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1. PRIMA POSSIBILITÀ DI RICORSO ALL'ARBITRATO IRRITUALE

Art.31, co.5, L183/2010 (riscrivendo l'art.412 c.p.c.) introduce una prima possibilità di ricorso all'arbitrato irrituale anche secondo equità in qualunque fase del tentativo di conciliazione:

Le parti hanno la facoltà di ricorrere all'arbitrato irrituale per risolvere la lite già insorta per la quale sia pendente o sia fallito il tentativo di conciliazione e possono affidare alla commissione di conciliazione il mandato a risolvere in via arbitrale la controversia.

Nel mandato le parti devono indicare il termine per l'emanazione del lodo e le norme invocate a sostegno delle loro pretese. Il lodo irrituale ha natura di determinazione contrattuale e non è impugnabile. Tuttavia, esso è annullabile dal giudice competente soltanto per i vizi indicati dall'art.808 c.p.c. tra i quali vi è l'inosservanza delle regole imposte dalle parti come

condizione di validità del lodo o dei criteri di valutazione eventualmente indicati dalle parti per la risoluzione della controversia. Queste caratteristiche inducono a essere scettici sulla effettiva utilità dell'arbitrato secondo diritto e a ritenere che la sola specie di arbitrato effettivamente operativa potrà essere solo l'arbitrato di equità ->- Art.412 c.p.c. (nuovo testo) impone come condizione di validità del lodo di equità, il rispetto: Dei principi generali dell'ordinamento; Dei principi regolatori della materia, anche derivanti dagli obblighi comunitari. Questa disposizione ha l'effetto di ridurre la discrezionalità dell'arbitro nel giudizio di equità poiché, oltre ai regolamenti comunitari, il vincolo ai principi regolatori della materia sembrerebbe tale da includere la maggior parte delle norme inderogabili poste a tutela del lavoratore. Da qui la conclusione che anche il lodo di

equità potrà essere esposto al rischio della impugnazione per vizi attinenti al merito della decisione.

2. SECONDA POSSIBILITA’Una seconda possibilità di composizione stragiudiziale della controversia mediante la conciliazione o l’arbitrato è quella prevista dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni maggiormente rappresentative e disciplinata del novellato art.412 ter c.p.c. Anche questa possibilità di arbitrato deve ritenersi facoltativa.

3. TERZA POSSIBILITA’È prevista dall’art.412 quater c.p.c. -> le parti hanno la facoltà di avvalersi di un collegio di conciliazione e arbitrato, costituito da un rappresentante nominato direttamente da ciascuna delle parti e da un terzo membro in funzione di presidente. Le parti dovranno sostenere il costo del compenso del presidente del collegio che è fissato per legge in misura pari al 2% del valore della controversia, e dell’arbitro da esse nominato.

Nella misura dell'1%, oltre le spese legali. Al fine di non scoraggiare il ricorso a questa forma di arbitrato è previsto dalla legge che i contratti collettivi nazionali di categoria possano istituire un fondo per il rimborso al lavoratore delle spese per il compenso del presidente e del proprio arbitro.

Gli arbitri alla prima udienza tentano la conciliazione -> se questa non riesce decidono la controversia mediante un lodo che ha valore strettamente negoziale.

4. QUARTA POSSIBILITÀ

Vi è poi una quarta possibilità: la procedura esperita presso le camere arbitrali costituite in via permanente dagli organi di certificazione.

L'art.31, co.10, L.183/2010 ->- La possibilità per le parti di inserire nel contratto individuale di lavoro una clausola compromissoria con cui esse si impegnano a deferire ad arbitri le possibili future controversie tra loro insorte in ordine all'esecuzione o interpretazione del contratto, secondo le disposizioni degli

artt.412 e 412 quater c.p.c., i quali consentono alle parti di prevedere che gli arbitri giudichino secondo equità.- A tutela del lavoratore è stato sancito il divieto di sottoscrizione della clausola compromissoria contestualmente alla sottoscrizione e alla stipulazione di un contratto. La clausola potrà essere convenuta solo con atto separato e, ove previsto, non prima del decorso di 30 giorni dalla data di stipulazione del contratto.- La clausola deve essere, a pena di nullità, certificata dalle commissioni di certificazione le quali devono accertare la volontà effettiva delle parti di deferire ad arbitri le controversie, che dovessero sorgere in futuro.- La clausola compromissoria non può riguardare le controversie relative alla risoluzione del rapporto di lavoro -> questa limitazione non vale invece per il ricorso all'arbitrato per le liti già insorte e cioè per il compromesso che potrà riguardare anche

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ilicenziamenti e le tutele che ne conseguono in caso di illegittimità del recesso. L'inserzione nel contratto individuale della clausola compromissoria così regolata è consentita dalla legge solo ove lo prevedano gli accordi interconfederali o i contratti collettivi stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale. Quindi possiamo dire che la scelta preventiva di deferire ad arbitri la composizione di una controversia futura appartiene all'autonomia negoziale delle parti, ma solo se la loro volontà sia certificata e soltanto nelle ipotesi previste dalla contrattazione collettiva o dal Ministero. In conclusione, in materia di lavoro esistono ipotesi di arbitrato irrituale c.d. legalmente nominato in cui il deferimento della controversia agli arbitri è consentito alle parti direttamente dalla legge, anche in assenza di corrispondenti previsioni contenute nei contratti ed accordi collettivi.

CAP. 9 - I

1. Introduzione. La specialità come strumento di differenziazione della disciplina del rapporto per una specifica tutela del prestatore di lavoro. La previsione dei rapporti speciali di lavoro trae la sua giustificazione oltre che da ragioni storiche, anche dall'esigenza di differenziare la disciplina del rapporto di lavoro in relazione a: - Caratteristiche specifiche dell'attività lavorativa; - Le concrete articolazioni della situazione di sotto-protezione sociale tipica del lavoratore subordinato. In effetti la tutela della posizione del lavoratore, nella sua qualità di contraente debole e appartenente ad una categoria sociale sottoprotetta, richiede un adattamento del modello di tutela. Infatti, la realtà del lavoro subordinato non si presenta come un tutto omogeneo, ma differenziata per categorie professionali. Tale esigenza di specificazione e adattamento del modello di tutela del lavoratore subordinato viene avvertita eimpiego . Le sue origini storicheAltro rapporto di lavoro a carattere speciale è quello che intercorre tra le pubblicheamministrazioni e un prestatore di lavoro e che veniva definito rapporto di pubblicoimpiego.Inizialmente, essendo alquanto limitate le funzioni dello Stato, i lavoratori pubblici eranoconsiderati funzionari -> soggetti che, titolari di organi dell'amministrazionepubblica, ne manifestavano all'esterno la volontà e traducevano in pratica le scelteoperate dal potere legislativo per soddisfare i bisogni della collettività. Di qui illegame della prestazione lavorativa con l'interesse generale e la conseguente esigenza dirichiedere a questi particolare diligenza, fedeltà, adeguato comportamento nella vitaprivata; di qui anche la necessità, al fine di scegliere imparzialmente i più capaci perl'esercizio delle potestà pubbliche, di assumere attraverso concorsi pubblici.Cosi la dottrina, nel cercare diconciliare i due profili – di funzionario e lavoratore subordinato – aveva affermato che l'impiegato pubblico intratteneva con l'amministrazione un duplice rapporto:
  1. Il rapporto organico – in base al quale egli era inserito nell'organizzazione amministrativa ed era legittimato ad esercitare i poteri connessi a quell'ufficio.
  2. Il rapporto di servizio – che era il vero e proprio rapporto di lavoro dal quale discendevano diritti e obblighi reciproci.
L'interazione tra i due rapporti aveva indotto a dare maggiore importanza alla relazione funzionale tra pubblica amministrazione e dipendente. E il prevalere del rapporto organico su quello di servizio aveva determinato la sistemazione del pubblico impiego nel diritto pubblico (nel diritto amministrativo) e aveva impresso al relativo rapporto un carattere autoritario (o di supremazia speciale della P.A.) da cui discendevano le seguenti conseguenze, superate con la riforma dell'intera materia.rapporto non si costituiva con il contratto, ma nasceva da un atto unilaterale dell'amministrazione pubblica (provvedimento di nomina) e ciò imprimeva sin dall'origine al rapporto un carattere autoritario. Il rapporto era disciplinato da leggi e da regolamenti ed era gestito mediante l'emanazione di atti amministrativi. La subordinazione era gerarchica e non meramente tecnico-funzionale, ma connessa con la struttura gerarchica degli uffici nei quali si articola l'organizzazione degli apparati amministrativi. Il giudice competente a decidere le controversie era il giudice amministrativo. Il rapporto di pubblico impiego ha conservato a lungo tale struttura originaria, grazie agli orientamenti della giurisprudenza amministrativa. Esso però, a partire dagli anni 70, ha attraversato una fase di lenta ma significativa trasformazione, dovuta anche all'affermarsi nel settore di organizzazioni sindacali aderenti alle maggiori confederazioni dei lavoratori, a

Cui ha fatto seguito il graduale riconoscimento del metodo della negoziazione collettiva per le va

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A.A. 2020-2021
146 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/07 Diritto del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher sandra <3 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto del lavoro e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bari o del prof Leccese Vito Sandro.