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ANALISI DETTAGLIATA DELLA RELAZIONE DI MORTATI

Mortati, nella sua relazione a conclusione dei lavori di questa commissione istituita presso il

ministero della costituente, si era occupato proprio dei diritti di libertà. In particolare aveva messo

in evidenza l’esigenza che i costituenti affrontassero soprattutto tre nodi fondamentali:

Il primo, rappresentato dalla concezione dei diritti costituzionali. Mortati, come tutti i

1. costituenti, essendo un uomo che aveva vissuto la parabola dei diritti nel passaggio dallo

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stato liberale al regime fascista, capisce che la prima cosa da fare è che il costituente

abbandoni la teoria fino ad allora dominante dei diritti come autolimitazione dei poteri dello

stato, ma che li portasse come prerogative della persona capovolgendo la logica che sul

piano teorico aveva finito per giustificare la sorte misera che i diritti avevano avuto nel

periodo pre-costituzionale;

Il secondo punto su cui insiste questa relazione di mortati è quello delle garanzie. Già nello

2. stato liberarle nel quadro di una costituzione flessibile, quello che si registra è che proprio

sul piano dell’effettività della tutela che si registrano nelle maggiori manchevolezze dello

stato liberale;

Il terzo punto riguarda l’elenco dei diritti. È l’esperienza che suggerisce a Mortati una

3. necessaria integrazione dell’elenco dei diritti di libertà che ad esempio conteneva già lo

Statuto Albertino. Ci si rende conto che, oltre alle libertà individuali e le libertà tradizionali,

il costituente si debba occuparsi anche di un’altra categoria dei diritti che sono i diritti

sociali. In questa sottolineatura c’è già in Mortati l’idea che nella costituzione debba essere

accolto un’accezione del principio di eguaglianza diversa da quella meramente formale

contenuta nello statuto Albertino. Lo Statuto Albertino prevedeva soltanto l’uguaglianza

davanti alla legge e poneva soprattutto al legislatore un obbligo negativo di non introdurre

delle discipline discriminatorie tra i cittadini. Mortati, però, riflette su questo principio e

capisce che solo questa accezione del principio di uguaglianza non elimina le diseguaglianze

di fatto che esistono tra i cittadini e allora questo accenno ai diritti sociali ci fa capire che già

Mortati aveva in mente una diversa accezione del principio di eguaglianza, che è appunto

l’uguaglianza in senso sostanziale che non impone più un dovere negativo ai poteri pubblici

(e in particolare al legislatore), ma al contrario impone, per ridurre le disuguaglianze di fatto

di natura economica, culturale e sociale, di mettere in campo delle discipline di favore, per

certe categorie soggettive, quelle più sfavorite, più deboli, in modo da riequilibrare la

situazione. Nell’uguaglianza davanti alla legge il legislatore non deve discriminare; se si

vuole eliminare delle diseguaglianze che esistono di fatto, il legislatore deve discriminare:

cioè deve trattare meglio chi sta peggio in modo da riequilibrare le posizioni e da eliminare

o ridurre queste diseguaglianze che esistono di fatto.

Questi sono i tre grandi capitoli che i costituenti cercano di scrivere, perché tutto il dibattito che si

svolge sui diritti di libertà, prima nella commissione dei 75 e poi nell’assemblea, è su questi punti

fondamentali e stanzialmente accolti. 47

Dunque innanzitutto abbiamo l’affermazione dei principi di libertà non più come concessione

dello stato inteso come titolare della sovranità che si auto-limita, ma come prerogative della

persona. Quali sono gli indici testuali che si trovano nella costituzione dell’accoglimento di questo

primo principio importante. Il primo indice è il comma 2 dell’art. 1 Cost. dove si afferma che “la

sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Qui c’è

un capovolgimento perché non è più lo stato titolare della sovranità, c’è il rifiuto di una concezione

dello stato quale titolare della sovranità, qui si capovolge la logica, e la logica è impostata su questo

principio di base, che la titolarità è del popolo. Questo è il primo indice di un mutamento radicale

dell’impostazione di questo problema di cui parliamo. Questo capovolgimento dell’impostazione

complessiva è confermata dal comma 1 dell’art 2. il quale afferma che “la Repubblica riconosce e

garantisce i diritti inviolabili dell’uomo come singolo e nelle formazioni sociali ove si svolge la sua

personalità”. Da una parte si riporta al popolo la titolarità della sovranità e quindi si esclude la

possibilità di ricostruire la natura dei diritti costituzionali come diritti concessi dallo stato. L’art. 2 è

un corollario applicativo di questo principio: i diritti non sono più concessi dallo stato, ma sono

degli attributi delle persone (principio personalistico). È significativa la formula che viene

utilizzata dai costituenti in questo primo comma dell’art. 2 in quanto la Repubblica non fonda i

diritti, ma riconosce queste prerogative della persona e li garantisce. Allora la Costituzione

riconosce che ogni persona, ogni individuo è portatore di una legittima aspettativa che certi diritti

gli venivano riconosciuti e tutelati. La Costituzione riconosce questi diritti come un prius rispetto

allo stato e li trasforma da aspettative in diritti giuridici direttamente azionabili davanti a un giudice.

Sotto questo primo profilo, quella prima indicazione di Mortati, l’idea di un cambiamento radicale

nella concezione di cosa si intende e da dove nascono i diritti, si registra in queste due disposizioni.

Sono anche due disposizioni che ci dicono che il modello di tutela che i costituenti hanno in mente

non si distacca dal modello positivistico della tradizione perché è vero che la Repubblica riconosce i

diritti, ma la Costituzione assume l’impegno di trasformare queste aspettative in diritti costituzionali

tutelati. Quindi la fonte dei diritti è la Costituzione, che è un tratto caratteristico del modello

positivistico. Da questo punto di vista la Costituzione resta nell’alveo della tradizione dei paesi

europei di Civil law, che si sono sempre ispirati al modello francese non ci sono intromissioni

dell’altro modello, quello di Common law. L’altro punto è costituito dall’ampliamento della

categoria dei diritti fondamentali, non più dei diritti di libertà tradizionali, espressione di una

concezione strettamente individualistica dei diritti di libertà, ma, accanto a questi, si introduce una

nuova categoria: quella dei diritti sociali. La norma base dei diritti sociali è il comma 2 dell’art. 3.

dove si trova la definizione di questa diversa accezione del principio di eguaglianza, che era

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estranea al pensiero liberale e che invece i costituenti codificano. Il comma 1 dell’art. 3 richiama il

principio dell’uguaglianza di tutti davanti alla legge (uguaglianza formale), il comma 2 ha invece un

contenuto completamente diverso e nuovo: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di

ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini,

impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori

all’organizzazione politica, economica e sociale del paese”. È una logica completamente diversa.

Titolari di questi diritti non sono più soltanto i singoli, ma i singoli in quanto fanno parte di una

determinata categoria di cittadini che si trova di fatto in condizioni di disuguaglianza rispetto agli

altri. Tra i diritti sociali scritti nella costituzione, che si ispirano a questo principio nuovo

dell’eguaglianza in senso sostanziale, rientra innanzitutto il diritto all’istruzione, previsto all’art.

33, in base al quale “tutti hanno diritto, indipendentemente dalle proprie condizioni economiche di

raggiungere i più alti gradi dell’istruzione scolastica”. Questo significa che ci sono delle categorie

di soggetti che non sono in grado di far fronte alle spese che comporta arrivare fino alla laurea

universitaria (o un dottorato), salvo quell’obbligo scolastico di 8 anni per cui è gratuito, tutti gli altri

livelli di istruzione sono sempre meno gratuiti. Allora lo stato deve preoccuparsene e deve mettere

in campo degli strumenti per consentire anche a chi non è in grado di avere una carriera scolastica

formativa completa fino ai livelli più altri, deve predisporre delle risorse che aiutino sul piano

finanziario ed economico quelli che non sono in grado da soli di raggiungere i più alti gradi di

istruzione. Si tratta di un obbligo positivo in quanto bisogna mettere in campo qualcosa che riduca

una disuguaglianza che esiste di fatto.

Tra i diritti sociali rientra anche il diritto alla salute, previsto all’art. 32 in base al quale “la

Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e

garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento

sanitario se non per disposizione di legge. la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti

dal rispetto della persona umana”. Soprattutto quando vi sono delle cure particolarmente costose

bisogna che lo stato si impegni a far sì che questa diseguaglianza di natura economica e venga

superata nel nome del diritto della salute, che è un diritto di tutti e per essere effettivo occorre che lo

stato si occupi anche di quelli che non sono in grado, da soli, di esercitarlo effettivamente.

Quando si discute di questa parte nella Costituzione (già nella relazione di Mortati c’era un accenno

ai diritti sociali) non tutti sono d’accordo, un po’ perché c’è una parte di costituenti che si era

formata nel periodo pre fascista ed era legata ad una concezione tipicamente liberale del principio di

uguaglianza che non prevedeva anche un’eguaglianza di tipo sostanziale. La logica dello stato

liberale era quella di uno stato che non interviene (stato non interventista), ma si preoccupa di

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assicurare le condizioni generali di pace sociale, di pace internazionale; e all’interno di questa

cornice che lo stato si impegna a tutelare ci sta la società civile, che con le sue forze e con

l’esercizio dei diritti di libertà, agisce liberamente. Quindi non c’è, in questa concezione, l’idea di

uno stato che si impegna a ridurre le diseguaglianze tra i cittadini, era sentita come una

contraddizione rispetto ad un postulato indiscutibile dello stato liberale. Quindi molti costituenti si

erano formati nel periodo pre fascista e avevano ancora in me

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A.A. 2016-2017
198 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/08 Diritto costituzionale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher marty.pop di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Costituzionale Speciale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Caretti Paolo.