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Intervento della Corte Costituzionale sulla Legge 210/1992
In diverse occasioni è stato richiesto l'intervento della Corte Costituzionale in ordine alla Legge 210/1992. La Corte ha dichiarato costituzionalmente illegittime le previsioni della Legge per violazione degli articoli 32 e 136 della Costituzione nella parte in cui escludono, per il periodo compreso tra il manifestarsi dell'evento avvenuto prima dell'entrata in vigore della legge e l'ottenimento della prestazione, il diritto ad un equo indennizzo (ha decorrenza dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda).
La decorrenza del triennio per la presentazione della domanda è diversa a seconda che il danno si sia verificato in epoca successiva o anteriore all'entrata in vigore della legge: tale restrizione temporale collide con il diritto alla salute garantito dalla Costituzione.
Dobbiamo sottolineare come la legge preveda il diritto all'indennizzo per danni cagionati dalle vaccinazioni obbligatorie; tuttavia in Italia alcune vaccinazioni non sono obbligatorie.
sono obbligatorio. Tuttavia, sono "raccomandati" e specifici atti normativi prevedono che le strutture sanitarie pubbliche li offrano. La preoccupazione riguarda il fatto che le persone danneggiate da tali vaccinazioni raccomandate non godano delle stesse garanzie previste per le vaccinazioni obbligatorie. È evidente la necessità di un intervento legislativo, anche se bisogna riconoscere l'evoluzione giurisprudenziale su questo punto. In due casi, la Corte Costituzionale si è pronunciata sul tema affermando che non c'è motivo di differenziare il caso in cui il trattamento sia imposto per legge da quello in cui sia promosso da una legge pubblica autorità per una sua diffusione capillare nella società. In caso contrario, la legge riserverebbe un trattamento peggiore a coloro che sono stati indotti a tenere un comportamento di utilità generale per ragioni di solidarietà sociale.A favore di quanti hanno agito in forza della minaccia di una sanzione.
Conseguenze del rifiuto dei genitori di sottoporre al minore alle vaccinazioni
Sempre più spesso accade che i genitori decidano di non sottoporre i figli alle vaccinazioni, assistendo alla diffusione capillare di movimenti di opinione, supportati da scienziati, che pongono la questione dell'inutilità e della dannosità delle vaccinazioni.
L'invasività e la non-innocuità delle vaccinazioni dipenderebbero dalla presenza in esse di metalli e componenti tossici, potenziale rischio per la salute umana, poiché contenuti in quantità superiori ai limiti di sicurezza stabiliti a livello nazionale ed internazionale.
I genitori che per qualsiasi ragione (negligenza od obiezione di coscienza) non sottopongano il minore alla vaccinazione venivano frequentemente raggiunti da un decreto del Tribunale dei Minorenni di limitazione della potestà genitoriale (oggi non più in vigore).
più stante il riconoscimentogiurisprudenziale in capo ai genitori dei canoni di responsabilità genitoriale).Quanto alle pronunce di merito, il Tribunale per i Minorenni di Bologna ha escluso che il compitodi attuare l’obbligo vaccinazionale potesse competere al giudice, spettando all’autorità sanitariaesercitare la discrezionalità amministrativa e tecnica in ordine all’attuazione dei TSO; ilcomportamento omissivo o rifiutante dei genitori non può comportare di per sé pronuncia sullapotestà.Così pronunciò la sua incompetenza anche il Tribunale per i Minorenni di Firenze, osservando cheesso dovrebbe altrimenti intervenire per censurare non la trascuratezza, il disinteresse o l’incapacitàdel genitore, ma la sua opposizione inconsapevole ad un intervento amministrativo, di naturasanitaria, nei confronti del proprio figlio, materia esulante dalle proprie attribuzioni. 75Già la Corte Cost.
nel 2004 ha richiamato il Parlamento a rivedere la legislazione sull'obbligo vaccinale; intanto nel 1999 il d.p.r. 355 ha sancito definitivamente la libertà di frequentazione scolastica per tutti gli alunni non vaccinati. Frequentemente la "disobbedienza" alle vaccinazioni obbligatorie praticata dai soggetti obiettori, viene punita con l'irrogazione da parte delle Asl o dei Comuni di sanzioni amministrative di carattere pecuniario. In proposito merita di essere citata la Sent. 5877/2004 della Cassazione Civile: i genitori, proponendo ricorso per Cassazione contro l'ordinanza di ingiunzione con la quale era stata applicata loro la sanzione pecuniaria, lamentavano che il giudice preventivamente adito avrebbe errato nell'escludere la sussistenza, nella specie, dell'esimente dello stato di necessità, in quanto se essi avessero vaccinato il figlio lo avrebbero comunque esposto ad un imminente pericolo di danno grave alla salute, evitabile.Soltanto sottraendolo alle vaccinazioni. Il timore era ingenerato dal fatto che la figlia della sorella del ricorrente era stata colpita da encefalopatia a seguito di vaccinazione e si lamentava che il giudice non ne avesse tenuto conto nella sua decisione; la SC, nel rigettare il ricorso, evidenziava che lo stato di necessità postula che il pericolo sia presente quando il soggetto agisce e sia imminente il danno che ne possa derivare, non potendosi configurare l'esimente in questione in relazione ad un danno futuro.
I ricorrenti eccepivano altresì l'illegittimità costituzionale dell'impianto legislativo in materia dove non terrebbero in considerazione il principio della garanzia dei diritti inviolabili dell'uomo non solo nell'ambito della collettività, ma anche come singolo; la Corte rilevava che le citate leggi sono finalizzate alla tutela della salute collettiva e che la loro compatibilità con il precetto costituzionale dell'art.
32 Cost. postula il contemperamento tra i valori, ivi contemplati, del diritto alla salute della collettività e del diritto alla salute del singolo, sicché l'eventuale introduzione di una disciplina normativa puntuale e specifica, a tutela di quest'ultimo, potrebbe realizzarsi solo attraverso un corretto bilanciamento tra entrambi i detti valori, implicante inevitabilmente l'intervento del legislatore: con ciò ritenendo la questione di legittimità manifestamente infondata.
Quanto alle prospettive de iure condendo, si attende la legge sull'obiezione di coscienza in materia di vaccinazioni obbligatorie, dopo che il Governo aveva già assunto tale impegno con l'istituzione di una Commissione permanente con il compito di predisporre la legge.
Negli ultimi anni, comunque, grazie alla L.Cost.3/2001, le Regioni hanno acquisito competenze anche in materia di salute. Alcune, allineandosi ai paesi europei, hanno fatto delle vaccinazioni una
scelta libera e informata daparte dei genitori (Lombardia, Piemonte e Veneto): segnalando il ruolo di apripista di tali regioni, sela sperimentazione si rivelerà vincente, l'idea del Ministero della Salute è di estendere questa nuovacultura alche alle altre regioni, come d'altronde già è accaduto nel resto della Comunità Europea.LA RESPONSABILITÀ PER IL DANNO CAGIONATO DAL MINORE
Il fatto dannoso del minore incapace
Il fatto illecito del minore: l'imputabilità quale elemento determinante la disciplina applicabile
L'ipotesi di illecito cagionato da un soggetto minore di età viene espressamente disciplinata dall'art.2048 c.c.; tuttavia, la predetta disposizione non trova applicazione qualora il minore non sia imputabile al momento del fatto dannoso.
Al ricorrere di tale ipotesi, infatti, l'art. 2046 sancisce il principio di ordine generale in forza del quale non risponde del fatto lesivo chi non aveva
si può concludere che l'articolo 2047 si riferisce al fatto produttivo di danno compiuto da un minore incapace, che non può essere qualificato come illecito. La responsabilità in questo caso ricade esclusivamente sul sorvegliante. D'altra parte, l'articolo 2048 si occupa dell'atto illecito commesso da un minore capace, prevedendo la responsabilità solidale del danneggiante e dei soggetti chiamati alla sua educazione e vigilanza. Pertanto, le due forme di responsabilità sono alternative e non concorrenti, a seconda della capacità naturale del minore.emerge come "l'imputabilità" si atteggi ad elemento in grado di determinare la fattispecie applicabile al fatto illecito del minore. Il termine imputabilità, nell'accezione di cui all'art. 2046, indica il possesso della capacità naturale; ne deriva che la definizione di imputabilità passa attraverso quella di capacità naturale, ovvero l'attitudine a rendersi conto del significato e delle implicazioni della propria condotta e, quindi, a relazionarsi adeguatamente con il mondo esterno (capacità di intendere) nonché a controllare i propri impulsi ad agire (capacità di volere): affinché un soggetto sia imputabile è necessario il riscontro di entrambe le forme di capacità. La medesima nozione di imputabilità si riscontra anche in campo penale ex art. 85 c.p., ma i due ordinamenti si differenziano in quanto adottano diversi criteri in base ai quali condurre l'indagine circa la.capacità naturale dell'agente. Il c.p. enuncia una serie di cause tassative al ricorrere delle quali il soggetto va considerato iuris et de iure incapace di intendere e di volere, mentre il c.c. lascia al giudice il compito di stabilire, caso per caso, se l'agente sia o meno capace. Tale aspetto emerge in modo significativo proprio con riguardo all'età dell'agente, in quanto l'art. 97 c.p. sancisce la non imputabilità dei minori di anni 14, mentre in ambito civile l'età non costituisce elemento necessario e sufficiente ad escludere che il danno possa essere addebitato al minore, richiedendosi una verifica caso per caso circa la sua capacità. Quanto al rapporto intercorrente tra i concetti di imputabilità e colpevolezza, si è sviluppato un dibattito in dottrina: - Per l'orientamento tradizionale, l'imputabilità configurerebbe "attitudine alla colpa", posto che per mantenere uncomportamento non rispondente alle comuni regole di diligenza, sarebbe indispensabile possedere la capacità di autodeterminarsi; muovendo quindi da unacon