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L’autonomia regolamentare: la Costituzione è l’unica che traccia
il perimetro di questa autonomia.
L’art. 64 Cost. ci dice che ciascuna camera adotta il proprio
regolamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti.
Il rapporto tra il regolamento parlamentare e la legge è un
rapporto di competenza, cioè il regolamento si occupa
dell’organizzazione e del funzionamento della camera di
riferimento. Su organizzazione e funzionamento della camera di
riferimento, non può fare nulla la legge. Se c’è una
autonomia regolamentare, l’art. 64 Cost. comma 2 traccia dei
limiti minimi, cioè stabilisce alcune regole che il regolamento
deve osservare. Si fa riferimento in particolare alla pubblicità
delle sedute: le sedute sono pubbliche, tuttavia ciascuna delle
due camere e il Parlamento a camere riunite possono decidere di
adunarsi in seduta segreta.
Al terzo comma invece si dice che le deliberazioni di ciascuna
Camera e del Parlamento non sono valide se non è presente la
maggioranza dei loro componenti, e se non sono adottate a
maggioranza dei presenti, salvo che la Costituzione prescriva una
maggioranza speciale. L’ultimo comma
ci dà il terzo vincolo, per cui i membri del Governo anche se non
fanno parte delle Camere hanno diritto, e se richiesti obbligo, di
assistere alle sedute. Devono essere sentiti ogni volta che lo
richiedono. Le sedute non sono valide se non è presente
almeno un membro del Governo (es. il Presidente del consiglio dei
ministri, o anche un sottosegretario).
La posizione particolare dei regolamenti parlamentari ha
determinato una discussione circa la sindacabilità dei regolamenti
parlamentari da parte della Corte Costituzionale.
La Corte Costituzionale ha negato questa possibilità perché i
regolamenti sono si fonti primarie, ma non aventi valore di legge.
Avere valore di legge significa essere fungibili difronte alla legge,
ma i regolamenti parlamentari non sono fungibili davanti alla
legge. L’altra
caratteristica della autonomia è l’immunità della sede: ciascun
ramo del Parlamento non possono vedere l’ingresso delle forze di
polizia se non per ordine o autorizzazione del Presidente della
camera. C’è stato un
episodio durante il periodo di tangentopoli che vide l’ingresso
delle forze di polizia dentro la Camera.
Le Camere hanno una autonomia contabile, quindi sono ciascuna
responsabile del proprio bilancio.
Per quanto riguarda invece l’autodichia, è la giustizia interna che
esercitano le camere. Questa è regolata da regolamenti specifici.
L’autodichia è esercitata dagli organi giurisdizionali interni
composti da parlamentari.
La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato nel 2009
l’Italia, perché l’autodichia viola l’art. 6 comma 1 CEDU
(imparzialità della giurisdizione).
Sono state introdotte le cause di incandidabilità, per la prima
volta nel 1995 per quanto riguarda gli enti locali e facevano
riferimento soprattutto a ipotesi di condanne per delitti di mafia.
A livello di enti locali c’è un particolare interesse delle
associazioni mafiose di un controllo del territorio, e perciò le
associazioni mafiose hanno un maggiore interesse alla politica
locale.
La prima legge che introduce la incandidabilità degli
amministratori locali prevede anche la possibilità di una condanna
non definitiva. Ma la Corte ha detto che questo viola il principio
della presunzione di non colpevolezza.
Queste ipotesi sono oggi previste anche nella legge Severino,
legge per la prevenzione della corruzione.
La questione si pone quando il soggetto risulti incandidabile dopo
esser stato eletto. In questo caso è stato previsto che la
incandidabilità assume rilevanza anche se il soggetto è già stato
eletto: il soggetto che si trovi in una situazione di incandidabilità
dopo esser stato eletto, decade dalla carica (come è accaduto al
senatore Berlusconi nel 2013). Sia per il
giudizio di convalida che per il giudizio sulle cause di decadenza,
il giudizio si svolge prima nella giunta delle elezioni e poi in aula.
Nel giudizio di convalida c’è la possibilità di una contestazione.
Se una causa di ineleggibilità sopravviene nel corso del mandato,
si trasforma in causa di incompatibilità.
Funzionamento e funzioni e rapporto tra Parlamento e UE.
Per quanto riguarda il funzionamento, le due camere funzionano
separatamente anche se esercitano le funzioni collettivamente
(nel senso che quasi tutte le decisioni sono valide soltanto se
assunte in modo identico nelle due camere).
L’art. 60 Cost. prevede che la Camera dei deputati e il Senato
della Repubblica sono eletti per 5 anni. Questa disposizione è
stata modificata nel 1963, perché prima la Camera durava 5 anni
e il Senato 6 anni. La diversa durata delle camere
aveva lo scopo di valorizzare il Senato, ma non teneva conto del
fatto che entrambe le camere devono dare la fiducia al governo e
devono entrambe approvare le leggi. Nel 1953 e
nel 1958 il Pdr sciolse anticipatamente il Senato per far si che sia
eletto contestualmente al Senato.
Non si può andare oltre i 5 anni, e i 5 anni decorrono dalla data
della prima riunione delle camere.
E’ possibile lo scioglimento anticipato, art. 88 Cost. ci dice che il
Pdr, sentiti i loro Presidenti, può sciogliere entrambe le camere o
una sola di esse. Nulla esclude la possibilità prevista dall’art. 88 di
sciogliere una sola delle camere.
Il Pdr non ha un ruolo politico, quindi non può sciogliere le camere
sulla base di una sua valutazione politica, ma la valutazione
politica deve provenire dagli organi del circuito politico (governo
e Parlamento). Scalfaro però era giunto a una
valutazione un po' diversa, nel senso che scioglie le camere perché
c’è una nuova legge elettorale nel 1994. Scalfaro fa una
valutazione insieme alle forze politiche (perché il governo Ciampi
si dimette), ma sostanzialmente non vede se è possibile formare
un’altra maggioranza.
Le ipotesi di scioglimento anticipato non sono quindi definite nella
nostra Costituzione, ma fanno riferimento all’impossibilità di
funzionamento delle camere. Es. il Presidente Cossiga minacciò lo
scioglimento delle camere quando non riuscivano ad eleggere due
giudici costituzionali. Art. 60 comma 2 Cost. ci dice
che le camere non possono essere prorogate se non per legge o
per caso di guerra (naturalmente difensiva). L’art. 78
prevede che le camere deliberino lo stato di guerra e conferiscano
al governo i poteri necessari. L’art. 60 Cost. ci dice che per legge
in caso di guerra può essere prorogata la durata delle camere.
Quindi, il Parlamento deve approvare una legge in presenza di una
guerra per prorogare le camere.
Diversa dalla proroga è la prorogatio: la prorogatio è un istituto
contemplato in particolare per le camere all’art. 61 comma 2
Cost., il quale si collega a un principio (non scritto) cioè quello di
continuità degli organi costituzionali. Gli organi costituzionali non
possono mancare in nessun momento, per cui la Costituzione fa in
modo che un vuoto non si crei mai.
L’art. 61 comma 1 Cost. ci dice che le elezioni delle nuove camere
hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti. La
prima riunione ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalle
elezioni. Finchè non siano riunite le nuove Camere sono prorogati
i poteri delle precedenti. Quindi, la prorogatio può
arrivare a un massimo di 90 giorni. I poteri del
Parlamento in periodo di prorogatio: questi poteri non sono
esattamente stabiliti, ma ci sono soltanto alcuni specifici
riferimenti. I riferimenti sono all’art. 77 comma 2 e art. 85
comma 3: il primo stabilisce una cosa che il Parlamento può fare
anche se è sciolto, e l’altro cosa non può fare il Parlamento
quando è sciolto.
L’art. 77 Cost. comma 2 ci dice che quando viene adottato un
decreto legge, questo decreto deve essere presentato il giorno
stesso alle camere per la conversione anche se le camere sono
sciolte, altrimenti perde efficacia con effetto retroattivo. Le
camere, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si
riuniscono entro 5 giorni. L’art. 85 Cost.
(elezione Pdr) prevede che se le camere sono sciolte o manca
meno di tre mesi alla loro cessazione, la elezione ha luogo entro
quindici giorni dalla riunione delle Camere nuove. Nel frattempo
sono prorogati i poteri del Pdr in carica. Quindi, il Parlamento
legittimato dagli elettori deve eleggere il Pdr, e non deve
eleggerlo il Parlamento legittimato dagli elettori 5 anni prima.
Come funzionano le camere?
Le camere devono essere convocate per riunirsi.
L’art. 62 Cost. prevede alcune forme di convocazione delle
assemblee parlamentari, e ci dice che le camere si riuniscono di
diritto il primo giorno non festivo di febbraio e di ottobre.
Il comma 2 dà la possibilità di una convocazione straordinaria per
volontà del Pdr o di 1/3 dei suoi componenti e per iniziativa del
Presidente (cioè il Presidente della camera).
La convocazione di una camera comporta di diritto la
convocazione dell’altra (bicameralismo perfetto).
Le camere vengono convocate con un ordine del giorno fissato
sulla base della disciplina dell’organizzazione dei lavori. Per
quanto riguarda le votazioni, le sedute sono valide se è presente
la maggioranza degli aventi diritto.
Il numero legale è presunto, altrimenti si richiede l’accertamento
del numero legale.
Il quorum di validità è la maggioranza dei componenti, e la
generalità delle deliberazioni si approva con la maggioranza
semplice. A questo fanno eccezioni le ipotesi in cui è richiesta
l’approvazione a maggioranza assoluta, o quando è prevista la
maggioranza qualificata ecc. Come si vota? Si
può votare: favorevole, contrario o astenuti.
La questione degli astenuti è importante, perché il regolamento
della Camera dei deputati ha sempre previsto che gli astenuti, pur
considerati presenti ai fini del numero legale, sono considerati
assenti ai fini della approvazione. Quindi, l’astenuto aiuta
all’approvazione delle delibere. Questa
fino alla scorsa legislatura era la regola per la sola Camera dei
deputati, perché per il Senato l’astenuto era considerato presente
ai fini della approvazione. Alla fine della legislatura il Senato ha
approvato un riforma del regolamento che ha anche introdotto lo
stesso sistema della Camera per la considerazione degli astenut