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LE PROCEDURE CONCORSUALI
L'impresa agricola non è soggetta a procedure concorsuali al contrario dell'impresa commerciale non piccola. Le
procedure concorsuali si dividono in due tipi di procedure giudiziali e amministrative alle quali si aggiugnono le
procedure stragiudiziali. Le procedure giudiziali, che prevedono l'intervento del giudice e del tribunale sono il fallimento e
il concordato preventivo, le procedure amministrative che richiedono il ruolo dell'autorità amministrativa sono
l'amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi e la liquidazione coatta amministrativa, infine le procedure
stragiudiziali che sono risolte tra le parti cioè tra il debitore (impresa) e creditore (banche) sono i piani di risanamento e
accordi di ristrutturazione. Esse sono tutte procedure generali e collettive: generali perchè coinvolgono tutto il patrimonio
dell'imprenditore e non solo i singoli beni e collettive perchè prevede il concorso di tutti i creditori dell'imprenditore alla
data in cui il dissesto è accertato, mirando ad assicurare in via di principio la parità di trattamento degli stessi (par
condicio creditorum), inoltre non sono ammesse azioni individuali e se inziate dopo la dichiarazione di fallimento i crediti
pagati tornano indietro. Obiettivo di tali procedure è la conservazione del patrimonio.
IL FALLIMENTO
Il fallimento è il prototipo delle procedure concorsuali: per richiedere il fallimento devono ricorrere presupposti oggettivi
cioè lo stato di insolvenza che si ha quando l'imprenditore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie
obbligazioni, e soggettivi cioè la qualità di imprenditore commerciale con il superamento dei limiti dimensionali (attivo
superiore a 300.000 nei 3 esercizi precedenti, ricavi lordi superiori a 200.000 e debiti anche non scaduti superiori a
500.000, non si da luogo alla dichiarazione di fallimento se i debiti scaduti e non pagati sono sotto i 30.000). Insolvenza e
inadempimento non sono la stessa cosa infatti si ha inadempienza e non insolvenza nel caso dei periodi di crisi, mentre si
ha adempienza e insolvenza nel caso di prestazioni non regolari con mezzi anormali (es. ricorso a usurai). L'insolvenza si
può presumere con indici rivelatori quali fuga dell'imprenditore, irreperibilità, latitanza, chiusura locali dell'impresa,
trafugamento o diminuzione fraudolenta dell'attivo. Di solito il fallimento si applica a soggetti vivi che operano nel
mercato ma ci sono delle eccezioni: imprenditore cessato (art.10), defunto (art.11) e morte del fallito (art.12). Nel caso in
cui si ha la cessazione dell'attività di impresa è possibile richiedere il fallimento entro un anno dalla cancellazione se
l'insolvenza era già manifesta prima o entro l'anno successivo alla cancellazione, per la cancellazione d'ufficio è fatta salva
la possibilità di dimostrare dal pubblico ministero o dal creditore l'effettiva cessazione (i fattori produttivi rimasti non
possono fare impresa) e il termine decorre dalla dimostrazione e non dalla cancellazione (posticipazione dell'inizio del
decorso del termine). Il defunto pò essere dichiarato fallito quando lo chiede l'erede purchè l'eredità non sia già confusa
con il patrimonio in quanto accettata senza beneficio di inventario: limitarsi a ciò che c'è nell'inventario per limitare la
responsabilità, infatti con la dichiarazione cessa la separazione dei beni ottenuti dai creditori. Il caso di morte del fallito si
ha quando la procedura inizia con l'imprenditore vivo che poi muore: la procura procede nei confronti degli eredi anche se
hanno accettato con beneficio di inventario e nel caso in cui ci sono più eredi si sceglie un rappresentante degli eredi nel
caso in cui non venga scelto entro 15 giorni viene designato dal giudice delegato. Il fallimento può essere dichiarato da
creditori, debitori e pubblico ministero e no di ufficio dal tribunale. I creditori possono dichiarare fallimento attraverso la
procedura civile non è necessario che il credito riguardi l'attività di impresa nè che il ricorso provenga da più creditori,
infatti l'insufficienza di prove non porta al rigetto della domanda dato che il processo è a carattere inquisitorio, quindi il
giudice non trova limiti processuali nel procurarsi le prove. Nel caso la dichiarazione di fallimento avvenga su iniziativa
del debitore, il debitore presenta gli stessi obblighi dell'erede che chiede il fallimento: (art.14) la richiesta del proprio
fallimento diventa però un obbligo penalmente sanzionato quando l'inerzia provoca l'aggravamento del dissesto e deve
depositare alla cancelleria del tribunale le scritture contabili e fiscali degli ultimi 3 anni o se più gravose sull'intera
esistenza, uno stato particolareggiato ed estimativo delle se attività, l'elenco nominativo dei creditori con rispettivi crediti
e coloro che vantano particolari diritti e i ricavi lordi degli ultimi 3 anni. Infine il pubblico ministero può fare
dichiarazione di fallimento quando l'insolvenza risulta da fatti che configurano reati fallimentari per promuovere l'azione
penale prima della dichiarazione di fallimento. Competente per la dichiarazione di fallimento è il tribunale del luogo dove
si ha la sede principale e se ne è più di una precedenza a chi ha dichiarato prima non rileva ai fini della competenza il
trasferimento della sede intervenuto nell'anno precedente alla domanda di fallimento. Se il tribunale è incompetente della
dichiarazione di incompetenza, la procedura è immediatamente trasferita d'ufficio al tribunale compente e tutti gli atti
Prima di arrivare alla sentenza c'è l'istruttoria
precedentemente compiuti restano validi(translatio iudicii).
prefallimentate (art.15): il tribunale decide sulla richiesta in camera di consiglio in forma collegiale, ma non sul
contenzioso. I debitori e i creditori sono convocati con decreto, tra quest'ultimo e l'udienza passano 15 giorni.
Il decreto contiene l'indicazione che il procedimento è volto ad accertare i requisiti del fallimento inoltre si ha il
termine di 7 giorni prima dell'udienza per presentare memorie, documenti, prove e nominare consulenti tecnici.
Inoltre il tribunale dispone che l'imprenditore depositi i bilanci degli ultimi 3 anni, nonché la situazione
economica, patrimoniale e finanziaria aggiornata. Tali termini possano essere abbreviati per urgenza. Il tribunale
può emettere provvedimenti o atti cautelari o conservativi per mantenere intatto il patrimonio. Il tribunale può
accettare o rigettare la domanda: se la domanda è accettata il fallimento viene dichiarato con sentenza (art.16) e
tale sentenza contiene anche provvedimenti necessari per lo svolgimento della procedura, nomina giudice
delegato, curatore, il comitato dei creditori (nominato con decreto dal giudice) e il tribunale fallimentare, ordina
al fallito di depositare entro 3 giorni i bilanci e l'elenco dei creditori, stabilisce luogo, giorno e ora dell'adunanza
per l'esame dello stato passivo entro 120 giorni dal deposito della sentenza ed entro 180 giorni dal complesso
della procedura, inoltre assegna ai creditori e ai terzi che vantano diritti reali o personali su cose in possesso del
debitore un termine di 30 giorni prima dell'adunanza (per la verifica del passivo) per presentare in cancelleria
domanda di insinuazione al passivo; tale sentenza produce effetti nei confronti dei terzi da quando il
provvedimento viene iscritto nel registro delle imprese. Invece il rigetto della domanda avviene con decreto
motivato e contro tale decreto il creditore, il pubblico ministero o il debitore possono deporre reclamo alla corte
d'appello e se tale ricordo è accolto si deve tornare al tribunale per la dichiarazione di fallimento. Per quanto
riguarda il reclamo (art.18) possono proporre reclamo il fallito e qualsiasi interessato depositando il ricorso
presso la corte d'appello entro 30 giorni dalla data di notificazione della sentenza e in nessun caso può essere
preposto decorso un anno dalla pubblicazione della sentenza. Il reclamo non sospende gli effetti della
dichiarazione di fallimento; il presidente della corte d'appello nei 5 giorni successivi al deposito designa il
relatore e fissa l'udienza del ricorso entro 60 giorni dal deposito, tali informazioni devono essere ratificate al
curatore entro 10 giorni dalla comunicazione del decreto. Con la sentenza che accoglie il reclamo la sentenza è
revocata: una volta che la sentenza è pubblicata nel registro delle imprese, l'ex fallitop ottiene il risarcimento
danni se all'origine della dichiarazione di fallimento non c'è un suo comportamento colposo. Si può fare ricordo
al reclamo alla cassazione entro 30 giorni dalla notificazione. Gli ORGANI DEL FALLIMENTO sono il
tribunale fallimentare, il giudice delagato, il curatore e il comitato dei creditori. Il tribunale fallimentare (art. 23)
è investito dell'intera procedura fallimentare: nomina, revoca e sostituisce gli organi della procedura, inoltre
decide sulle controversie relative alle procedure che non sono di competenza del giudice delegato nonchè i
reclami contro i provvedimenti di quest'ultimo e può in ogni tempo chiedere chiarimenti e informazioni al
curatore, al fallito e al comitato dei creditori inoltre il tribunale può decidere su tutte le controversie derivanti
dal fallimento: tutti questi provvedimenti sono adottati con decreto contro il quale è possibile presentare
reclamo alla corte d'appello. Il giudice delegato (art. 25) vigila e controlla che la procedura fallimentare avvenga
in maniera regolare: nomina e revoca il comitato dei creditori a cui cede la straordinaria amministrazione ,
riferisce al tribunale su ogni affare per cui serve provvedimento del collegio, emette o provoca atti di
conservazione del patrimonio, convoca il curatore e il comitato dei creditori, il curatore può avvalersi di
ausiliari e il giudice delegato può su proposta liquidare i compensi o revocarli, provvede entro 15 giorni sui
reclami contro il curatore e il comitato, autorizza il curatore a stare in giudizio come attore o convenuto, forma
lo stato passivo del fallimento e lo rende esecutivo, procede alla verifica dei diritti reali, personali e dei crediti
valutati da terzi. I provvedimenti del giudice delegato devono essere adottati con decreto motivato e sono
impugnabili con reclamo entro 8 giorni. Il curatore amministra il patrimonio del fallito: tale carica può essere
ricoperta da avvocati, commercialisti, ragionieri, studi professionali associati e chiunque abbia svolto le
funzioni di amministrazione, direzione e controllo in società per azioni purché non sia stata presentata nei loro
confronti dichiarazione di fallimento, mentre non può essere curatore chi ha concorso di fallimento