Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
ABUSO DI DIRITTO
L’abuso di diritto sembra un ossimoro perché il diritto se c’è si può esercitare nel senso che
l’ordinamento consente la soddisfazione delle pretese che compongono il diritto però ci può essere un
abuso. Viene rimessa la valutazione di questo controllo dell’esercizio del diritto al giudice, dunque è un
altro profilo più delicato e discusso. Si tratta di individuare quali sono le ragioni per cui la sentenza
18/09/2009 n°20106 afferma questo principio e dal 2009 vi sono una serie di sentenze anche della
Cassazione sull’abuso di diritto e non sempre c’è un criterio costante. Si fa riferimento alla sentenza del
2009 quando si vuole analizzare la tematica dell’abuso. Tra il 1992 e il 1996 tutti gli ex concessionari
della Renault Italia furono revocati dalla stessa società sulla base di un recesso ad nutum dal contratto di
concessione. In 4 anni la rete distributiva di Renault Italia fu completamente azzerata utilizzando una
clausola che era contenuta nel contratto di concessione e di vendita. Fu fondata, per reagire a questo
comportamento che i concessionari ritenevano abusivi, un’associazione dei concessionari con lo scopo
di programmare e predisporre una difesa comune nei confronti di questo recesso generalizzato.
Promossa l’azione davanti al tribunale di Roma, si chiedeva che il Tribunale si pronunciasse sul
carattere abusivo del recesso. Questo è un abuso del diritto perché nel contratto era previsto
espressamente che la parte Renault poteva recedere dal contratto (quindi il diritto era previsto
direttamente dal contratto) ma i concessionari ritenevano che l’esercizio del diritto di recedere fosse
abusivo, illecito e dunque da censurare. La Renault costituitasi pose questo fatto della esistenza del
diritto di recesso nel contratto e resistette alla pretesa dei concessionari. Il tribunale nel 2001 respinse la
domanda dei concessionari e a conclusione identica (con liberta di motivazione) arrivò anche alla Corte
211
di Appello nel 2005. L’impugnativa del ricorso per Cassazione (la difesa dei concessionari, costituita
dall’Avv. Galgano), riteneva che questo recesso pur essendo previsto nel contratto, fosse abusivo perché
contrario alla regola di buona fede che vincola le parti. La Cassazione si pronunciò nel 2009 con la
sentenza n°20106 che fonda e propone la teorica dell’abuso di diritto, individuando anche i motivi e il
modo in cui esercitare questo tipo di tutela. La Cassazione nella sentenza afferma che la buona fede e le
regole di correttezza presiedono alla fase formativa ed anche esecutiva del contratto, e si afferma che la
clausola è operante sul piano dei comportamenti del debitore e del creditore e i principi di buona fede e
correttezza sono entrati nel tessuto connettivo dell’ordinamento. Questo perché è un obbligo ed un
dovere giuridico che è espressione di un principio di solidarietà costituzionale (art. 2 Cost.), perché
costituisce strumento per il giudice per controllare il contratto in senso modificativo o integrativo ed in
funzione del giusto equilibrio degli opposti interessi. La buona fede serve a mantenere il rapporto
giuridico nei binari dell’equilibrio e della proporzione, infatti uno dei criteri rilevatori della violazione
dell’obbligo di buona fede è proprio quello dell’abuso di diritto, che è uno strumento utilizzato oggi per
far emergere la violazione dell’obbligo di buona fede.
Gli elementi costitutivi dell’abuso di diritto sono: l’esistenza di un diritto (la cui titolarità è riconosciuta
ad un soggetto), la possibilità che quel diritto possa essere esercitato secondo modalità diverse (il diritto
è un insieme di facoltà quindi si realizza attraverso modalità diverse e plurali), la circostanza che
l’esercizio concreto anche se formalmente rispettoso del diritto possa essere svolto secondo modalità
censurabili e quindi illecite e come ultimo presupposto è che in base all’esercizio censurabile del diritto
si verifichi un sacrificio o sproporzione ingiustificata della posizione dell’altra parte. Vi è abuso di
diritto quando c’è un diritto, si esercita secondo varie modalità e qualche modalità di esercizio può
essere scorretta, illecita e questa illiceità cagiona per essere rilevante un sacrificio della posizione
dell’altra parte. Si smonta quella contraddizione dell’abuso del diritto anche e l’esercizio di un diritto
può essere illegittimo o illecito se la modalità di esercizio è riprovata e particolarmente scorretta perché
il canone è quello della buona fede. L’abuso del diritto colpisce sempre una utilizzazione del diritto che
è riprovato dal legislatore. Poi c’è una lunga disamina su quello che è stato la storia di questa figura, si
fa riferimento alla cultura giuridica fino agli anni 30’ del ‘900 che utilizza questa figura di abuso ma
sempre in modo molto controverso e poi si fa riferimento ad alcune sentenze recenti in forma societaria
e in vicende esecutive del contratto che fanno riferimento ad una necessità anche nella fase esecutiva
nell’esercizio del diritto nella Convezione che siano rispettati i canoni della correttezza e della buona
fede. Il controllo della fase precedente la conclusione del contratto, è inteso nella fase esecutiva.
L’art. 1375 c.c è la norma di riferimento ed afferma che: “Le parti nell’esecuzione di un contratto
debbono comportarsi secondo buona fede”. Quindi anche nell’esercizio di un diritto derivante da un
contratto, si può estendere anche a qualsiasi altro diritto, la modalità di utilizzo della fruizione del diritto
212
deve essere corretta e non abusiva.
La casa automobilistica usa questa clausola negoziale per rinnovare completamente la sua catena
distributiva, questo è il fatto ma è importante esaminare come questo fatto viene valutato dal Tribunale
della Corte di Appello. La cosa più rilevante è la valutazione davvero non condivisibile e poco
giustificabile della Corte di Appello che respinge l’impugnativa della sentenza di primo grado con
un’argomentazione che la Cassazione successivamente casserà questa ricostruzione. La sentenza di
Cassazione ripercorre la motivazione della sentenza di merito dell’Appello che aveva una visione del
contratto e del controllo molto tradizionale e non in linea con l’evoluzione. La corte di Appello affermò
che: “Il giudice non ha alcuna possibilità di controllo sull’atto di autonomia privata, la previsione
contrattuale del recesso ad nutum nel contratto consente alla parte di utilizzare questo potere perché
rientra nella libertà di scelta dell’operatore economico optare per quelle soluzioni che il contratto gli
consente. La Renault non doveva tenere conto dell’interesse della contro parte o degli interessi diversi
dai propri nell’esercizio del diritto.” Affermato questo fatto quindi dell’insindacabilità del giudizio sul
comportamento della Renault, cadeva anche nella sentenza il riferimento alla buona fede, se il recesso è
legittimo non può essere contrario a buona fede. La diversità profonda di questa sentenza rispetto a ciò
che oggi pensiamo ed affermiamo sulla base delle sentenze sulla buona fede, dice la sentenza di appello
che: “i principi di correttezza e buona fede non creano obbligazioni autonome (sembra di leggere una
sentenza degli anni 60’, in dottrina e giurisprudenza si è sempre riconosciuto da allora che la norma è
chiara nel fondare un obbligo autonomo fissato dalla legge, ma in questa sentenza si disconosce ciò) ma
rilevano soltanto per verificare il puntuale adempimento degli obblighi.” C’è una visione della
buonafede completamente diversa. La clausola autonoma che fissa un obbligo per le parti diverso ed
ulteriore rispetto a quelle che sono le pattuizioni, si da una lettura molto diversa e abbandonata dalla
giurisprudenza successiva consolidata. Un’altra consapevolezza, dice la Corte di Appello, non sono
presenti nel caso in esame i caratteri specifici dell’abuso. Nel nostro codice non c’è un riferimento
all’abuso diretto ma generalmente si cita una norma che indirettamente può essere utilizzata una norma
in tema di proprietà. C’è un limite al diritto di proprietà che la legge fissa espressamente e sono gli atti
emulativi, l’art. 832 c.c disciplina la proprietà affermando che il proprietario ha il potere e disporre nel
modo pieno ed esclusivo. L’art. 833 c.c afferma: “Il proprietario non può fare atti i quali non abbiano
altro scopo che quello di nuocere o recare molestia ad altri”. È una nozione ristretta e delimitata di
emulazione. L’emulazione si ha quando si compie una atto che ha uno scopo unico di nuocere o recare
molestia ad altri. Perché si abbia un atto emulativo occorre un atto di esercizio del diritto che non
corrisponda a nessun interesse del proprietario, e deve avere in più l’elemento soggettivo, la volontà di
nuocere e di molestare altri. Quindi una nozione complessa e molto rigorosa, limitata, perché se uno
compie un atto di esercizio della proprietà, un interesse a compierlo c’è quasi sempre. È difficile che
213
l’unico scopo sia quello di ledere la posizione altrui ed è facile o possibile quasi sempre rinvenire un
interesse del proprietario a quell’esercizio. È l’unica norma che nel nostro ordinamento si avvicina ad a
definizione di abuso perché è inteso come limite al diritto del proprietario che ha il potere di disporre in
modo pieno ed esclusivo ma con il limite dell’emulazione, non potendo compiere atti che non
corrispondono al suo interesse e che abbiano lo scopo di nuocere quindi ci vuole l’assenza di interesse e
il dolo cioè l’elemento soggettivo di disturbare il vicino o altri.
La sentenza della Corte di Appello nel 2005 dice che la norma da prendere come riferimento è l’art. 833
c.c e bisognerebbe individuare, dell’assenza di interesse della Renault nel porre in essere il recesso e la
sua volontà di danneggiare i concessionari. Secondo la Corte non sono presenti in questo caso questi
requisiti perché c’è l’elemento oggettivo (l’utilità e l’interesse della Renault di recedere) e manca quella
volontà di danneggiare che è propria di quella norma; utilizza come criterio di valutazione dell’abuso
quella norma e poi sostiene altre cose sempre in questa linea di mercato che è il luogo di esercizio della
libertà di iniziativa economica alla sue regole e l’autonomia dei privati per&ogr