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ILLECITO NELLA CONVIVENZA
CONVIVENZA E RESPONSABILITÀ CIVILE
: nella convivenza more uxorio sono
INTERESSI SCATURENTI DALLA CONVIVENZA MORE UXORIO
rinvenibili doveri aventi natura e rilevanza unicamente sul piano morale (doverosità morale e
sociale, e non giuridica, di tali comportamenti).
La mancanza, in ipotesi di "famiglia di fatto", di qualsiasi impegno giuridicamente vincolante a tal
fine, non esclude che, dal punto di vista etico e sociale, la convivenza more uxorio si integri
comunque in sé nel reciproco darsi assistenza e nel contribuire di entrambi, secondo le rispettive
possibilità, alle spese del ménage familiare; la sussistenza di tale vincolo morale ha l'unico effetto
di rendere non più ripetibili - da parte del convivente che li abbia effettuati - gli esborsi sostenuti
per sopperire alle esigenze del compagno, integrando essi un adempimento di obbligazione
naturale.
L'avvio e la prosecuzione del rapporto sono affidati unicamente all'iniziativa spontanea dei membri
della formazione sociale, non essendo prospettabile alcuna forma d'intervento giudiziario a
supporto del convivente che lamenti la violazione ad opera del partner dei doveri morali nascenti
dalla convivenza.
Non è ipotizzabile l’applicazione analogica dello statuto che governa le relazioni nell’ambito della
coppia coniugata perché in tal modo si finirebbe per determinare una identificazione integrale dei
due fenomeni in spregio alla volontà manifestata dalla coppia. Il rispetto della scelta di non
contrarre matrimonio impone di evitare una generica imposizione di norme volte a regolamentare il
rapporto nella sua integralità, ancorché non escluda la possibilità di procedere all'applicazione di
singole disposizioni dettate per il rapporto di coniugio ogniqualvolta l'interesse per il quale si
avanzano istanze di tutela si riveli meritevole di particolare protezione alla luce dei valori espressi
dall'ordinamento. È dunque il particolare interesse generato dal rapporto, e non genericamente il
rapporto instauratosi tra conviventi, che può giustificare il ricorso all'analogia.
I comportamenti da cui si inferisce l'esistenza di una convivenza more uxorio sono caratterizzati
dall'assenza del crisma della giuridicità e, per conseguenza, dalla mancanza di coercibilità.
: a differenza delle persone unite in
CESSAZIONE DELLA CONVIVENZA E OBBLIGHI RISARCITORI
matrimonio, il cui vincolo, almeno da un punto di vista formale, non può essere intaccato senza
l'intervento del giudice - sequenza separazione/divorzio - la convivenza more uxorio può cessare in
virtù di una semplice decisione, anche unilaterale, dei conviventi, senza che all'uopo occorra una
pronuncia del giudice, il quale sarà chiamato ad intervenire solo nell'eventualità in cui sorgano
contrasti con riguardo ai figli.
Escludersi che un obbligo di natura risarcitoria possa configurarsi in capo al convivente che con la
propria decisione abbia determinato la fine della relazione: la libertà, e ancor più la spontaneità, che
caratterizza la nascita e lo svolgimento del rapporto nella convivenza more uxorio - alla quale, non
sono estensibili i diritti e i doveri nascenti dal matrimonio - esclude in radice la possibilità di
qualificare illecita la decisione assunta unilateralmente dal convivente di porre fine alla relazione.
LESIONE DI UN INTERESSE GIURIDICAMENTE RILEVANTE NEL CASO DI MORTE DEL
: la tesi che voleva risarcibili i danni derivanti dalla
CONVIVENTE CAGIONATA DA UN TERZO
violazione di diritti soggettivi - ritenendo contra ius soltanto i fatti lesivi di situazioni soggettive
riconosciute e garantite dall'ordinamento nella forma del diritto soggettivo - ha indotto lungamente
la giurisprudenza ad escludere la possibilità del risarcimento del danno a favore del convivente
more uxorio della vittima del fatto illecito altrui. Esclusione della legitimatio ad causam del
convivente di fatto della vittima di una condotta illecita di un terzo, non essendo sufficiente la
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sussistenza di un rapporto di affetto per legittimare l'azione volta ad ottenere il risarcimento del
danno ed occorrendo, invece, la configurabilità di un rapporto contemplato e protetto
dall'ordinamento giuridico.
Sent. 2988/1994 equiparazione della posizione del convivente a quella dei congiunti: sussistendo un
rapporto diretto fra il danno e il fatto lesivo, tutti coloro che abbiano subito un danno, siano essi
legati al soggetto leso da un rapporto di natura familiare o parafamiliare, hanno diritto al
risarcimento. Nell’ipotesi della c.d. “famiglia di fatto”, la morte del convivente more uxorio
provocata da fatto ingiusto fa nascere il diritto dell’altro al risarcimento del:
danno non patrimoniale (art 2059): anche il convivente more uxorio patisce una sofferenza a
- seguito della perdita del partner in termini analoghi a quanto accade nella famiglia legittima;
danno patrimoniale (art. 2043): per la perdita del contributo patrimoniale e personale apportato
- in vita, con carattere di stabilità, dal convivente defunto. Spetta al convivente che afferma di aver
subito un danno patrimoniale in dipendenza della morte dell’altro, dare la prova del contributo
patrimoniale e personale apportatole in vita, con carattere di stabilità, dal convivente che è
venuto a mancare in conseguenza della sua morte. Anche il decesso di un coniuge comporta un
danno patrimoniale solo nei limiti in cui esso determini il venire meno di un contributo al
soddisfacimento dei bisogni della famiglia. Il danno patrimoniale è risarcibile solo nella misura e
nei limiti in cui la convivenza abbia avuto carattere di stabilità, tale da indurre a presumere che
essa sarebbe continuata nel tempo se l'evento esterno non l'avesse interrotta.
Ai fini della legittimazione processuale, non rileva il rapporto interno tra i conviventi, bensì la
lesione che tale rapporto abbia subito dall'esterno: se è vero che nei rapporti interni il convivente
non ha alcun diritto alla continuità e alla prosecuzione del rapporto, è altrettanto vero che il suo
diritto di libertà può essere leso dall'esterno ad opera di azioni di terzi.
Il criterio indicato dalla più recente dottrina per la selezione delle c.d. vittime secondarie aventi
diritto al risarcimento del danno, pur nella varietà degli approcci, è quello della titolarità di una
situazione qualificata dal contatto con la vittima che normalmente si identifica con la disciplina dei
rapporti familiari, ma non li esaurisce necessariamente, dovendosi anche dare risalto a certi
particolari legami di fatto.
Recente decisione di merito ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno, patrimoniale e non
patrimoniale, alla sorella della vittima di un illecito altrui sul presupposto che tra l'ucciso e
l'anzidetta sorella esisteva una convivenza more uxorio. ?
TUTETABILITÀ DELLA POSIZIONE DEL CONVIVENTE QUALE SITUAZIONE DI FATTO
La convivenza more uxorio è ormai pacificamente annoverata tra le formazioni sociali di cui all'art.
2 Cost. essa è sempre più frequentemente contemplata nei testi normativi. Il legislatore sempre più
frequentemente equipara il convivente al coniuge, risulta evidente che, soprattutto tenendo conto
della qualificazione della convivenza more uxorio quale formazione sociale, non si può negare che
la convivenza more uxorio sia regolamentata e, per tali ragioni, rilevante giuridicamente.
Una coppia non unita in matrimonio costituisce una famiglia «di fatto» quanto all'origine, giacché
nessun atto formale ne sancisce la genesi; pur tuttavia, una volta che la fattispecie risulti
configurabile, sorge un rapporto giuridicamente rilevante diretto nel suo complesso a consentire lo
sviluppo della personalità di ognuno dei protagonisti.
La convivenza more uxorio è in grado di esprimere interessi giuridicamente rilevanti i quali, alla
luce della norma di cui all'art. 2043 c.c., ben possono ottenere protezione. La tutela aquiliana è
senza alcun dubbio invocabile ogniqualvolta un terzo abbia leso l'interesse di uno dei partner alla
prosecuzione del rapporto secondo modalità delineatesi in epoca precedente all'illecito. La
protezione, non è limitata ai soli casi di decesso del partner, ma si estende ad ogni ipotesi di
peggioramento qualitativo del rapporto quale conseguenza della lesione da parte di un terzo di un
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interesse giuridicamente rilevante di pertinenza di uno dei conviventi che abbia immediate
ripercussioni sul rapporto affettivo.
In ragione della rilevanza sul piano unicamente morale dei doveri nascenti dalla convivenza - e,
comunque, della libertà che è a fondamento della scelta di instaurare una relazione more uxorio -,
non sembra sia possibile tutelare attraverso il rimedio aquiliano tutti quegli «interessi» che trovano
origine e fondamento unicamente nella convivenza (assistenza, contribuzione, fedeltà)
ogniqualvolta il comportamento lesivo sia posto in essere dal partner.
Una tutela potrebbe essere raggiunta, per lo meno con riguardo alla «lesione» dei doveri morali il
cui adempimento richiede una prestazione di natura patrimoniale, solo se, così come accade in
Francia, si giungesse a sostenere che l'obbligazione naturale può trasformarsi in un'obbligazione
civile mediante una promessa, la cui esistenza è possibile ricavare anche dalla stessa esecuzione
della prestazione. Se anche fosse configurabile una promessa giuridicamente rilevante (ad es. di
mantenimento) ricavabile dall'esecuzione continuativa della relativa prestazione, a venire in
considerazione sarebbe, in caso di violazione, la disciplina dell'inadempimento delle obbligazioni e
non già il rimedio aquiliano. 60
ILLECITO ENDOFAMILIARE: MODELLI DELLA TUTELA RISARCITORIA
CONTRATTO, RESPONSABILITÀ CIVILE E DANNO RISARCIBILE DA
ROTTURA DEL RAPPORTO MATRIMONIALE (O DI CONVIVENZA)
:
SVILUPPI RECENTI DELLA PRIVATIZZAZIONE DEL DIRITTO DI FAMIGLIA
la dimensione contrattuale dei rapporti familiari: la vicenda evolutiva del diritto di
• famiglia, negli ultimi decenni, si caratterizza per un crescente riconoscimento del ruolo
dell'autonomia dei soggetti nella regolamentazione dei rapporti interni alla compagine a
scapito di un modello di disciplina caratterizzato dall'attribuzione di diritti e di doveri in
ragione dell'appartenenza ad un determinato status familiare. Tale processo di
«privatizzazione» ha il suo presupposto concettuale nella qualificazione della natura privata
degli interessi che gli istituti del diritto di famiglia sono destinati a soddisfare e nel
conseguente carattere disponibile, che rende possibile l'ordinazione attraverso l'atto di
autono