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Accanto alle strutture organizzative che fanno capo all’ente stato, ve ne sono
altre che si articolano in enti del settore pubblico, proprietari di personalità
giuridica creati dalla legge con scopi di carattere pubblico: istituiti con legge,
statale o regionale, devono avere uno scopo e risorse materiali per agire; la
nostra amministrazione si caratterizza per vedere accanto all’ente stato tanti
altri enti pubblici.
Nell’800 vi erano enti come le regioni e i comuni, enti bancari e università, ma
poco altro; grande incremento di queste articolazioni organizzative si ha lungo
il corso del XX secolo, in conseguenza all’aumento dei compiti dello stato
dovuto al passaggio dallo stato liberale a quello moderno. Si assiste alla nascita
di un fenomeno che è quello dell’intervento dello Stato in economia, la
possibilità di enti pubblici di agire secondo i caratteri dell’imprenditore: si
3 Chiara
Marziantonio ©
istituisce la società per azioni, il cui pacchetto azionario era in mano dello
Stato, e subito dopo la II guerra mondiale fu istituito il ministero delle
partecipazioni statali che gestiva queste società; si ha un aumento degli enti
pubblici prestatori di servizi in genere, perché si passa da una società di
stampo liberale a una in cui si vuole assicurare il welfare dei cittadini. Si tenta
poi un riordino di questi enti, problema ancora oggi sentito. Sul fronte specifico
degli enti pubblici economici si assiste a un forte ridimensionamento a partire
dagli anni ’90, a causa della mal gestione o per direttive europee, attraverso
liberalizzazioni e privatizzazioni: l’intervento dello stato in economia si è
nettamente ridimensionato; quando si deve pensare all’amministrazione in
senso soggettivo molto sta in quella statale, molto sta in enti sotto la vigilanza
dell’autorità politica, quindi del ministero di riferimento, come insito nel
principio democratico.
Gli enti pubblici si possono classificare, a seconda del rapporto che hanno con
lo Stato, in:
territoriali: sono enti molto peculiari, che riguardano le autonomie
- territoriali, dotate di autonomia politica; l’indirizzo di governo è proprio e
deriva direttamente dalla volontà popolare.
strumentali: enti creati con legge, come una specie di longa manus di
- un ministero, sottoposti a una stretta vigilanza del ministero di
riferimento (avranno risorse da esso trasferite, sono controllati da esso, i
funzionari verranno nominati dal governo); per quanto importanti sono
sottoposti alle direttive del ministero di riferimento.
autonomi: hanno caratteristiche di maggiore indipendenza rispetto a
- quelli strumentali, sono sempre sottoposti a una vigilanza del ministero di
riferimento ma gli organi di vertice non sono scelti dal governo ma ad
esempio dagli associati stessi, hanno autonomia finanziaria, hanno
autonomia statuale; comunque un controllo di legittimità sull’attività
compiuta esiste sempre.
Gli enti pubblici si possono classificare anche in base al contenuto dell’attività
che svolgono:
economici: attività di tipo commerciale-imprenditoriale
- amministrativi: che esercitano poteri amministrativi, quindi attività
- prevalentemente giuridica (ordini professionali)
prestazionali: attività soprattutto di servizio, prestazioni materiali e
- attività giuridica molto bassa.
La maggior parte degli enti pubblici sono di tipo fondazione, cioè ci sono delle
risorse amministrate per delle finalità da pubblici dipendenti; ne esistono anche
di tipo associativo. 4 Chiara
Marziantonio ©
Gli enti pubblici territoriali hanno aggancio diretto col principio della sovranità
popolare, mentre gli altri enti sono sottoposti a un controllo più o meno
stringente dell’autorità politica, perché l’amministrazione in un ordinamento
democratico deve essere sottoposta al controllo di un organo politicamente
responsabile. Esistono però delle articolazioni amministrative che si chiamano
autorità amministrative indipendenti, sorte soprattutto in ordinamenti
stranieri di origine anglosassone fino agli ani ’80 abbastanza limitate (Banca
d’Italia, Garante dell’editoria, CONSOB), che sono strutture organizzative che
godono di un’indipendenza significativa nei confronti del governo; esse sono
incrementate a partire dagli anni ’90, perché sono state create alcune strutture
che hanno lo scopo di presiedere a settori dell’amministrazione molto delicati:
la Commissione di Garanzia dell’attuazione della legge sull’esercizio del diritto
di sciopero nei servizi pubblici essenziali, L’Autorità garante della Concorrenza
e Mercato, l’Autorità per le telecomunicazioni nel 1990, a cui ne seguirono
altre. La prima riguarda tutte le problematiche legate al diritto di sciopero, che
deve essere contemperato col diritto degli utenti; la seconda, chiamata spesso
Antitrust, controlla che le regole di concorrenza proprie del libero mercato
abbiano pieno svolgimento; la terza riguarda il settore delle telecomunicazioni,
complesso che vigila su tutto ciò che riguarda questo tema. Negli anni
successivi si aggiunsero: l’Autorità per i servizi di pubblica utilità, il garante per
la protezione dei dati personali, l’autorità di vigilanza sui servizi pubblici; nella
creazione di queste autorità si è cercato di conferirle dei tratti particolare di
indipendenza rispetto all’esecutivo, sia per quanto riguarda la lunghezza del
mandato, non rinnovabilità, modalità di nomina dei componenti. Il problema
che si è posto è stato quello della loro legittimità costituzionale e compatibilità
col sistema democratico: se tutti i poteri devono essere riconducibili a un
organo politicamente responsabile in questo caso si ha un’eccezione; la
maggior parte degli autori ritiene esse compatibili, nel senso che le ritengono
venire a regolare settori delicati dove sono coinvolti diritti fondamentali dei
cittadini e questa loro cesura rispetto all’autorità politica dovrebbe
avvantaggiare l’imparzialità.
Gli enti sono strutture amministrative che necessitano di uomini e di mezzi,
appositamente predisposti per soddisfare obiettivi comuni; sono divisi in unità
organizzative che si denominano uffici, la cui complessità può variare
moltissimo. Essi possono svolgere attività prevalentemente materiale o di
carattere giuridico: i primi vengono chiamati anche meri uffici o uffici
interni e sono composti da mansionari (centralinisti, portieri, addetti alle
fotocopie); gli altri sono chiamati anche uffici organi o semplicemente organi
e compiono attività giuridica che fa sì che essi abbiano un’evidenziazione
funzionale esterna. La legge si occupa di attribuire competenze a specifici
organi giuridici, che devono manifestare all’esterno la volontà dell’ente; il
carattere di uffici organi è stata attribuita fino a tempi recenti
5 Chiara
Marziantonio ©
fondamentalmente agli organi politici, ma negli ultimi 20 anni la questione è
stata rimessa in discussione, con l’idea che fosse un po’ una finzione che un
ministro fosse consapevole di tutti gli atti che firmava. Si assiste quindi a delle
riforme molto importanti a partire dagli anni ’90, nel senso di un’attribuzione di
competenze ad evidenza esterna anche al personale burocratico di alto livello:
si sostiene che occorra creare una maggior separazione tra politica e
amministrazione, nonostante ci debba essere un raccordo; così sia a livello
delle organizzazioni statali che territoriali si stabilisce questo tipo di
separazione: al personale politico spetta un indirizzo di finalità e controllo,
mentre la gestione amministrativa al personale burocratico dirigenziale, art.
97.2.
L’amministrazione deve compiere delle attività finalizzate a uno scopo e come
ogni soggetto può utilizzare anche il diritto privato, oltre al diritto
amministrativo, che offre dei poteri particolarmente incisivi sulle situazioni
soggettive dei privati, che devono trovare nella legge il loro fondamento;
l’attività giuridica dell’amministrazione si svolge attraverso atti
amministrativi che ha caratteristiche di unilateralità. Essi possono essere
vincolati, cioè tutte le disposizioni sono contenute nella legge, o frutto di
poteri discrezionali, nella maggior parte dei casi; si parla di discrezionalità
come libertà di scelta e valutazione di interessi nell’ambito di una cornice
legislativa. Per giungere all’adozione di un atto amministrativo si dovrà seguir
un iter, detto procedimento amministrativo; un tempo rientrava
completamente nelle segrete stanze dell’amministrazione e solo negli ultimi
decenni c’è stata un’evidenziazione esterna: nel 1990 è stata approvata la
legge generale sul procedimento amministrativo che prevede delle fasi e si
applica a tutti gli atti. Per la prima volta si prevede una possibilità generalizzata
del privato di partecipare alla procedura amministrativa, ispirata al principio di
imparzialità, il valutare tutti gli interessi coinvolti nel procedimento.
Il procedimento si divide in più fasi:
iniziativa: può spettare o al privato interessato o all’amministrazione
- stessa.
istruttoria: molto variabile, talvolta veloce, talvolta complicata,
- all’interno della quale sta anche l’intervento del privato interessato, che
presenta memorie e ha accesso agli atti; tale possibilità è stata una
conquista importante, generalizzata sempre con la legge 241/90 e a tale
proposito si parla di giusto procedimento.
costitutiva: l’organo competente ad adottare l’atto deve prendere una
- decisione e verbalizzarla.
integrativa dell’efficacia (eventuale): si può avere se l’atto è
- sottoposto a un controllo preventivo, che faceva sì che l’atto fosse
perfetto nel senso che l’organo lo aveva approvato ma non poteva
divenire efficace finché non avesse superato il controllo; negli ultimi la
6 Chiara
Marziantonio ©
normativa ha teso a semplificare e molti passaggi di controllo sono stai
eliminati. Il controllo può essere di legittimità, se va a verificare che
l’atto sia conforme alle norme di legge, o merito, se riguarda
l’opportunità dell’atto, mettendo in discussione le scelte discrezionali
della pubblica amministrazione.
Tradizionalmente si dice che i caratteri generali del provvedimento
amministrativo siano l’imperatività, l’immediata esecuzione e
l’esecutorietà, cioè l’amministrazione pu