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OSEGUIMENTO DELLE TRASMISSIONI DI EMISSIONI PRIVATE AL LIVELLO NAZIONALE E GLI OBBBLIGHI DELLA CONCESSIONARIA PUBBLICA

Il Governo decide di intervenire con una disciplina transitoria (il d.l. n. 807 del 1984, convertito nella legge n. 10 del 1985, altrimenti detto dl Berlusconi), che avrebbe dovuto restare in vigore per non più di sei mesi e verrà sostituita solo nell'agosto del 1990. Come contropartita a questa legittimazione "transitoria" si estendono alle emittenti private alcuni obblighi, analoghi a quelli gravanti sull'emittente pubblica. Ma il d.l. n. 807 del 1984 non rappresenta soltanto una testimonianza evidente di un ormai acquisito mutamento di prospettiva, ma anche delle difficoltà che il legislatore si trova ad affrontare nella definizione di un nuovo quadro normativo di riferimento. L'analisi della legge riflette tutta l'ambiguità e l'incertezza del legislatore.un'incertezza che, come vedremo meglio più avanti, non verrà dissipata nemmeno dalla legge di riforma del 1990, lasciando aperti numerosi interrogativi di non facile risoluzione. L'incapacità del legislatore di superare in tempi ragionevoli le difficoltà, sono alla base di un nuovo importante intervento della Corte, che contribuisce in maniera decisiva ad accelerare il dibattito parlamentare su quella che diventerà la legge n. 223 del 1990.

Diritto dell'Informazione CORTE COSTITUZIONALE

SENTENZA N. 826 DEL 1988

LA CD "ASSOLUZIONE INCONDIZIONATA"

LA CORTE GIUDICAIN SE' INCOSTITUZIONALE LA LEGGE N. 10

LA ASSOLVE IN RAGIONE DELLA SUA TRANSITORIETA'

RIASSUME LE LINEE GIURISPRUDENZIALI IN MATERIA E COSTRUISCE UN QUADRO DI RIFERIMENTO PER IL LEGISLATORE

CORTE COSTITUZIONALE

SENTENZA N. 826 DEL 1988

IL PRINCIPIO DEL PLURALISMO

U AL E VAL O RE C EN TRAL E D I O G NI O RD I NAMENTO D E MO C RATI C OC O NC RETA P O S SI BI L I TA' D I S C EL TA D A P A RTE D EL C I TTAD I NO TRA U NAMO L TEP L I CI TA' D I F O NTI I NF O RMATI V E T RA L O RO D IV ERS I F I C ATEP L U RAL I S MO I NTERNO

ESPRESSIONE DEL MAGGIOR NUMERO POSSIBILE DI OPINIONI, TENDENZECULTURALI, POLITICHE, SOCIALI,...

P L U RAL I S MO ES TERNO

PRESENZA ATTIVA DEL MAGGIOR NUMERO POSSIBILE DI FONTICORTE COSTITUZIONALESENTENZA N. 826 DEL 1988I MONITI DELLA CORTE COSTITUZIONALED I S TRI BU ZI O NE EQ U I LI BRAT A D EL L E RI S O RS E F I NANZ I AR I E TR A I D I V ERS IS ETTO RITU TEL A D EL ' U TENTE- C O NS U MATORE I N REL A Z I O NE AL C O NTENU TO D EL L AP U BBL I C I TÀ TRAS M ES S AREG O L E A S AL V AG U ARD I A D A P O SS I BI L I CO NC ENTRAZ I O NI ANC H E C O N I MP RES EED I TO RI AL I E P U BBL I C I TARI EEF F ETTI V A AU TO NO MI A AL L E EMI TTENTI L O C AL I

FREQUENZE

PUBBLICITA' 9Diritto dell'Informazione Si tratta, come è noto, della sentenza n. 826 del 1988, una sorta di summa dell'intera giurisprudenza della Corte in materia di informazione radiotelevisiva e, insieme, uno dei tentativi più arditi di condizionare l'operato e i tempi del legislatore. La corte decide per una sorta di "assoluzione condizionata" di una disciplina di legge ordinaria, ritenuta in sé incostituzionale, ma provvisoriamente assolvibile in ragione proprio della sua transitorietà. Tre sono le accezioni che la Corte individua: 1) quella di pluralismo esterno, inteso quale presenza attiva del maggior numero possibile di fonti; 2) quella di pluralismo interno, maggior numero possibile di opinioni, tendenze politiche, ideologiche e culturali; 3) pluralismo inteso quale possibilità di scelta tra una molteplicità di fonti informative. Si tratta dei diversi ruoli che emittenza privata ed emittenza pubblica sono

chiamate rispettivamente a svolgere: la prima legata al pluralismo esterno; la seconda al pluralismo interno.

La Corte ricava alcuni importanti corollari applicativi, che possono riassumersi in cinque punti:

  1. la necessità di una disciplina dei flussi di risorse finanziarie, tale da garantirne una distribuzione equilibrata tra i diversi settori in cui esso si articola;
  2. l'esigenza di una disciplina della pubblicità radiotelevisiva a tutela dell'utente-consumatore;
  3. ribadisce l'esigenza della introduzione di una normativa antitrust;
  4. l'affermazione della necessaria tutela delle emittenti locali;
  5. la sollecitazione rivolta al legislatore ad immaginare soluzioni di prospettiva che tengano conto degli sviluppi tecnologici in atto.

8. LA NECESSARIA ATTUAZIONE DELLA NORMATIVA COMUNITARIA IN MATERIA DI PUBBLICITÀ TELEVISIVA

Un altro stimolo nella stessa direzione viene dalla direttiva del Consiglio del 3 ottobre 1989, n. 552, dedicata al

«coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degliStati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive».

Il cuore della direttiva è rappresentato dalle disposizioni relative alla pubblicità commerciale e neaffronta quattro diversi profili:

  • contenuto,
  • modalità di trasmissione (riconoscibilità del messaggio pubblicitario e divieto della pubblicitàsubliminale, gli spot tra e non nelle trasmissioni),
  • indice di affollamento,
  • sponsorizzazioni (limitare le sponsorizzazioni al «mecenatismo d'impresa».

Con la direttiva, 89/552/CEE siamo di fronte ad una serie di disposizioni per una disciplina comune dellapubblicità commerciale, con riflessi immediati sugli equilibri complessivi del settore dell'informazione. Untentativo concepito in termini sufficientemente puntuali e tali da produrre conseguenze di grande rilievosoprattutto in

quegli ordinamenti, come quello italiano, nei quali meno attenta e sollecita era stata, sinoad allora, l'azione del legislatore. 9. LA LEGGE 6 AGOSTO 1990, N. 223 SULLA NUOVA DISCIPLINA DEL SISTEMA RADIOTELEVISIVO "MISTO" PUBBLICO E PRIVATO 10. Diritto dell'Informazione LEGGE N. 223 DEL 1990 QUADRO DI PRINCIPI COMUNI VALIDI PER IL SETTORE PUBBLICO E PRIVATO REGOLAMENTAZIONE DEL REGIME CONCESSORIO INTRODUZIONE DELLA DISCIPLINA ANTITRUST DISCIPLINA DELLA PUBBLICITÀ RADIOTELEVISIVA. MECCANISMI DI GARANZIA PER LA CORRETTA APPLICAZIONE DELLA LEGGE La nuova disciplina avrebbe dovuto risolvere le complesse questioni legate al difficile contemperamento tra libertà di informare e libertà di iniziativa economica, con la necessaria garanzia del pluralismo quantitativo e qualitativo delle fonti. Solo con l'approvazione della legge n. 223 del 1990 si arriva ad una disciplina del sistema radiotelevisivo misto pubblico-privato. L'impianto della legge ruotaattorno a cinque assi portanti: 1. I principi comuni. 2. Il regime concessorio. 3. La normativa antitrust. 4. La disciplina della pubblicità radiotelevisiva. 5. Gli strumenti di garanzia di una fedele applicazione della legge.

I PRINCIPI COMUNI. LEGGE 223 DEL 1990

PRINCIPI COMUNI

ATTIVITÀ DI PREMINENTE INTERESSE GENERALE

CONCORSO DI SOGGETTI PUBBLICI E PRIVATI

PRINCIPI FONDAMENTALI

REGOLAMENTAZIONE DELLA PUBBLICITÀ RADIOTELEVISIVA

  • Pluralismo
  • Obiettività
  • Completezza
  • Imparzialità

CONCESSIONE DEL SERVIZIO PUBBLICO

L'attività diretta alla diffusione di programmi radiofonici e televisivi è attività di "preminente interesse generale", e "i principi fondamentali del sistema radiotelevisivo, che si realizzano con il concorso di soggetti pubblici e privati" (art. 1). 11

Diritto dell'Informazione

Proprio nell'assoggettare ad una serie di principi comuni l'attività radiotelevisiva,

la legge contiene un elemento di forte ambiguità: mentre, infatti, l'impostazione unitaria dell'art. 1 sembrerebbe consentire la previsione di limiti comuni all'uno e all'altro settore, la scissione cui pare alludere l'art. 2 sembrerebbe poter giustificare un regime di limiti differenziato, nel quale il rispetto dei c.d. principi comuni venga in realtà affidato soltanto, o prevalentemente, alla concessionaria pubblica. Si tratta di un elemento di ambiguità che pe
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A.A. 2009-2010
47 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/09 Istituzioni di diritto pubblico

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher luca d. di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto pubblico, dell’informazione e della comunicazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Teodoro Giovanni.