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AVVICINAMENTO DELLA CORTE COSTITUZIONALE ALLA CORTE DI GIUSTIZIA
La reazione successiva della Corte costituzionale è negli anni ‘70:
1- Sentenza Frontini (1973);
2- Sentenza ICIC (1975) [Industrie Chimiche dell’Italia Centrale].
In queste 2 sentenze, la Corte costituzionale inizia ad avvicinarsi alla posizione della Corte di
Giustizia grazie ad una norma della Costituzione (art 11 Cost.).
[Con la sentenza Costa/Enel il diritto UE deve prevalere].
SENTENZA FRONTINI (1973)
La Corte costituzionale sostiene che il diritto UE entra nel nostro ordinamento per il filtro dell’art
11 Cost., assumendo così, rango costituzionale.
La Corte costituzionale abbandona quindi il principio di successione della legge nel tempo, in
quanto, la prevalenza del diritto UE, che sia successivo o precedente, dipende dal rango che esso ha
acquisito, entrando nel nostro ordinamento grazie all’art 11 Cost.
Adattamento al diritto UE in forma speciale (con legge ordinaria) ma le particolarità
dell’ordinamento UE, hanno consentito di utilizzare la copertura costituzionale prevista dall’art. 11
Cost. parte 2, per evitare che il diritto UE avesse rango di legge ordinaria (quindi per evitare che
vigesse il principio delle successioni nel tempo).
L’art 11 Cost. era l’unica base, fino a pochi anni fa, per consentire al diritto UE di entrare nel nostro
ordinamento con un rango superiore rispetto a quello di legge ordinaria.
Se il diritto UE avesse rango di legge ordinaria, significherebbe che qualunque legge successiva
interna lo può abrogare.
Per evitare questo, bisogna dare al diritto UE una COPERTURA COSTITUZIONALE (e dire che
ha rango costituzionale) [utilizzando l’art 11 Cost.].
[Riconosceva che ordinamento nazionale e ordinamento comunitario sono autonomi e distinti; e
dove c’è competenza comunitaria, lo Stato deve astenersi dal pregiudicare l’immediata applicazione
dei regolamenti].
SENTENZA ICIC (1975)
Se una norma interna è successiva al diritto dell’UE, che cosa deve fare il giudice interno che si
trova: un diritto dell’UE del 1985 e una norma interna del 1992? (es.)
La Corte costituzionale, nel 1975 dice: tutte le volte in cui si ha questo contrasto, il giudice
nazionale non può fare altro che rinviare alla Corte costituzionale (perché ci sarebbe la necessità di
giudicare se la norma interna è costituzionalmente illegittima con riferimento al diritto UE).
[quindi il giudice nazionale rinvia alla Corte costituzionale chiedendole: la norma del 1992 è
costituzionalmente illegittima con riferimento al diritto UE del 1985? Chiede di valutare la
legittimità costituzionale della norma interna con riferimento al diritto UE].
La Corte costituzionale ha una competenza di questo tipo limitatamente al diritto costituzionale
interno.
Prevalenza del diritto comunitario sul diritto interno L’emanazione di leggi successive
incompatibili con norme comunitarie comporta l’illegittimità costituzionale delle prime per
violazione dell’art 11 della Cost. necessario intervento della Corte costituzionale
Questa soluzione affermata dalla Corte costituzionale non ebbe molti consensi (per il dispendio di
tempo e procedure e per l’insoddisfacente tutela dei singoli).
SENTENZA SIMMENTHAL (1978)
Quindi nel 1978 reazione della Corte di giustizia con un caso pilota (sentenza Simmenthal).
La Corte ha stabilito l’assoluta non conformità al diritto UE della necessità di rinviare alla Corte
costituzionale. (deve essere la Corte costituzionale a pronunciarsi).
Sancisce quindi l’obbligo del giudice nazionale di garantire la piena efficacia del diritto UE
disapplicando all’occorrenza tutte le norme interne, anche successive, in contrasto con il diritto UE
(senza necessità di una pronuncia di un giudice costituzionale o dell’intervento del legislatore); e la
Corte basa questa pronuncia sull’obbligo di collaborazione leale che esiste tra gli Stati e le
organizzazioni dell’UE.
La Corte costituzionale si è assestata su posizioni analoghe (non identiche) a quelle della Corte di
giustizia con la sentenza Granital del 1984.
SENTENZA GRANITAL (1984)
La Corte costituzionale accetta la supremazia del diritto UE sempre basata sull’art 11 Cost.
La differenza che ancora sussiste nel 1984 tra le due Corti dipende dal fatto che la Corte di
giustizia ha un atteggiamento monista (unico ordinamento) e la Corte costituzionale dualista
(l’ordinamento UE e gli ordinamenti nazionali rimangono distinti ma coordinati per tramite del
filtro dell’art 11 Cost).
(Secondo la Corte costituzionale, quando sulla “spiaggia” del diritto nazionale arriva “l’onda” del
diritto UE, il diritto nazionale cessa di avere spazio) [effetto marea].
La norma incompatibile non può venire in rilievo, perché la norma comunitaria (l’onda) ha la
prevalenza e, inoltre la norma nazionale non viene abrogata, ma viene coperta “dall’onda” -> la
norma nazionale confliggente è quindi inapplicabile al rapporto controverso.
Questa posizione è stata ribadita nel tempo, ma è stata anche oggetto della sentenza del 1998 della
Corte di giustizia IN.CO.GE.
SENTENZA IN.CO.GE (1998)
Secondo questa sentenza, la norma interna non diviene inesistente, ma il giudice nazionale è tenuto
a disapplicarla (in virtù della sent Simmenthal).
La Corte costituzionale, sancendo nel 1984 la prevalenza del diritto UE al diritto interno, si è
avvicinata alla posizione della Corte di giustizia, ma è andata oltre stabilendo che anche le sentenze
della Corte di giustizia interpretative e di “condanna”, prevalgono sul diritto interno (al pari del
diritto scritto dei trattati).
Cosa riguarda oggi la prevalenza del diritto dell’UE?
• Norme direttamente applicabili;
• Norme dotate di effetti diretti;
• Sentenze della Corte di giustizia.
Ma questo primato non fa venire meno l’obbligo del legislatore di eliminare le norme interne
incompatibili con il diritto UE.
La Corte costituzionale ha mantenuto dei limiti in cui esiste un controllo suo sul diritto dell’UE,
sostenendo che quando una legge interna ha lo scopo di impedire o pregiudicare l’osservanza del
trattato con riferimento ai principi fondamentali dello stesso, vi deve essere il rinvio della Corte
costituzionale, al pari dei casi in cui i principi fondamentali dell’ordinamento possano costituire un
limite alla prevalenza del diritto UE.
Sono i contro-limiti L’ordinamento nazionale, tutte le volte in cui potrebbe veder pregiudicati i
propri principi fondamentali, si tutela prevedendo il rinvio alla Corte costituzionale.
(Si tratta oggi di ipotesi limitate)
Il problema della prevalenza del diritto UE sul diritto interno è stato in parte posto rimedio con
legge costituzionale n.3 del 2001 che ha modificato l’art 117 Cost. (titolo V), attribuendo la potestà
legislativa allo Stato e alle regioni nel rispetto anche del diritto UE.
L’art 11 Cost. è quindi oggi superato dall’espressa previsione del titolo V della Cost.
(dire “comunità” oggi è corretto perché indica il metodo di lavoro).
[Quindi cosa prevale oggi sul diritto interno? tutto quello che ha matrice nell’UE e che sia
vincolante ma anche le direttive (quindi non solo il trattato ma anche i regolamenti, le sentenze
della Corte) (NO gli atti non vincolanti e NO soft-law)].
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Sentenze interpretative:
RICORSO IN VIA PREGIUDIZIALE
Art 267 TFUE Prevede una competenza non contenziosa della Corte di giustizia (che si affianca
a quella in materia di accordi internazionali)
Si tratta di una competenza che è volta a garantire l’uniforme interpretazione del diritto UE, perché
essa può essere posta in essere quando c’è un dubbio sull’interpretazione sul diritto UE o sulla sua
validità.
Prevede una collaborazione tra la Corte di giustizia e i giudici nazionali (unici soggetti che possono
effettuare il rinvio).
L’art. prevede una forma di ricorso autonoma che è diventata col tempo uno strumento indiretto di
tutela dei diritti dei singoli.
Tutti i rinvii pregiudiziali si possono proporre solo alla Corte di giustizia (alla quale il giudice
nazionale dovrebbe chiedere di fornirgli tutte le indicazioni relative all’interpretazione della norma
UE necessarie per risolvere il caso di specie).
Scopo primario ottenere l’interpretazione di una norma UE o di conoscere la validità di una
norma di diritto derivato UE.
Ma è divenuta lo strumento in mano ai singoli per la tutela dei loro diritti.
Perché tutte le sentenze che abbiamo visto (Francovich, Faccini Dori ecc...) si basano su questi tipi
di ricorso [pronuncia pregiudiziale].
L’art 267 si basa sulla leale collaborazione (principio fondamentale) tra il giudice nazionale e il
giudice dell’UE, tanto che il rinvio non si basa su moduli burocratico – formale (non esiste
un’indicazione di cosa è necessario inserire nel ricorso da parte del giudice nazionale), ma spesso la
Corte di giustizia ha chiesto al giudice nazionale di integrare tutte le informazioni fornite al fine di
renderle possibile la pronuncia.
La Corte è disponibile per venire in contro al giudice nazionale.
Oggetto del rinvio pregiudiziale (2 tipi di rinvio):
• Una relativa all’interpretazione: trattato, accordi di adesione, trattati internazionali (anche
misti), atti (anche non vincolanti), sentenze della Corte (quando il giudice nazionale non ha
chiaro il contenuto delle stesse), i protocolli, gli allegati al trattato [ no diritto nazionale
ma solo di provenienza dell’UE];
• Una relativa alla validità: può avere ad oggetto gli atti delle istituzioni, degli organi e degli
organismi dell’unione (atti vincolanti) NO trattati (perché solo il diritto derivato potrebbe
essere invalido).
Quando alla Corte viene sottoposto un rinvio, essa valuta anche se tale rinvio rispetta i requisiti di
ricevibilità (controllo di ricevibilità), dopo che il primo controllo sull’opportunità di effettuare il
rinvio, è effettuato dal giudice nazionale.
Cosa determina alla Corte di giustizia un rinvio? Se il giudice nazionale ritiene di non sapere
interpretare una norma di diritto UE, rinvia alla Corte di giustizia e il procedimento interno viene
sospeso finché la Corte non risponde alla richiesta del giudice nazionale.
Tempi per una pronuncia pregiudiziale dipende (anche 3 anni), possono essere talmente lunghi
da prevedere anche un rinvio pregiudiziale d’urgenza (PPU) [-> quando sono i