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L’art. 14 è riservato al domicilio, il luogo che una persona ha a propria
disponibilità a titolo privato, da cui si possono escludere terzi; anche in questo
caso sono possibili ispezioni (per vedere come è fatta la casa), perquisizioni
(connessa alla ricerca di cose o persone) o sequestri (delle cose all’interno o
del bene stesso), solo nei modi consentiti dalla legge, con un rimando agli artt.
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Marziantonio ©
2 e 3. Ricalca poi il modello dell’art. 13; il terzo comma prevede una
regolazione speciale per ispezioni per motivi di sanità e incolumità pubblica,
oppure economici e fiscali: vi è una breccia nella riserva di giurisdizione, poiché
non occorre un mandato dell’autorità giudiziaria, nonostante sia necessario che
ci siano le condizioni adeguate.
L’art. 15 riguarda la tutela della corrispondenza e di ogni altra forma di
comunicazione interpersonale; le sue caratteristiche sono l’intersoggettività,
l’attualità della comunicazione e l’esistenza di destinatari determinati (che
distingue la libertà di corrispondenza dalla libertà di manifestazione del
pensiero [art. 21], rivolta invece ad un pubblico indeterminato). Talvolta un
mezzo di comunicazione privata può essere utilizzato come tramite per
divulgare la propria libertà di pensiero. La limitazione può avvenire solo con
riserva di legge semplice e non è possibile intervenire in casi eccezionali
chiedendo poi convalida al giudice.
L’art. 16 riguarda la libertà di circolazione e soggiorno, che ha degli
aspetti in comune con la libertà personale; tuttavia talvolta può essere lesa
anche separatamente: se non c’è una coercizione fisica della persona ma si è
in presenza di obblighi. Ogni cittadino può circolare o soggiornare liberamente
in tutto il territorio italiano; le limitazioni possono essere stabilite in via
generale solo con legge (riserva di legge) per motivi che la Costituzione esplica
(rinforzata), che ovviamente non possono essere ragioni politiche. Il secondo
comma riguarda invece la libertà di espatriare che per il cittadino è sempre
possibile salvo obbligo di legge; vige anche il diritto di incolato, che riguarda i
cittadini italiani, ossia quello di poter rimanere nel territorio statale. La libertà
di emigrazione è stabilita all’art. 35. Un cittadino può dover abbandonare il
territorio italiano in caso di estradizione (commissione di un reato e condanna
penale in un altro stato), secondo art. 26 della Costituzione.
L’art. 21 garantisce la libertà di manifestare il proprio pensiero con
parola, scritto, o qualunque altro mezzo di diffusione; in tal caso la
manifestazione è aperta, trasparente, si tutela la libertà di esprimersi e,
ovviamente, non la segretezza. Particolare tutela è quella della stampa, che
può essere sequestrata solo con riserva giudiziaria, o con atto motivato della
polizia giudiziaria, che deve poi però renderne conto a un giudice. L’unico limite
esplicito è quello del buoncostume, rispetto del pudore sessuale delle persone,
ma ce ne sono poi altri impliciti, in particolare nell’ambito dei valori tutelati
dalla Costituzione, per esempio l’ordine pubblico: si incorre nel reato
d’opinione, in caso di istigazione a commettere un reato o apologia di un
reato. Altri limiti si trovano nei reati di ingiuria (ledere l’onore di una persona
presente) e di diffamazione (ledere l’onore di una persona assente); si pone
quindi la questione di legittimità del diritto di critica (fino ad arrivare
all’estremo diritto di satira): bisogna trovare un equilibrio e la giurisprudenza
è arrivata a dire che la critica deve essere ammissibile, anche se ha un
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Marziantonio ©
contenuto ingiurioso, purché sussistano requisiti di verità, utilità sociale e
continenza nei modi. C’è un ulteriore necessità di bilanciamento, tra diritto di
cronaca e diritto di riservatezza: quest’ultimo varia a seconda della
notorietà di una persona e diminuisce in maniera inversamente proporzionale;
nel diritto di cronaca resta tuttavia ferma l’obbligo di verità dei fatti descritti,
l’interesse sociale per essi e una forma civile di esposizione. Profilo particolare
della segretezza/riservatezza è la tutela dei segreti, necessaria ad esempio
in ogni inchiesta giudiziaria. Il mezzo più importante di libera espressione ai
tempi della stesura della Costituzione era la stampa; la questione della tutela
del sistema radio-televisivo è stata molto complessa, perché oltre al diritto
attivo di manifestare il proprio pensiero c’è anche un diritto ad essere informati
in maniera completa: questo si riconnette alla necessità di avere una pluralità
di fonti d’informazione e tale diritto si ritiene tutelato proprio in questo caso.
Alla sua nascita, questo sistema era sotto il monopolio statale, ritenuto
legittimo fino alla metà degli anni ’70; con una sentenza del ’76, la Corte
Costituzionale stabilì la possibilità di istituire radio e tv locali, quindi ci fu
un’invasione di esse, tendendo sempre più a una concentrazione di canali
televisivi nelle mani di un imprenditore: si aggira la legge trasmettendo gli
stessi programmi in ogni regione a distanza di pochi minuti. La legge Mammì
del 1990 esplica la situazione di duopolio del tempo e stabiliva che un
imprenditore potesse avere al massimo 3 reti; la Corte Costituzionale
intervenne e stabilì che tale norma era anticostituzionale. Nel 1997 ci fu una
nuova legge con cui il limite veniva abbassato al 20%; intervenne di nuovo la
Corte che disse che era illegittimo non prevedere un termine a questo
provvedimento transitorio. Nel frattempo vi fu l’avvento del digitale, che
consentì un numero di canali superiore rispetto a quello che era possibile
trasmettere via etere, quindi si affacciarono nuove possibilità: nel 2004 con la
legge Gasparri che prevede che un soggetto può diffondere al massimo il 20%
dei programmi; in pratica si rinvia una sistemazione della questione a quando
tutto il territorio sarà digitalizzato e quindi quanti siano effettivamente questi
programmi. In definitiva, la Corte Costituzionale emise sentenze sulla base del
principio della pluralità delle fonti di informazione; quindi la questione è ancora
aperta.
L’art. 19 ci dice che tutti possono professare liberamente la propria forma
religiosa, col solo limite del buon costume: è un’estensione del diritto alla
libertà di espressione del proprio pensiero.
Altra forma di libera espressione è contenuta all’art. 33, che riguarda l’arte, la
scienza e il loro insegnamento; bisogna però conciliare la pluralità di
possibilità di scelta di chi apprende con tale libertà.
L’art. 24 stabilisce che ognuno ha diritto ad accedere alla giustizia se
ritiene che i propri diritti o interessi legittimi siano stati lesi. Garantisce anche il
diritto alla difesa professionale: davanti ai giudici occorre essere
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Marziantonio ©
patrocinati da un avvocato, che sia competente in ambito del diritto, pertanto
ai non abbienti sono garantiti i mezzi per averne uno. Questo diritto non è
soltanto nei confronti di un’assistenza tecnico-professionale, ma contiene
anche il diritto di poter stare in giudizio nel rispetto della parità delle due parti
(accusa e difesa): è questo il principio del contradditorio; insito in ciò è
anche l’obbligo della motivazione delle sentenze, su cui talvolta è possibile
costruire l’appello. Inoltre lo stesso articolo stabilisce anche il diritto di
riparazione delle sentenze.
L’art. 25 sancisce il diritto di ognuno ad essere giudicato dal giudice di
competenza, secondo una griglia astratta precostituita (principio della
precostituzione del giudice naturale).
L’art. 27 stabilisce il principio della personalità della responsabilità
penale (la responsabilità civile può talvolta essere shiftata, come nel caso
dell’assicurazione civile); si esplica poi il principio di non colpevolezza di un
imputato sino alla sentenza definitiva. Il divieto di pena di morte è stato
modificato recentemente, perché prima era concessa per quanto riguardava
casi di guerra.
Ci sono poi diritti associativi, che riguardano la persona che vive insieme agli
altri.
Il primo, contenuto all’art. 17 è il diritto di riunione, stabilisce il diritto
all’adunarsi volontario in un luogo e un tempo predeterminato, da parte di un
gruppo di persone per un determinato obiettivo, purché si svolga in modo
pacifico e senza armi; è distinto dall’assembramento in cui manca la
predeterminazione, dove la causa prevista è accidentale. Si possono poi avere
riunioni in luogo pubblico, in un luogo aperto al pubblico, o in luogo privato. Le
prime si svolgono in un posto pubblico, motivo per cui l’autorità deve essere
informata e può talvolta vietarla per motivi di sicurezza o incolumità pubblica;
ci sono sanzioni penali per i promotori di una riunione che è stata vietata ma
viene tenuta lo stesso. Le riunioni in luogo aperto al pubblico non necessitano
di alcun preavviso, così come quelle in luogo privato; un eventuale intervento
della polizia in quest’ultimo caso deve rispettare la libertà di domicilio
contenuta all’art. 14.
L’art. 18 concerne la libertà di associazione, che è pieno ma non deve
essere finalizzato a obiettivi vietati dalla legge penale (associazione a
delinquere); inoltre, fa divieto delle associazioni segrete e quelle che
perseguono scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare: si mira
a escludere che vengano utilizzati i mezzi violenti nella dialettica politica. In
una normativa del 1948 si specificano poi le caratteristiche delle associazioni
che da questo articolo sono vietate . In particolare, la dodicesima transizione
contiene il divieto che è previsto circa le associazioni di tipo politico, riguardo
la ricostituzione del partito fascista. Le associazioni segrete sono state
concretamente consentite fino al 1982, quando vi fu l’attuazione di una
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Marziantonio ©
normativa che prevede il divieto delle associazioni che occultano
l’esistenza, le finalità o i soci che tendono a svolgere attività dirette a
interferire con i pubblici poteri; sono state avanzate critiche, perché l’art. 18
mira a vietare società segrete in generale, non quelle con particolari obiettivi: è
stata cioè ritenuta restri