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Procedura accelerata e ricorsi alla Corte

Il trattato inoltre prevede una procedura accelerata (artt. 226-7). La Commissione e gli Stati membri possono, saltando la fase precontenziosa, adire direttamente la Corte. È il caso dell'art. 88, in materia di aiuti di Stato, qualora lo Stato di cui si tratta: - non si conformi nel termine impartito ad una decisione di incompatibilità dell'aiuto concesso, - ovvero eroghi un aiuto prima ancora che la Commissione si sia pronunciata sulla sua compatibilità. Infine, in base all'art. 237 il Consiglio di amministrazione della Banca Centrale Europea può proporre ricorso alla Corte per far constatare la mancata esecuzione, da parte degli Stati membri, degli obblighi derivanti dallo statuto della Banca.

Effetti della sentenza di inadempimento e sanzione pecuniaria

Gli effetti di una pronuncia della Corte all'esito di una procedura di infrazione sono prefigurati dall'art. 228. La sentenza riconosce che lo Stato è inadempiente.rispetto ad una o più obbligazioni che gli derivano dal trattato ovvero da un atto comunitario. Si tratta dunque di una sentenza meramente dichiarativa.
Gli Stati dichiarati inadempienti sono tenuti a prendere i provvedimenti che l'esecuzione della sentenza impone. La Corte di Giustizia, infatti, ha affermato che, se una pronuncia accerta l'incompatibilità con il trattato di una legge nazionale, lo Stato avrà l'obbligo di modificarla. I giudici, inoltre, devono garantire l'osservanza della norma comunitaria così come interpretata dalla Corte, determinando anche i diritti che i singoli ne traggono.
Il Trattato non fissa alcun termine per l'esecuzione della sentenza che accerti l'inadempimento, è evidente tuttavia che l'esigenza fondamentale dell'applicazione immediata ed uniforme del diritto comunitario richiede tempi brevi.
Nella versione precedente al trattato di Maastricht, l'art. 228 si fermava a

Questo punto, con la conseguenza che l'ipotesi di mancata o non corretta o non tempestiva esecuzione della sentenza era configurabile quale normale inadempimento, come tale passibile a sua volta di una procedura di infrazione ai sensi dell'art. 226. È, questa, l'ipotesi comunemente definita di doppia condanna.

Il trattato di Maastricht ha aggiunto nell'art. 228 la previsione di una sanzione pecuniaria per l'ipotesi che uno Stato membro non abbia adottato le misure necessarie per dare esecuzione ad una sentenza che riconosce l'inadempimento. In tal caso, la procedura di infrazione può essere reiterata così come appena ricordato, ma la Commissione chiede alla Corte anche la condanna dello Stato al pagamento:

  • Di una somma forfettaria, nei casi di inadempimento puntuale e isolato;
  • Ovvero di una penalità di mora, nei casi di mancata abrogazione o adozione di norme.

Le due sanzioni possono anche essere cumulate.

In base agli artt.

244 e 256 del trattato, la sentenza della Corte è titolo esecutivo all'interno degli ordinamenti nazionali, con apposizione della relativa formula in base alla mera verifica di autenticità da parte dell'autorità competente (per l'Italia, il Ministero degli Esteri).

Indipendentemente dalla sanzione pecuniaria, la sentenza che accerta l'infrazione non è affatto priva di conseguenze. Infatti, se si accerta che una norma è incompatibile con il diritto comunitario, la conseguenza è un obbligo per i giudici e le amministrazioni di non applicare la norma nazionale.

La Corte Costituzionale, inoltre, ha riconosciuto che l'interpretazione della norma comunitaria, compiuta attraverso una sentenza della Corte di Giustizia resa in sede di procedura di infrazione, ha la stessa immediata efficacia delle disposizioni interpretate.

9. Controllo giurisdizionale e cooperazione tra giudice nazionale e giudice comunitario. Funzione ed oggetto

del rinvio pregiudiziale

Nel sistema di controllo giurisdizionale un ruolo decisivo ha assunto la cooperazione tra giudice comunitario e giudice nazionale. Infatti, l'applicazione in concreto delle norme e degli atti comunitari è per molta parte demandata agli Stati membri e alle rispettive amministrazioni.

Nella patologia dei rapporti giuridici, dunque, il giudice nazionale è spesso chiamato ad applicare il diritto comunitario. Questa circostanza:

  • Da un lato, rafforza la tutela di cui gode il singolo;
  • Dall'altro, pone dei problemi di uniformazione dell'interpretazione di 27 giudici diversi.

È in questa prospettiva che è stato messo a fuoco il meccanismo del rinvio pregiudiziale prefigurato dall'art. 234 del Trattato, che dà al giudice nazionale la facoltà - se di ultima istanza, l'obbligo - di chiedere alla Corte di Giustizia una pronuncia sull'interpretazione ovvero sulla validità di una

norma comunitaria, quando tale pronuncia sia necessaria per risolvere la controversia. Quindi, il rinvio pregiudiziale può riguardare:

  • L'interpretazione degli atti;
  • La validità degli atti delle istituzione e della Banca centrale europea;
  • L'interpretazione degli statuti che regolano la vita delle istituzioni, laddove sia previsto dagli statuti stessi.

Può essere necessaria al giudice nazionale una risposta ai seguenti interrogativi:

  • Quale sia la corretta interpretazione di una norma comunitaria (rinvio pregiudiziale di interpretazione);
  • Se la norma comunitaria rilevante sia valida ed efficace (rinvio pregiudiziale di validità).

L'art. 234 si salda con gli artt. 34 e 35 del TUE in materia di cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale. A partire dal Consiglio europeo del 1999, infatti, l'Unione Europea acquista una competenza anche in questo ambito (si trattava, comunque, di una competenza già delineata.

neltrattato di Maastricht).La funzione essenziale del rinvio pregiudiziale è di realizzare un'interpretazione e quindi un'applicazione del diritto comunitario uniforme in tutti i Paesi membri, in modo che esso abbia ovunque la stessa efficacia. Alla Corte di Giustizia spetta dunque l'ultima parola in ordine all'interpretazione del diritto comunitario. La seconda funzione del rinvio pregiudiziale di interpretazione è quella di verificare la legittimità di una legge nazionale o di un atto amministrativo rispetto al diritto comunitario. Quando un singolo ritiene di aver subito un pregiudizio per effetto dell'applicazione di una norma o di una prassi nazionale assunta come incompatibile con il diritto comunitario, può far valere tale incompatibilità in 2 modi: - Il primo consiste nella segnalazione alla Commissione, che deciderà se attivare o meno la procedura di infrazione; - Il secondo è quello di chiedere algiudice nazionale di procedere al rinvio pregiudiziale di interpretazione. Può accadere che si proceda contestualmente nei 2 modi indicati; ma si tratta di 2 procedure con oggetto e conseguenze diverse:
  1. La prima tende all'accertamento di una violazione da parte del diritto nazionale;
  2. La seconda ad una lettura della norma comunitaria dalla quale potrà eventualmente dedursi un'incompatibilità di una norma nazionale.
La terza funzione consiste nel completare il sistema di controllo giurisdizionale sulla legittimità degli atti comunitari. Infatti, solo la Corte di Giustizia può dichiarare l'eventuale illegittimità dell'atto comunitario; il giudice può solo confermarne la legittimità. L'ipotesi del rinvio pregiudiziale di validità rientra a pieno titolo nell'esercizio della funzione di controllo giurisdizionale sugli atti comunitari devoluta alla Corte. Tale ipotesi, pertanto, è collegata alle

procedure di controllo diretto, quali l'azione di annullamento, l'eccezione di invalidità e l'azione di responsabilità. Anche il rinvio pregiudiziale di validità completa il sistema dei rimedi giurisdizionali predisposti per la tutela dei diritti del singolo rispetto agli atti posti in essere dalle istituzioni comunitarie. Più problematica è l'ipotesi di un atto che il singolo abbia mancato di impugnare direttamente davanti alla Corte di Giustizia e di cui il giudice nazionale chieda alla Corte di accertare la validità.

Nell'ipotesi che il singolo sia destinatario formale dell'atto, rileva la regola generale che preclude al singolo di rimettere in discussione l'atto dopo la scadenza dei termini di impugnazione;

Relativamente all'ipotesi che il singolo non sia destinatario formale dell'atto, c'è stata qualche evoluzione nella giurisprudenza. La Corte ha infatti precisato che,

quando il singolo sia indiscutibilmente legittimato ad impugnare l'atto, pur non essendone il formale destinatario, il giudice nazionale deve considerare l'atto comunitario come definitivo, con la conseguenza che non vi sono le condizioni per procedere al rinvio pregiudiziale di validità.

L'oggetto del rinvio pregiudiziale è quanto mai ampio.

Per il rinvio di interpretazione, si tratta di tutto il sistema giuridico comunitario, dai trattati istitutivi agli accordi di associazione, dagli atti delle istituzioni, anche quelli non vincolanti, ai principi generali del diritto comunitario.

Gli atti sottoposti alla verifica di validità sono quelli posti in essere dalle istituzioni comunitarie: sono, dunque, esclusi gli atti del Consiglio europeo, mentre il trattato di Maastricht ha attribuito alla cognizione della Corte gli atti della Banca centrale europea. Sono esclusi anche gli "atti" della Corte, cioè le sentenze. Si tratta, dunque, di tutti gli

atti vincolanti, i quali potranno essere impugnati per tutti i vizi suscettibili di provocarne l'invalidità (compresa la non conformità al diritto internazionale). Il Trattato di Amsterdam ha ampliato le competenze del giudice comunitario:
  • Prevedendo l'applicazione dell'art. 234 anche all'interpretazione del titolo IV del trattato CE (in tema di visti, asilo, immigrazione e altre politiche connesse con la libera circolazione delle persone);
  • Estendendo la competenza anche alla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale (terzo pilastro). In quest'ambito, però, la Corte è coinvolta solo dall'iniziativa del Consiglio o della Commissione.

9.1 Condizioni soggettive e oggettive del rinvio pregiudiziale

Il rinvio pregiudiziale può essere deciso da qualunque giudice nazionale (amministrativo, penale, civile, tributario, del lavoro), purché si tratti della giurisdizione di uno Stato membro. La nozione di

giurisdizione ai sensi dell'art. 234 del Trattato è comunitaria: essa va, dunque, definita dalla Corte di
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A.A. 2012-2013
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SSD Scienze giuridiche IUS/14 Diritto dell'unione europea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher niobe di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto dell'Unione Europea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Casolari Federico.