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Il fallimento del defunto e la cessazione dell'attività

L'art. 10 l.f., stabiliva, prima della riforma, che l'imprenditore che avesse cessato l'esercizio dell'impresa poteva essere dichiarato fallito entro un anno dalla cessazione dell'impresa, sempreché l'insolvenza si fosse verificata prima della cessazione o entro l'anno successivo.

La riforma, recependo la sentenza n. 319/2000 della Cassazione, stabilisce che l'imprenditore, il quale ha cessato, per qualsiasi motivo, l'esercizio dell'impresa, può essere dichiarato fallito entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, se l'insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l'anno successivo.

Il 2° comma dell'art. 10 l.f., prima del d.lgs. 169/2007, attribuiva all'imprenditore individuale e alle società cancellate d'ufficio la possibilità di dimostrare il

momento effettivo della cessazione dell'attività, da cui decorre il termine, qualora essa si fosse verificata prima della cancellazione. Il decreto correttivo ha precisato che solo il pubblico ministero ed i creditori possono fornire la prova di tale effettiva cessazione dell'impresa, qualora sia avvenuta successivamente alla cancellazione.

L'art. 11 l.f., estende l'art. 10, anche all'imprenditore defunto. Il fallimento può essere chiesto dagli eredi dell'imprenditore, purché non vi sia stata confusione tra i patrimoni. Nel caso di morte dell'imprenditore già dichiarato fallito, l'art. 12 l.f. stabilisce che la procedura fallimentare procede nei confronti dell'erede.

LA DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO

La dichiarazione di fallimento rappresenta l'atto ineliminabile da cui ha inizio la procedura giudiziale rivolta alla realizzazione coattiva del diritto dei creditori.

Legittimati a chiedere il fallimento di un

imprenditore sono:- uno o più creditori, anche se non muniti di titolo esecutivo ed anche se vantino un credito non ancora scaduto. Non è necessario fornire la piena prova dello stato di insolvenza del debitore, essendo il procedimento di fallimento di tipo inquisitorio; il quale ha l'obbligo di chiedere il proprio fallimento solamente nel caso in cui la- il debitore, mancata richiesta possa provocare l'aggravamento del dissesto;- il pubblico ministero, in quanto la dichiarazione di fallimento mira a tutelare interessi di natura generale. Il p.m. ha l'obbligo di presentare l'istanza di fallimento, quando nel corso di un procedimento penale, emerga uno stato di insolvenza a carico dell'imputato.riforma ha soppresso la dichiarazione di fallimento per iniziativa d'ufficio del giudice.LaA norma dell'art. 9 l.f., competente a dichiarare il fallimento è il Tribunale del luogo dove è la sede principale

dell'impresa. Nell'art.9 bis, l.f., la riforma ha stabilito che se il Tribunale che ha pronunciato il fallimento si dichiara incompetente deve disporre con decreto l'immediata trasmissione degli atti al Tribunale dichiarato competente. Quest'ultimo entro 20 giorni dal ricevimento degli atti dispone la prosecuzione della procedura fallimentare, provvedendo alla nomina del nuovo giudice delegato e del curatore. Restano salvi gli effetti degli atti compiuti. PROCEDIMENTO l'art. 15 Recependo la decisione della Corte Costituzionale che aveva dichiarato incostituzionale l.f., nella parte in cui prevedeva solo la facoltà del giudice di sentire il fallendo, la riforma ha stabilito che l'imprenditore deve essere obbligatoriamente convocato dal Tribunale. La fase dell'istruttoria prefallimentare si svolge davanti al tribunale in composizione collegiale, con le modalità del procedimento in camera di consiglio. Terminata la propria istruttoria, il

Il tribunale emette il provvedimento che assumerà la forma del decreto motivato, nel caso di non accoglimento della domanda di fallimento per mancanza dei presupposti richiesti dalla legge, oppure la forma della sentenza in caso di accoglimento.

La sentenza di fallimento ha natura dichiarativa ed è provvisoriamente esecutiva. Essa contiene:

  • la nomina dei principali organi della procedura;
  • l'ordine per il fallito di depositare, entro 3 giorni (prima della riforma erano 24 ore), i bilanci e le scritture contabili e fiscali obbligatorie, nonché l'elenco dei creditori;
  • la fissazione della prima udienza di verifica dei crediti, entro 120 giorni dal deposito della sentenza (prima della riforma erano 20 giorni);
  • l'assegnazione ai creditori e ai terzi del termine perentorio di 30 giorni prima di detta udienza per la presentazione delle domande di insinuazione allo stato passivo, di restituzione o di rivendica (prima della riforma il termine non poteva
superare i 30 giorni dalla data di affissione).’

L'IMPUGNAZIONE DELLA DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO

L'art. 18 l.f. nel testo riformulato dalla riforma del 2006, attribuiva al debitore e ad ogni interessato la possibilità di proporre appello contro la sentenza che dichiara il fallimento.

La riforma aveva soppresso il giudizio di primo grado di opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento, che secondo il vecchio testo dell'art. 18 l.f., si doveva promuovere davanti al tribunale e si concludeva con sentenza appellabile, a sua volta alla corte d'appello.

Il decreto correttivo d.lgs. 169/2007 ha sostituito il precedente procedimento di appello con quello del richiamo. Esso va proposto, dal debitore o da qualunque interessato, entro 30 giorni presso la corte d'appello, nei confronti del curatore e dei creditori istanti, e non sospende gli effetti della sentenza impugnata. Il giudizio di reclamo si chiude con sentenza, ricorribile in cassazione, che se

Invece rigetta l'istanza di reclamo, accoglie il ricorso, dispone la revoca del fallimento; conferma il fallimento. La riforma ha previsto ex novo la possibilità della parte che propone il reclamo o del curatore di della liquidazione dell'attivo richiedere alla corte la sospensione eventualmente già iniziata, quando ricorrano gravi motivi.

REVOCA DELLA SENTENZA DI FALLIMENTO

L'accoglimento del ricorso con cui è stata impugnata la sentenza dichiarativa di fallimento, comporta la revoca del fallimento stesso.

A seguito della revoca della sentenza di fallimento:

  • Restano salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi del fallimento;
  • Le spese della procedura ed il compenso al curatore sono liquidati dal tribunale, con decreto reclamabile (tale reclamabilità è stata introdotta ex novo dal decreto correttivo). Esse sono poste a carico del creditore istante, qualora questi sia stato condannato a pagare i danni per aver chiesto.

La dichiarazione di fallimento con colpa è a carico del fallito persona fisica se, con il suo comportamento, ha dato causa e adito alla dichiarazione di fallimento.

Riacquistano efficacia gli atti i cui effetti erano caduti automaticamente con la dichiarazione di fallimento o in conseguenza della dichiarazione giudiziale con cui si era chiusa la revocatoria fallimentare.

L'ex fallito riacquista la libertà e le capacità personali limitate o perdute, compresa la capacità processuale.

Vengono eliminati tutti gli effetti negativi per i creditori.

La revoca del fallimento di una società di persona determina normalmente anche quella dei fallimenti dei soci illimitatamente responsabili.

GLI ORGANI DELLA PROCEDURA FALLIMENTARE l'attività mirante

Una volta dichiarato il fallimento ed apertasi la procedura concorsuale, ha inizio alla liquidazione dei beni del fallito ed alla distribuzione del ricavato fra i creditori. Tale attività

ècompiuta dagli organi fallimentari, che sono:

  • il tribunale fallimentare;
  • il giudice delegato;
  • il curatore;
  • il comitato dei creditori.

IL TRIBUNALE FALLIMENTARE

Il tribunale che ha dichiarato il fallimento è investito dell’intera procedura fallimentare (detta visattractiva), ossia è giudice naturale di tutte le cause che derivano dal fallimento.

Per cause che derivano dal fallimento si intendono tutte le controversie che nascono in pendenzadello stato di dissesto dell’imprenditore e quelle che incidono sulla procedura concorsuale.

La riforma del 2006 ha introdotto ex novo nella competenza del tribunale fallimentare anche lecause reali immobiliari, precedentemente escluse. Inoltre, il decreto correttivo ha eliminato ilriferimento al rito comune dei procedimenti in camera di consiglio e rendendo perciò talicontroversie assoggettabili al rito ordinario del processo di cognizione.

Le competenze del tribunale fallimentare sono:

  • nominare ed
eventualmente revocare o sostituire il giudice delegato ed il curatore, se non è prevista la competenza del giudice delegato; - provvedere sulle controversie relative alla procedura che non siano di competenza del giudice delegato; - decidere sui reclami contro i provvedimenti del giudice delegato; - risolvere gli eventuali conflitti tra gli organi fallimentari; - chiedere in ogni tempo chiarimenti ed informazioni al curatore, al fallito ed al comitato dei creditori. Contrariamente a quanto previsto dalla disciplina ante riforma, secondo la quale il tribunale adottava i sopra menzionati provvedimenti nella forma di decreto motivato non soggetto a gravame, il nuovo art. 26 l.f. ha stabilito la reclamabilità dei decreti del tribunale salvo che non sia diversamente disposto. un'attività di vigilanza e di controllo sulla regolarità della procedura. Al giudice delegato sono ora attribuite leseguenti funzioni: - riferire al tribunale su ogni questione su cui è richiesto un provvedimento del tribunale stesso; - emettere o provocare dalle autorità competenti i provvedimenti urgenti per la conservazione del patrimonio; - convocare il curatore o il comitato dei creditori nei casi previsti dalla legge e ogni volta che sia opportuno per il corretto e sollecito svolgimento della procedura; - su proposta del curatore, liquidare i compensi e disporre l'eventuale revoca dell'incarico conferito alle persone la cui opera è stata richiesta dal curatore stesso nell'interesse della procedura; - provvedere sui reclami proposti contro gli atti del curatore e del comitato dei creditori; - autorizzare per iscritto il curatore a stare in giudizio, solo per atti determinati e per un solo grado di giudizio; - su proposta del curatore nominare gli arbitri; - procedere all'accertamento dei crediti e dei diritti reali e personali vantati dai terzi; - nominare ilcomitato dei creditori e s
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A.A. 2012-2013
34 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/04 Diritto commerciale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher flaviael di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di diritto commerciale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Libertini Mario.