Appunti delle lezioni di diritto dell'Unione Europea del professore Lorenzo Schiano di Pepe
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ESTRATTO DOCUMENTO
L’avvocato generale è coinvolto in tutte le cause ma ha un ruolo
MODALITÀ DI DELIBERA→
attivo solo nelle cause di particolari difficoltà o che sollevano nuove questioni di diritto; con
documenti autonomi detti conclusioni suggeriscono, in piena indipendenza e negli interessi
dell'UE, alla corte di giustizia come dovrebbe essere risolto un determinato caso.
La figura dell’avvocato generale ha la sua origine nel sistema francese e non ha nulla a che
vedere con il p.m. dal momento che non rappresenta nessuna parte. Parliamo di consigli
perché le indicazioni contenute nelle conclusioni non sono vincolanti per la corte di giustizia.
La regola è quella secondo cui la corte di giustizia decide in sezioni (3 giudici per le cause
semplici e 5 per quelle complesse) ma può decidere anche, su richiesta delle parti, in grande
sezione, composta da 15 giudici. Eccezionalmente la corte di giustizia decide in seduta
plenaria, composta da 28 giudici.
è un organo giurisdizionale introdotto
2) TRIBUNALE→ nel 1988 per volontà del Consiglio delle
“tribunale di primo grado”.
comunità europee; prima di Lisbona si chiamava
è composto da 28 giudici, uno per stato,
COMPOSIZIONE→ nominati dagli stati membri, ma
approvati dal comitato. Non è prevista la figura degli avvocati generali.
I candidati al tribunale sono di norma meno preparati di quelli della corte di giustizia.
Un problema delicato riguarda la ripartizione della funzione
FUNZIONI→ giurisdizionale tra
corte di giustizia e tribunale; nel 1989 era stato affidato al tribunale il potere di decidere sulle
controversie relative a funzionari e dipendenti dell’amministrazione della CE.
Oggi per tutta una serie di ricorsi e azioni previsti dai trattati (azione/ricorso di annullamento) il
questo vale di regola ogni qualvolta l’autore del ricorso sia
tribunale è il giudice di 1° grado:
una persona fisica o giuridica. Quando però l’attore è un’istituzione che attacca un’altra
ne
oppure uno stato membro, allora il giudice di 1° grado è la corte di giustizia in senso stretto (→
lo stesso tipo di azione è di competenza del tribunale o della corte di giustizia in base a chi è il
proponente). Questo perché si ritiene che gli stati membri siano dei soggetti privilegiati che
debbano quindi accedere in maniera diretta alla corte di giustizia; la creazione di questo
organo giurisdizionale ha di fatto alleggerito il carico di lavoro della corte di giustizia ma anche
introdotto un principio di doppio grado di giudizio, prima non presente a livello UE.
L’impugnazione per questioni di diritto di una sentenza è fatta di fronte alla corte di giustizia.
ne sono
3) TRIBUNALI SPECIALIZZATI→ stati previsti molteplici ma ne è stato istituito solo
unico ovvero il tribunale della funzione pubblica, competente a pronunciarsi in primo grado
in merito alle controversie tra UE e i suoi agenti.
BANCA CENTRALE EUROPEA
Art. da 282 a 284 TFUE
l’organo principale è il consiglio direttivo che comprende i membri del comitato
COMPOSIZIONE→
esecutivo e i governatori delle banche centrali degli stati aderenti all’euro.
FUNZIONI→ La BCE può emanare decisioni e formulare raccomandazioni e pareri non vincolanti;
deve inoltre essere consultata dalle altre istituzioni dell'Unione per progetti di modifica dei trattati
che riguardino il settore monetario, oltre che per ogni atto dell'Unione riguardante materie di sua
competenza. Scopo principale della Banca centrale europea è quello di mantenere sotto
controllo l'andamento dei prezzi mantenendo il potere d'acquisto nell'area dell'euro.
La BCE esercita, infatti, il controllo dell'inflazione nell'area dell'euro, badando a contenere, tramite
opportune politiche monetarie, il tasso di inflazione di medio periodo a un livello inferiore al 2%.
Tra le altre funzioni della Banca si possono inoltre elencare:
il diritto esclusivo di autorizzare l'emissione di banconote all'interno dell'area dell'euro
la possibilità di acquisizione delle informazioni statistiche necessarie per lo svolgimento dei
propri compiti dalle autorità nazionali competenti (gli istituti di statistica, l'ISTAT in Italia) o
direttamente dagli operatori economici
la possibilità di intrattenere relazioni operative con istituzioni e organi dell'Unione europea,
e al di fuori dell'Unione europea, negli ambiti di competenza dell'eurosistema.
CORTE DEI CONTI
Art. da 285 a 287 TFUE
COMPOSIZIONE→ è formata da un cittadino per ogni stato membro che però agisce in piena
indipendenza e nell’interesse generale dell’UE. Ha sede a Lussemburgo.
PRESIDENZA→ ha durata di 3 anni ed è nominato dalla corte stessa.
FUNZIONI→ Nello specifico svolge la funzione di controllo e consultiva.
È l’istituzione dell'Unione europea preposta all'esame dei conti di tutte le entrate e le uscite
dell'Unione e dei suoi vari organi, accertandone la sana gestione finanziaria.
Esamina tutte le entrate e le spese dell'Unione e dei suoi organi, controllandone la legittimità e la
regolarità e accertandone la corretta gestione finanziaria; è inoltre consultata sulle proposte di
misure nell'ambito della lotta contro le frodi fiscali e le irregolarità finanziarie e assiste il Parlamento
europeo e il Consiglio nella funzione del controllo dell'esecuzione del bilancio dell'UE.
Non ha poteri giurisdizionali, e i suoi pareri non sono vincolanti, ma questo nulla toglie
all'importanza primaria del suo compito. TEMA DELLE COMPETENZE
stabilisce che l’UE
Il PRINCIPIO DI ATTRIBUZIONE non ha competenze generali ma che esercita
solo quelle che gli sono state attribuite dagli stati membri. Questo principio apparentemente chiaro
attribuito competenze all’UE?
però pone alcuni ordini di problematiche. Come gli stati hanno
Principalmente con trattati come il TFUE e il TUE.
Se le competenze dell’unione stanno in questo tipo di attribuzioni, allora l’UE ha carattere derivato
non originale, speciale e limitato concettualmente dal momento che è il risultato delle attribuzioni
dell'UE. Questo principio viene ripetuto quasi ossessivamente in alcune disposizioni dei trattati.
L’art. 4 TUE afferma che “qualsiasi competenza non attribuita all'Unione nei trattati appartiene
agli Stati membri”.
L’art. 5 che “la delimitazione delle competenze dell'Unione si fonda sul principio di attribuzione.
L'esercizio delle competenze dell'Unione si fonda sui principi di sussidiarietà e proporzionalità.
In virtù del principio di attribuzione, l'Unione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze
che le sono attribuite dagli Stati membri nei trattati per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti.
Qualsiasi competenza non attribuita all'Unione nei trattati appartiene agli Stati membri”.
Questa regola però non è priva di alcune ECCEZIONI, la più importante delle quali è quella
del TFUE (CLAUSOLA che permette all’UE in certe condizioni di
all’art.352 DI FLESSIBILITÀ)
agire al di là delle sue competenze. Questa clausola nasce con la finalità di ovviare alla rigidità del
principio di attribuzione ma il suo uso è soggetto a condizioni procedurali rigorose.
Esistono poi materie nelle quali gli stati rinunciando alla competenza nazionale, cedono quote di
sovranità a favore dell'UE; bisogna però decodificare cosa si intende per cessione di quote di
Ci si deve domandare se un’attribuzione comporta anche
sovranità e per rinuncia alla competenza.
una spogliazione; quando gli stati attribuiscono delle competenze all’UE si spogliano o no?
Dipende perché esistono DIVERSE TIPOLOGIE DI ATTRIBUZIONE di materie:
con l’attribuzione all’UE
1) esclusive gli stati si privano totalmente della competenza di
agire da sé e si autoescludono nel legiferare in tali materie (art.2.1 TFUE)
l’UE e gli stati possono legiferare e adottare atti giuridicamente vincolanti;
2) concorrenti tale competenza solo se l’UE non ha già
gli stati possono però esercitare
esercitato la propria competenza (art. 2.2 TFUE)
la competenza in quelle materie è degli stati e l’UE si limita a svolgere una
3) di sostegno,
coordinamento e funzione di sostegno, coordinamento e completamento (art. 2.5 TFUE)
completamento
Uno dei contributi del trattato di Lisbona costituisce nel fatto di chiarificare quali siano i settori che
rientrano nella prima, nella seconda e nella terza tipologia di attribuzione; la qualificazione prima
era fatta dalla corte di giustizia. Qualsiasi materia che non sia esclusiva o del terzo tipo va
considerata come materia concorrente dell'UE; infatti gli elenchi delle competenze non sono
esaustivi.
Art. 3 TFUE politica monetaria
materie esclusive unione doganale
protezione delle risorse biologiche del mare
Art. 4 TFUE energia
materie concorrenti politica sociale
ambiente
tutela dei consumatori
trasporti
mercato interno
Art. 6 TFUE cultura
materie di terzo tipo industria
sport
Si presenta un potenziale scontro di meccanismi di concorrenza normativa per quanto riguarda le
materie concorrenti. Questo problema però viene risolto a livello dell'UE dal PRINCIPIO DI
SUSSIDIARIETÀ (art.5,3 TUE) e da quello di PROPORZIONALITÀ.
“In virtù del
Art. 5,3 TUE PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETÀ, nei settori che non sono di sua
competenza esclusiva l'Unione interviene soltanto se e in quanto gli obiettivi dell'azione prevista
non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, né a livello centrale né a
livello regionale e locale, ma possono, a motivo della portata o degli effetti dell'azione in questione,
essere conseguiti meglio a livello di Unione”.
Si è negli ultimi anni proceduto ad una procedimentalizzazione del principio di sussidiarietà:
legato ai trattamenti sul funzionamento dell’UE,
questa è disciplinata da un protocollo, che riguarda
l'applicazione dei due principi sopra citati. Il principio di sussidiarietà, se inteso come terreno di
competizione tra legislatore europeo e nazionali, vede come controparte naturale del parlamento
europeo i parlamenti nazionali: per questa ragione è previsto che i parlamenti nazionali siano
tempestivamente informati delle iniziati a livello di UE.
Il protocollo prevede che all'UE sia data possibilità di esprimersi già nella fase di formazione
dell'atto; gli stati membri hanno un certo periodo di tempo per formulare pareri motivati con i quali i
parlamenti nazionali dichiarano che il principio di sussidiarietà non è rispettato.
Ciascun parlamento ha due voti da esprimere; se una proposta di legislazione europea riceve voti
motivati negativi pari a 1/3 questo non impedisce l'adozione dell'atto ma tale esito di contestazione
ed opposizione obbliga le istituzioni europee a riesaminare la proposta; se invece mantengono il
voto negativo devono spiegare perché ritengano ci sia violazione del principio.
Si esprimono sul fatto che la proposta rispetti il principio di sussidiarietà. Lo stesso principio dal
punto di vista sostanziale è di difficile applicazione e viene procedimentalizzato nel senso che si
obbligano le istituzioni europee a coinvolgere quelle nazionali instaurando così un dialogo su un
punto specifico del rispetto del principio di proporzionalità.
L’UE ha la possibilità di concludere trattati o accordi internazionali e all’art. 47 TUE troviamo che
“l'Unione ne deriva che l’UE
ha personalità giuridica”; è anche un soggetto di diritto
internazionale dal momento che è un organismo internazionale.
L’unione utilizza questa capacità in diverse modalità come:
la politica estera e sicurezza comune (PESC)
la possibilità di concludere accordi con stati terzi ovvero non membri dell’UE come ad
esempio:
o accordi in materia commerciale
o per la libera circolazione dei lavoratori le materie in cui l’unione può
La domanda circa la conclusione di trattati internazionali riguarda
l’UE, secondo il
concluderli: PRINCIPIO DEL PARALLELISMO, può concludere trattati in tutte le
materie in cui è dotata di una competenza di agire internamente. La ratio di questa dottrina è
quella secondo cui non avrebbe senso separare materie di competenza esterna ed interna: ciò
comporterebbe differenze di disciplina tra accordi conclusi con paesi interni e la disciplina interna
dell'UE. Gli stati così si sono privati del potere di disciplinare da se alcune materie e anche di
concludere accordi con stati terzi.
Qual è la natura dalla competenza dell’UE a concludere accordi internazionali?
quella dell’UE “quando la conclusione di
Art.3 TFUE individua come competenza esclusiva
accordi internazionali è prevista da un atto legislativo dell'UE o quando è necessaria per
consentirle di esercitare le sue competenze a livello interno o nella misura in cui può incidere su
norme comuni o modificarne la portata”.
non è privo di eccezioni e deroghe: una di esse è disciplinata dall’art.352
Il principio di attribuzione
TFUE è detta CLAUSOLA DI FLESSIBILITÀ e afferma che esistono alcune situazione nelle quali
l’UE può esercitare dei poteri che non sono previsti nel trattato (ad esclusione della PESC).
L’art. 352 TFUE limita le situazioni in cui questo esercizio di poteri può essere posto in essere:
cui l’UE vuole realizzare obbiettivi previsti dai trattati
dobbiamo infatti essere in una situazione in
ma che non ha i poteri per realizzare. Il consiglio quindi può agire:
1) se delibera all'unanimità
2) su proposta della Commissione (tutti gli stati membri)
3) previa approvazione del Parlamento europeo
Invece nel caso di COOPERAZIONI RAFFORZATE abbiamo, nelle materie non di competenza
esclusiva dell’UE, alcuni stati membri che, decidendo di cooperare più intensamente, sfruttano le
istituzioni dell’UE, attribuendogli competenze specifiche. Una di queste è quella per la
riformata dal trattato di Lisbona all’art.20 TUE e art.326 e seguenti
cooperazione monetaria, TFUE.
Art. 20.1 TUE → “Gli Stati membri che intendono instaurare tra loro una cooperazione rafforzata
nel quadro delle competenze non esclusive dell'Unione possono far ricorso alle sue istituzioni ed
esercitare tali competenze applicando le pertinenti disposizioni dei trattati, nei limiti e con le
modalità previsti nel presente articolo e negli articoli da 326 a 334 del trattato sul funzionamento
dell'Unione europea. Le cooperazioni rafforzate sono intese a promuovere la realizzazione degli
obiettivi dell'Unione, a proteggere i suoi interessi e a rafforzare il suo processo di integrazione.
Sono aperte in qualsiasi momento a tutti gli Stati membri ai sensi dell'articolo 328 del trattato sul
funzionamento dell'Unione europea.”
L’ art.5.4 TUE afferma che “in virtù del PRINCIPIO DI PROPORZIONALITÀ, il contenuto e la forma
dell'azione dell'Unione si limitano a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei
trattati”. L’UE prima di trattare di un particolare settore deve accertare se ha competenza, in
seconda istanza che tipo di competenza ha (esclusiva, concorrente, di terzo tipo).
Questo principio riguarda sia la forma che il contenuto. Esistono delle competenze che vanno
valutate in maniera separata dalle altre competenze come la PESC e la politica economica e
monetaria dell'UE. POLITICA MONETARIA ED ECONOMICA DELL’UE
competenza esclusiva dell’UE
La POLITICA MONETARIA costituisce una se non altro per i paesi
adottato l’euro come moneta; l’organo principale a riguardo è la BCE.
che hanno “L'obiettivo
Art.127 TFUE→ principale del Sistema europeo di banche centrali (SEBC) è il
mantenimento della stabilità dei prezzi. Il SEBC sostiene le politiche economiche generali
nell'Unione al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell'Unione definiti nell'articolo 3
del trattato sull'Unione europea. Il SEBC agisce in conformità del principio di un'economia di
mercato aperta e in libera concorrenza, favorendo una efficace allocazione delle risorse e
di cui all'articolo 119”.
rispettando i principi dell’UE: i paesi membri
Il discorso cambia quando parliamo di POLITICA ECONOMICA
coordinano le loro politiche economiche e occupazionali secondo le modalità previste dal trattato;
la competenza dell’UE è limitata al coordinamento in via di massima delle politiche economiche
nazionali, che restano però di competenza degli stati membri.
“Gli
Art. 5 TFUE→ Stati membri coordinano le loro politiche economiche nell'ambito dell'Unione. A
tal fine il Consiglio adotta delle misure, in particolare gli indirizzi di massima per dette politiche.”
Tra i meccanismi che il trattato introduce parliamo di quelli previsti dagli art.122, 125, 126 TFUE.
che consente di garantire “assistenza
Art. 122 TFUE→ introduce una clausola di salvataggio
finanziaria a uno stato in stato di difficoltà nell'approvvigionamento di determinati prodotti, in
particolare nel settore dell'energia. Qualora uno Stato membro si trovi in difficoltà o sia seriamente
minacciato da gravi difficoltà a causa di calamità naturali o di circostanze eccezionali che sfuggono
al suo controllo, il Consiglio, su proposta della Commissione, può concedere a determinate
condizioni un'assistenza finanziaria dell'Unione allo Stato membro interessato”.
stati temono l’abuso di questa previsione da parti di
Questo punto è problematico perché alcuni
stati che siano negligenti nel prevenire stati di crisi o calamità. Per questo è stata introdotta una
all’art.125 TFUE che stabilisce che “né
clausola di non salvataggio l'Unione, né gli stati membri
rispondono né si fanno carico degli impegni assunti dalle amministrazioni statali, dagli enti
regionali, locali, o altri enti pubblici, da altri organismi di diritto pubblico o da imprese pubbliche di
qualsiasi Stato membro, fatte salve le garanzie finanziarie reciproche per la realizzazione in
comune di un progetto economico specifico.”
L’art. 126 TFUE impone il divieto di disavanzi pubblici eccessivi che si hanno se:
il rapporto tra il disavanzo pubblico, previsto o effettivo, e il prodotto interno lordo supera il 3%
il rapporto tra debito pubblico e PIL supera al 60%
POLITICA ESTERA E SICUREZZA COMUNE (PESC)
Esistono delle situazioni all’interno dell'UE che sfuggono a questi schematismi e si caratterizzano
per regole a se stanti; questo è il caso della politica economica in cui abbiamo politiche nazionali
autonome ed un coordinamento a livello UE e della PESC (POLITICA ESTERA E SICUREZZA
COMUNE). “L'Unione ha competenza, conformemente alle disposizioni
Art. 2.4 TFUE→ del TUE, per definire e
attuare una politica estera e di sicurezza comune, compresa la definizione progressiva di una
politica di difesa comune”.
A differenza di tutte le altre politiche dell'UE, la PESC è disciplinata solo nel TUE: sfugge quindi
alle regole generali dell'UE. Questa politica segue regole sue proprie, diverse dalle altre di
competenza dell’UE; la diversità di trattamento consiste nel fatto che è disciplinata dal TUE.
Nell’art. 24.2 TUE troviamo gli dell'UE: “l'Unione
obbiettivi di PESC conduce, stabilisce e attua
una politica estera e di sicurezza comune fondata sullo
sviluppo della reciproca solidarietà politica degli Stati membri,
sull'individuazione delle questioni di interesse generale e
sulla realizzazione di un livello sempre maggiore di convergenza delle azioni degli Stati
membri”.
Dal punto di vista giuridico possiamo dire che la PESC è attuata attraverso atti diversi rispetto a
quelli usati per attuare le altre politiche dell’unione UE.
Gli atti adottati per dare attuazione alla PESC:
rispetto agli atti solitamente adottati dall’UE
hanno nomi e caratteristiche diverse
esiste poi una tendenziale carenza di competenza della corte di giustizia
il potere decisionale è in mano alle istituzioni che rappresentano gli stati (consiglio europeo
e consiglio)
Quindi al di là della forma, nella sostanza, la PESC è un settore ancora molto ispirato ad una
in cui l’UE è strumento delle decisioni prese dagli stati membri,
cooperazione intergovernativa,
con la particolarità che nessuna decisione può essere presa senza l’unanimità.
Art.25 TUE contiene gli atti giuridici con cui l’UE compie decisioni di PESC.
“L'Unione conduce la politica estera e di sicurezza comune:
a) definendo gli orientamenti generali,
b) adottando decisioni che definiscono:
i. le azioni che l'Unione deve intraprendere,
ii. le posizioni che l'Unione deve assumere,
iii. le modalità di attuazione delle decisioni di cui ai punti i) e ii),
c) rafforzando la cooperazione sistematica tra gli Stati membri per la conduzione della loro
politica. fatto che quell’atto è stato adottato attraverso la
Il carattere legislativo di un atto deriva dal
atti dell’UE in materia di PESC non solo legislativi
procedura legislativa: gli ma adottati dal
consiglio senza alcuna partecipazione da parte del parlamento UE (se escludiamo la necessità del
consiglio di informare il parlamento UE).
Un aspetto peculiare dell'UE nella PESC è la politica comune di difesa dell'UE (art.2 TFUE e
art.20 TUE). Nell’art.42 TUE viene detto che la “la politica di sicurezza e di difesa comune
estera e di sicurezza comune”.
costituisce parte integrante della politica FONTI DEL DIRITTO DELL'UE
1) DIRITTO PRIMARIO
L’UE è dotata di un proprio ordinamento giuridico che è diverso da quello dei singoli stati membri,
anche se è coordinato con essi; questo sistema di fonti è dotato di regole proprie.
Lo studio delle caratteristiche delle diverse funzioni dell'UE può essere comparato con quello dei
singoli ordinamenti.
La natura dell’ordinamento dell’UE è gerarchica e la prima schematica approssimazione che si può
fare consiste nel dire che nell’ambito dell'UE si può distinguere tra:
1) diritto primario è costituito dai trattati istituitivi e in particolar modo dal TUE e TFUE,
dai principi generali del diritto UE e dalla carta dei diritti fondamentali
dell'UE (Carta di Nizza proclamata nel 2000)
il diritto internazionale vincolante per l’UE, compresi gli accordi
diritto sub-primario dall’UE
internazionali conclusi
atti che derivano dalle istituzioni dell’UE;
2) diritto è costituito dagli è definito
secondario/derivato derivato perché il potere delle istituzioni deriva dal diritto primario
Essenzialmente i TRATTATI (riferendoci ora a TUE e TFUE) assolvono a due funzioni:
essere l’atto fondante dell'UE
contenere e disciplinare le regole del funzionamento di base dell'UE, attraverso la disciplina
delle competenze delle istituzioni dell'UE
Nella causa “les c. Parlamento”,
Verts riguardante le modalità di finanziamento di questo partito nel
1986 (quindi molto prima che ci fosse il tentativo del 2004 di adottare un documento costituzionale
dell'UE) la corte di giustizia aveva affermato che il trattato dell'UE, benché concluso in forma di
di base dell’UE.
accordo internazionale, doveva essere considerato come la carta costituzionale
Questa natura di momento fondamentale dell’ordinamento giuridico dell'UE è presente anche nel
criterio con cui la corte di giustizia interpreta i trattati: è usato infatti il criterio sistematico e non
quello testuale. Secondo un orientamento ci si deve fermare al significato letterale di un
documento; secondo un altro è invece inevitabile considerare la volontà del legislatore, il contesto
nel quale un documento si inserisce. Ad esempio nel caso Cilfit, la corte ha detto che va
considerato lo stadio evolutivo del trattato al momento in cui esso è stato scritto e pensato.
I trattati sono dotati di protocolli e di allegati che fanno parte del diritto primario in quanto sono
e contengono la disciplina di alcuni aspetti del funzionamento dell’UE non
parte stessa dei trattati
regolati o contemplati per vie solo generali all’interno degli stessi trattati. Certe disposizioni sono
introdotte in protocolli o allegati spesso per motivi di praticità e di non appesantimento dei trattati,
come nel caso dell’enunciazione dei principi fondanti dell'UE; un'altra ragione può essere il fatto
del carattere transitorio di una materia trattata, il fatto che una situazione sia limitata ad un solo
stato membro oppure la previsione di una applicazione differenziata della disciplina.
L’UE è progredita nel corso degli anni con allargamenti a nuovi paesi, processo portato avanti per
mezzo di trattati di adesione, atti normativi che contengono le condizioni alle quali uno stato è
divenuto membro dell'UE e che per questo sono fonti primarie dell'UE. Questi trattati si trovano
all’art. 47 TUE; all’art.50 TUE è previsto invece la possibilità di trattato di recesso con cui un
paese può uscire dall’UE.
(in generale) possono essere normalmente modificati con l’accordo di tutti gli
I trattati internazionali
stati partecipanti e necessitano di un trattato modificativo; il principio fondamentale resta quello
consensuale di tutte le parti contraenti. Il diritto dell'UE è in continua evoluzione e i trattati si
modificano molto spesso nel corso degli anni e pur costituendo la carta Costituzionale di base
dell'UE spesso sono soggetti a revisione, argomento specificamente disciplinato dal TUE all’art.48.
Nel caso del TUE e TFUE hanno una particolare disciplina per la modifica degli stessi.
a) La procedura di revisione ordinaria può essere attivata su proposta di un qualsiasi stato
membro, del parlamento UE o della commissione; l’ufficialità dell’avvio di questa procedura si ha
quando uno dei soggetti abilitati all’iniziativa propone al consiglio un progetto di modifica del
trattato. Il consiglio ne prende atto e trasmette il progetto al consiglio europeo che, consultandosi
con il parlamento UE, ne dà una prima valutazione sulle modifiche proposte.
Qualora il Consiglio europeo, previa consultazione del Parlamento europeo e della Commissione,
adotti a maggioranza semplice una decisione favorevole all'esame delle modifiche proposte, il
presidente del Consiglio europeo convoca una convenzione, organo temporaneo, composto in
modo eterogeneo da rappresentanti dei parlamenti nazionali, dei capi di Stato o di governo degli
Stati membri, del Parlamento europeo e della Commissione.
Il risultato del lavoro è una raccomandazione, diretta ad una conferenza intergovernativa, che
contiene quello che dovrebbe essere il contenuto di un trattato di modifica dei trattati esistenti.
Il Consiglio europeo può decidere a maggioranza semplice, previa approvazione del Parlamento
Europeo, di non convocare una convenzione qualora l'entità delle modifiche non lo giustifichi.
In questo caso, il Consiglio europeo definisce il mandato per una conferenza dei rappresentanti dei
governi degli Stati membri.
b) Sono previste delle procedure di revisione semplificata che permettono di modificare i trattati
con meno passaggi e meno formalità. Ne esistono di due tipi:
si applica
art.48.6 TUE→ quando la modifica riguarda le disposizioni della parte III del TFUE,
che contiene le politiche e le azioni interne dell'UE.
La procedura semplificata è spiegabile dal momento che questa parte non contiene norme che
determinano l’assetto istituzionale; la revisione non deve inoltre comportare estensione delle
competenze attribuite all’UE.
La semplificazione consiste nell’assenza del passaggio attraverso la conferenza inter-
governativa e la raccomandazione. La modifica avviene quindi tramite una decisione del
consiglio UE che cambia le disposizione della parte III del TFUE. La decisione è presa
all’unanimità per far sì che gli stati possano bloccare una decisione a cui non sono favorevoli.
è definita
art. 48.7 TUE→ procedura passerella e riguarda una modifica delle norme
si passa dalla regola dell’unanimità a quella
procedurali delle istituzioni. Ad esempio quando
della maggioranza qualificata, oppure da una procedura legislativa speciale ad una ordinaria
per l’adozione di atti legislativi, lo si fa con una procedura semplificata.
Esiste una parte di diritto primario diverso dai trattati: i PRINCIPI GENERALI non sono espressi, o
e si desumono dall’insieme delle norme dei trattati (es.
comunque non completamenti espressi,
principio interpretativo dell’effetto utile); esistono poi i PRINCIPI GENERALI COMUNI
ALL’ORDINAMENTO DEGLI STATI MEMBRI che si considerano parte anche dell’ordinamento
dell'UE (es. principio della certezza del diritto). Esistono principi, di entrambe le origini, che sono
e che sono il frutto dell’interpretazione dei trattati fatta dalla corte di giustizia,
primari o sub-primari
come ad esempio quello della certezza del diritto, che non ha un riferimento legislativo: la
normativa dell'UE deve essere chiara e prevedibile per i cittadini dell'UE, quindi norme di diritto
derivato che non rispettano questo principio, possono essere considerate invalide perché
confliggenti con norme di fonte superiore. Al principio di certezza del diritto è affiancabile il principio
di affidamento secondo cui una normativa dell'UE solitamente presuppone che questa rimanga in
vigore per un determinato periodo di tempo; quindi una ingiustificata o improvvisa modifica di una
norma può essere illegittima.
principio dell’effetto utile
Il (principio interpretativo) afferma che in presenza di più significati
possibili va scelto quello che è più funzionale al perseguimento di una norma dell'UE. L’origine del
ha a che fare con il fatto che l’UE nasce come uno strumento degli stati
rilievo di questo principio
per raggiungere determinati obbiettivi. Il principio di leale collaborazione non ispira solo il rapporto
tra le istituzioni, perché l’art.4 TUE obbliga anche la collaborazione tra gli stati e le istituzioni
com’è formulata, non è sempre esistita: prima del 2007 esisteva
dell'UE. Questa disposizione così
infatti una norma che sanciva in modo più semplice l’obbligo per gli stati membri di fare tutto il
necessario per assicurare l’esecuzione degli obblighi incombenti sugli stati stessi in virtù
dell’appartenenza all’UE e di non fare nulla per ostacolare tali obbiettivi. La giurisprudenza della
corte di giustizia ha però nel tempo riconosciuto uno spettro più ampio a questa norma: ne è
derivato l’art.4 TUE. (principio sostanziale) all’art.18 TFUE trova
Il principio di non discriminazione
all’art.157 TFUE (rispettivamente
la sua specificazione non discriminazione di nazionalità e sesso);
la corte di giustizia ha interpretato questi casi particolari come un principio più generale di non
discriminazione. TUTELA DEI DIRITTI DELL’UOMO E DELLE LIBERTÀ FONDAMENTALI
Originariamente i trattati si occupavano solo di aspetti principalmente economici della vita sociale.
DIRITTI DELL’UOMO:
Grazie al lavoro della corte di giustizia sono stati introdotti i la corte infatti si
è accorta che quando i diritti fondamentali dell’uomo non erano riconosciuti a livello comunitario,
comportando però un’eccessiva
essi erano trattati dalle singole corti costituzionali nazionali
frammentazione della materia. la corte afferma che i diritti dell’uomo fanno parte del
Dal 1969, con il caso Stauder, diritto
comunitario: anche se di fatto essi non erano enunciati esplicitamente a livello comunitario,
essendo principi fondamentali dei singoli stati, rientravano anche in quelli dell'UE.
Nel 1974 la corte afferma che, nell’individuare gli specifici diritti fondanti del diritto comunitario,
all’epoca contava come
bisogna tener conto dei singoli diritti dei paesi membri e della CEDU che
membri tutti i paesi della comunità (e molti altri non membri). Ne derivano tre effetti:
i diritti fondamentali fanno parte del diritto comunitario
tutela dei diritti dell’uomo
la si colloca quindi tra le fonti primarie (dal momento che sono
principi fondamentali), con la conseguenza che le istituzioni non possono adottare atti
contrari ai principi di tutela dei diritti dell’uomo, tenendo conto del criterio gerarchico
vengono indicati a grandi linee le modalità di individuazione degli specifici diritti, facendo
riferimento alle convenzioni comuni, alle singole tradizioni costituzionali degli stati membri,
alla CEDU e ad altri strumenti internazionali.
Nel 1992, con l’art.6 del trattato di Maastricht, la giurisprudenza della corte di giustizia viene
codificata; mancava in questo sistema però una precisa individuazione di quali diritti si parlasse,
di fonti terze è un’altra cosa.
dal momento che parlare di diritti in generale e parlare di diritti
Nel 2000 a Nizza venne così proclamata la CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL'UE,
strumento non inserito nei trattati, senza valore giuridico vincolante, con la funzione di aiuto
interpretativo nel percorso di individuazione dei diritti dell'UE (cittadinanza UE, giustizia, diritti
sociali, libertà, diritti tutelati dall’UE). Dal momento che però non aveva valore vincolante non era
pratica; solo a seguito del trattato di
visto come uno strumento destinato ad un’applicazione
Lisbona del 2007 la Carta dei Diritti Fondamentali, in una versione leggermente modificata rispetto
al testo del 2000, è venuta ad acquistare efficacia vincolante.
I punti che si trovano all’art. 6 TUE sono:
1) tutela dei diritti fondamentali della persona
2) la protezione è riconosciuta a livello dei principi fondamentali del diritto comunitario (livello
primario)
Gli articoli 6 e 7 TUE trattano dei diritti fondamentali dell'UE e della loro applicazione; lo strumento
che nasceva come privo di potere vincolante, assume lo stesso potere giuridico dei trattati, che
quindi può essere oggetto di applicazione da parte dei giudici nazionali e della corte di giustizia.
che inizialmente costituiva solo un punto di riferimento esterno all’UE, è stata resa
La CEDU,
propria dall’UE stessa; questo processo è problematico perché la CEDU inizialmente non
prevedeva l’adesione di un organo internazionale. Questa circostanza ha risvolti molto importanti
come ad esempio il fatto che la CEDU sia dotata di un proprio sistema di tutela giurisdizionale, la
Diritti dell’Uomo che l’UE stessa sia
Corte Europea dei con sede a Strasburgo: questo fa sì
soggetta a questa corte, considerata come superiore ed ulteriore rispetto alla corte dell’UE.
Diritti dell’Uomo,
Oltre ai diritti tutelati dalla Carta dei che oggi ha valore giuridico vincolante,
esistono importanti disposizioni, inserite in quelle generali, che riguardano l’applicazione della
carta stessa. Ad esempio l’art.51 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea secondo il
quale “le disposizioni della presente Carta si applicano alle istituzioni, organi e organismi
dell'Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà, come pure agli Stati membri esclusivamente
nell'attuazione del diritto dell'Unione. La presente Carta non estende l'ambito di applicazione del
diritto dell'Unione al di là delle competenze dell'Unione, né introduce competenze nuove o compiti
i compiti definiti nei trattati”.
nuovi per l'Unione, né modifica le competenze e
Secondo l’art. “l'Unione
6.1 TUE riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti
fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo,
che ha lo stesso valore giuridico dei trattati. Le disposizioni della Carta non estendono in alcun
modo le competenze dell'Unione definite nei trattati”.
Inoltre la carta restringe il proprio campo in quelle materie che rientrano nelle competenze dell’UE.
afferma che tale adesione dell’UE alla “Convenzione
Art.6.2 TUE europea per la salvaguardia dei
diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali” non modifica le competenze dell'Unione definite nei
trattati.
Esiste un catalogo a livello UE di diritti fondamentali della persona e quando il percorso di
adesione alla CEDU sarà completato, questo sarà complementare alla Carta dei diritti
fondamentali dell'Unione europea.
Esistono poi una serie di limitazioni a questa espansione della tutela dei diritti dell’uomo.
Dagli Art.6 par.2 TUE, art. 6.1 TUE e art.51 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,
l’adesione dell'UE alla CEDU ne comporta l’allargamento delle
possiamo affermare che
competenze. 2) DIRITTO DERIVATO/SECONDARIO
Questa definizione si riferisce al fatto che parliamo di atti adottati dalle istituzioni dell'UE che
trovano la legittimazione ad adottarli dai trattati stessi. Gli atti possono essere:
l’attributo legislativo nel diritto dell'UE riguarda la procedura
legislativi/non legislativi→
attraverso cui un atto è stato adottato: un atto adottato attraverso una procedura legislativa
è definito atto legislativo.
tipici/atipici
vincolanti/non vincolanti
Per atti tipici intendiamo gli atti nominati espressamente dai trattati: questi sono in grado di creare
L’art. 288 TFUE individua gli atti
obbligo seppure con modalità e caratteristiche tra loro diverse.
tipici dell’UE vincolanti e non vincolanti. Esistono tre forme di atti tipici vincolati:
→ ha tre caratteristiche principali:
1) REGOLAMENTO (art. 288.2 TFUE)
portata generale, è assimilabile a quella delle nostre leggi, disciplina categorie di situazioni
che sono oggettivamente determinate; non vuol dire invece che si applica a tutti, ma che si
applica ad una o più categorie di destinatari determinate astrattamente e nel loro
complesso (categorie soggettive uguali).
obbligatorietà in tutti i suoi elementi, ovvero che tutte le parti di cui è composto sono
giuridicamente vincolanti.
applicabilità diretta, perché un regolamento produca i suoi effetti non è necessario
l’intervento, l’intermediazione degli stati membri (non devono accettarli, ratificarli etc.);
→
2) DIRETTIVA (art.288.3 TFUE) opera sulla base di una riserva di competenza a favore degli
stati membri, nel senso che implica la permanenza di normative nazionali e una varietà di
esse. Ex art.288 TFUE una direttiva ha:
portata apparentemente particolare perché strutturalmente ha portata particolare ma nella
maggioranza delle situazioni le direttive si applicano a tutti gli stati membri. A differenza del
regolamento, una direttiva rivolta a tutti gli stati membri comporta una maggiore
non abbiamo quindi un’unificazione della disciplina
disomogeneità di una singola disciplina;
ma una armonizzazione della stessa.
effetti obbligatori vincolanti limitatamente ad uno specifico risultato che agli stati viene
richiesto di raggiungere, gli stati sono però liberi di scegliere come raggiungere questo
risultato, adattando forme e mezzi alla direttiva UE. Ultimamente la corte di giustizia ha
posto dei limiti in materia di forma degli atti di attuazione delle direttive UE: gli stati membri
a garantire l’efficacia reale delle disposizioni
devono usare le forme e i mezzi più idonei
della direttiva, ma devono anche tener conto delle esigenze di chiarezza e di certezza delle
situazioni giuridiche volute. La corte ha quindi imposto agli stati membri di emanare un atto
vincolante a carattere normativo equivalente a quello che sarebbe stato preso nel diritto
interno per realizzare spontaneamente un obbiettivo analogo a quello voluto dalla direttiva.
L’obbligo imposto agli stati membri non si esaurisce con la trasposizione formale della
all’interno dell’ordinamento nazionale, ma
direttiva è necessario anche che ogni stato
membro garantisce l’applicazione effettiva della direttiva.
→
3) DECISIONE (art. 288.4 TFUE) oggi la definizione prevede che la decisione sia obbligatoria
in tutti i suoi elementi; qualora essa designi i suoi destinatari allora sarà obbligatoria soltanto
nei confronti di questi; questa definizione dà alla decisione un carattere ambivalente,
suscettibile cioè di avere, a seconda dei casi, portata individuale, generale o indefinita.
La sua funzione è l’applicazione al caso concreto delle previsioni normative astratte contenute
nei trattati o in altri atti dell’UE. Tradizionalmente la decisione aveva tre caratteristiche:
portata particolare ed individuale dal momento che si rivolgeva ai soli stati membri
carattere obbligatorio
diretta applicabilità ovvero efficacia necessaria per raggiungere i suoi destinatari.
Questo faceva sì che la decisione fosse usata come un provvedimento con il quale le
istituzioni adottano una misura per creare un obbligo giuridico (come il provvedimento
l’atto con cui la commissione UE sanziona
amministrativo nel diritto interno). La decisione è
con provvedimenti individuali le imprese che violano le norme sulla concorrenza. Il trattato di
Lisbona prevede che le decisioni possano designare i loro destinatari oppure no: in questo
caso l’atto non ha carattere particolare ma generale e si avvicina molto ai regolamenti.
Sono atti tipici non vincolanti sono indicati dai trattati ma in linea di principio non costituiscono
fonti formali di norme, rimanendo però atti con efficacia obbligatoria e produttivi di effetti giuridici:
4) RACCOMANDAZIONI→ atti con i quali le istituzioni si rivolgono agli stati membri invitandoli a
tenere un certo comportamento (non obbligandoli)
5) PARERI→ provvedimenti con cui le istituzioni fanno conoscere ad altre istituzioni la propria
opinione su una certa materia, senza per questo obbligare le istituzioni destinatarie a seguirlo e
conseguenza della loro funzione all’interno di un
farle proprie; tuttavia esistono pareri che, in
determinato procedimento, sono produttivi di effetti giuridici significanti.
Tutti questi atti tipici hanno caratteristiche comuni tra di loro (obbligatorie per gli atti di diritto
comune):
motivazione: è obbligatoria; forniscono un ausilio interpretativo significativo.
è l’articolo del TUE o TFUE sul quale si fonda la
indicazione della base giuridica:
competenza delle istituzioni ad adottare una specifica misura. L’indicazione è essenziale per il
del principio di attribuzione dal momento che l’UE ha competenza in quelle materie che
rispetto
sono indicate dai trattati. Inoltre serve per qualificare come riconducibile ad una certa materia
la procedura decisionale da applicare.
Sono atti atipici quelli che non sono menzionati dai trattati ma sono il frutto di un attività
integrativa da parte delle istituzioni; spesso vengono tipizzati in un secondo momento.
alcuni esempi sono le conclusioni e le risoluzioni con i quali un’istituzione preannuncia le possibili
linee di sviluppo di una successiva attività normativa dell’UE.
RAPPORTO TRA DIRITTO DELL’UE E DIRITTO INTERNO
importante il passaggio dell’art.228 TFUE che afferma l’applicabilità
È diretta di particolari atti
acquistano efficacia all’interno degli stati membri senza alcuna intermediazione.
dell'UE che
Esiste un’altra caratteristica, di origine giurisprudenziale, ovvero l’EFFICACIA DIRETTA.
Questa caratteristica si è trasformata dall’essere semplicemente la controparte non espressa della
diretta applicabilità, in una caratteristica autonoma di alcune norme dell’UE.
È stata prevista, oltre che nei regolamenti, anche in capo agli articoli dei trattati, ovvero del diritto
primario dell’EU, a condizione che si tratti di disposizioni chiare, precise ed incondizionate.
La corte di giustizia ha individuato, a determinate condizioni, la possibilità di efficacia diretta delle
direttive.
L’individuazione in senso stretto del rapporto tra il diritto interno ed UE ha due ipotesi:
→ diritto dell'UE ed interno fanno parte di un unico
Concezione monistica (corte di giustizia)
diritto. Se si segue questa concezione, il diritto interno risulta essere subordinato a quello
dell’UE, dal momento che gli stati hanno rinunciato alla decisione di particolari materie.
→ diritto dell’UE ed interno sono diversi ma
Concezione dualista (corti degli stati membri)
coordinati tra loro. Non si può dire che il diritto UE prevale su quello interno e, secondo una
sentenza del 1984 della corte di giustizia, la situazione di incompatibilità tra una norma di diritto
interno ed una di diritto interno non comporta la prevalenza dell’UE ma comporta il
meccanismo della disapplicazione. GIUDIZI SUI COMPORTAMENTI DEGLI STATI MEMBRI
Le norme dell’UE prevalgono su quelle interne e sussiste un obbligo di disapplicazione del diritto
non conforme a quello dell’UE. Occorre verificare quindi se il diritto dell’UE dispiega effetti
interno
diretti all’interno di un singolo stato; questi effetti, nel caso delle direttive, hanno una limitazione
ovvero non valgono nei rapporti tra singoli ma solo nel caso di un rapporto verticale (tra stato e
singoli). Quando però siamo in un caso in cui il diritto UE non può produrre effetti diretti in un
ordinamento statale, la corte di giustizia ha elaborato una serie di strumenti attraverso i quali le
posizioni giuridiche soggettive, garantite ai singoli dal diritto dell’UE, vengono tutelate.
Da qui esiste un obbligo di interpretazione conforme del diritto interno e di quello UE; tuttavia
questo non è sempre possibile oppure, quando lo è, spesso non viene fatto.
Per questo la corte di giustizia ha elaborato l’istituto della responsabilità dello stato per la
violazione del diritto dell’UE. La violazione del diritto dell’UE da parte degli stati membri, a
prescindere da quale organo dello stato la pone in essere, comporta una responsabilità dello stato
nei confronti delle istituzioni dell’UE dal momento che sussiste un obbligo di collaborazione:
parliamo della PROCEDURA DI INFRAZIONE che riguarda i rapporti tra stato ed UE.
Nel caso invece del rapporto tra stato ed individuo, può accadere che un individuo non si veda
garantire le sue posizioni giuridiche da parte di uno stato e questo comporta un risarcimento nei
confronti dell’individuo. Il diritto al risarcimento sorge sia in presenza di una norma con effetti
diretti che nel caso di una senza tali effetti: ad esempio nel caso Francovich è stato concesso il
risarcimento a favore di un soggetto quando un suo diritto sia violato da parte di uno stato.
Il risarcimento del danno per violazione di una norma UE sussiste solo se può essere fatta valere
di fronte al giudice nazionale dello stato che ha messo in essere la violazione di tale diritto.
I requisiti perché un diritto al risarcimento del danno insorga a favore di un soggetto:
1) Una norma UE deve conferire direttamente dei diritti ai singoli danneggiati
La violazione di questa norma da parte dello stato deve essere grave e manifesta→ il
2) giudice nazionale deve valutare il grado di chiarezza della norma presa in considerazione,
l’ampiezza del potere discrezionale e il fatto che le istituzioni dell'UE abbia indotto uno stato
a dare effettività ad una norma
la sussistenza di un nesso di causalità tra la violazione e il danno subito→ es. caso Faccini
3) Dori riguardo al diritto di recesso che non era garantito dal nostro diritto ma solo da una
normativa UE.
La violazione di una norma dell’UE può essere messa in atto da ogni organo dello stato (es→
violazione del diritto dell’UE
cassa dipendenza, enti locali, organi fiscali). Una particolare ipotesi di
è stata quella posta in essere da un organo giurisdizionale: solitamente infatti il compito di un
organo giurisdizionale è quello di tutelare un individuo della società. Tuttavia in Italia la questione
della responsabilità di questo tipo di organo non è pacifica e la corte di giustizia ha affermato che
la responsabilità dello stato per violazione del diritto dell’UE sussiste anche quando la violazione
Nello specifico parliamo del caso “Traghetti
stessa è posta in essere da un giudice nazionale. del
nel quale era
Mediterraneo” mancato il rinvio pregiudiziale da parte di un giudice italiano riguardo
all’interpretazione di una norma UE; la nostra legge relativa alla responsabilità dei magistrati però
prevede criteri molto restrittivi per il riconoscimento della responsabilità dei giudici.
Nel nostro paese la responsabilità dei magistrati è ammissibile soltanto in caso di dolo o colpa
grave ed è del tutto esclusa nell'attività di interpretazione delle norme e valutazione dei fatti e delle
prove: questa interpretazione stride con il diritto che la corte ammette con forza.
La legge italiana quindi è incompatibile con quella dell'UE; ne deriva un obbligo per l'Italia di
modificare la normativa. Tuttavia l’Italia è rimasta inadempiente; ne è seguita quindi una procedura
di infrazione per mancata ottemperanza alla sentenza della Corte di Giustizia. I giudici di ultima
istanza nel caso di dubbi circa l’interpretazione di una norma dell’UE devono obbligatoriamente
compiere un rinvio. PROCEDURE DECISIONALI NEL DIRITTO DELL’UE
Con procedura decisionale ci riferiamo a quelle procedure inter-giurisdizionali che consentono
alle istituzioni dell’UE di adottare gli atti di diritto dell’UE (non solo alle procedure per la modifica
dei trattati costitutivi [art.48.7 TUE]). Queste procedure non sono in alcun modo derogabili dalle
istituzioni, che devono attenersi alle norme procedurali contenute nei trattati.
Gli atti di diritto derivato sono adottati secondo procedure che sono state in larga parte uniformate
dal trattato di Lisbona anche se esistono ancora alcune procedure che sono derogate, quando ciò
è previsto dai trattati. Per questo tipo di atti esistono molte procedure e la diversità di queste
dell’atto perché le procedure riflettono gli equilibri delle istituzioni e
dipende dalla materia oggetto
gli interessi rappresentati all’interno delle istituzioni stesse.
Il maggior o minor coinvolgimento del parlamento europeo nella procedura determina il grado di
democraticità della decisione presa, ma esistono atti nei quali la su partecipazione è considerata
inopportuna o addirittura dannosa: parliamo degli atti in cui gli stati vogliono mantenere il controllo
di ciò che è deciso sul piano nazionale.
il contenuto dell’atto da adottare determina
La base giuridica di un atto, ovvero la scelta
di una particolare procedura della base
dell’applicazione prevista dai trattati; l’individuazione
giuridica è quindi fondamentale dal momento che l’unione si basa sul principio di attribuzione (es.
in ambito PESC il parlamento non ha voce in capitolo). Ma come si sceglie la base giuridica?
L'UE agisce in molti ambiti e ci sono politiche che si sovrappongono tra loro talvolta. Di volta in
volta va individuata la politica prevalente e a seconda della base giuridica prescelta si determinano
anche le procedure applicabili.
Con il trattato di Lisbona la procedura decisionale ordinaria si applica alla maggior parte delle
politiche dell’UE; questa procedure inoltre è quella che comporta il maggior coinvolgimento del
parlamento UE e che rende sempre più democratiche le procedure decisionali dell’UE.
Gli atti si dividono in:
atti legislativi→ sono quelli adottati secondo la procedura legislativa ordinaria
atti non legislativi→ quelli per cui i trattati prevedono una procedura diversa (es. atti PESC)
Questa distinzione è importante perché nell’ambito degli atti legislativi, il consiglio deve deliberare
in seduta comune, le istituzioni sono vincolate dal principio di sussidiarietà che regola le
dell’UE ed infine le condizioni di ricevibilità dei ricorsi
competenze di annullamento promosse
dinnanzi alla corte di giustizia in relazione ad atti legislativi sono molte più restrittive di quelle
previste per gli atti non legislativi. Il punto di equilibrio tra tali procedimenti legislativi è dato dalla
partecipazione delle istituzioni politiche dell’UE: il Consiglio che rappresenta gli stati membri intesi
come apparati di governo, il Parlamento che rappresenta i cittadini dell'UE e la Commissione che
l’interesse dell'UE.
rappresenta Rispetto all'adozione di atti legislativi le condizioni di ricevibilità dei
ricorsi in annullamento promossi dalle persone fisiche o giuridiche di fronte alla corte di giustizia
per questi atti sono molto più restrittivi. Di fronte ad un atto legislativo le condizioni sono molto
restrittive e sono limitati i casi in cui se ne può chiedere l'annullamento.
a) PROCEDURE LEGISLATIVE ORDINARIE→ ATTI LEGILATIVI
La procedura ordinaria è disciplinata agli art. 294 e seguenti TFUE.
nell’adozione congiunta
Questa procedura consiste di un regolamento/direttiva/decisione da parte
del Parlamento e del Consiglio dietro proposta della Commissione. Gli atti giuridici adottati
mediante procedura legislativa sono atti legislativi e la procedura è tipizzata dal momento che si
svolge secondo le modalità previste dall’art.294 TFUE; i poteri del parlamento e del consiglio sono
equivalenti e molto ampi.
1) Prima lettura
La Commissione, che di regola detiene il potere di iniziativa a titolo principale ma non esclusivo,
manda la proposta di adozione di atto legislativo contemporaneamente al Parlamento e al
dal momento che è competente per l’adozione
Consiglio ma il primo che risponde è il Consiglio,
degli atti a livello UE: se questo emenda la proposta, la palla balza al Parlamento europeo che dice
la sua e restituisce la proposta la Consiglio.
Se il Consiglio approva la posizione del Parlamento europeo, l'atto in questione è adottato
nella formulazione che corrisponde alla posizione del Parlamento.
Se il Consiglio non approva la posizione del Parlamento europeo, esso adotta la sua
posizione in prima lettura e la trasmette al Parlamento, informando esaurientemente il
Parlamento dei motivi che l'hanno indotto ad adottare la sua posizione in prima lettura.
2) Seconda lettura
In questa seconda fase di lettura, si appongono termini ad un trattato; in tutta la procedura il ruolo
del parlamento e del consiglio sono equiparati.
Il parlamento ha in questo caso tre possibilità di azione.
Se, entro un termine di tre mesi da tale comunicazione (comunicazione del Consiglio circa la non
approvazione della posizione del Parlamento stesso), il Parlamento europeo:
a) approva la posizione del Consiglio in prima lettura o non si pronuncia, l'atto in questione si
considera adottato nella formulazione che corrisponde alla posizione del Consiglio;
b) respinge la posizione del Consiglio in prima lettura a maggioranza dei membri che lo
compongono, l'atto proposto si considera non adottato;
c) propone emendamenti alla posizione del Consiglio in prima lettura a maggioranza dei
membri che lo compongono, il testo così emendato è comunicato al Consiglio e alla
Commissione che formula un parere su tali emendamenti.
Ex art. 294.7 TFUE, se entro un termine di tre mesi dal ricevimento degli emendamenti del
Parlamento europeo, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata:
tutti gli emendamenti (a maggioranza qualificata o all’unanimità se sussiste il
approva
parere contrario della commissione), l'atto in questione si considera adottato
non approva tutti gli emendamenti, in questo caso il presidente del Consiglio, d'intesa con il
presidente del Parlamento europeo, convoca entro sei settimane il comitato di
conciliazione.
Il COMITATO DI CONCILIAZIONE, formato da tanti membri del parlamento quanti sono gli stati
membri (28) e dai membri del consiglio, ha il compito di trovare, con la partecipazione della
Commissione ed entro 6 settimane, un accordo su un progetto comune che possa dar luogo
all’adozione di un atto da parte del consiglio e del parlamento.
Qualora non si giunga ad un accordo, la procedura si conclude senza approvazione dell’atto.
3) Terza lettura
Parlamento e consiglio sono chiamati a pronunciarsi sul progetto comune entro sei settimane.
Se il parlamento approva a maggioranza dei votanti e il consiglio a maggioranza qualificata,
allora l’atto è adottato
Se il progetto viene respinto o se almeno uno dei due organi non si pronuncia, allora l’atto
non è adottato b) PROCEDURE LEGISLATIVE SPECIALI→ ATTI NON LEGISLATIVI
Una procedura legislativa speciale dà vita ad atti non legislativi e sono quelle procedure in cui i
trattati prevedono l’adozione di un atto da parte del parlamento o del consiglio.
Ex art. 289 TFUE, nei casi specifici previsti dai trattati, l'adozione di un regolamento, di una
direttiva o di una decisione da parte del Parlamento europeo con la partecipazione del Consiglio o
da parte di quest'ultimo con la partecipazione del Parlamento europeo costituisce una procedura
legislativa speciale.
Ci sono regolamenti-direttive ai quali non si attribuisce natura legislativa:
tutte le procedure che appartengono alla PESC;
le procedure per istituire la cooperazione rafforzata;
le procedure per gli atti di attuazione ed esecuzione della commissione.
L’atto deve essere adottato dal Consiglio con la mera consultazione/approvazione del parlamento;
il parlamento decide da solo nei soli casi di autogestione.
1) Procedure di consultazione
Il consiglio è tenuto ad adottare un atto previo parere consultivo del parlamento; questa
richiesta di parere è obbligatoria ma il consiglio non è tenuto ad adottare un atto conforme al
parere del parlamento. Il parere del parlamento nel processo decisionale è il riflesso di un
potere decisionale democratico e quindi è fondamentale; la mancata consultazione del
parlamento viola le procedure stabilite dai trattati anche per l’importanza del principio di
tra le istituzioni dell’UE.
collaborazione
2) Procedure di approvazione
Il consiglio non può adottare un atto se il parlamento non ha attribuito la sua approvazione in
relazione ad testo trasmessogli dal consiglio; il parlamento può bloccare un atto del consiglio
ma non lo può emendare, svolgendo una funzione ostativa e non attiva.
ATTI DI ATTUAZIONE ED ESECUZIONE
Sono atti adottati sulla base di un precedente atto legislativo.
Atti delegati→ art.290 TFUE
Sono atti che esistevano anche prima che i trattati li prevedessero, dal momento che si erano
però non trovava un posto a livello normativo dell’UE.
sviluppati da una prassi che
Non contengono elementi essenziali e si basano su un atto di delega che deve fissare gli
obbiettivi, il contenuto, la durata e le competenze attribuite alla commissione; in qualsiasi
momento il consiglio ha il potere di sollevare obiezioni rispetto ai lavori della commissione.
Gli atti legislativi fissano esplicitamente le condizioni cui è soggetta la delega:
a) il Parlamento europeo o il Consiglio possono decidere di revocare la delega;
b) l'atto delegato può entrare in vigore soltanto se, entro il termine fissato dall'atto
legislativo, il Parlamento europeo o il Consiglio non sollevano obiezioni.
Ai fini delle lettere a) e b), il Parlamento europeo delibera a maggioranza dei membri che lo
compongono e il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.
Inoltre l'aggettivo «delegato» o «delegata» è inserito nel titolo degli atti delegati.
Atti di esecuzione→ art. 291 TFUE
Gli Stati membri adottano tutte le misure di diritto interno necessarie per l'attuazione degli atti
giuridicamente vincolanti dell'Unione. La competenza di esecuzione spetta in linea generale
alla Commissione con la sola eccezione del settore della PESC.
L’attribuzione di una competenza di esecuzione di solito è fatta dallo stesso atto della cui
decisione si tratta, al quale spetta anche definire le modalità che Commissione/Consiglio
devono eseguire nell’esercitare la competenza attribuitale.
La COMITOLOGIA prevede che vengano formati dei comitati (più di 300) dove siedono i
rappresentati degli stati membri. Ciascun comitato è presieduto da un membro, un
rappresentante della commissione il quale, non prende parte alla decisione delle parti ma gli
presiede. I comitati hanno una funzione di assistenza nell'elaborazione degli atti delegati e
costituiscono un ambito di discussione nel quale si cerca sempre di trovare la soluzione più
Parlamento UE e Consiglio hanno in questa “fase” la sola possibilità di eccepire
idonea.
l’eccesso di delega da parte di uno di un progetto di atto di esecuzione che la commissione si
accinga ad adottare. Esistono due modalità di decisione nell'ambito dei comitati:
riconosce una maggior incisività all’intervento
1) procedura d'esame: del comitato ed è usata
quando l'atto delegato ha portata generale. Il comitato è chiamato a pronunciarsi e, di
regola, l’atto di esecuzione può essere adottato solo se il comitato da parere positivo; se è
negativo l’atto non può essere adottato. Tuttavia di fronte ad un parere negativo la
Commissione può, entro due mesi da esso, la proporre una nuova lettura dell'atto allo
stesso comitato che ne può approvare le modifiche. Nel solo caso di atti che necessitino un
attuazione d'urgenza, la commissione può non consultare il comitato.
2) procedura consultiva: il comitato ha un diverso peso dal momento che la Commissione è
unicamente obbligata a sottoporre il progetto di misura esecutiva all’esame di un comitato e
di tenere poi in massima considerazione, ai fini del testo finale dell’atto da adottare, le
opinioni emerse nel quadro di quell’esame o l’eventuale parere espresso dal comitato.
La commissione può decidere con la decisione negativa del comitato.
PARTECIPAZIONE DELL’ITALIA ALLA FORMAZIONE DEL DIRITTO DELL’UE
Tutti gli stati di regola partecipano a questa fase, ma il presidente del consiglio è il capo del
governo di uno stato membro. I nostri organi dello stato partecipano alla formazione del diritto
dell’UE, in particolare alla (formazione dell’atto) e
fase ascendente discendente (recepimento
dell’atto dell’UE a livello nazionale). MEZZI DI TUTELA GIURISDIZIONALE OFFERTI DALL’UE
I tre principali mezzi di tutela offerti dall’UE sono tre:
1) RINVIO PREGIUDIZIALE (→ Vodafone, Faccini Dori, Francovich, Traghetti del Mediterraneo,
Cassis de Dijon).
È un procedimento a carattere non contenzioso (non vi sono due parti in lite) dove vi è un
l’interpretazione
giudice nazionale che, trovandosi in difficoltà per quanto riguarda o
l’applicazione di una norma UE, opera un rinvio alla corte di giustizia UE. Nel nostro
ordinamento il giudice sospende il giudizio e manda alla corte una ordinanza motivata.
Tipi di rinvio pregiudiziale (art.267 TFUE)
a) Di interpretazione→ deriva da un dubbio interpretativo del giudice nazionale
del diritto dell’UE (trattati,
Oggetto qualsiasi disposizione principi non scritti, sentenze
della corte che hanno generato un precedente).
Effetti erga omnes, obbligatori per il giudice a quo e per i successivi gradi di giudizio.
La corte di giustizia non può pronunciarsi circa l’interpretazione di norme
Limiti interne; se si crea un contrasto con tra una normativa nazionale ed una UE, si
producono effetti uguali a quelli di una procedura di inadempimento.
b) Di validità→ intendiamo legittimità, bontà. Sorge quando un giudice nazionale si trova
contrasto con norma dell’UE;
a dover applicare una norma che sembra essere in può
essere sempre posta da organi giurisdizionali nei confronti della corte.
Oggetto Questo giudizio ha una portata più limitata e può avere come oggetto solo gli
i trattati internazionali conclusi dall’UE.
atti delle istituzioni ma anche
Se la corte afferma l’invalidità della norma, allora abbiamo una pronuncia che
Effetti genera un obbligo di ripristinare una situazione di coerenza.
Di solito la pronuncia ha effetto retroattivo e tutte le vicende toccate da questa
norma dovranno essere interpretate così; spesso però la corte limita gli effetti
retroattivi di una pronuncia per non andare a ledere la buona fede di soggetti
che hanno già acquisito posizioni di diritto.
Obbiettivi del rinvio pregiudiziale
dell’interpretazione delle norme
Uniformità
Complementarietà al controllo di legittimità degli atti dell’UE→ uso alternativo del rinvio
pregiudiziale
Controllo indiretto sugli atti interni dei paesi membri
il diritto dell’UE è figlio in grandissima parte
Funzione di creazione giurisprudenziale→
di sentenze rese a seguito di rinvii pregiudiziali perché la corte ha consentito al diritto
dell’UE di essere sempre aderente al diritto del momento.
Caratteristiche principali
Vige una sorta di “legittimazione che stabilisce che per fare rinvio alla corte un
attiva”
soggetto deve:
avere origine legale→ organo istituito dalla legge
a) avere carattere permanente→ esclusione degli arbitrati istituiti ad hoc
b)
c) garantire il diritto al contraddittorio davanti a questo organo
d) applicare norme di legge (e non decidere secondo equità)
e) essere indipendente
La “legittimazione invece stabilisce
passiva” chi può partecipare/intervenire, ovvero:
a) i difensori delle parti, qualora lo ritengano
b) altri stati membri
c) la commissione e altre istituzioni UE i cui atti si stanno discutendo
Competenza: il rinvio pregiudiziale è di competenza della corte di giustizia in senso
stretto ma per alcune materie è di competenza del tribunale.
2) PROCEDURE DI INFRAZIONE/ PER INADEMPIMENTO (→ Commissione vs Italia, Rifiuti in
Campania, Rimorchi). Art. 258 e seguenti TFUE.
Da un lato abbiamo la Commissione e dall’altro uno stato membro sospetto di aver violato una
norma UE; parliamo di un accesso diretto (via principale e non incidentale) alla corte e non
esiste un giudizio a quo davanti ad un giudice nazionale. Questa procedura ha un importanza
strutturale perché ha l’obbiettivo di mettere in evidenza ed eliminare situazioni nelle quali uno
con la partecipazione all’UE,
stato membro sta venendo meno agli obblighi sottoscritti violando
il patto che ha firmato per partecipare all’UE.
l’iniziativa per
Art. 258 TFUE→ rivolgersi alla corte di giustizia, nel caso di infrazione da parte di
uno stato membro, appartiene alla Commissione.
concede l’iniziativa anche a tutti gli stati membri
Art. 259 TFUE→ (anche se nella realtà questa
pratica è avvenuta pochissime volte).
Nel caso di inadempimento contestato ad uno stato membro è sempre necessariamente
inadempimento ad un obbligo giuridicamente vincolante: ovunque si trovi una norma
vincolante, se questa non viene rispettata da uno stato membro si può riscontrare un caso di
inadempimento. Inoltre un inadempimento può consistere oltre che in una azione attiva anche
in una omissione. Se da un lato abbiamo la commissione, o teoricamente qualsiasi stato
membro non inadempiente, dall’altro abbiamo lo stato membro inadempiente, a prescindere
dall’articolazione dello stato membro che si è reso responsabile dell’inadempimento (potere
non interessa se l’inadempimento è riconducibile ad un
giudiziario, potere legislativo); infatti
unità territoriale o amministrativa, perché la commissione addebita l’inadempimento allo stato.
Quali sono le rispettive posizioni della commissione e dello stato membro che viene chiamato a
difendersi? Molto spesso potrebbe essere difficile per la commissione, dall’esterno, dimostrare
un effettivo inadempimento; quindi è sufficiente che la commissione dimostri solo gli elementi
essenziali dell’inadempimento. Sarà poi lo stato che dovrà in seguito portare elementi a
giustificazione della situazione che si è creata al suo interno.
Quando l’inadempimento è dimostrato da un punto di vista oggettivo, lo stato ha pochissime
possibilità di sottrarsi alla responsabilità derivante. Esistono casi circoscritti di eccezione:
difficoltà insormontabili provocate da cause di forza maggiore e per il periodo di tempo
strettamente necessario per porvi rimedio).
Tutto il principio e la struttura della procedura di infrazione è ispirata al principio di effettività,
che ci dice che la corte di giustizia e la commissione non si fermeranno al fatto che esistono
norme che in teoria sono conformi alle norme UE: andranno invece a verificare se le norme
sono effettivamente applicate conformemente alle norme UE.
Esistono due fasi in una procedura di infrazione:
Fase precontenziosa
Fase giudiziaria
è l’unica organizzazione che monitora gli ordinamenti degli stati membri e le
La Commissione
pronunce dei giudici nazionali; per questo la commissione ha un ampio potere discrezionale.
Talvolta opera su informazioni che ottiene con le proprie forze ma altre volte si attiva su
segnalazioni di privati o associazioni (es→ tutela ambientale); tuttavia la commissione non è
obbligata a perseguire una procedura di infrazione dopo una segnalazione.
Quando si attiva invia una diffida allo stato membro nella quale è contenuto il termine entro il
quale lo stato deve adeguarsi; se lo stato non risponde o non soddisfa le richieste della
commissione, allora questa invia un parere motivato nel quale ribadisce le proprie
contestazioni e assegna un altro termine entro il quale lo stato membro deve adempiere alle
contestazioni della commissione. Quando la commissione ha individuato una contestazione
modificarla, pena l’inizio di una nuova
non può successivamente procedura di inadempimento.
Se uno stato non adempie entro il termine, la commissione può passare alla fase contenziosa.
La sentenza che la corte di giustizia pronuncia è detta di accertamento perché di fatto accerta
l’avvenuta violazione di una norma UE da parte di uno stato membro.
Capita che uno stato membro ometta o rifiuti di adeguarsi ad una sentenza di accertamento:
in passato a fronte di un prolungato inadempimento la commissione iniziava una seconda
di infrazione. Oggi questa procedura sta all’art.260 TFUE nella quale si disciplina la
procedura
possibilità della commissione di avviare una nuova procedura di infrazione nei confronti di uno
stato membro (cambiandone l’oggetto).
Nel caso uno stato non si adegui nemmeno in questo caso, si pronuncia una sanzione nei
confronti dello stato membro che consiste nel pagamento di una somma forfettaria (calcolata in
base alla gravità dell’inadempimento e sulla perduranza nel tempo) o in una penalità di mora
(sanzione che punisce il tempo che lo stato ci mette ad adeguarsi alla sanzione pronunciata
dalla corte di giustizia). La somma è pagabile al giorno e varia in relazione allo stato.
Le sanzioni sono anche cumulabili tra di loro solo in casi estremi.
(→parlamento vs Consiglio,
3) AZIONE O RICORSO DI ANNULLAMENTO Inuit). Art. 263 TFUE.
È uno strumento che in termini generali è posto a presidio della legittimità di un atto adottato
dalle istituzioni dell’UE; questo principio è collegato al quello gerarchico dell’UE e quindi il
parametro di riferimento è costituito in particolare dai trattati.
è individuato dall’art.263
Il giudice competente a giudicare in questo caso non TFUE ma la
corte di giustizia dell’UE
competenza si divide tra (in senso stretto) e tribunale (che è
competente nel caso l’azione provenga da un privato).
Esistono alcuni aspetti chiave per analizzare questa procedura:
il comma 1 art.263 TFUE afferma
a) individuazione dei soggetti legittimati passivamente→
che la corte di giustizia è competente per gli “atti del Consiglio, della Commissione e della
Banca centrale europea che non siano raccomandazioni o pareri, nonché sugli atti del
Parlamento europeo e del Consiglio europeo destinati a produrre effetti giuridici nei
Il trattato di Lisbona
confronti di terzi”. ha introdotto in questo elenco gli atti del consiglio
UE. Questo elenco non è chiuso dal momento che l’art. 263 introduce una precisazione che
afferma che “la corte di giustizia esercita inoltre un controllo di legittimità sugli atti degli
organi o organismi dell'Unione destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi”.
Questo profilo deve essere visto in stretto collegamento con il successivo punto.
il comma 1
b) quali sono gli atti impugnabili→ distingue tra atti legislativi e non legislativi,
l’impugnabilità di
escludendo questi ultimi (es. raccomandazioni o pareri).
Un atto per essere impugnabile deve essere
giuridicamente vincolante, produttivo di effetti obbligatori nei confronti di terzi,
definitivamente emanato dalle istituzioni, non deve cioè far parte di un
procedimento complesso che passa attraverso diversi organi
deve rappresentare l’esito di un procedimento normativo.
→ art.263.2 TFUE non è da intendersi in senso
c) I vizi dai quali gli atti possono essere affetti
rigido perché i confini tra alcuni di questi vizi non hanno contorni precisi.
La corte è competenze a pronunciarsi sui ricorsi
operando quindi attraverso un richiamo del principio di
per incompetenza→
attribuzione delle competenze. Questo tipo di rinvio opera se:
l’UE ha adottato un atto in una materia non di sua competenza
(competenza assoluta)
l’UE ha adottato un atto tramite un istituzione che non era competente
(incompetenza relativa)
(es. parlamento vs. Consiglio) è il caso nel
violazione delle forme sostanziali→
quale vi è una violazione di una procedura che può mettere in dubbio la validità
stessa di un atto.
violazione dei trattati o di qualsiasi regola di diritto relativa alla loro
il
applicazione→ vizio è espresso in termini generali
quando un’istituzione ha utilizzato un potere
violazione per sviamento di potere→
di cui è titolare, non per il raggiungimento del suo obbiettivo, ma per raggiungere un
obbiettivo diverso → ovvero i soggetti che possono far
d) Individuazione dei soggetti legittimati attivamente
valere presso la corte di giustizia UE il ricorso di annullamento.
Ricorrenti privilegiati: Stati membri, Parlamento europeo, Consiglio e
Commissione, senza particolari requisiti, possono agire direttamente davanti alla
corte di giustizia.
Ricorrenti intermedi: Corte dei conti, Banca centrale europea e Comitato delle
regioni, alle stesse condizioni delle precedenti, propongono azioni per
salvaguardare le proprie prerogative. Queste istituzioni possono impugnare solo atti
che vanno a ledere poteri che il trattato gli ha attribuito.
Ricorrenti non privilegiati: persone fisiche o giuridiche, alle condizioni previste dal
TFUE; possono sollevare un ricorso contro gli atti adottati nei loro confronti o che li
riguardano direttamente e individualmente, e contro gli atti regolamentari che li
riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura d'esecuzione.
il TFUE mira a limitare l’impugnazione agli atti
e) Effetti di una sentenza di annullamento→
non legislativi che sono atti a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi; è esclusa quindi
l’impugnabilità di raccomandazioni o pareri. AZIONE E POLITICHE DELL’UE
Tradizionalmente l’UE si fonda su tre pilastri:
1) Comunità Europea (CE)
2) Politica estera e di sicurezza comune (PESC)
3) Cooperazione nel settore della giustizia e degli affari esteri (CGAI)
Una delle azioni principali dell’UE è quella della formazione di un MERCATO INTERNO: studiare
questo ambito è fondamentale perché la costituzione di un mercato comune e la realizzazione di
uno spazio senza barriere è sempre stato uno degli obbiettivi perseguiti dall’UE. Il fondamento
politico/filosofico del mercato unico è quello che uno spazio di libero mercato più ampio possibile
potesse assicurare il maggior sviluppo della realtà UE.
Per mercato comune, in un primo momento, e per mercato interno, in un secondo momento,
intendiamo il concetto di uno spazio senza frontiere interne dentro il quale possano circolare senza
limiti i prodotti e i mezzi di produzione.
L’economia si basa sulla trasformazione di beni e sulla creazione di servizi e quindi i fattori della
produzione sono:
manodopera/lavoratori/persone
capitali
servizi
beni/merci
L’espressione secondo cui il mercato comune è un mercato all’interno del quale circolano
liberamente i fattori di produzione riassume la libera circolazione di persone, capitali e merci.
Dopo il trattato di Lisbona si è passato dall’espressione mercato comune a mercato interno, che
anche autonome da quest’ultimo.
comprende politiche collegate alla libera circolazione ma
Il TFUE dedica disposizioni distinte alla libera circolazione di merci, capitali e persone; nonostante
questo tutte le disposizioni si ispirano a principi ricorrenti. LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE PERSONE
dell’UE esiste un principio generale di libera circolazione esteso a tutte le persone in
Nel diritto
generale: il TFUE affronta questo argomento sia sotto il profilo della circolazione dei lavoratori che
sotto quello della circolazione delle persone in generale.
L’attività dei lavoratori che godono di libera circolazione dell’UE può essere di vario genere:
→ si applicano specifici articoli del TFUE
lavoratori dipendenti
→
prestatori di servizi libera prestazione di servizi
lavoratori “autonomi”→ diritto di stabilimento
lavoratori “singoli”/società
L’eterogeneità dei lavoratori è sistematizzata dal TFUE che individua lavoratori diversi accomunati
però da principi comuni: le disposizioni del TFUE impongono agli stati alcuni divieti, come ad
esempio il divieto di discriminazione in base alla nazionalità. Questo concetto è molto ampio
secondo l’interpretazione della corte di giustizia dell’UE per permettere un più ampio grado di
tutela; inoltre esso può essere:
diretto (es→ gli inglesi non possono importare the in Italia)
indiretto (es→ chi non ha la maturità italiana non può iscriversi all’università in Italia)
Per pacifica interpretazione delle corte di giustizia UE sono vietati sia i casi di discriminazione
materiale che quelli di discriminazione formale.
La nozione che la corte di giustizia dà di attività economica è molto ampia: qualsiasi prestazione
suscettibile di valutazione economica in astratto; rientrano quindi in questa categoria tutte le attività
commerciali, industriali, di prestazione di servizi e consulenze. Ci troviamo in una situazione di
incertezza anche per la definizione del concetto di lavoratore, dal momento che il TFUE non si
esprime a riguardo: secondo la giurisprudenza della corte la caratteristica essenziale del rapporto
di lavoro è la circostanza che una persona fornisca, per un certo periodo di tempo, a favore di
un’altra e sotto la direzione di quest’ultima, prestazioni in contropartita delle quali riceve una
retribuzione. possiamo dire che l’UE garantisce:
Per quanto riguarda la libera circolazione delle persone
1) libera circolazione dei lavoratori ai lavoratori dipendenti
lavoro subordinato e
2) libera circolazione dei servizi (art. 56 e 57 TFUE)→ non stabile.
→
3) libertà di stabilimento (art. 49 e ss. TFUE) ha efficacia diretta e si applica a persone fisiche
e giuridiche che svolgono attività economiche senza il vincolo della subordinazione e che sono
caratterizzate da un elemento di stabilità.
professionisti individuali, lavoratori autonomi
Persone fisiche→ che sono cittadine di
uno stato membro
→ enti collettivi e società che esercitano l’attività di
Persone giuridiche (art.54 TFUE)
impresa e che hanno, sede sociale, l'amministrazione centrale o il centro di attività
principale all'interno dell'UE.
Il trattato afferma che esistono due modalità di esercizio del diritto di stabilimento:
la persona fisica che esercita un’attività economica senza
a titolo primario/principale→
vincolo di subordinazione ha il diritto di esercitare, trasferendola in un altro paese, la
propria attività, oppure di costituire un’attività professionale in un paese diverso dal proprio.
L’oggetto del diritto è la costituzione di una nuova attività o il trasferimento dell’attività
l’applicazione
economica già avviata. È più problematica di questo diritto alle persone
giuridiche dal momento che alcune norme di paesi dell’UE, prime tra tutte il nostro,
prevedono delle procedure per lo scioglimento delle persone giuridiche e secondo queste
non è possibile trasferire da un paese all’altro una società senza passare attraverso un
procedimento di scioglimento. Quindi se un ordinamento impone come passo preliminare al
trasferimento di una società, lo scioglimento della stessa, sorgono problemi consistenti.
a titolo secondario→ un cittadino, già stabilito in uno Stato membro diverso da quello di
origine, esercita un'attività secondaria a carattere stabile in un altro paese della CE (es.
apertura di una succursale). Questo diritto di stabilimento secondario si applica anche alle
che permette loro di aprire sedi secondarie in paesi dell’UE
persone giuridiche
Il diritto di stabilimento comporta il divieto di discriminazione tra i soggetti di un paese membro e
quelli di altri paesi membri.
Tra gli anni 80 e 90 vi sono state numerose direttive relative al mutuo riconoscimento di
specifiche figure professionali: il contenuto di queste direttive era relativo alla formazione e agli
esami necessaria per ottenere una certa qualifica professionale.
Con la direttiva n°36/2005 abbiamo avuto il riconoscimento delle qualifiche professionali, al fine di
contribuire alla flessibilità dei mercati del lavoro, realizzare una maggiore liberalizzazione della
prestazione di servizi, favorire un maggiore automatismo nel riconoscimento delle qualifiche,
nonché semplificare le procedure amministrative. LIBERA CIRCOLAZIONE DEI SERVIZI
Per quanto riguarda la libera prestazione dei servizi (art.56-62 TFUE) possiamo verificare che
coincide con le norme sul diritto di stabilimento; la differenza sta nella occasionalità, nella
mancanza del carattere di stabilità e indipendenza. A beneficiare di queste norme sono i cittadini
degli Stati membri stabiliti in uno Stato membro che non sia quello del destinatario della
prestazione. LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI
La libertà di circolazione delle merci è il primo strumento per la realizzazione di un mercato unico.
In materia di libera circolazione delle merci il TFUE impone 3 divieti:
“I
i) art. 30→ dazi doganali all'importazione o all'esportazione o le tasse di effetto equivalente
sono vietati tra gli Stati membri. Tale divieto si applica anche ai dazi doganali di carattere
fiscale”. è l’imposizione di un pagamento in ragione del superamento di una frontiera ed è
Il DAZIO con il diritto UE perché rende un prodotto non competitivo; se l’obbiettivo è la
incompatibile
circolazione delle merci in una situazione di parità e di tutela della concorrenza, allora non è
permessa l’imposizione di alcun dazio all’importazione e all’esportazione.
Al divieto di imposizione di dazi, fa riscontro l’introduzione di una tariffa doganale comune che
fa sì che le merci provenienti da paesi terzi o esportate verso paesi terzi, siano soggette ad un
dazio comune (es→ se importiamo in Italia o in Spagna seta dall’India il dazio è lo stesso).
Quindi a prescindere dal fatto che un bene di un paese terzo entri in UE esso è assoggettato
doganale sancito dall’UE.
allo stesso regime Sono ugualmente bandite quelle imposizioni che
non portano il nome di “dazio” ma che di fatto sussistono in una richiesta economica collegata
al superamento di una frontiera interna.
“Sono
ii) art. 34-37→ vietate fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all'importazione nonché
qualsiasi misura di effetto equivalente”.
Le restrizioni quantitative sussistono quando uno stato impone dei tetti massimi (numero o
peso) che non possono essere superati per quanto riguarda l’importazione o l’esportazione di
certi beni. Rientrano in questa categoria anche i divieti assoluti di determinate merci.
Possono porsi problemi interpretativi circa la nozione di “misure ad effetto equivalente”.
Per misure con effetto equivalente ad una restrizione quantitativa intendiamo una normativa di
uno stato membro che ostacola direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi
(→
comunitari sentenza Dassonville 11/7/1974). Questa definizione ci dice che la corte, per
l’importante e fondamentale ruolo del mercato comune, tende ad interpretare nel modo più
estensivo possibile i divieti imposti agli stati e più restrittivo possibile le disposizioni che
ammettono deroghe o limitazioni al principio generale.
Se uno stato adotta una legge che si applica solo a prodotti importati e che stabilisce per
questi una condizione di messa in vendita aggiuntiva e più severa rispetto a prodotti di
origine nazionale, siamo difronte ad una discriminazione diretta ovvero ad una misura
distintamente applicabile che si applica quindi solo a beni non nazionali. Queste misure
distintamente applicabili sono sempre incompatibili con il principio della libera circolazione
delle merci del diritto UE perché introduce una misura di effetto equivalente.
Possono però essere contrarie al diritto UE anche le misure indistintamente applicabili,
ovvero quelle che si riferiscono a qualsiasi prodotto indipendentemente dalla sua origine,
ma che di fatto finiscono per essere più pregiudizievoli per i prodotti importati? SI.
Questo perché nella normazione ordinaria esiste il fenomeno delle norme tecniche (norme
che i legislatori adottano per regolare la vita commerciale di determinati prodotti come ad
esempio il cibo); queste norme possono trasformarsi quindi in norme incompatibili con il
diritto UE. Ad esempio l’indicazione degli ingredienti di un certo cibo nella lingua del paese
di importazione può avere l’effetto che i prodotti nazionali la rispettano autonomamente o
molto facilmente, mentre i prodotti di importazione vengono necessariamente discriminati.
L’art. 36 TFUE afferma che esistono casi (motivi di moralità pubblica, di ordine pubblico, di
pubblica sicurezza, di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o di
preservazione dei vegetali, di protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico
nazionale, o di tutela della proprietà industriale e commerciale) in cui è concesso un
trattamento differente sempre che questo non sia arbitrario.
“Nessuno Stato membro applica direttamente o indirettamente ai prodotti degli
iii) art. 110→ altri
Stati membri imposizioni interne, di qualsivoglia natura, superiori a quelle applicate
direttamente o indirettamente ai prodotti nazionali similari. Inoltre, nessuno Stato membro
applica ai prodotti degli altri Stati membri imposizioni interne intese a proteggere indirettamente
altre produzioni”.
Divieto di imposizioni fiscali interne discriminatorie. In aggiunta ai dazi sono considerate
illegittime le azioni che prevedono un trattamento fiscale deteriore rispetto a quello del paese di
importazione. “merci”
La definizione del concetto a livello comunitario non è di facile interpretazione.
La corte di giustizia ha accolta una definizione molto ampia del concetto di merci per permettere
una interpretazione estensiva da parte della corte di giustizia stessa: merce è un prodotto
valutabile in denaro ed quindi idoneo ad essere oggetto di una transazione commerciale.
Si potrebbero fare molti esempi di beni che si trovano al confine di tale definizione ma che la corte
ha definito come merci, come ad esempio oggetti di interesse storico, archeologico ed etnologico,
che sarebbero idonei ad essere oggetto di transazione; l’energia elettrica, il petrolio, le sostanze
stupefacenti.
Il caso più estensivo però riguarda i rifiuti, relativamente alla causa C-2/90 del 1992 (Commissione
contro Belgio): la commissione osservava che la normativa belga costituiva una limitazione alla
libera circolazione delle merci relativamente ai rifiuti. Il Belgio si difese affermando che i rifiuti non
potessero essere considerati come merci; la corte si è interrogata su fatto se i rifiuti fossero
oggetto di valutazione economica ed è arrivata alla conclusione che alcuni possono esserlo.
DIRITTO DI STABILIMENTO
Oltre alle persone possono svolgere attività di lavoro autonome anche le società.
Il diritto di stabilimento è un diritto che può essere esercitato con il trasferimento del lavoratore o
(→ art. 49
con l'apertura di una sede in un altro paese membro dell'UE TFUE).
Questo diritto è esercitabile anche dalle persone giuridiche (art. 54 TFUE; es→ caso Centros) a
condizione che le società siano costituite secondo il diritto dello stato membro. L’art. 51 fa
La libertà di stabilimento è limitata nel caso di pubblica sicurezza e sanità pubblica.
salva la posizione di chi all'interno dell'apparato dello stato partecipa all'esercizio di pubblici poteri.
Il divieto implicito nella libertà di stabilimento è quello di discriminare chi a titolo primario o
secondario voglia stabilirsi nello stato di destinazione.
La struttura del trattato è grezza dal momento che si occupa di attività oggetto di specifiche
normative nazionali; l'effetto di ciò è che se un paese prende alla lettera il divieto di
discriminazione, allora dovrebbe applicarla ai prestatori di servizi provenienti da ogni paese.
Si è quindi reso necessario l'intervento del legislatore UE per armonizzare ed uniformare il diritto
dei vari paesi. Nel 2006 è stata adottata la direttiva 123 che superava le normative dei singoli
paesi. LIBERA CIRCOLAZIONE DEI LAVORATORI
Parliamo oggi di libera circolazione di lavoratori e di cittadinanza dell'unione (art. 20 e seguenti
TFUE).
Per quanto riguarda la libera circolazione dei lavoratori, il lavoratore essendo parte del mercato
interno dell'UE, si vede applicato il regime della libertà di stabilimento.
L'art. 45 TFUE assicura la libera circolazione di circolazione dei lavoratori all'interno dell'UE e in
particolare pone il divieto di discriminare i lavoratori in base al paese membro di provenienza.
Per lavoratore subordinato il diritto UE intende un concetto non necessariamente coincidente con il
Le norme sulla libertà di stabilimento (→ lavoratori non
diritto interno dei vari paesi membri.
subordinati) e quelle sulla libera circolazione di lavoratori (→ lavoratori subordinati) sono fatte per
completarsi le une alle altre, per aumentare il grado di tutela e far sì che non vi siano aree scoperte
da tale tutela. Inoltre la nozione di lavoratore subordinato si rifà al concreto svolgersi del rapporto
lavorativo stesso (subordinazione, remunerazione regolare, durata del rapporto).
L'elemento della remunerazione è uno degli elementi maggiormente esemplificativo del concetto di
lavoro subordinato e della sua distinzione rispetto alla prestazione di servizi.
Quali sono i diritti del lavoratore in virtù dell'art. 45 TFUE?
Il lavoratore ha diritto ad essere assunto, a spostarsi nel territorio dello stato membro in cui è
destinato ad essere assunto, anche prendendovi dimora, nonché a determinate condizioni, a
rimanere sul territorio dello stato membro ospitante una volta che il rapporto di lavoro si è
instaurato.
Quali sono i diritti del lavoratore straniero una volta che il rapporto di lavoro si è instaurato?
Innanzitutto la remunerazione, il trattamento previdenziale ed eventuali benefici devono essere
assicurati a tutti i lavoratori, stranieri o cittadini, in modo non discriminatorio.
Il trattato impone un'equiparazione dei diritti, primi tra tutti quelli sindacali.
Il trattato ammette che il divieto di discriminazione possa avere delle limitazioni nel caso di
pubblica sicurezza, ordine pubblico e sanità pubblica; inoltre tale disciplina non si applica ai
pubblici impieghi. CITTADINANZA DELL’UE
Estendere il diritto di circolazione a membri non lavoratori della famiglia di un lavoratore implica un
segnale del fatto che si sarebbe arrivati nel corso degli anni al superamento del principio che sono
solo le persone che hanno un ruolo nel mercato ad avere un diritto di circolazione.
dell’UE
L'istituto della cittadinanza è proprio dei cittadini UE a prescindere dall'attività economica
svolta: l'istituzione è avvenuta nel 1992 ed è riconosciuta in via automatica a chi ha la cittadinanza
di uno stato membro UE e si aggiunge ad essa. Essa garantisce vari diritti:
circolazione e soggiorno
voto e eleggibilità (diritto elettorale passivo e attivo)
beneficio dell'assistenza diplomatica e consolare
il diritto di presentare petizioni al Parlamento europeo, di ricorrere al Mediatore europeo, di
rivolgersi alle istituzioni e agli organi consultivi dell'Unione
L'art. 20 TFUE tutti questi diritti sono però soggetti a limitazioni nel trattato e nelle disposizioni di
diritto derivato.
A che condizione il DIRITTO DI SOGGIORNO può essere esercitato da un cittadino dell'UE?
Si ricava dalla direttiva 38/2004/CE che esistono tre diversi diritti di soggiorno:
di breve durata→ fino a 3 mesi
In questi casi non esistono condizioni o limiti a prescindere dallo svolgimento di un'attività
economica, questo diritto è incondizionato e tendenzialmente libero: l'unica condizione
richiesta è il possesso di un valido documento di identità.
di lunga durata→ superiore ai 3 mesi
La condizione è che i lavoratori non devono gravare sulle finanze dello stato ospitante o
che abbiano risorse economiche sufficienti se non connessi ad alcuna attività lavorativa;
inoltre la persona deve essere dotata di una copertura assicurativa medica. Quando queste
condizioni non sono più rispettate allora viene meno il diritto di soggiorno di lunga durata.
Permanente→ dopo 5 anni di soggiorno legittimo in un paese membro dell'UE
Si può continuare a risiedere in un paese per il legame creatosi con la comunità che non è
opportuno rescindere. APPROFONDIMENTO
SPAZIO DI LIBERTÀ SICUREZZA E GIUSTIZIA
La normativa in questione è trattata nel titolo V della parte terza del TFUE e sancisce la
conclusione della lunga marcia verso la comunitarizzazione di quel complesso di materie
ricomprese sotto la qualificazione si SLSG. Le materie in esame costituiscono alla realizzazione di
quello spazio giudiziario unico che il TUE include tra i primi e più importanti obbiettivi dell'UE.
La definizione è evocativa ma non precisa dal momento che nessuna norma definisce lo SLSG.
Quali sono le norme rilevanti in tema di SLSG?
art. 4 “L'Unione
TFUE→ ha competenza concorrente con quella degli Stati membri quando
i trattati le attribuiscono una competenza che non rientra nei settori di cui agli articoli 3 e 6.
membri in tema di SLSG”.
L'Unione ha una competenza concorrente con quella degli Stati
TUE→ art. 3.2 “L'Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia
senza frontiere interne, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a
misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l'asilo,
l'immigrazione, la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest'ultima”.
Oltre a queste due norme con il trattato di Lisbona la materia è stata sistematizzata nel titolo V
parte 3° del TFUE così suddiviso:
1) disposizioni generali
2) politiche relative ai controlli alle frontiere, all'asilo e
all'immigrazione
3) cooperazione giudiziaria in materia civile
4) cooperazione giudiziaria in materia penale
5) cooperazione di polizia
6) trasporti
Le tappe storiche che hanno portato alla formazione di questa disciplina sono risalenti.
Dapprima l’art. 220 TCEE autorizzava gli stati a concludere convenzioni intergovernative, volte a
garantire a favore dei rispettivi cittadini, senza discriminazioni, la tutela delle persone, nonché il
godimento e la tutela dei diritti, ad eliminare la doppia imposizione fiscale ed a favorire il reciproco
riconoscimento delle società e delle decisioni giudiziarie ed arbitrali in materia civile.
Come si è arrivati da un ruolo della materia periferico ad uno centrale?
La Convenzione di Bruxelles del 1969 ha significato un grande passo avanti nel riconoscimento
delle sentenze in materia civile. volti a concordare misure e garanzie inerenti all’attuazione
Seguirono gli Accordi di Schengen
(nello specifico riguardo alle frontiere esterne dell’UE). Questi accordi
della libera circolazione sono
arrivati fino ad oggi attraverso un’integrazione del sistema del diritto dell’UE ma nascono solo da
Benelux) dell’allora unione. Avevano
alcuni stati (Germania, Francia e come obbiettivo principale
l’attuazione della libera circolazione delle persone. Una particolarità è costituita dal fatto che la
firma della convenzione era comunque aperta agli altri stati membri della comunità.
Questa convenzione prevedeva l’adeguamento a criteri normativi e di fatto costituisce la prima
pietra miliare per lo spazio di libertà e sicurezza. (acronimo GAI per “giustizia ed affari
Con il trattato di Maastricht del 1992 si affianca il TCE
interni) al TUE.
Con il trattato di Amsterdam gran parte della disciplina del 3° pilastro fu ricompresa nel TCE
(quindi nel 1°pilastro); nel 3° pilastro rimasero le competenze in materia di cooperazione penale.
diritto dell’UE e la materia
Con il trattato di Lisbona del 2007 sono caduti 3 dei pilastri fondanti del
in questione è stata riordinata e inserita nel titolo V, parte 3° TFUE. Rimare l’articolazione:
Libertà
Sicurezza
Giustizia
Gli stati sono restii a cedere sovranità penale ad organi sovranazionali, ma gli accordi di
Schengen, che di fatto riguardavano essenzialmente il tema dei controlli delle frontiere, in realtà
introdussero i principi che hanno proiettato la loro influenza su tutto lo SLSG.
Il sistema Schengen fu aperto anche a stati terzi come i paesi nordici (Danimarca, Finlandia,
Svezia, Danimarca, Norvegia e Svizzera).
inseriti, con il trattato di Amsterdam, all’interno del sistema di trattati UE con il protocollo
Vennero
“sull’integrazione di Schengen” grazie al quale
n° 2 il consiglio poteva tradurre gli accordi e le
misure di attuazione in atti di diritto dell’UE. Il trattato di Lisbona del 2008 modifica il trattato di
Schengen (ora contenuto nel protocollo n°19): il protocollo n°19 tratta di aspetti del trattato per
riguarda l’Irlanda e il regno unito mentre
quanto il n°22 sulla posizione della Danimarca, che si era
opposta e di fatto ancora oggi non aderisce al trattato di Schengen. Dopo tutti questi passaggi si è
assistito ad un processo normativo, derivato dall’impulso che le istituzioni dell'UE hanno ricevuto
dai consigli UE PROFILI COMUNI DELLA DISCIPLINA
→ titolo V capo i TFUE art. 67 e seguenti
“L’unione realizza uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nel rispetto dei diritti fondamentali
nonché dei diversi ordinamenti giuridici e delle diverse tradizioni giuridiche degli Stati membri”.
Anche la carta dei diritti fondamentali si riferisce allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia; il TUE
invece richiama la necessità di tener conto delle specificità nazionali.
“Il Consiglio europeo definisce gli
Art. 68 tratta delle competenze (concorrente) in materia→
orientamenti strategici della programmazione legislativa e operativa nello spazio di libertà,
sicurezza e giustizia”.
L’art. 69 fa riferimento ai “Per
principio di sussidiarietà→ quanto riguarda le proposte e le iniziative
legislative presentate nel quadro dei capi 4 e 5, i parlamenti nazionali vigilano sul rispetto del
principio di sussidiarietà conformemente al protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà
e di proporzionalità”. “Fatti salvi gli articoli 258, 259 e 260, il
Art. 70 su principio del riconoscimento reciproco→
Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare misure che definiscono le modalità
secondo le quali gli Stati membri, in collaborazione con la Commissione, procedono a una
valutazione oggettiva e imparziale dell'attuazione, da parte delle autorità degli Stati membri, delle
politiche dell'Unione di cui al presente titolo, in particolare al fine di favorire la piena applicazione
del principio di riconoscimento reciproco. Il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali sono
informati dei contenuti e dei risultati di tale valutazione”. → “è
Art. 71 base giuridica per la formazione di un comitato permanente istituito in seno al
consiglio un comitato permanente al fine di assicurare all'interno dell'Unione la promozione e il
rafforzamento della cooperazione operativa in materia di sicurezza interna. Fatto salvo l'articolo
240, esso favorisce il coordinamento dell'azione delle autorità competenti degli Stati membri. I
rappresentanti degli organi e organismi interessati dell'Unione possono essere associati ai lavori
del comitato. Il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali sono tenuti informati dei lavori”.
sovranità per il mantenimento dell’ordine
Art. 72 sostiene che agli stati membri è lasciata piena
“Il
pubblico e la sicurezza interna→ presente titolo non osta all'esercizio delle responsabilità
incombenti agli Stati membri per il mantenimento dell'ordine pubblico e la salvaguardia della
sicurezza interna”.
LIMITAZIONI→ Per Regno unito, Irlanda e Danimarca vale un regime differente rispetto agli altri
stati. Con il protocollo 36, per 5 anni dal trattato di Lisbona, la competenza pregiudiziale della corte
di giustizia in relazione agli atti del 3° pilastro è limitata per i paesi citati e questi atti mantengono
valore ed effetto giuridico a livello interno. SPAZIO DI LIBERTÀ
a) Abolizione delle frontieri interne e dei controlli alle frontiere
Questa materia tocca gli aspetti dei controlli alle frontiere, dell’asilo politico e dell’immigrazione.
Si impone un maggior controllo delle frontiere esterne.
l’art. 80 TFUE che
Una norma fondamentale è enuncia il principio di solidarietà e di equa
“Le
ripartizione delle responsabilità politiche dell'Unione di cui al presente capo e la loro attuazione
sono governate dal principio di solidarietà e di equa ripartizione della responsabilità tra gli Stati
membri, anche sul piano finanziario. Ogniqualvolta necessario, gli atti dell'Unione adottati in virtù
di tale principio”.
del presente capo contengono misure appropriate ai fini dell'applicazione
Questo principio si basa sul fatto che gli stati, in base anche solo della loro posizione geografica,
subiscono in modi assai diversi la pressione migratoria proveniente dalle frontiere esterne dell'UE
e quindi devono sopportare oneri molto diversi quanto all’esercizio della responsabilità per i
controlli alle frontiere, alla gestione dei flussi migratori e delle conseguenti domande di asilo
(→sistema Dublino per la gestione delle domande di asilo).
L’Italia afferma che questo principio è lodevole ma comunque sarebbe importante che fosse
tradotto in azioni effettive; non trovando azioni internazionali il nostro governo ha avviato
l’operazione poi dall’operazione TRITON con
MARE NOSTRUM per salvare i migranti, sostituita il
compito di pattugliare le frontiere marittime esterne; tuttavia questa operazione sembra avere uno
scopo per lo più programmatico, per la cogestione di compiti. Le normative internazionali
dovrebbero, per quanto riguarda il diritto del mare, applicare le zone e le regole SAR (search and
rescue). “recante
Regolamento 2014→ norme per la sorveglianza delle frontiere marittime esterne nel
contesto della cooperazione operativa coordinata dall’Agenzia europea per la gestione della
cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea” si
affianca al regolamento Schengen.
L’art. 77.1 TFUE tratta della base giuridica per l’adozione di atti di diritto derivato, per l’adozione di
l’assenza di controlli sulle persone (qualunque sia la loro
misure necessarie a garantire
nazionalità) all’atto di attraversamento delle frontiere e contiene le direttive della politica UE in
tema di spazio di libertà e sicurezza→ “L'Unione sviluppa una politica volta a:
a) garantire l'assenza di qualsiasi controllo sulle persone, a prescindere dalla nazionalità,
all'atto dell'attraversamento delle frontiere interne;
b) garantire il controllo delle persone e la sorveglianza efficace dell'attraversamento delle
frontiere esterne;
instaurare progressivamente un sistema integrato di gestione delle frontiere esterne”.
c)
i) ABOLIZIONE DEI CONTROLLI ALLE FRONTIERE INTERNE, intese come frontiere tra i territori
dei paesi membri, ha origini profonde (già nel libro bianco del 1985); sono cadute di fatto grazie al
codice frontiere Schengen (CEE 562/2006) che ha evitato i controlli alle frontiere e i controlli
già superato le frontiere, salvo l’esercizio
sistematici su persone che abbiano dei poteri di polizia
da parte delle autorità nazionali che non abbiano un effetto ad essi equivalente.
Dopo il regolamento del 2013 è prevista la possibilità di reintrodurre per 30 giorni i controlli alle
per l’ordine pubblico o la sicurezza interna, ma solo
frontiere interne in caso di minaccia grave perché l’Italia
previa comunicazione alla commissione. Questa eccezione è stata introdotta
concedeva permessi di soggiorno per motivi umanitari a cittadini nordafricani che quindi avevano
la libertà di muoversi liberamente in Europa. Di fatto il problema si è sollevato perché questi
nordafricani si trasferivano in Francia, che voleva, in violazione delle regole UE, introdurre dei
controlli alle frontiere interne.
ii) POLITICA COMUNE PER I CONTROLLI ALLE FRONTIERE ESTERNE derivata dalla
necessarietà di vietare controlli alle frontiere interne. Gli stati membri devono predeterminare i
punti di transito attraverso i quali si possono attraversare le frontiere esterne e sorvegliarli.
Per i cittadini dell’UE è prevista dell’identità mentre cittadini di paesi terzi
una minima verifica
devono dimostrare di soddisfare le condizioni richieste per entrare nell’UE (documento di viaggio
valido, visto, giustificazione dello scopo e delle condizioni di soggiorno, disposizione di mezzi di
sussistenza sufficienti per il soggiorno e il rientro, mancata segnalazione nel SIS).
SIS sta per “sistema ed è una banca dati che raccoglie in un apposito archivio
integrato Schengen”
le informazioni su persone e beni, di cui l’ingresso e la cui circolazione entro lo spazio Schengen
meritano di essere tenuti sotto controllo o addirittura impediti. Questo sistema opera a base
nazionale ed è integrato da un sistema unico che favorisce i contatti fra uffici giudiziari e di polizia
con lo scambio di informazioni. ad un soggetto
Se sussiste uno dei casi sopra detti, può essere negato l’ingresso ma esso deve
essere motivato e l’interessato può presentare ricorso conformemente alla legislazione dello stato
che ha preso il provvedimento.
La sorveglianza delle frontiere esterne è compito delle guardie di frontiera nazionali.
Vi è la possibilità di una gestione integrata delle frontiere→ FRONTEX, agenzia UE per la gestione
della cooperazione operativa alle frontiere esterne dell'UE (regolamento 2007/2004):
Coordina le azioni degli stati per la gestione delle frontiere esterne
Supporto agli stati per le operazioni di rimpatrio comune
RABBIT è un sistema di squadre di intervento rapido alle frontiere (regolamento del 2007)
costituibili su richiesta di uno stato e in casi di necessità (afflussi massicci alle frontiere).
Devono conformarsi alla direttiva UE e alle leggi nazionali dello stato ospitante e a quelle dello
stato per cui operano.
EUROSUR è definito come il sistema dei sistemi: è un sistema operativo di sorveglianza delle
frontiere (regolamento 1052/2013) e si occupa della condivisione delle info operative tra stati
membri e FRONTEX al fine di una migliore gestione della sorveglianze delle frontiere esterne.
Oggi siamo nella prima fase di vita di questo sistema e funziona per 19 stati ma dal 1 dicembre
2014 entreranno a farne parte altri stati (UK e Irlanda non partecipano).
Le autorità nazionali sono responsabili dei controlli alle frontiere si scambiano le info attraverso i
quadri situazionali nazionali che vanno a comporre il quadro situazionale UE, gestiti dal
FRONTEX.
iii) CODICE COMUNITARIO DEI VISTI prevede un trattamento diverso tra:
cittadini comunitari
cittadini di paesi terzi → no visto;
o Soggiorno di breve durata (< 3 mesi) dopo 3 mesi di soggiorno un
soggetto non può rientrare nel territorio dell’UE prima che siano trascorsi 6 mesi.
Se questa limitazione non è rispettata il soggetto diventa irregolare e lo stato può
provvedere, secondo particolari regole, al rimpatrio.
→ si visto, dal momento che rientrano in una
o Soggiorno di lunga durata (> 3 mesi)
politica di immigrazione; un visto può essere concesso per tutti i paesi dell’UE o
solo per un paese specifico.
Il codice dette regole estremamente dettagliate quanto alla descrizione del documento, alle
procedure, alle condizioni, alle modalità ed ai criteri per il rilascio dei visti o per il loro
annullamento. Esiste poi uno specifico archivio elettronico detto sistema di informazione visti (VIS)
al quale possono accedere tutte le autorità nazionali competenti per il rilascio dei visti e che ha
come obbiettivo principale la lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata.
Solo nel 2011 è stata introdotta una modifica al regolamento FRONTEX relativa alla sorveglianza
delle frontiere marittime esterne.
b) Politica comune in materia di asilo
→
Art. 2 TFUE categorie e settori di competenza dell'unione
→ l’obbiettivo di una politica comune in materia di asilo abilita il legislatore UE ad
Art. 78 TFUE
adottare con la procedura legislativa ordinaria, tutte le misure necessarie ad istituire un “sistema
UE comune di asilo”.
Con il termine asilo intendiamo il diritto che spetta di trovare rifugio in un paese terzo; è una
materia nuova che l’UE ha recepito dalla convenzione di Ginevra della quale sono parte tutti gli
stati membri (ma non l’UE) e che impone il divieto di espellere o respingere rifugiati e richiedenti
asilo verso i luoghi in cui la loro vita o la loro libertà sarebbero in pericolo per motivi di
discriminazione.
Protezione internazionale si suddivide in:
Asilo europeo
Protezione temporanea
Protezione sussidiaria
Il principio di non respingimento è applicato anche extra territorialmente.
Art. 78 TFUE contiene le direttive della politica di asilo e suo sviluppo.
2) Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria,
adottano le misure relative a un sistema europeo comune di asilo che includa:
a) uno status uniforme in materia di asilo a favore di cittadini di paesi terzi, valido in tutta
direttiva 2011/95/UE recante norme per l’attribuzione della qualifica di
l'Unione→
beneficiario di protezione internazionale, per la definizione del relativo status e per la
prestazione di un livello minimo di diritti e prestazioni da assicurare a tali individui.
b) uno status uniforme in materia di protezione sussidiaria per i cittadini di paesi terzi che, pur
senza il beneficio dell'asilo europeo, necessitano di protezione internazionale→ passo
avanti perché tale norma ora non tocca solo i rifugiati.
c) un sistema comune volto alla protezione temporanea degli sfollati in caso di afflusso
massiccio→ in tema di protezione temporanea degli sfollati ci riferiamo alla direttiva
2001/55/CEE che ha istituito una procedura di carattere eccezionale per organizzare una
tutela immediata e temporanea nell’eventualità di massicci afflussi, in atto o imminenti, di
sfollati provenienti da paesi terzi che non possono rientrare nel loro paese di origine;
questo tipo di protezione ha origine dalla guerra del Kosovo ma non è mai stata di fatto
applicata (in seguito alla primavera araba tuttavia ci siamo avvicinati ad una sua
applicazione).Gli stati devono cooperare nel senso di trasferire gli sfollati da uno stato
membro all’alto a seconda della capacità di ricevere dei vari stati.
d) procedure comuni per l'ottenimento e la perdita dello status uniforme in materia di asilo o di
una volta stabilite le norme comuni gli stati membri
protezione sussidiaria→ possono
introdurre disposizioni più favorevoli. La direttiva 32/2013 estende le procedure alla
soggetti che fanno domanda per l’asilo hanno diritto a
protezione internazionale; inoltre i
ricevere assistenza medica e legale. Queste procedure hanno lo scopo di dettare un
quadro minimo comune o comunque limitare il fenomeno del asylum shopping ovvero gli
spostamenti degli interessati tra i vari stati dell’UE in funzione della diversità delle rispettive
normative in materia.
e) criteri e meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una
domanda d'asilo o di protezione sussidiaria→ vige il regolamento che propone di
consentire la sollecita determinazione dello stato membro competente per esaminare la
domanda di asilo e protezione; in linea di principio la domanda deve essere esaminata da
un solo paese, di regola il primo in cui il richiedente protezione è entrato per la prima volta
nell’UE.
f) norme concernenti le condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo o protezione
sussidiaria→ la materia è ora regolata dalla direttiva 2013/33/UE recante norme relative
all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e tutela maggiormente i soggetti
appartenenti a categorie assai vulnerabili.
g) il partenariato e la cooperazione con paesi terzi per gestire i flussi di richiedenti asilo o
protezione sussidiaria o temporanea→ dimensione esterna della politica di migrazione e
asilo inizia negli anni 90 nei quali ci si rese conto che per diminuire le pressioni migratorie
era necessario stabilire “programmi di protezione regionale” (PPR), volti ad offrire soluzioni
durature ai rifugiati nelle loro ragioni di origine. Non vi è ancora stata trasposizione
normativa di queste politiche ma resta il fatto che l’UE ha competenza a riguardo.
3) Qualora uno o più Stati membri debbano affrontare una situazione di emergenza caratterizzata
da un afflusso improvviso di cittadini di paesi terzi, il Consiglio, su proposta della Commissione,
può adottare misure temporanee a beneficio dello Stato membro o degli Stati membri interessati.
si prevede l’adozione di misure
Esso delibera previa consultazione del Parlamento europeo→
Dal 2010 esiste l’Ufficio UE di sostegno per
temporanee per affrontare situazioni di emergenza.
l’asilo (EASO) per contribuire all’attuazione del sistema UE comune di asilo e per rafforzare la
cooperazione tra stati. secondo l’art.63 TCE, costituito da diversi
Prima di Lisbona avevamo il sistema Dublino
regolamenti (ultimo dei quali 604/2013) che stabiliva i criteri per determinare lo stato competente a
pronunciarsi sulle domande di asilo o di protezione sussidiaria.
La domanda va di regola esaminata da un solo stato, ovvero lo stato nel quale il richiedente
asilo è entrato per la prima volta nell’UE illegalmente oppure il primo stato nel quale è stata
presentata per la prima volta la domanda.
Si tiene conto della minore età del richiedente, la presenza di parenti in uno stato membro
o l’esistenza di un precedente permesso di soggiorno.
Se il trasferimento verso lo stato che sarebbe competente secondo il sistema Dublino potesse ad
esempio portare al rimpatrio del richiedente o ad altre lesioni dei diritti umani, allora non
troverebbero applicazione i criteri del precedente regolamento, ma uno stato potrebbe richiamare
la competenza a se. Nel caso specifico parliamo di un profugo afghano, presente sul territorio
belga, il quale, secondo i criteri di Dublino, avrebbe dovuto essere trasferito in Grecia; la corte di
fatto ha evidenziato il fatto che questo paese avesse criteri più sfavorevoli per la richiesta di asilo.
Protezione sussidiaria→ istituto che si applica ad apolidi e cittadini di paesi terzi che non hanno
la qualifica di rifugiati; vi deve essere un fondato motivo per ritenere che se tali soggetti
ritornassero al loro paese di origine, subirebbero il rischio di subire danni gravi.
Rileva la direttiva qualifiche del 2011 in materia di protezione sussidiaria: essa stabilisce un
quadro normativo sullo status uniforme in materia d’asilo, fissando i criteri per individuare i tutelati
per avere accesso a tale qualifiche. Si giunge quindi all’equiparazione della situazione
e i requisiti
di rifugiato e di quella di protezione internazionale.
La direttiva qualifiche tratta dei numeri b) e c) dell’art. 78 TFUE.
c) Politica comune in materia di immigrazione
Per quanto riguarda la politica comune in materia di immigrazione, gli stati membri conservano
la giurisdizione penale; secondo l’art.79 TFU “si deve assicurare, in ogni fase, la gestione efficace
dei flussi migratori, l'equo trattamento dei cittadini dei paesi terzi regolarmente soggiornanti negli
Stati membri e la prevenzione e il contrasto rafforzato dell'immigrazione illegale e della tratta degli
esseri umani”.
L’immigrazione può essere di due tipologie:
l’UE ha competenza
regolare→ generalizzata per le condizioni di ingresso e di soggiorno ma
rimane il diritto degli Stati membri di determinare il volume di ingresso di cittadini di stati terzi
nel loro territorio allo scopo di cercarvi un lavoro dipendente o autonomo. Nel caso di cittadini
di stati terzi che siano soggiornati di lungo periodo in uno stato membro (>5 anni con copertura
sanitaria e fondi sufficienti) si applica la direttiva 2003/109/CE che definisce i diritti di tali
soggetti e segnatamente il conferimento, la revoca e i diritti relativi al loro status.
irregolare /clandestina→ se ne occupa la direttiva 2008/115/CE applicabile in materia rimpatrio
di cittadini di paesi terzi irregolari. Sono definite regole comuni, condizioni, modalità e
procedure relativamente all’espulsione dei migranti in posizione irregolare e al loro
trattenimento prima dell’allontanamento. Uno stato membro prima di procedere con
l’allontanamento può trattenere il soggetto in appositi centri di permanenza temporanea per un
massimo di 18 mesi; rimane il fatto che il trattenimento deve avere la più breve durata possibile
dal momento che è solo propedeutico al rimpatrio. L’art. 79.2 TFUE si occupa della lotta contro
la tratta degli esseri umani.
L’art. 79.3 TFUE tratta poi di accori per la riammissione di stranieri che non posseggano più le
condizioni per l’ingresso o il soggiorno nel territorio di uno degli stati membri. Tali accordi
esistevano anche prima del trattato di Lisbona ma dopo di essi la competenza dell’UE in materia
viene rafforzata anche se resta concorrente con quella degli stati membri, che di fatto rimangono
liberi di concludere autonomamente tali accordi.
accademia.edu→ testo dell’assistente
Sentenza El Dridi
La direttiva rimpatri 115/2008 stabilisce norme e procedure comuni applicate dagli stati membri per
rimpatriare cittadini di paesi terzi che soggiornano irregolarmente e stabilisce condizioni, modalità
e procedure per espellere o trattenere cittadini di stati terzi irregolari.
Nel caso un soggetto non ottemperi all’ordine di rimpatrio, la direttiva prevede un meccanismo che
applica la misure via via maggiormente restrittive della libertà personale; tuttavia in questo caso la
corte stabilirà la non conformità della normativa italiana in materia di rimpatri con ricadute sulla
interna. La direttiva UE 115/2008 che si occupa di rimpatri prevede l’espatrio ed ha la
normativa
funzione di raggiungere una normativa comune in materia di rimpatrio per evitare che un cittadino
di un paese terzo scelga in che paese dell’UE soggiornare in base alla normativa più favorevole e
meno severa in materia di rimpatri (→ system shopping).
La direttiva stabilisce in maniera preciso i passaggi che devono essere seguiti dai vari paesi:
a) decisione di rimpatrio con cui si danno al cittadino da 7 a 30 giorni per provvedere
autonomamente all’allontanamento volontario, non in forma coercitiva.
Questo primo passaggio però può non essere concesso o non rispettato e quindi si attuano
provvedimenti più restrittivi come:
b) trattenimento che deve tuttavia rispettare delle misure garantistiche:
non si può trattenere un soggetto per più di 18 mesi
deve avere come fine ultimo l’allontanamento
c) ordine di allontanamento
pena detentiva nel caso in cui l’espulsione
d)
Le conseguenze sono che gli stati non possono applicare una normativa che sia palesemente in
contrasto con una norma comunitaria; la corte sottolinea poi che gli stati membri non possono
introdurre una pena detentiva nei confronti dei soggetti che rimangono sul territorio dello stato
nonostante l’ordine di allontanamento. LO SPAZIO DI GIUSTIZIA:
LA COOPERAZIONE GIURIDICA E GIUDIZIARIA
a) In materia civile (cenni)
Il settore di cooperazione giudiziaria civile è quello nel quale è più antica la cooperazione tra stati;
il trattato di Lisbona ha inserito organicamente la disciplina nel SLSG e ne tratta all’art. 81 TFUE
secondo il quale “l'Unione sviluppa una cooperazione giudiziaria nelle materie civili con
implicazioni transnazionali, fondata sul principio di riconoscimento reciproco delle decisioni
giudiziarie ed extragiudiziali. Tale cooperazione può includere l'adozione di misure intese a
ravvicinare le disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri.
Per conseguire tale risultato il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la
procedura legislativa ordinaria, adottano, in particolare se necessario al buon funzionamento del
mercato interno, misure volte a garantire:
i) il riconoscimento reciproco tra gli Stati membri delle decisioni giudiziarie ed extragiudiziali e
la loro esecuzione→ Convenzione di Bruxelles del 1968 recepiti nel regolamento 44/2001
del consiglio sulla competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle
decisioni in materia civile e commerciale.
ii) la notificazione e la comunicazione transnazionali degli atti giudiziari ed extragiudiziali
iii) la compatibilità delle regole applicabili negli Stati membri ai conflitti di leggi e di
giurisdizione;
iv) la cooperazione nell'assunzione dei mezzi di prova;
v) un accesso effettivo alla giustizia;
vi) l'eliminazione degli ostacoli al corretto svolgimento dei procedimenti civili, se necessario
promuovendo la compatibilità delle norme di procedura civile applicabili negli Stati membri;
C 115/78 IT Gazzetta ufficiale dell’Unione europea 9.5.2008
vii) lo sviluppo di metodi alternativi per la risoluzione delle controversie;
viii) un sostegno alla formazione dei magistrati e degli operatori giudiziari”
Tutto questo sistema si basa sulla fiducia reciproca tra gli ordinamenti degli stati membri.
fatto che tale competenza è concorrente e attribuita all’UE, il che comporta che anche gli
Resta il
stati membri possono legiferare in materia quando l’UE non lo abbia già fatto.
È importante sottolineare che la competenza dell’UE in materia civile si applica solo quando
sussistono implicazioni transfrontaliere cioè in quei rapporti che presentano un collegamento con
più stati membri o con stati terzi.
b) In materia penale
Il trattato di Lisbona dedica alla materia una disciplina organica, compiuta e puntuale; i connessi
processi di armonizzazione legislativa, lo sviluppo della prassi di collaborazione tra gli operatori di
giustizia degli stati membri e tra le forze di polizia fanno si che si stia sviluppando un sempre più
del delitto penale degli stati membri e sull’eventuale
approfondito confronto sui tradizionali principi
necessità di un loro adattamento in ragione delle finalità del processo di integrazione e degli
specifici processi decisionali dello stesso ma soprattutto in funzione del rispetto molto rigoroso dei
diritti fondamentali e delle pertinenti garanzie procedurali.
Nel testo del TFUE è operata una distinzione tra:
1) Cooperazione giudiziaria in materia penale (capo 4).
Pur essendo una materia ormai ampiamente comunitarizzata, mantiene ancora dei profili
istituzionali autonomi come il potere di iniziativa legislativa degli stati membri che si affianca a
quello della commissione; la riserva di competenza degli stati membri quanto all’applicazione di
misure coercitive sul proprio territorio. Si divide a sua volta in tre filoni:
a) Reciproco riconoscimento delle decisioni penali→ art. 82 TFUE
È definito come il fondamento della cooperazione giudiziaria in materia penale e si
fonda sulla reciproca fiducia tra gli stati membri. In particolare l’art. 82 prevede la
promozione di misure di ravvicinamento delle legislazioni penali in materia processuale
e sostanziale. Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura
legislativa ordinaria, adottano le misure intese a:
definire norme e procedure per assicurare il riconoscimento in tutta l'Unione di
qualsiasi tipo di sentenza e di decisione giudiziaria;
prevenire e risolvere i conflitti di giurisdizione tra gli Stati membri;
sostenere la formazione dei magistrati e degli operatori giudiziari;
facilitare la cooperazione tra le autorità giudiziarie o autorità omologhe degli
Stati membri in relazione all'azione penale e all'esecuzione delle decisioni.
Le istituzioni dell’UE hanno provveduto ad adottare atti necessari a perseguire
l’obbiettivo del reciproco riconoscimento delle decisioni.
i frutti di un’elaborata politica che
Il trattato di Lisbona e la prassi mettono per iscritto
risale agli anni ’90: il principio del riconoscimento delle decisioni penali comporta che si
producano, nello stato che riconosce una decisione, tutti gli effetti solitamente connessi
a tale riconoscimento, nel senso che la decisione produce, al di fuori dello stato in cui è
stata adottata, gli effetti giuridici stabiliti dal diritto penale dello stato che l’ha adottata
insieme a quelli riconosciuti nello stato in cui tale decisione è riconosciuta. Questo
anche se non vi è una perfetta corrispondenza sul piano delle disposizioni materiali e
processuali dei due stati, dal momento che è decisiva a riguardo la reciproca fiducia.
Nello specifico il riconoscimento comporta innanzitutto l’obbligo di dare piena
attuazione alla decisione nello stato ove esso è stato conferito.
La misura più importante a riguardo adottata dall’UE è la decisione quadro
2002/584/GAI relativa al mandato di arresto europeo (MAE) e alle procedure di
consegna tra stati membri volta appunto a sostituire nei rapporti tra questi ultimi il
tradizionale istituto dell’estradizione con un sistema più semplificato e vincolante.
sull’ordine
Successiva al trattato di Lisbona è la direttiva 2011/99/UE di protezione UE
per le vittime di reati e che mira al riconoscimento delle decisioni recanti misure di
protezione a favore di persone da tutelare. che crea l’ordine
Segue la direttiva 2014/41/UE in materia di acquisizione di prove UE
di indagine penale (OEI), che può essere emesso da uno stato membro e impone agli
altri di compiere tutti gli atti di indagine per l’acquisizione e/o la trasmissione di prove.
Esistono poi limitazioni ed effetti preclusivi riconosciuti a livello UE come il principio del
ne bis in idem, il divieto di sottoporre ad un nuovo procedimento un soggetto nei cui
confronti sia già intervenuta una decisione definitiva di assoluzione/condanna.
Secondo una costante giurisprudenza della corte di giustizia, sono rilevanti tre criteri:
la qualificazione giuridica dell’illecito nel diritto nazionale
la natura dell’illecito stesso
la natura nonché il grado di severità della sanzione in cui l’interessato rischia di
incorrere
Infine il reciproco riconoscimento delle sentenze e delle decisioni penali implica
l’obbligo di prendere in considerazione le stesse in un nuovo giudizio instaurato nello
stato del riconoscimento, soprattutto ai fini dell’individuazione della sanzione.
L’obbiettivo del reciproco riconoscimento va conseguito non solo con interventi
finalizzati direttamente alla sua realizzazione, ma anche con misure di sostegno e
accompagnamento: una di queste riguarda l’importante aspetto della prevenzione e
della risoluzione dei conflitti di giurisdizione, di cui si occupa la decisione quadro
2009/948/GAI. Questa impone alle autorità competenti di procedere a consultazioni per
ricercare un consenso su una soluzione efficacie volta ad evitare le conseguenze
negative derivanti da eventuali procedimenti paralleli.
Altre misure di accompagnamento all’obbiettivo del reciproco riconoscimento sono il
sostegno alla formazione dei magistrati e degli operatori giudiziari e quello alla
cooperazione tra le autorità giudiziarie o autorità omologhe degli stati membri in
relazione all’azione penale e all’esecuzione delle decisioni (→ Eurojust).
art. 82 e 83 TFUE
b) Ravvicinamento delle legislazioni penale degli stati membri→
Questi articoli trattano del ravvicinamento delle legislazioni penali, processuali e
sostanziali anche se l’azione in parola presenta molti aspetti comuni.
che il legislatore dell’UE possa adottare “norme minime”:
Su entrambi i fronti è previsto
nel primo caso per facilitare il riconoscimento reciproco delle sentenze, delle decisioni
giudiziarie e la cooperazione di polizia nelle materie penali; nel secondo caso per
meglio combattere alcune forme di criminalità.
Per entrambi i casi è previsto di regola il ricorso alla procedura legislativa ordinaria,
salvo poche eccezioni; inoltre il legislatore può intervenire solo se le misure sono
necessarie ai fini della cooperazione giudiziaria e di polizia e se riguardano materie
aventi dimensione transnazionale.
Per quanto riguarda il ravvicinamento delle legislazioni nazionali in materia
processuale, esso può riguardare:
l’ammissibilità reciproca delle prove tra stati membri
i diritti della persona nella procedura penale
i diritti delle vittime di criminalità
gli altri elementi specifici della procedura penale eventualmente individuati dal
consiglio con una decisione presa all’unanimità previa approvazione del
parlamento UE delle prove, questa disciplina non è facilmente
Per quanto riguarda l’ammissibilità
separabile dal tema del reciproco riconoscimento delle decisioni penali.
Quanto ai diritti della persona nella procedura penale l’UE ha deciso di procedere per
tappe successive, disciplinando via via la tutela dei diritti specifici per le persone
oggetto di procedimenti penali; l’UE tratta anche dei diritti delle vittime della criminalità
dell’UE (garanzia di diritti minimi, assistenza e protezione).
Invece per quanto riguarda il ravvicinamento delle legislazioni nazionali in materia
esso deve tradursi inizialmente nell’adozione di “norme minime relative alla
sostanziale
definizione dei reati e delle sanzioni in sfere di criminalità particolarmente grave che
presentano una dimensione transnazionale derivante dal carattere o dalle implicazioni
di tali reati o da una particolare necessità di combatterli su basi comuni”. Dette sfere di
criminalità sono: terrorismo, tratta degli esseri umani, sfruttamento sessuale delle
illecito di stupefacenti e armi, riciclaggio di denaro…
donne e dei minori, traffico
Anche in questo caso il consiglio con decisione unanime e previa approvazione del
parlamento UE, può estendere dette sfere di criminalità in funzione dell’evoluzione di
quest’ultima. Già prima del trattato di Lisbona si erano adottati atti per contrastare tali
problemi, ma tra quelli successivi al 2007 abbiamo delle direttive del parlamento UE e
del consiglio in materia di prevenzione e repressione della tratta di esseri umani e
di lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la
protezione delle vittime,
pornografia minorile.
L’art. 76 TFUE tratta di speciali regole sul diritto di iniziativa legislativa previste in
l’intervento
materia di SLSG: si tratta di una disposizione che permette di estendere
dell’UE in materia penale anche al di là delle sfere di criminalità sopra elencate, a
DESCRIZIONE APPUNTO
Appunti delle lezioni, del seminario di approfondimento sullo spazio di libertà, sicurezza e giustizia e di tutte le sentenze per la preparazione dell'esame di Diritto dell'Unione Europea I con il professore Lorenzo Schiano di Pepe. Gli appunti vertono su nozioni introduttive sull'unione europea, storia della sua formazione, quadro istituzionale generale, analisi dei singoli organi, tema delle competenze, politica monetaria ed economica, PESC, fonti del diritto europeo, tutela dei diritti fondamentali e dei diritti dell'uomo, rapporto tra diritto UE e diritto interno, giudizi sui comportamenti degli stati membri, procedure decisionali dell'UE, atti di attuazione ed esecuzione, mezzi di tutela giurisdizionali, azioni e politiche dell'UE (libera circolazione di merci, persone, lavoratori, servizi, capitali), libertà di stabilimento e cittadinanza europea. Il seminario approfondisce i temi dello spazio di libertà sicurezza e giustizia a livello UE.
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher sailor420 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto dell'Unione Europea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Genova - Unige o del prof Schiano Di pepe Lorenzo.
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