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PARTE SECONDA – IMPRESA E MERCATO
Capitolo primo – I segni distintivi
16. Nozioni generali.
L’attività d’impresa è un’attività di relazioni in un mercato dove coesistono più
imprenditori che producono o distribuiscono beni e servizi uguali o simili. Per evitare,
quindi, che nasca confusione fra imprese concorrenti e fra i loro prodotti, il legislatore ha
disposto che le aziende abbiano degli elementi idonei a distinguerle l’una dall’altra, i c.d.
segni distintivi, definiti anche collettori di clientela.
Intorno ai segni distintivi ruotano, infatti, vari interessi:
• l’interesse degli imprenditori di dotarsi di segni che abbiano spiccata forza
distintiva ed attrattiva e di precludere ai concorrenti l’uso di segni similari, idonei a
sviare la propria clientela;
• l’interesse di coloro che con essi entrano in contatto (fornitori, finanziatori e
consumatori) a non essere tratti in inganno sull’identità dell’imprenditore o sulla
provenienza dei prodotti immessi sul mercato;
• il più ampio interesse a che la competizione concorrenziale si svolga in modo
ordinato e leale.
17. La ditta.
La ditta è il nome commerciale dell’imprenditore, che lo individua come soggetto di diritto
nell’esercizio dell’attività d’impresa.
Nella creazione della ditta, l’imprenditore è tenuto ad osservare due limiti specifici:
• il principio della verità, secondo il quale la ditta deve contenere almeno il cognome
dell’imprenditore o la sua sigla, fatte salve l’ipotesi in cui intervengano mutamenti
nel suo nome civile (per matrimonio, divorzio o adozione), e l’ipotesi della ditta
derivata;
• il principio della novità, secondo il quale la ditta non deve essere uguale o simile a
quella usata da un altro imprenditore e tale da creare confusione per l’oggetto
dell’impresa o per il luogo in cui questa è esercitata.
Pertanto, l’imprenditore che ha adottato una ditta con i requisiti della veridicità e della
novità e che non è contraria alla legge, all’ordine pubblico e al buon costume, ha su di essa
il diritto all’uso esclusivo e può pretendere che chiunque abbia adottato posteriormente a
lui, anche per semplice omonimia, una ditta uguale o simile alla sua, la integri o la
modifichi con indicazioni idonee a differenziarla; per le imprese commerciali questo
diritto spetta, tuttavia, a chi ha iscritto per prima la propria ditta nel registro delle imprese.
18. Segue. Il trasferimento della ditta.
Essendo un segno d’individuazione dell’azienda, la ditta non può essere trasferita
separatamente dall’azienda stessa; è possibile invece che sia trasferita l’azienda senza la
ditta: infatti, nell’ipotesi di trasferimento dell’azienda per atto tra vivi, la ditta non passa
all’acquirente se non vi è il consenso dell’alienante; mentre nell’ipotesi di trasferimento
dell’azienda per causa di morte, la ditta si trasmette al successore, salvo contraria
disposizione testamentaria. Nel caso poi di usufrutto e di affitto dell’azienda, la ditta viene
trasferita necessariamente: secondo il codice civile, infatti, l’usufruttuario e l’affittuario
hanno l’obbligo di esercitare l’azienda sotto la ditta che la contraddistingue.
19. Ditta, ragione sociale, denominazione sociale.
L’imprenditore individuale ha:
• un nome civile, attribuito per legge, fisso (cognome + prenome), non liberamente
modificabile e che lo individua come soggetto di diritto;
• una o più ditte (o nomi commerciali), che lo individuano come imprenditore.
Tale distinzione fra nome civile e nome commerciale dell’imprenditore è valida anche per
le società: infatti, secondo l’art. 2567 c.c., la ragione sociale delle società di persone e la
denominazione sociale delle società di capitali e delle cooperative sono regolate dalle norme
dettate in sede di disciplina dei singoli tipi di società, ferma tuttavia l’applicabilità anche
ad esse delle disposizioni che l’art. 2564 c.c. detta per garantire la “novità” della ditta.
20. L’insegna.
L’insegna è il segno distintivo dei locali nei quali si esercita l’impresa. La sua disciplina si
esaurisce nell’art. 2568 c.c., che rimanda all’art. 2564: l’insegna non può, infatti, essere
uguale o simile ad altra già utilizzata da altro imprenditore concorrente e deve comunque
rispettare i principi generali di liceità, veridicità e originalità. L’insegna non è però
soggetta all’iscrizione nel registro delle imprese; pertanto anche per le imprese
commerciali il diritto all’uso esclusivo spetta a chi ha la priorità nell’adozione dell’insegna.
21. Il marchio e le sue funzioni.
Il marchio è il segno idoneo a distinguere i prodotti e i servizi di un’impresa da quelli
concorrenti; esso costituisce perciò il principale simbolo di collegamento tra produttori e
consumatori e svolge quindi un ruolo centrale nella formazione e nel mantenimento della
clientela. Il marchio è inoltre indicatore di provenienza da una fonte unitaria di
produzione, anche se dopo la riforma del 1992 è caduto il divieto di circolazione del
marchio separatamente dall’azienda e soprattutto si è riconosciuta la legittimità del co-uso
di uno stesso marchio da parte di più imprenditori concorrenti, sulla base di una licenza
non esclusiva concessa dal titolare. Non può invece essere considerata una funzione del
marchio quella di garanzia della qualità dei prodotti: nessuna norma può, infatti, vietare al
produttore variazioni qualitative della propria produzione.
Tra l’altro, i marchi possono essere distinti:
• in base alla forma adoperata per raggiungere l’effetto distintivo, in marchi
denominativi (costituiti da parole), figurativi (costituiti da immagini) o misti;
ovvero in marchi bidimensionali o tridimensionali;
• in base all’oggetto della funzione distintiva, in marchi in senso stretto (destinati a
contraddistinguere i beni oggetto di produzione o di scambio), e in marchi di
servizio (destinati a contraddistinguere le imprese produttrici di servizi);
• in base ai soggetti che li utilizzano, in marchi di fabbrica (se ad applicarli è il
produttore del bene) e in marchi di commercio (se ad applicarli è il rivenditore, non
produttore del bene).
22. Segue. Il diritto sul marchio.
Per poter costituire oggetto di tutela, il marchio deve presentare determinati requisiti di
validità; in particolare:
• la capacità distintiva, che consiste nell’idoneità a identificare i prodotti
contrassegnati tra tutti i prodotti dello stesso genere immessi sul mercato;
• la novità, che ricorre quando il marchio non risulta già noto al mercato;
• la liceità, cioè il non essere contrario alla legge, all’ordine pubblico e al buon
costume;
• la verità, che consiste nell’essere tale da non ingannare il pubblico sulla
provenienza geografica e sulla natura dei prodotti.
Pertanto, se il marchio soddisfa tutti questi requisiti, il titolare può acquistarne il diritto:
• a titolo originario, cioè chiedendone la registrazione presso l’Ufficio italiano
brevetti e marchi (c.d. marchio registrato);
• usando di fatto il marchio, in modo da fargli acquistare notorietà su tutto o parte
del territorio nazionale (c.d. marchio di fatto o non registrato).
In particolare, la registrazione del marchio attribuisce al titolare il diritto all’uso esclusivo
dello stesso su tutto il territorio nazionale; il diritto di esclusiva copre non solo prodotti
identici ma anche affini (destinati cioè alla stessa clientela, es. frigoriferi e lavatrici, o al
soddisfacimento di bisogni identici o complementari, es. prodotti caseari e alimentari);
inoltre, la legge oggi prevede espressamente che il titolare di un marchio celebre (come ad
es., il marchio Coca-Cola) possa impedire ad altri l’uso successivo del segno anche per
prodotti o servizi non affini, quando l’uso del marchio consente di trarre indebitamente
vantaggio dalla rinomanza dello stesso.
La registrazione nazionale del marchio è poi presupposto per poter estendere la tutela
dello stesso in ambito internazionale, attraverso la registrazione presso l’Organizzazione
mondiale per la proprietà industriale (OMPI) di Ginevra. Indipendente da quella
nazionale è invece la registrazione per il marchio comunitario che deve essere effettuata
presso l’Ufficio per l’armonizzazione del mercato interno (UAMI) di Alicante (Spagna) e
produce gli stessi effetti in tutta la Comunità.
Il diritto attribuito dalla legge italiana alla registrazione del marchio ha la durata di dieci
anni, ma su domanda del titolare, la registrazione può essere rinnovata per un numero
illimitato di volte, sempre con efficacia decennale. Il marchio ha, quindi, tutela perpetua, a
meno che sia dichiarato nullo per difetto originario di uno dei requisiti essenziali, o si
estingua per rinuncia del titolare o per una sopravvenuta causa di decadenza; il diritto del
marchio può infatti decadere principalmente:
• per mancata utilizzazione entro 5 anni dalla registrazione o se l’utilizzazione è stata
sospesa per 5 anni, salvo che l’inerzia sia dipesa da un motivo legittimo;
• per volgarizzazione, cioè quando il marchio è divenuto nel commercio
denominazione generica di quel dato prodotto, perdendo così la propria capacità
distintiva (come è accaduto ad es. per i marchi Biro e Aspirina).
La tutela del marchio di fatto è invece decisamente minore, e più o meno ampia a seconda
della diffusione nazionale o locale. Il codice civile dispone, infatti, che “chi ha fatto uso di
un marchio non registrato ha la facoltà di continuare a usarne, nonostante la registrazione
da altri ottenuta, ma nei limiti in cui anteriormente se ne è avvalso”. Se pertanto c’è
notorietà nazionale, il titolare del marchio non registrato potrà impedire l’uso o la
registrazione di un marchio confondibile per difetto di novità riguardo prodotti uguali,
ma non affini; se c’è invece notorietà locale, altri potranno utilizzare e registrare lo stesso
marchio in altre regioni.
23. Il trasferimento del marchio. Franchising e merchandising.
Il marchio può essere trasferito a titolo sia temporaneo sia definitivo, e dal 1992 può essere
trasferito o concesso in licenza anche non esclusiva e senza coevo trasferimento
dell’azienda.
Tale riconoscimento ha