai giudici nazionali l'obbligo ditag html al testo fornito:

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Dettagli
A.A. 2012-2013
90 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/14 Diritto dell'unione europea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher giuliabertaiola di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto dell'Unione Europea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Verona o del prof Baruffi Maria Caterina.