Diritto canonico - Riassunto esame, prof. Gherro
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Le principali collezioni falsificate sono: 1) la COLLECTIO HISPANA AUGUSTODUNENSIS. 2)
i CAPITOLO ANGILRAMNI. 3) i CAPITULARIA BENEDICTI LEVITAE. 4) le DECRETALES
PSEUDO-ISIDORIANE.
Le false decretali hanno goduto di 1 singolare fortuna fino ai codici di dir.can, appena 2 generazioni
dopo la comparsa vengono copiate, aggiornate, citate nella letteratura polemica, usate nei concili e
nei sinodi e qualificate come auctoritates dalle collezioni seguenti.
1 studioso recente, ritiene che queste collezioni abbiano contribuito solo in scarsa misura, a
rafforzare la dottrina del primato di giurisdizione del papa, che si sarebbe cmq sviluppata
autonomamente; tuttavia alcune dottrine canonistiche, vi hanno trovato 1 sostegno altrimenti
inesistente
9. LE COLLEZIONI DELLA RIFORMA POST-CAROLINGIA E IMPERIALE.
Tra il 9° e gli inizi dell’11° sec, le collezioni canoniche autentiche vivono una triplice
fase:transazione,decadenza e ripresa.
a) Nel periodo di transazione, alla fine del 9° sec, troviamo 2 collezioni che si riallacciano al
modello carolingio: 1) l’ANSELMO DEDICATA, redatta da ignoto nell’Italia settentrionale, verso
l’882, e dedicata al vescovo di Milano Anselmo 2°; l’opera è dichiaratamente filoromana x la sua
insistenza sul primato papale. 2) i LIBRI DUO DE SYNODALIBUS CAUSIS ET DISCIPLINIS
ECCLESIASTICIS, dell’abate Reginone di Prum, 1 manuale x le visite pastorali, corredato da 1
questionario al clero e ai laici, che era stato richiesto dall’arcivescovo di Treviri, x controllare
l’attuazione degli statuti sinodali.
b) Nella fase di decadenza del 10° sec, in Germania, in Francia e in Italia, predomina la legislazione
locale, la quale, fondata su fonti di origine assai diversa, si allontana dalle regole del dir. e si affida
a testi incompleti, falsificati, frammentari. E’ il periodo di maggiore crisi del papato, che viene –
alla propria funzione unificatrice e di guida.
c) il 3° momento, da collocare all’inizio dell’11° sec, riflette l’influenza del movimento cluniacense
e della riforma imperiale della dinastia degli Ottoni. La sua influenza si fa sentire 1) in Italia con la
COLLECTIO V LIBRORUM. 2) In Germania col DECRETUM di Burcardo Di Worms, che può
considerarsi il 1° manuale di dir can di successo; temi di questa raccolta sono: a) la lotta alla
simonia. b) al concubinato del clero. c) la condanna del fenomeno delle chiese private e, ingenerale,
di tutte le forme di feudalizzazione della Chiesa; Burcardo inoltre mira a rafforzare l’autorità
vescovile sui monasteri esenti e assume 1 atteggiamento moderato nella controversia tra papato e
impero, auspicando la loro unione; si avverte inoltre in quest’opera l’emarginazione del laicato dalla
vita della Chiesa e l’emergere dei rappresentanti del potere economico e politico a cui è anche
lasciata l’iniziativa di regolare importanti aspetti della vita ecclesiastica.
CAPITOLO 3
LA RIVOLUZIONE GREGORIANA E IL NUOVO ORDINAMENTO DELLA CHIESA.
Riguardo la riforma gregoriana, 2 problemi fondamentali si vengono a delineare, nell’opera
riformatrice di Gregorio 7°: quello della riconquista del papato da parte della Chiesa ( papato che
era tenuto prigioniero degli imperatori e delle famiglie romane) e quello del rinnovamento morale e
costituzionale delle strutture ecclesiastiche.
Tra l’8° e la metà dell’11° sec, vi era 1 forte connessione tra potere sprituale e imperiale ( tanto che
il soglio pontificio era stato riservato ai familiari dell’imperatore o concesso x promozione ad alcuni
vescovi germanici).
Il movimento di riforma, trova 1 forte sostegno, nella realtà monastica di Cluny, nella Francia
meridionale. Cluny diviene 1 modello di rigore e di disciplina morale, perché reinterpretava la
regola di S.Benedetto, nel senso di dedicare l’intera vita alla preghiera. Cluny mostra nei fatti, di
essere una grande organizzazione ecclesiastica, capace di mantenersi libera e immune da interventi
laici e di fornire un modello alternativo sia nei riguardi della soluzione gelasiana (non rispondente
alla commistione tra potere spirituale e temporale, che contraddistingue la società feudale), sia nei
confronti della soluzione di tipo carolingio e ottoniano ( che comportava la subalternità della Chiesa
al potere imperiale). Al modello di Cluny si ispirerà la riforma di Gregorio 7°.
Col determinante contributo di Gregorio 7°, erano stati emanati, nel sinodo del laterano (1059), 2
decreti disciplinari di grande importanza: la condanna del clero simoniaco e nicolaitico e il divieto
assoluto dell’investitura di chiese da parte di laici. Divenuto papa nel 1074, pone il divieto adel
matrimonio x i sacerdoti.
1 dei decreti del concilio lateranense poi stabilisce che l’elezione pontificia è riservata ai cardinali-
vescovi romani. I cardinali oltre che essere gli elettori del papa, fungono da a) suoi legati. b) suoi
consiglieri negli affari + importanti. c) suoi collaboratori giudiziari e amministrativi; da qui
l’istituzione del concistoro, assemblea dei cardinali convocata dal papa x definire questioni
importanti riguardanti la vita dell’intera Chiesa e x dare solennità ad 1 sua decisione.
Al termine di questa riforma è la figura del papa, che in quanto successore di Pietro, domina
sovrana sulla Chiesa, mentre la Chiesa di Roma, viene considerata come madre di tutte le Chiese;
pur riconoscendo l’autonomia delle chiese particolari, Gregorio 7°, afferma che la chiesa romana ,
ha 1 primato di giurisdizione su tutte le altre chiese, e si pone al di sopra dei vescovi e dei
metropoliti.
Il primato pontificio, è formalizzato nel DICTATUS PAPAE, e si giustifica col fatto che mentre il
potere dei re e dei principi, ha 1 origine umana, quello del papa è voluto direttamente da Dio; in tale
contesto, i laici, vengono esclusi dall’intervenire nelle questioni religiose, da riservare alla classe
sacerdotale; si delinea così il concetto di ordinamento canonico come sistema giuridico autonomo;
il papa si attribuisce: a) il dir. di produrre nuove leggi e di temperare quelle antiche. b) di limitare la
sfera dei poteri di ogni soggetto ecclesiastico. c) di affermare quali sono le competenze della chiesa
di fronte al potere politico. d) di scomunicare chiunque non obbedisca ai suoi comandi.
Sul piano normativo, un 1° riflesso di questa tendenza, si riscontra nella comparsa di nuove
collezioni canoniche; tra queste ricordiamo: 1) la COLLECTIO CANONUM di Anselmo da
Baggio. 2) la COLLECTIO CANONUM del cardinale Deusdedit. 3) le collezioni di Ivo di Chartres
(TRIPARTITA,PANORMIA, DECRETUM).
2. DIR. E TEOLOGIA NELL’ETA’ DI GRAZIANO.
Tra l’11° e il 12° sec, nella società europea, vi è il risveglio di ogni ambito dell’attività umana
( dalla vita economica alla cultura alla scienza). In ambito giuridico si riscontra un nuovo interesse
x il dir.rom. e x i testi giustinianei in particolare (grazie all’opera di Irnerio).
Di conseguenza, anche la relazione tra l’eredità giuridica greco-romana e l’esperienza giuridica
della Chiesa, si definisce in termini nuovi, attraverso il recupero e la convalida delle antiche
auctoritates e la loro interpretazione ad opera del dir. can.. Nell’opera di armonizzazione delle
diverse auctoritates, importante è stato il contributo di Bernoldo da Costanza, Ivo di Chartres e
Algero di Liegi.
a) A Bernoldo si deve la formulazione di 5 criteri, x smorzare e risolvere i contrasti tra le autorità:
1) la preferenza dei testi + corretti e la cui formulazione sia + accetta alla Sede Apostolica. 2) la
conoscenza completa del testo. 3) la comparazione con gli altri can. 4) le circostanze di tempo,
luogo e persona. 5) i motivi originali dei can.
b) Ivo di Chartres, nel suo importante PROLOGO, riprende le regole di Bernoldo, e afferma, con la
sua opera, il principio della flessibilità della legge canonica, ossia dell’adattamento delle norme alle
circostanze di tempo e di luogo.
c) L’opera di Algero di Liegi è rivolta nel ricercare i modi di composizione di conflitti tra autorità
civili ed ecclesiastiche.
Nell’ambiente universitario di Bologna, il monaco Graziano, redige verso il 1140, 1 opera che
costituirà il punto di riferimento x i canonisti di ogni epoca. L’opera è intitolata CONCORDIA
DISCORDANTIUM CANONUM, denominata DECRETO x antonomasia. Scopo dell’opera è
raggruppare un certo numero di testi di diversi autori, dal contenuto opposto o discordante, e
cercarne di conciliarne il significato o, nell’impossibilità, pronunciarsi sulla dottrina ritenuta +
sicura. La struttura dell’opera risulta così costituita dalle auctoritates e dai dicta. Graziano nella sua
opera utilizza circa 3900 testi,appartenenti ai + diversi generi (canoni apostolici,can di concili
generali e particolari, lettere decretali di papi, testi dei padri della Chiesa, libri penitenziali, libri
liturgici etc).
Il Decretum, nella sua forma definitiva assunta alla fine del 13 sec, si compone di 3 parti:
1) la 1° è ripartita in 101 distinctiones dal discepolo Paucapalea o Pocapaglia
2) la 2° si compone di 36 causae o controverse fittizie, divise in quaestiones
3) la 3° è intitolata de consacrazione perché tratta i sacramentali (benedizioni e consacrazioni) e i
sacramenti che non erano stati esaminati in precedenza. Si divide in 5 distinctiones ed è sprovvista
dei dicta del maestro.
Le distinctiones corrispondono ai principi e alle disposizioni di dir; le causae ai casi giudiziari
particolari, da cui nascono i vari problemi giuridici o quaestiones.
La distinctio, è lo strumento logico essenziale della 1° parte, e consiste nell’operare una serie
continua di suddivisioni della materia, attraverso cui si rende possibile sia il superamento delle
contraddizioni, sia la definizione di concetti giuridici e la formulazione di principi generali; la
quaestio è l’espediente tecnico adottato nella 2° parte, x porre questioni controverse a base
dell’analisi. Prima si cita 1 serie di testi autorevoli a difesa di 1 certa soluzione, poi 1 altra serie di
testi a difesa della teoria opposta e, infine , si conclude con 1 soluzione che mostra la veridicità
dell’una e dell’altra parte.
3. I DECRETISTI E IL DIR.ROMANO.
Sul Decreto di Graziano, si esercita 1 generazione di canonisti dal cui lavoro, prende avvio 1 scuola
di decretisti, in tutto uguale, quanto a valore e a prestigio, a quella dei glossatori, ma la crescita
della scienza canonista è dovuta alla creazione dell’università. Le universitates, sono strutturate in
modo che tra docenti e studenti, si stabiliscano molteplici legami giuridici, economici e di lavoro
intellettuale; ciò trova applicazione sul Decreto di Graziano, su cui si fonda l’insegnamento
universitario dei sacri canoni, in Italia e in Europa. Si assiste così allo sviluppo di generi letterari
specifici (glosse,apparati di glosse e summe), in corrispondenza con le diverse modalità
dell’insegnamento (lezioni, ripetizioni, dispute).
a) Le glosse, costituiscono la trascrizione nelle interlinee (g.interlineari) o ai margini del
manoscritto (g.marginali) delle spiegazioni date oralmente dal maestro.
Gli studiosi + recenti, hanno ricostruito il processo di composizione delle glosse al decreto di
Graziano, suddividendole in diversi strati: 1) il 1° consiste in allegationes (testi paralleli o contrari)
e in alcune glosse + ampie di Paucapalea; 2) il 2° comprende glosse di tipo interlineare, di 1 solo
enunciato, che cominciano con ut, e sono seguite o da 1 passo di dir.rom o dello stesso Graziano; 3)
il 3° riprende le glosse del maestro Rufino.
b) Nello stesso periodo , mediante le Summae Decreti, si passa all’esposizione di tipo sistematico
della materia giuridica, ad opera di professionisti, cioè di maestri di dir.can che hanno studiato a
bologna, sono tornati in patria ad insegnare e spesso completano la loro carriera con la promozione
ad 1 cattedra vescovile. I decretasti autori di summae, sono raggruppati in 3 scuole: bolognese,
franco-renana e anglo-normanna.
La diversificazione di programmi tecnici tra le 2 scuole si connette ad un duplice processo: da 1 lato
l’impiego del dir. rom, da parte dei canonisti della scuola bolognese, dall’altro l’affermazione
dell’autonomia del dir. della Chiesa, nei confronti del dir. rom e della teologia.
Il papato resiste, x 1 certo tempo, all’assimilazione del dir.rom; Bernardo di Chiaravalle ad es.
arriva a sostenere l’incompatibilità dello studio del dir.rom con la perfezione monastica, il concilio
di Tours (1163) proibisce agli ecclesiastici di studiare le leggi civili, Onorio 3°, nel 1219, pone il
divieto d’insegnare dir.rom a Parigi.
Una 1° attenuazione si determina con Stefano di Turnai ( fondatore della scuola franco-renana) che
x giustificare il ricorso al dir. rom, recupera 1 nota massima di Giustiniano – leges nostres non
dedignantur imitari sacros canones – x affermare il ruolo di dir. suppletorio delle leggi imperiali. I
decretisti della scuola franco-normanna passano poi a sostenere l’esistenza di 1 sorta di armonia
prestabilita tra la legislazione romana e quella canonica. Uguccione ( della scuola bolognese) si
pone a mezza strada, da 1 lato favorendo l’irruzione del dir.rom nel canonico e utilizzando la
tecnica giuridica romanistica, dall’altro sostenendo l’autonomia e la superiorità del dir.can sul
dir.rom.
La nuova compenetrazione tra dir.rom e canonico conosce diversi livelli: semantico, ( relativo al
lessico giuridico) sintattico, ( che attiene alle regole tecniche) e sistematico ( che assicura l’ordine e
il corretto funzionamento delle regole).
Le decretali dei papi, a partire da Lucio 3°, cominciano: a) rinviare alle leggi romane. B) a
riprodurre lo stile dei rescritti imperiali. C) a riprendere testi giustinianei, magari modificandone il
senso.
Il dir. rom , fornisce alla Chiesa, oltre che 1 linguaggio, anche 1 certo modello giuridico, il cui
punto di forza maggiore è rappresentato dal parallelo tra l’autorità del princeps, nella teoria delle
fonti del dir.rom e il potere legislativo del papa, nel dir.can post-gregoriano.
4. IL IUS NOVUM PAPALE E LA PRIMA DECRETALISTICA.
1 delle conseguenze + rilevanti, del processo di assimilazione del dir.rom, riguarda la formazione
del dir.can, come sistema giuridico unitario. 1 ruolo decisivo, è svolto dalla nuova funzione
assegnata all’epistola decretalis, in seguito all’identificazione del papa con il princeps.
La decretale si qualifica come legge generale di tipo astratto, vincolante tutti i fedeli.
Alla fine del 12°sec, la dottrina delle fonti canoniche, elabora la distinzione tra 2 principali fonti
legislative: la constitutio ( o legge generale) rappresentata dalle decretali papali e dai canoni
conciliari e il rescriptus x il caso individuale. Bernardo da Pavia, nel Breviarium Extravagantium,
abbandona la concezione grazianea del dir. come consuetudo messa x iscritto, e la sostituisce con
concetto di ius humanum, corrispondente al ius novum, delle decisioni autoritative del papa.
Nel processo che porta ad elevare la decretale a norma generale, 1 ruolo decisivo, spetta a 2
pontefici giuristi, Alessandro 3° e Innocenzo 3°.
Alessandro 3° appare il vero iniziatore dell’unità legale della Chiesa; a Innocenzo 3° spetta il
compito di elevare il papato al culmine di tutti i poteri umani e di porlo a mezza strada tra il cielo e
la terra, utilizzando a questo scopo, nelle sue decretali, 2 concetti chiave, che rafforzano
definitivamente il primato pontificio: Vicarius Christi e Plenitudo potestatis; il 1° viene impiegato
da Innocenzo 3°, x soppiantare quello antico e usuale di Vicarius Petri. Con la formula plenitudo
potestatis, si vuole sootolineare che il papa è iudex ordinariuus singulorum, quindi esercita la sua
giurisdizione ordinaria su tutte le chiese , su tutti i prelati e su tutti i fedeli.
L’emanazione sempre + intensa di decretali pontificie,porterà alla nascita di opere che tendono a
selezionare,classificare e ordinare la legislazione papale. Si ricordano tra queste:
1) le QUINQUAE COMPILATIONES ANTIQUAE. 2) il BREVIARUM EXTRAVAGANTIUM
di Bernardo da Pavia (opera divisa in 5 libri a loro volta divisi in titoli e capitoli –
iudex,iudicium,clerus connubia,crimen). 3) Ranieri di Pomposa e Bernardo da Compostella,
raccolgono decretali di Innocenzo 3°, ma le loro collezioni non sono sicure, perché vi compaiono
decretali rifiutate dalla curia romana e altre apocrife. 4) x tali ragioni Innocenzo 3°, ordina sua
compilazione ufficiale delle sue decretali a Piero Beneventano; tale collezione è nota come
COMPILATIO TERTIA. 5) altre raccolte sono realizzate da Gilberto, Alano, Giovanni del Galles e
Giovanni Teutonico. 6) papa Onorio 3°, ordina 1 altra raccolta ufficiale al maestro Tancredi di
Bologna, la COMPILATIO QUINTA.
5. LA FORMAZIONE DEL CORPUS IURIS CANONICI.
Le Compilationes antiquae, hanno molti pregi ma un difetto essenziale: non rispondono al bisogno,
di raccogliere in 1 unica raccolta sistematica, tutto il dir.papale sparso in diverse raccolte.
1) Gregorio 9°, cerca di dare una 1° risposta a quest’esigenza e incarica Raimondo de Penafort, di
raccogliere ufficialmente e ordinare le decretali pontificie successive a Graziano; l’opera sarà
chiamata LIBER EXTRA,perché le norme di cui si compone stanno fuori dal Decretum di
Graziano. Promulgata nel 1234, l’opera è divisa in 5 libri a loro volta divisi in titoli e capitolo. Il
Liber Extra è stato la fonte + importante del dir. della Chiesa, sino al 1917; a conferma di ciò, la
dottrina canonistica posteriore, attribuirà a questa collezione il quadruplice valore giuridico
dell’autenticità, (i testi contenuti godono dell’autorità legale) dell’universalità, ( le leggi particolari
riportate divengono leggi generali) dell’unità (ogni decretale ha lo stesso valore delle altre, come se
emanate tutte da 1 solo papa) e dell’esclusività (sono abrogate tutte le leggi emanate dopo il
Decretum, che non sono incluse nella nuova raccolta).
2) Dopo il Liber Extra compaiono altre raccolte ufficiali e private come le 3 NOVELLAE di
Innocenzo 3° a cui ne seguono altre ordinate da Gregorio 10° e da Niccolo 3°.
3) Papa Bonifacio 8° promulga il LIBER SEXTUS, promulgato come collezione autentica.
4) Seguono opere di carattere privato come le EXTRAVAGANTES LIBRI VI e il LIBER
SEPTIMUM di Clemente V.
Con le 3 collezioni delle Decretali di Gregorio 9°, del 6° Libro, e delle Clementine, il papato
provvede, in – di 1 secolo, compiere 1 opera di consolidazione del dir.can dell’età classica.
Seguiranno solo 2 aggiunte di Jean Chappuis a Parigi nel 1500: le EXTRAVAGANTES DI
GIOVANNI 23° e le EXTRAVAGANTES COMMUNES; la raccolta sarà dichiarata autentica da
papa Gregorio 13° nel 1580, e verrà inserita nel CORPUS IURIS CANONICI.
6. DALL’ECCLESIOLOGIA SACRAMENTALE A QUELLA CORPORATIVA.
Con l’incessante produzione normativa dei papi giuristi, si accentua il passaggio da 1 Chiesa
sacramentale ad 1 di tipo giuridico e corporativo. Questo mutamento, è sollecitato anche da
questioni politiche, come la lotta tra papato e impero, e religiose, come la diffusione di movimenti
spirituali o apostolici.
Gli eretici medievali,conducono 1 critica globale e radicale alla chiesa romana, negano i sacramenti,
ritenendo il loro gruppo il vero Corpus Christi.
1) X evitare incertezze in una materia così delicata, la Chiesa è spinta a fissare il numero e la
dottrina teologica dei sacramenti; ciò implica 1 progressiva separazione tra la sfera sacramentale e
la sfera giuridica.
2) Su quest’ultima distinzione tra sacramento e dir, si innesta quella tra potere d’ordine e potere di
giurisdizione.
3) Già prima di Graziano, si riconosceva di fatto, 1 duplice potestà: sacramentale ( che cessava solo
con la morte) e non sacramentale (che veniva perduta dai sacerdoti eretici, scismatici, scomunicati,
degradati o deposti).
4) Nel Decretum, Graziano distingue tra potestas sacramentalis ed exsecutio potestatis, cioè tra il
potere di amministrare i sacramenti e la sua esecuzione
5) Nella Chiesa, la distinzione tra potestà sacramentale e di giurisdizione, conduce inevitabilmente
alla divisione fra la Chiesa quale comunità di salvezza e la chiesa quale società giuridica.
Enrico di Susa, cardinale vescovo di Ostia, noto come l’Ostiense, concepisce la Chiesa, come un
organismo strutturato in base alla communio generale; questa dimensione che tiene uniti i diversi
livelli gerarchici della Chiesa, esige di essere tradotta giuridicamente sia in 1 reciproca con
sensualità, sia nell’adozione di 1 prassi collegiale di governo, in virtù del principio corporativo, x
cui l’autorità di 1 corpo ecclesiastico, risiede non solo nel capo, ma ugualmente nei membri;
secondo alcuni studiosi la dottrina dell’Ostiense poggerebbe su una visione costituzionale del
governo della Chiesa.
Innocenzo 4° elabora il concetto di persona giuridica, distinguendo tra universitas
(corporazione,comunità,raggruppamento) e membri che la compongono.
7. I CONCILI MEDIEVALI E LE ALTRE FORME DI SINODALITA’.
1) I concili medievali riuniscono non solo i vescovi, ma in generale tutti coloro che esercitano 1
potestà di giurisdizione (abati,rappresentanti dei capitoli cattedrali, principi, teologi, canonisti e
delegati delle università). I concili si trasformano da assemblee di vescovi deliberanti, quali erano
nell’antichità, a assemblee di collaboratori del papa, x la riforma disciplinare della chiesa o x la
soluzione dei problemi sociali e politici della cristianità; è il papa che legifera , mentre il concilio
non ha quasi mai voce in capitolo; la recezione, diviene 1 atto formale di obbedienza da parte della
Chiese locali, nei confronti del papa, a cui spetta definire la legittimità del concilio e provvedere o –
alla conferma dei decreti.
2) Di poco inferiore ai concili generali, troviamo i concili di legazione che riuniscono gli
arcivescovi e vescovi di molte province, sotto la guida di inviati della Santa Sede ( cardinali o
semplici cappellani del papa); la loro attivazione talvolta è dovuta alla ricerca di appoggio da parte
del papato, talaltra alla prassi dei concili nazionali.
3) Il concilio provinciale, si trasforma in 1 istituto diretto a preparare e dare applicazione alle norme
di dir. universale in materia di correzione degli abusi e della riforma dei costumi, specialmente nel
clero ( non è + 1 organo autonomo e creativo sul piano legislativo, amministrativo e giudiziario,
qual’era stato in precedenza)
4) Il sinodo diocesano limita la sua competenza a) al controllo disciplinare sul clero; b) al compito
di dare una formazione pastorale, in linea con le norme stabilite dagli stessi statuti sinodali.
Presieduto dal vescovo e costituito dal clero, c) ha anche il compito di farsi portavoce presso il
popolo dei decreti emanati.
8. LE STRUTTURE ECCLESIASTICHE CENTRALI E LOCALI.
A) Conseguenza della concentrazione papale dei poteri è la nascita e la crescita della curia romana,
organo centrale di tipo burocratico, finalizzato a coadiuvare il romano pontefice nell’esercizio delle
sue ampie funzioni spirituali e temporali. Le fondamenta della struttura curiale risalgono ad Urbano
2° , mentre è Innocenzo 3° che procede ad un ampliamento della curia e istituisce una serie di
organi quali: 1) la cancelleria; 2) il collegio degli scrittori; 3) il tribunale della Rota Romana; 4) la
Penitenzieria Apostolica (collegio di penitenzieri, che svolge la duplice funzione, di ascoltare le
confessioni x il papa e di spedire le lettere di assoluzione e d i dispensa); 5) la Camera Apostolica
(ente finanziario della Chiesa Romana) che cresce d’importanza; 6) alla fine del 300, è creata la
Segreteria dei brevi ( che si occupa della preparazione e spedizione di documenti papali – solenni.
7) nel 400 sono istituiti altri 2 tribunali di curia: la Dataria Apostolica e la Segnatura Apostolica.
B) A livello di organizzazione locale, troviamo 1 serie di ist. interne o esterne alla struttura
diocesana.
Il vescovo, è il grado gerarchico intermedio tra il papa e il clero parrocchiale; a lui spetta una
potestà d’ordine, di magistero e di giurisdizione sulla porzione territoriale di cui è capo.
Tra le altre figure vanno annoverate: a) notaio (o cancelliere); b) officiale; c) vicario generale (che
funge da rappresentante del vescovo nel governo della diocesi).
Tra le ist. concorrenti col vescovo, vanno ricordati, i capitoli cattedrali (corpi ecclesiastici, che
sorgono in seguito alla riforma gregoriana, e che godono di 1 forte autonomia statutaria ed
economica.
Il collegamento tra il vescovo e i fedeli, è assicurato da sacerdoti; la parrocchia come realtà
istituzionale, si consolida lungo il periodo che va dall’età gregoriana al concilio lateranense, in
seguito all’esaurimento delle chiese private.
9. LA CRISI DELLA MONARCHIA PAPALE E L’IPOTESI CONCILIARISTA.
Il 300, segna la fine della concezione universalistica della Chiesa; a sconfiggere la teocrazia papale
di Bonifacio 8°, è 1 sovrano nazionale; Filippo il Bello, il quale, pretende di esercitare 1 vera e
propria tutela nei confronti della Chiesa e del papato, prima inducendo Clemente 5°, nel 1309, a
trasferire la sede pontificia ad Avignone, poi chiedendo precisi gesti e atti pontifici, umilianti x la
S.Sede, e favorevoli agli interessi della Francia.
Non appena si conclude l’esilio avignonese, la Chiesa, subisce la crisi del grande scisma
d’Occidente dal 1378 al 1414. Esso prende le mosse dalla frattura del collegio cardinalizio, in 2
collegi contrapposti, ognuno dei quali, dal 1378 in poi, procede all’elezione di 1 proprio papa, fino a
quando il concilio di Pisa, ne elegge 1 terzo.
X risolvere la crisi costituzionale, che colpisce il vertice della Chiesa, matura l’idea di seguire la via
del concilio:
Giovanni da Parigi muove dalla concezione mistica della Chiesa, come congragatio fidelium e
congregatio clericorum e, pur ammettendo l’origine divina del papato, gli attribuisce solo 1
funzione di personificazione della Chiesa; anzi sostiene che il papa insieme al concilio, era
superiore al papa come singolo, così come la terra è superiore ad 1 città.
Marsilio da Padova, nel DEFENSOR PACIS, sostiene che la Chiesa va vista come “assemblea del
popolo sotto uno stesso governo” che riconosce come capo solo il Cristo,e che si mantiene unito
nella fede che scaturisce dalle Scritture e x mezzo dei concili convocati dall’imperatore; egli nega
alla Chiesa 1 qualsiasi potestà coercitiva, che attribuisce esclusivamente allo Stato.
Gluglielmo d’Occkham, rifiuta la nozione di plenitido potestatis, ma a differenza di Marsilio, nega
la sovranità popolare e concede al papa, sia 1 potere direttivo sul corpo della Chiesa, sia, in casi
eccezionali, 1 sua potestà nelle cose temporali, x supplire ai bisogni della società cristiana.
L’obiettivo fondamentale delle correnti conciliariste, è di ridurre e di limitare la plenitudo potestatis
del papa, sottoponendolo ai poteri legislativi e giudiziari del concilio generale; tra i teorici del
conciliarismo, si discute sulle modalità di applicazione di questa idea centrale. C’è consenso sul
fatto che il papato, va conservato come ist. essenziale x la Chiesa, mentre però alcuni ritengono che
il governo ordinario della Chiesa spetti ai vescovi riuniti in concilio, altri ( in primis i cardinali)
ritengono che il governo della Chiesa, competa in via ordinaria all’ecclesia romana, cioè ai cardinali
uniti col papa.
Nel Concilio di Costanza vengono promulgati 2 importanti decreti: a) il 1° HAEC SANCTA,
afferma che il concilio ecumenico, in rappresentanza della Chiesa universale, deriva il proprio
potere direttamente da Cristo e che ogni fedele, compreso il papa, gli deve obbedienza in materia di
fede, unione e riforma generale; b) il 2° FREQUENS, stabilisce precisi intervalli di tempo, x la
convocazione automatica dei concili ecumenici e altre misure x evitare nuovi scismi. La tesi del
concilio costituisce 1 serio ridimensionamento dell’assolutismo del papa.
Ma la parentesi conciliarista è destinata a chiudersi presto. Il concilio di Costanza, dopo le
dimissioni del papa romano Gregorio 12° e la deposizione del papa avignonese Benedetto 13°,
elegge legittimamente il nuovo ed unico papa, Martino 5°, a cui succede, Eugenio 4°. A lui spetta
convocare il nuovo concilio, che dopo alcuni tentavi fallimentari a Pavia e Siena, viene riunito a
Basilea.
Le teorie conciliari + organiche e sistematiche, sono presentate da Nicola Cusano che nel DE
CONCORDANTIA CATHOLICA; egli sostiene che a) il vescovo rappresenta la Chiesa come
persona; b) il papa raffigura l’intera chiesa; c) ma il concilio gode di 1 maggior grado di
rappresentatività, rispetto a quello espresso dal vescovo e dal papa. Tutti e 3 cmq, derivano la loro
potestà, dal comune consenso dei fedeli. Ne consegue che ogni ufficio gerarchico, dai parroci al
papa, deve essere eletto dal ceto immediatamente inferiore, compreso il laicato, e approvato da
quello posto 2 gradino sotto.
Il concilio di Basilea, si trasforma in 1 assemblea senza controllo, che finisce col deporre Eugenio
4°. Lo stesso Cusano, ripensa alla sue tesi e diventerà fautore della causa papale. Eugenio 4°, rifiuta
di obbedire al concilio, lo disconosce, neconvoca 1 a Ferrara, poi trasferito a Firenze; tale concilio
si chiude con la bolla LAETENTUR COELI, in cui si afferma la piena giurisdizione del papa nel
dirigere e governare la Chiesa. Tale bolla costituisce la magna charta della restaurazione pontificia.
10. I COMMENTARI E LE OPERE DELLA PRATICA.
La sconfitta del conciliarismo, e la restaurazione del primato della sede romana, trasforma il papa
da legislatore supremo a legislatore quasi unico; ciò determina una caduta d’autorità, del Decreto di
Graziano, dei decreti dei concili e dei sinodi e della consuetudine.
A) In questo quadro, i canonisti, si impegnano principalmente nei commentari esegetici e
sistematici alle collezioni canoniche.
1) Particolare fortuna hanno i COMMENTARIA IN LIBRUM EXTRA o IN LIBRUM SEXTUM,
composti da 1 gruppo di docenti italiani, alcuni dei quali laici, che ritornano alle loro attività
accademiche, dopo aver partecipato alle discussioni sul conciliarismo; si ricordano in particolare i
commentari di Baldoo degli Ubaldi, di Pietro d’Ancarano, (discepolo di Bartolo) e di Francesco
Zabarella.
2) Alla prima generazione di canonisti, succede 1 gruppo omogeneo di allievi come Giovanni da
Imola e Niccolò Tedeschi.
B) Oltre il genere dei commentari, il 400, vede l’accrescere di opere pratiche come: 1) CONSILIA (
pareri dati da canonisti pratici); 2) FORMULARIA PROCESSUALI (x le cause dibattute nella
curia romana); 3) COLLEZIONI DI DECISIONES (del tribunale della Sacra Rota); 4)
MANUALIA (x le varie categorie di operatori ecclesiastici); 5) VOCABOLI e REPERTORI DI
DIR.CIV. e CAN; 6) GUIDE X GLI STUDENTI.
CAPITOLO 4°.
1. LA CONTESTAZIONE LUTERANA DELL’ORDINAMENTO CANONICO.
Con Lutero, siamo di fronte ad 1 critica radicale dell’istituzione papale, che ha come scopo quello
di giungere alla sconfitta di Roma e della curia.
4 sono i punti cardini dell’ideologia luterana: 1) la negazione dell’autorità del papa; 2)
l’eliminazione del principio gerarchico dell’ordinamento ecclesiastico (la dottrina luterana prevede
1 solo ministero sacerdotale, quello del parroco che predica il Vangelo e amministra i sacramenti);
3) il rifiuto dell’ordine sacro, in base al principio che, in forza del battesimo, i cristiani sono già
costituiti tutti sacerdoti di Cristo “né esiste tra loro alcuna differenza, se non quella dell’ufficio
proprio a ciascuno”; 4) il rifiuto del dir.can, in rapporto alla pretesa di fornire un fondamento divino
sia alla gerarchia della chiesa visibile sia ai poteri giurisdizionali sulla società.
Lutero giunge a proporre la distruzione di tutto il dir.can. un proposito che, nel dicembre 1520, egli
metterà direttamente in atto a Wittenberg .
X le Chiese aderenti alla Riforma si profila un riordinamento della loro struttura, secondo le
direttive dei sovrani territoriali.
La teologia antigiuridica di Lutero, non viene però condivisa dagli altri riformatori quali lo Zwigli,
Filippo Zelantone, Giovanni Calvino.
2. IL CONCILIO DI TRENTO E LA RIFORMA PASTORALE.
Allo scisma protestante, la chiesa di Roma si oppone con il concilio di Trento, convocato da Paolo
3°, che iniziato nel 1545, dopo un lungo e tormentato svolgimento si chiuderà nel 1563.
Il concilio si propone un duplice scopo: affermare i dogmi cattolici e rinnovare le ist. ecclesiastiche.
Si intende riorganizzare la cura delle anime, mediante il ripristino del concetto di ufficio
ecclesiastico e la creazione di 1 nuovo modello di vescovo e di sacerdote; il beneficio ecclesiastico,
deve tornare ad essere la base materiale, perché il chierico, possa esercitare il culto o soddisfare le
mansioni connesse con 1 determinato ufficio o ministero; vi è l’imposizione dell’obbligo di
residenza x beneficiati con cura d’anime e si pone il divieto di possedere + benefici.
X rilanciare l’azione pastorale, il Tridentino opera principalmente sulle 2 figure del vescovo
diocesano e del parroco. Contro la riforma protestante, che eliminava ogni gerarchia ecclesiastica,
viene fissata la dottrina del sacerdozio come ordine sacro, che conferisce carattere indelebile e 1
potestà spirituale, fondamento della struttura della Chiesa.
Il vescovo è chiamato a svolgere compiti di controllo e di modifica della società locale; ciò rende
indispensabile, da 1 lato, il rafforzamento dell’apparato burocratico della curia diocesana (che nei 2
sec. successivi, riceverà, 1 considerevole accrescimento di uffici), dall’altro, il potenziamento di
vecchie figure, come quelle del vicario generale dei vicari foranei.
Il vicario generale, diviene il principale esecutore e, dietro mandato speciale, anche il sostituto del
vescovo; il vicario foraneo, è 1 organo intermedio tra il vescovo e il clero dislocato alla periferia
rurale della diocesi.
Il concilio, inoltre, individua nella celebrazione annuale della visita pastorale, un formidabile
strumento di verifica del funzionamento delle ist. e di controllo della disciplina degli ecclesiastici e
dei fedeli entro il quadro parrocchiale.
Tutta la riforma tridentina è diretta nel trasformare la Chiesa in ist. effettivamente fondata sulle
parrocchie; vengono eretti a tale scopo seminari vescovili x modellare la condotta e la cultura dei
chierici.
Con il Concilio di Trento, il papa diviene , (insieme alla curia), colui a cui spetta la direzione
spirituale e religiosa dei popoli.
3. IL SIST.CAN. TRIDENTINO – 3.1. I TENTATIVI DI RIASSETTO DELLE FONTI.
Sul terreno dottrinale e giuridico, il concilio di Trento, vuole fondare la riforma della Chiesa su testi
sicuri. Nel 1580, Gregorio 13°, approva il testo di 6 collezioni: 1) il Decreto di Graziano; 2) le
Decretali di Gregorio 9°; 3) il Liber Sextus di Bonifacio 8°; 4) le Costituzioni Clementine; 5) le
Extravaganti di Giovanni 23°; 6) le Extravaganti comuni. Questa grande raccolta di fonti, edita a
Roma nel 1582, ricompare sotto il titolo generale di CORPUS IURIS CANONICI; tale opera ha 1
grande importanza, perché da allora in poi, essa vale come testo autentico, x la prassi forense e x
l’insegnamento del dir.
3.2. I MUTAMENTI DI COMPETENZA DEL DIR.CAN.
Il dir.can. tridentino introduce la competenza di 2 società autonome: lo Stato e la Chiesa, distinte in
ragione del loro fine. Il dir.can. delimita la sfera della propria giurisdizione rispetto al dir. statuale,
rivendicando, alla competenza esclusiva della Chiesa, interi settori di vita reale, mentre altri
rimangono assegnati alla competenza esclusiva dello Stato.
3.3. I CARATTERI DISTINTIVI DEL DIR. TRIDENTINO.
Nel concilio di Trento si afferma che il papa abbia la piena potestà di fare leggi
universali,servendosi, se lo ritiene opportuno, del consiglio altrui; può convocare a tale scopo un
consiglio di vescovi x emanare leggi insieme a loro.
Il papa può obbligare la Chiesa ad accettare le leggi canoniche da lui emanate e promulgate a
Roma; lo stesso possono fare, in misura proporzionale, i vescovi (scompare del tutto l’ist. della
recezione o accettazione della legge ecclesiastica da parte del popolo o dei sudditi affermato dal
dir.grazianeo).
La legge diviene unica fonte di dir.can, a danno della consuetudine e del dir. particolare.
La prassi sinodale è regolata da Roma e i rapporti tra chiese locali e S.Sede, si configurano nei
termini di 1 rapporto diretto e verticistico.
4. LA RIFORMA DELLA CURIA ROMANA E LA PRODUZIONE DEL IUS
PONTIFICIUM.
L’impianto della curia romana, da Trento al 1870, si fonda su 3 tipi di organi (le congregazioni,i
tribunali e gli uffici), il cui numero varia di frequente e i cui poteri giurisdizionali non risultano
definiti in modo chiaro, o non vengono praticamente rispettati, al punto da richiedere frequenti
interventi di aggiustamento, il maggior numero dei quali sarà attuato da Benedetto 14°.
Le congregazioni, hanno competenza sulle materie spirituali della chiesa, oppure sulle materie
temporali dello Stato pontificio; ogni congregazione è composta da 3 a 6 cardinali, che si avvalgono
di segretari e consultori. La direzione spetta ad un cardinal perfetto o, in quelle in cui il papa si
riserva la presidenza (S.Ufficio,Concistoriale) a 1 segretario. Cardinali e consultori, possono far
parte contemporaneamente di diverse congregazioni.
L’attribuzione di poteri giudiziari a diverse congregazioni, complica l’attività dei tribunali romani e
produce 1 sistema di multicompeteza che rallenta e danneggia l’attività dell’apparato giudiziario
(ciò provocherà diversi interventi papali, miranti ad assegnare a ciascun tribunale le proprie
competenze).
Gli uffici esecutivi della curia, non subiscono, in questo periodo, grandi mutamenti; si deve cmq
segnalare la creazione della Segreteria dei brevi ai principi, x la corrispondenza ufficiale della curia
romana e del papa con i sovrani, le loro famiglie o con alte personalità.
Mediante la riorganizzazione di Sisto 5°, la curia romana, diviene anche l’organo principale di
produzione del dir.pontificio; gli atti pontifici si dividono in 2 classi: costituzioni e rescritti. La
costituzione è una legge generale della Chiesa, pubblicata in diverse forme o un ordine pontificio
che può essere rivolto anche ad 1 chiesa particolare. Il rescritto, è una disposizione particolare data
su richiesta dell’interessato.
In rapporto alla forma esterna, i documenti pontifici, assumono diversi nomi (bolla, breve,decreti
motuproprio,encicliche,chirografi).
5. LA SECONDA SCOLASTICA E IL SISTEMA DI SUAREZ.
La Spagna nel 16° sec. occupa 1 posizione centrale nei diversi settori culturali; in quello teologico e
giuridico, 1 ruolo speciale è svolto dall’università si Salamanca.
La Scuola Spagnola risulta influenzata da 3 principali filoni culturali: a) la corrente umanistica,
mediata dai domenicani Francisco de Vitoria e Dominigo de Soto, che attuano 1 vasto programma
di modernizzazione del tomismo; b) le dottrine nominaliste di Duns Scoto e Guglielmo d’Ockknam;
c) il neostoicismo rinascimentale .
I principali costruttori del sistema teorico della 2° Scolastica, appartengono ai 2 ordini religiosi dei
dominicani e dei gesuiti.
1) il Vitoria, sostituisce le teorie medievali, della sovranità universale del papato o dell’impero, con
1 concezione universalistica del dir, estesa a tutti popoli, anche a quelli infedeli; nella visione del
Vitoria, Stato e Chiesa appaiono 2 società perfette nel loro ordine, anche se alla chiesa, è riservata
una potestas indirecta sullo Stato.
2) il Soto e il Molina, sviluppano le loro teorie sulla variabilità e storicità del dir.naturale.
3) X Gabriel Vasquez, la legge è essenzialmente il prodotto della ragione.
X Francisco Suarez, elementi essenziali di ogni legge , appaiono l’obbligazione e la volontà di 1
legislatore, a cui far risalire la legge - non a caso intitolerà il suo trattato De legibus ac deo
legislatore.
Quest’ultima espressione, mostra 1 duplice cambiamento rispetto a S.Tommaso. Il 1° (de legibus),
è la riduzione dell’ordine giuridico al complesso delle leggi; ma mentre x Tommaso la lex riflette
l’ordine trascendente dalla natura , x Suarez, la lex si concretizza sempre in precetti promulgati in 1
forma determinata e in 1 comandamento obbligatorio. Il 2° termine ( De legislatore) è il riferimento
alla volontà di tutto il dir.
Suarez introduce la categoria del ius divinum, che comprende tanto il ius naturale ( dir.divino
naturale), quanto il ius positivum (dir. divino rivelato). In posizione subordinata, è posto il ius
humanum ( dir.civ. e statuale), che in S.Tommaso si chiamava lex humana e non si differenziava
dal dir.can.
In Suarez, al gradino + elevato, sono poste le leggi o comandamenti divini interpretati dalla Chiesa;
in 1 posizione inferiore, le leggi del sovrano, che però devono rispettare i principi del dir.divino, del
dir. naturale e di quello delle genti.
6. L’INNESTO DEL DIR.CAN. NELLA TEOLOGIA MORALE.
Con la progressiva separazione della religione dalla politica, si ci chiedeva in quale rapporto poter
configurare le leggi canoniche e civili , e fino a che punto le leggi civili ( specie quelle ingiuste)
dovevano rivestire carattere obbligante x la coscienza.
La risposta dei teologi e dei canonisti a queste problematiche, consiste nell’elaborare 1 nuova
metodologia di analisi, che crea frequenti interazioni tra dir.can. e la teologia morale, e chiamano
quest’ultima ad infiltrarsi nel campo del dir. ogni volta che entra in gioco la legge morale;
dall’integrazione delle 2 discipline, nascono nel 1600, ad opera prevalentemente dei gesuiti, le
INSTITUTIONES MORALES
Le Istitustiones morales, si aprono con 1 sezione sull’agire umano e sulle leggi in generale,
proseguono con le 2 grandi partizioni del Decalogo e dei sacramenti, si chiudono con 1 trattatello
delle censure ecclesiastiche.
7. METODI E SCUOLE CANONISTICHE DEL 600-700.
Nel clima culturale della 2° scolastica, canonisti e civilisti cattolici del 600, tendono a ricercare le
concordanze tra le diverse discipline giuridiche e teologiche.
1) Giovanni Paolo Lancelotti, nelle sue INSTITUTIONE S IURIS CANONICI (1563), tenta di
istituire un parallelismo tra il corpus iuris canonici e civili, facendo corrispondere: a) il Decreto di
Graziano al Digesto; b) le varie raccolte di decretali ai Codici e alle Novelle; c) le sue Istituzioni a
quelle di Giustiniano; in modo da poter mostrare l’identità di struttura e la complementarietà ideale
dei due corpi dell’utrunque ius.
Molti canonisti adotteranno come modello le Ist. del Lancelotti, il quale chiede ma non ottiene, 1
riconoscimento pontificio, che dichiari la sua opera fonte normativa ufficiale
2) Inoltre sulla scia del grande umanista spagnolo Antonio Agustin, che aveva fornito 1 eccezionale
modello x la filologia giuridica nel DE EMENDATIONE GRATIANI e raccolto altre fonti
DESCRIZIONE APPUNTO
Riassunto del testo di Diritto canonico con analisi dei seguenti argomenti: le radici bibliche del diritto (il piano giuridico della Chiesa e del popolo di Israele, il concetto di alleanza acquisita, il diritto ebraico), la fondazione della Chiesa e l’insegnamento cattolico, la Chiesa nascente e il diritto, la formazione della gerarchia ecclesiastica, il rapporto tra la tradizione e la scrittura e le raccolte canonico-liturgiche, la Prassi conciliare.
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