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A) DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO:

PRESUPPOSTI DELLA DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO: presupposto della

dichiarazione di fallimento è l’insolvenza dell’imprenditore commerciale. L’insolvenza si

riferisce ad una situazione patrimoniale deficitaria, nella quale cioè il passivo supera

l’attivo. Essa non si basa su un semplice calcolo matematico. Vi può essere, infatti, una

situazione patrimoniale deficitaria senza che vi sia insolvenza, perché rimane integro il

credito dell’imprenditore, come può esserci insolvenza senza che vi sia un deficit vero e

proprio nel patrimonio. L’insolvenza è la incapacità patrimoniale dell’imprenditore e

cioè impotenza a far fronte con regolarità, ossia nei modi normali e con mezzi ordinari,

alle proprie obbligazioni manifestatasi esteriormente con inadempimenti o altri fatti

come la fuga, la irreperibilità o la latitanza dell’imprenditore, la chiusura dei locali, il

trafugamento o la sostituzione o diminuzione fraudolenta dell’attivo.

In sostanza il presupposto della dichiarazione di fallimento è l’insolvenza. Naturalmente

essendo unico il patrimonio dell’imprenditore, e investendo l’insolvenza il patrimonio

nella sua interezza, atti che rivelino questa situazione obiettiva del patrimonio

implicitamente rilevano anche una crisi dell’impresa economica. E infatti ai fini della

legge questi atti assumono, rilievo non in se e per sé ma appunto in quanto rivelino una

crisi economica della impresa.

L’insolvenza, inoltre, non presuppone una pluralità di creditori e una pluralità di

inadempimenti: al creditore istante non si può addossare l’onere della prova della

ricorrenza di tale elemento. Si richiede soltanto, perché possa considerarsi giustificata

una procedura concorsuale complessa e onerosa come il fallimento, che dall’istruttoria

prefallimentare risulti un ammontare di debiti scaduti e non pagati non inferiore a

30mila euro.

L’insolvenza, dunque, investendo il patrimonio dell’imprenditore, determina la necessità

di provvedere alla tutela degli interessi di tutti i creditori sia per conservare le garanzie

patrimoniali che ancora esistono, sia per eliminare il potenziale conflitto tra di essi, sia

per impedire il moltiplicarsi di procedure esecutive singolari e impedire inoltre che il

permanere sul mercato di un’ impresa in crisi risulti causa di ulteriori distruzioni di

ricchezza.

Da ciò la necessità di un provvedimento che l’insolvenza accerti, e, dando luogo alla

procedura concorsuale, realizzi la tutela di tutti i creditori, secondo il principio della PAR

CONDICIO CREDITORUM, ossia in base al fatto che di fronte alla crisi economica si mira

a far ricadere in egual misura su tutti i creditori le conseguenze della crisi stessa. D’altra

parte quando le dimensioni della impresa le conferiscono una particolare rilevanza

sociale e quando è possibile, una prognosi favorevole per il suo risanamento, emerge

anche un interesse alla sua conservazione. Così l’accertamento della insolvenza implica

l’avvio soltanto di una procedura preliminare volta a verificare quelle possibilità di

risanamento: ad essa farà seguito una dichiarazione di successiva di fallimento oppure

di apertura della procedura di amministrazione straordinaria. Le imprese di dimensioni

particolarmente più significative, possono poi chiedere al Ministro delle attività

produttive, di essere ammesse immediatamente alla procedura di amministrazione

straordinaria. Altro presupposto fondamentale è il ricorrere della qualità di imprenditore.

POTERE DI INIZIATIVA:

il potere di iniziativa per la dichiarazione di fallimento spetta all’imprenditore, per il

quale anzi costituisce un particolare obbligo, ai creditori, ed al pubblico ministero.

L’attuale disciplina, esclude la possibilità che il fallimento sia dichiarato d’ufficio dal

tribunale, ma circoscrive la legittimazione del p.m. alle ipotesi di insolvenza risultante

da fuga, irreperibilità o latitanza dell’imprenditore, chiusura dei locali o sottrazione

dell’attivo. La domanda di fallimento da parte del debitore, come da parte dei creditori

si propone mediante ricorso. Competente a dichiarare il fallimento è il tribunale del

luogo ove l’impresa abbia la sua sede principale, o anche la sede secondaria, se la sede

principale dell’impresa è all’estero. Se il fallimento è dichiarato da un tribunale

incompetente, la incompetenza può essere fatta valere in sede di opposizione alla

dichiarazione di fallimento. Una volta accertata l’incompetenza, non si fa luogo alla

revoca della sentenza dichiarativa di fallimento, ma solo alla rimessione degli atti

davanti al giudice competente: poi la procedura prosegue presso il tribunale dichiarato

competente. Sulla istanza per la dichiarazione di fallimento, il tribunale pronuncia con

decreto, reclamabile in appello , nel caso in cui non ravvisi i presupposti per la

dichiarazione di fallimento. Pronuncia invece mediante sentenza nel caso in cui ritenga

ricorrere la qualità di imprenditore e lo stato di insolvenza, previa audizione obbligatoria

del debitore, dovendosi anche in questa fase riconoscere il diritto costituzionale di

difesa. La dichiarazione di fallimento presuppone l’esistenza dei suoi due presupposti, la

qualità di imprenditore e lo stato di insolvenza. Questo accertamento pertanto richiede

una istruttoria, nella quale l’imprenditore deposita una situazione patrimoniale

economica e finanziaria, e si prevede inoltre la possibilità di provvedimenti cautelari a

tutela della impresa e del suo patrimonio, destinati ad essere confermati o revocati dalla

sentenza dichiarativa di fallimento o revocati dal decreto che rigetta la relativa istanza.

Diversa è la procedura nel caso in cui l’impresa raggiunga i limiti dimensionali. In tale

ipotesi si ha prima una sentenza adottata previa audizione del debitore, del ricorrente e

del Ministro delle attività produttive , con la quale si provvede alla dichiarazione dello

stato di insolvenza; verificate poi le possibilità di risanamento oppure no, si procede

con decreto motivato alla apertura della procedura di amministrazione straordinaria

oppure alla dichiarazione di fallimento. L’impresa di dimensioni significative può

chiedere direttamente l’ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria al

Ministro delle attività produttive presentando contestuale ricorso per la dichiarazione

dello stato di insolvenza al tribunale, che vi provvede anche in tal caso con sentenza ;

mentre lo spossessamento e il divieto di azioni esecutive individuali, si producono fin

dalla emanazione del decreto , gli altri effetti sono determinati dalla sentenza , ma

sempre con riferimento alla data del decreto.

La natura giuridica del fallimento: si è considerata un provvedimento cautelare,

avuto riguardo a taluni effetti si è considerata un provvedimento esecutivo. Pare però

più esatto ricomprendere la dichiarazione di fallimento nella categoria delle pronunce di

accertamento costitutivo. Tuttavia siccome, la dichiarazione di fallimento segna anche

l’inizio di una esecuzione collettiva, è logico che essa contenga quei provvedimenti che

sono indispensabili a tal fine e cioè: costituzione degli organi del fallimento( nomina

giudice delegato e del curatore), e predisposizione degli elementi per la formazione del

fallimento( ordine per il fallito di depositare i bilanci, le scritture contabili e l’elenco dei

suoi creditori). La sentenza dichiarativa è notificata al debitore, ed è comunicata al

curatore ed al creditore richiedente, essa inoltre è annotata nel registro delle imprese. I

suoi effetti si producono al momento della pubblicazione e cioè dal deposito, mentre

quelli nei confronti dei terzi decorrono a partire dalla iscrizione nel registro delle

imprese.

RECLAMO: Contro la dichiarazione di fallimento, è ammesso reclamo alla corte

d’appello nel termine di 30 giorni, che decorrono per il debitore dalla data di

notificazione della sentenza, e per gli altri interessati al momento della sua iscrizione nel

registro delle imprese. L’impugnazione contro la sentenza non avviene più mediante

opposizione dinanzi allo stesso tribunale, ma con reclamo effettuato con ricorso

depositato presso la corte d’appello competente: il chè si spiega in quanto l’istruttoria

prefallimentare ha assunto un più marcato carattere contradditorio. Con il reclamo si

mira ad ottenere la revoca della dichiarazione attraverso la dimostrazione

dell’inesistenza , al momento della dichiarazione , delle condizioni di legge per farvi

luogo: e cioè la non assoggetabilità della impresa a procedura fallimentare; l’inesistenza

dello stato di insolvenza ; oppure il decorso dell’anno entro il quale può essere promossa

la dichiarazione; inesistenza del rapporto sul quale la dichiarazione di fallimento si

fonda, ed infine sussistenza dei presupposti che avrebbero dovuto giustificare l’adozione

della procedura di amministrazione straordinaria: in questo ultimo caso, se la

dichiarazione è stata preceduta da quella dello stato di insolvenza il reclamo può

fondarsi solo sulla ricorrenza delle condizioni per l’ammissione alla procedura di

amministrazione straordinaria. La situazione va esaminata , con riferimento al momento

della dichiarazione: i fatti sopravvenuti non importano la revoca, ma la chiusura del

fallimento. D’altra parte non ha rilievo, il fatto che la dichiarazione di fallimento abbia

erroneamente considerato come sintomi, dello stato di insolvenza fatti che non

potevano essere considerati tali: quando lo stato di insolvenza sussista e sia accertabile,

il fallimento deve essere mantenuto. Il reclamo non sospende gli effetti della sentenza

dichiarativa. È solo prevista l’eventualità, che ricorrendo gravi motivi la corte d’appello

sospenda in tutto o in parte la liquidazione dell’attivo.

Effetti revoca: in via generale quando il reclamo è accolto per la mancanza dei

presupposti richieste dalla legge fallimentare, tale accoglimento comporta la revoca del

fallimento e con essa il venir meno degli effetti sia personali, che patrimoniali che del

fallimento sono propri. Non comporta una piena RESTITUTIO IN INTEGRUM del fallito, in

quanto rimangono salvi, gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organo di

fallimento. La revoca del fallimento non importa l’obbligo del risarcimento, dei danni da

parte del creditore, se non nel caso di dolo o colpa grave. L’onere delle spese del

curatore grava sul creditore nel caso in cui sia condannato al risarcimento dei danni per

aver chiesto la dichiarazione di fallimento con colpa, oppure sul fa

Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
13 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/04 Diritto commerciale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Mattorvergata di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto commerciale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma Tor Vergata o del prof Cirenei Maria Teresa.