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PARTE SECONDA - I MODELLI ORGANIZZATIVI
DELLE SOCIETÁ DI CAPITALI
Patrimonio, capitale e bilancio
27. Il p e funzioni.
Come ogni società, anche quelle di capitali dispongono di un patrimonio sociale, al quale si
ricollegano essenzialmente due funzioni:
• una funzione di garanzia, in quanto complesso delle entità espropriabili che
rappresentano l’oggetto di posizioni soggettive attive destinate a garantire
l’adempimento dei debiti, e dunque la soddisfazione delle posizioni soggettive
passive che gravano sul titolare;
• una funzione produttiva, in quanto complesso di valori economici, oggetto di una
gestione tendente ad aumentarne il valore, e al quale si è soliti alludere in termini
di patrimonio netto, dal momento che esso corrisponde al valore positivo delle
utilità che emergono da tale gestione al netto del valore negativo dei debiti assunti
nel corso della stessa.
28. I risultati della gestione sociale. L’esercizio sociale.
Il patrimonio netto risulta quindi essenziale per individuare il risultato della gestione sociale,
che consegue allo svolgimento dell’attività economica da parte della società: tale risultato
è infatti rappresentato dalla differenza tra l’ammontare finale e quello iniziale del
patrimonio netto, che se positivo, originerà un guadagno, se negativo, una perdita.
Dal risultato finale, relativo cioè all’intera gestione, devono poi distinguersi i risultati,
positivi o negativi, dei singoli esercizi nei quali essa risulta segmentata: vale a dire,
rispettivamente, gli utili e le perdite d’esercizio. La legge, infatti, a prescindere dalla
liquidazione della società, permette ai soci la distribuzione degli eventuali guadagni
parziali che scaturiscono dalla suddivisione della gestione in una pluralità di esercizi
sociali, la cui durata è normalmente annuale, e che i soci possono al più ridurre, ma mai
aumentare.
29. La disciplina del patrimonio netto: caratteri generali.
La disciplina del patrimonio netto è costituita da diverse regole che risultano tra loro
collegate in ordine gerarchico, in modo che ognuna di esse si applica solo qualora le
regole collocate in una posizione più elevata abbiano trovato integrale applicazione.
Queste regole corrispondono, sul piano contabile, alle diverse voci in cui si articola il
patrimonio netto, e vengono rappresentate nel passivo dello stato patrimoniale del
bilancio d’esercizio.
30. Il capitale sociale.
Seguendo l’ordine gerarchico, la prima regola, a cui viene assoggettato il patrimonio
netto, è quella del capitale nominale, rappresentato dal valore complessivo assegnato dai
soci agli apporti che costoro effettuano o promettono di effettuare a titolo di
conferimento, al momento della costituzione della società o anche successivamente in
occasione di aumenti di capitale.
Il contenuto della regola del capitale si risolve soprattutto nel divieto per gli
amministratori, peraltro penalmente sanzionato, di distribuire tra i soci la parte del
patrimonio netto che attualmente corrisponde al capitale nominale: i soci hanno infatti
solo la possibilità di modificarne l’entità, nei limiti stabiliti dalla legge.
31. Riserva legale. Riserve statutarie e facoltative.
Nelle società di capitali, inoltre, a differenza di quanto avviene in quelle di persone, sono
previste diverse discipline, denominate riserve, che tendono a limitare ulteriormente la
distribuzione del patrimonio netto.
La prima ad essere presa in considerazione è la riserva legale: per ragioni di prudenza,
infatti, la legge prevede, attraverso tale disciplina, che sia accantonata (e dunque non
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distribuita) almeno la ventesima parte degli utili netti di ciascun esercizio (ossia gli utili
che non servono a coprire perdite pregresse), fino a quando l’ammontare complessivo del
valore accantonato non risulti pari ad un quinto del capitale sociale.
I soci, del resto, possono prevedere nello statuto ulteriori riserve, come quelle statutarie,
che, analogamente alla riserva legale, comportano anch’esse l’indistribuibilità di una
parte degli utili netti.
Si parla invece di riserva facoltativa per indicare gli utili degli esercizi precedenti che non
sono stati distribuiti, bensì portati a nuovo; proprio per tale ragione, la riserva facoltativa
in realtà non solo non rappresenta, come tutte le altre riserve, un vincolo alla
distribuibilità del patrimonio netto, ma nemmeno esprime una disciplina autonoma da
quella degli utili: trattandosi soltanto della denominazione con la quale si indica la parte
di tali valori accantonata in precedenza.
32. Riserva da soprapprezzo, da rivalutazione e per azioni proprie in
portafoglio.
Ulteriori vincoli alla distribuzione del patrimonio netto sono infine previsti alla luce di
vicende particolari, quali il versamento di un soprapprezzo, la rivalutazione di taluni
elementi patrimoniali e l’acquisto di azioni proprie; sotto questo profilo, si distinguono,
allora:
• la riserva da soprapprezzo, che accoglie l’eccedenza del prezzo di emissione delle
azioni rispetto al loro valore nominale, e che quindi non può essere ripartita tra i
soci fino a che la riserva legale non abbia raggiunto il quinto del capitale sociale;
• la riserva da rivalutazione, che accoglie il maggior valore derivante da procedimenti
di rivalutazione previsti dalla legge o in casi eccezionali;
• la riserva per azioni proprie in portafoglio, diretta a salvaguardare l’integrità del
capitale e dunque ad evitare che l’operazione di acquisto di azioni proprie si
traduca in una distribuzione della parte indisponibile del patrimonio netto.
33. Utili e dividendi.
L’ultima disciplina a cui viene assoggettato il patrimonio netto è quella degli utili
distribuibili ai soci.
La legge precisa tuttavia che può essere diviso tra i soci soltanto l’utile che sia stato
realmente conseguito e che risulta dal bilancio d’esercizio approvato dai soci.
In particolare, per indicare gli utili dei quali i soci hanno disposto la distribuzione si parla
di dividendi: mentre, infatti, nelle società di persone il diritto del singolo socio ad ottenere
la sua parte di utile distribuibile sorge, in mancanza di patto contrario, fin dal momento
dell’approvazione del relativo bilancio d’esercizio; nelle società di capitali si richiede
invece un’ulteriore decisione della collettività dei soci, con la quale costoro ne dispongono
la distribuzione.
Per altro verso, mentre nelle società di persone gli utili che, pur risultanti dal bilancio, non
siano stati realmente conseguiti, non solo non possono essere divisi tra i soci, ma, se lo
sono stati, devono essere restituiti alla società; nelle società di capitali, invece, si esclude
l’obbligo da parte dei soci di restituire gli utili netti riscossi in buona fede che, pur non
essendo stati realmente conseguiti, risultino comunque da un bilancio regolarmente
approvato (analoga disciplina è del resto prevista per gli utili riscossi dai soci
accomandanti di una s.a.s.).
Le s.p.a., inoltre, possono prevedere nello statuto la possibilità di distribuire, nel corso
dell’esercizio, acconti sui dividendi; tale distribuzione è ammessa in misura pari alla
minor somma tra gli utili distribuibili e le riserve disponibili, e a condizione:
• che dal bilancio dell’esercizio precedente non emergano perdite d’esercizio e che
comunque il capitale non risulti nemmeno in parte perduto a seguito di perdite
relative ad esercizi precedenti;
• che tale bilancio sia stato approvato;
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• che su di esso la società di revisione, al cui controllo è assoggettato per legge, abbia
rilasciato un giudizio positivo.
La distribuzione è poi decisa dagli amministratori sulla base di un prospetto contabile e
di una relazione dalla quale risulti che la stessa sia consentita da un’accettabile situazione
patrimoniale, economica e finanziaria della società.
34. La documentazione della gestione sociale.
Data la natura produttiva della gestione, tutte le società di forma commerciale, sono
tenute agli obblighi di redazione e di conservazione delle scritture contabili imposti
all’imprenditore commerciale.
Quanto in particolare alle società di capitali, la legge detta poi un’articolata disciplina
volta ad arricchire la documentazione della gestione sociale, disponendo quindi che il bilancio
d’esercizio risulta costituito, oltre che dallo stato patrimoniale e dal conto economico,
altresì dalla nota integrativa, che lo stesso deve essere poi correlato da una relazione sulla
situazione della società e sull’andamento della gestione, e infine pubblicato nel registro
delle imprese.
La legge prevede inoltre la tenuta, da parte delle società di capitali, di determinati libri
sociali. Taluni di essi sono destinati a documentare l’attività dei diversi organi in cui può
articolarsi la loro struttura: si tratta, per le s.p.a., dei libri delle adunanze e delle
deliberazioni, cui si aggiunge il libro che documenta l’attività del soggetto incaricato alla
revisione contabile; mentre per le s.r.l., si tratta dei libri delle decisioni dei soci, degli
amministratori e del collegio sindacale o del revisore. Altri invece contengono
l’indicazione delle generalità di determinati soggetti che partecipano al finanziamento
della società, e dell’entità della loro partecipazione: si prevede così, per tutte le società di
capitali, il libro dei soci, e, limitatamente alle s.p.a., il libro delle obbligazioni e quello
degli strumenti finanziari.
Infine nell’ipotesi di società di capitali che controllino un’impresa esercitata da un
soggetto diverso ovvero che siano controllate da enti pubblici economici, società
cooperative e mutue assicuratrici, la legge prescrive, a fini esclusivamente informativi, la
redazione del bilancio consolidato di gruppo da parte dell’ente che esercita il controllo.
35. Le funzioni del bilancio d’esercizio.
Se il bilancio d’esercizio delle società, complessivamente considerato, svolge, come ogni
altra scrittura contabile, innanzitutto una funzione informativa, le sue componenti
principali, vale a dire il conto economico e lo stato patrimoniale, svolgono anche una
funzione che ben può dirsi normativa o, meglio, organizzativa, in quanto volta alla
disciplina dei valori che da essi risultano.
Proprio, e solo, alla luce di tale funzione si comprende, infatti, che la necessità di
un’approvazione si pone solo per il bilancio d’esercizio, e non anche per quei documenti
che svolgono una funzione meramente informativa (come ad es. il bilancio consolidato).
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