La Seconda Scolastica e il sistema di Suarez
La Spagna nel 16° sec. occupa una posizione centrale nei diversi settori culturali; in quello teologico e giuridico, un ruolo speciale è svolto dall'università di Salamanca. La Scuola Spagnola risulta influenzata da tre principali filoni culturali:
- la corrente umanistica, mediata dai domenicani Francisco de Vitoria e Dominigo de Soto, che attuano un vasto programma di modernizzazione del tomismo;
- le dottrine nominaliste di Duns Scoto e Guglielmo d'Ockknam;
- il neostoicismo rinascimentale.
I principali costruttori del sistema teorico della Seconda Scolastica appartengono ai due ordini religiosi dei domenicani e dei gesuiti. Il Vitoria sostituisce le teorie medievali della sovranità universale del papato o dell'impero con una concezione universalistica del diritto, estesa a tutti i popoli, anche a quelli infedeli. Nella visione del Vitoria, Stato e Chiesa appaiono come due società perfette nel loro ordine.
Anche se alla chiesa, è riservata una potestas indirecta sullo Stato.
Il Soto e il Molina, sviluppano le loro teorie sulla variabilità e storicità del dir. naturale.
X Gabriel Vasquez, la legge è essenzialmente il prodotto della ragione.
X Francisco Suarez, elementi essenziali di ogni legge, appaiono l'obbligazione e la volontà di 1 legislatore, a cui far risalire la legge - non a caso intitolerà il suo trattato De legibus ac de legislatore.
Quest'ultima espressione, mostra 1 duplice cambiamento rispetto a S.Tommaso. Il 1° (de legibus), è la riduzione dell'ordine giuridico al complesso delle leggi; ma mentre x Tommaso la lex riflette l'ordine trascendente dalla natura, x Suarez, la lex si concretizza sempre in precetti promulgati in 1 forma determinata e in 1 comandamento obbligatorio. Il 2° termine (De legislatore) è il riferimento alla volontà di tutto il dir. Suarez introduce la categoria
Del ius divinum, che comprende tanto il ius naturale (dir. divino-naturale), quanto il ius positivum (dir. divino rivelato). In posizione subordinata, è posto il ius humanum (dir. civ. e statuale), che in S.Tommaso si chiamava lex humana e non si differenziava dal dir. can. In Suarez, al gradino più elevato, sono poste le leggi o comandamenti divini interpretati dalla Chiesa; in 1 posizione inferiore, le leggi del sovrano, che però devono rispettare i principi del dir. divino, del dir. naturale e di quello delle genti.
6. L'innesto del dir. can. nella teologia morale. Con la progressiva separazione della religione dalla politica, si ci chiedeva in quale rapporto poter configurare le leggi canoniche e civili, e fino a che punto le leggi civili (specie quelle ingiuste) dovevano rivestire carattere obbligante per la coscienza. La risposta dei teologi e dei canonisti a queste problematiche, consiste nell'elaborare 1 nuova metodologia di analisi, che crea frequenti interazioni tra dir. can.
e la teologia morale, e chiamano quest'ultima ad infiltrarsi nel campo del diritto ogni volta che entra in gioco la legge morale; dall'integrazione delle due discipline, nascono nel 1600, ad opera prevalentemente dei gesuiti, le INSTITUTIONES MORALES. Le Istituzioni morali si aprono con una sezione sull'agire umano e sulle leggi in generale, proseguono con le due grandi partizioni del Decalogo e dei sacramenti, si chiudono con un trattatello delle censure ecclesiastiche. 7. METODI E SCUOLE CANONISTICHE DEL 600-700. Nel clima culturale della seconda scolastica, canonisti e civilisti cattolici del 600 tendono a ricercare le concordanze tra le diverse discipline giuridiche e teologiche. 1) Giovanni Paolo Lancelotti, nelle sue INSTITUTIONE S IURIS CANONICI (1563), tenta di istituire un parallelismo tra il corpus iuris canonici e civili, facendo corrispondere: a) il Decreto di Graziano al Digesto; b) le varie raccolte di decretali ai Codici e alle Novelle; c) le sue Istituzioni a quelle diGiustiniano; in modo da poter mostrare l'identità di struttura e la complementarietà ideale dei due corpi dell'utrunque ius.
Molti canonisti adotteranno come modello le Ist. del Lancelotti, il quale chiede ma non ottiene, 1 riconoscimento pontificio, che dichiari la sua opera fonte normativa ufficiale
Inoltre sulla scia del grande umanista spagnolo Antonio Agustin, che aveva fornito 1 eccezionale modello x la filologia giuridica nel DE EMENDATIONE GRATIANI e raccolto altre fonti canoniche, prendono avvio 3 importanti opere storico-critiche: a) 1 vasta collezione di testi conciliari; b) la prima grande storia delle ist.ecclesiastiche di Thomassin; c) il 1° manuale di dir.candi Doujat.
Accanto ai manuali di ist. e dei commentari, si sviluppa una produzione canonista, definita metodo arbitrario, perché nella trattazione, usa fermarsi solo su determinati punti o capitoli, senza spiegarli tutti singolarmente e senza rispettare l'ordine dei libri e dei.
Titoli delle Decretali di Gregorio IX:
- Contro questa tendenza dispersiva reagisce il gesuita bavarese Pirhing, il cui metodo consiste nel conservare i pilastri fondamentali della divisione delle Decretali (libri e titoli)
- Maestri della 2° canonistica tridentina sono Reiffenstul e Schmalzgruber, che nelle loro opere affermano la suprema autorità legislativa del Papa; sempre al Papa è affidata la potestà episcopale e la risoluzione delle controversie dottrinali.
- Van Espen invece sostiene che:
- il vero capo della Chiesa è Cristo stesso;
- il papa ne è solo il capo ministeriale;
- il primato petrino è il prodotto delle falsificazioni operate dalla Decretalipseuso-isidoriane e della loro recezioni in Graziano;
- il concilio generale rappresenta la Chiesa universale.
- Alle tematiche di Van Espen, si ispireranno i promotori delle riforme ecclesiastiche del 700.
8. L’INTEGRAZIONE STATUTALE DELLE CHIESE E IL DIR. ECCLESIASTICO.
16° al 19° sec, vi è 1 netta regressione della sfera d'influenza del dir.can. che a causa delloscisma luterano (1517) e di quello anglicano (1531), vede sottrarre all'ambito della sua influenza ipaesi scandinavi,l'Inghilterra e una grande parte dell'Impero; anche nei paesi latini, rimasti legatialla Chiesa cattolica, l'applicazione delle norme canoniche, subisce larghe amputazioni da parte delpotere politico; se inizialmente i sovrani accettano il sistema della coordinazione tra i 2 dir, can eciv, successivamente il dir.can. resta fuori dell'ordinamento e può entrarvi solo se ciò aggrada illegislatore.Dal 16° al 18° sec, si segnala il duplice processo dell'integrazione reciproca delle strutture statuali equelle ecclesiastiche e della conflittualità delimitata tra Stati e Impero.Gli stati assoluti in via di formazione, tendono ad incorporare politicamente le ist. ecclesiastichesecolari e ad inquadrarenelle loro circoscrizioni le congregazioni monastiche e gli ordini religiosi; l'affermazione del potere secolare obbliga il papato a riconoscere ai principi un potere sulla Chiesa del territorio, mediante: a) il controllo sulle nomine episcopali e abbaziali; b) i diritti di patronato sui benefici; c) la revisione delle amministrazioni finanziarie degli enti. In tale contesto, il diritto canonico, rappresentato dal papato, deve misurarsi con le forze nazionali, con le quali venire a patti e stipulare una serie di accordi. Dopo la pace di Westfalia, si afferma definitivamente il principio del territorialismo, che lega i sudditi alla confessione religiosa del loro sovrano e si pongono le premesse per la formazione del ius ecclesiasticum, relativo alla Chiesa, ma emanato dallo Stato. Carpzov, nella sua IURISPRUDENTIA ECCLESIASTICA SEU CONCISTORIALIS, oltre a formulare per primo la nozione di ius ecclesiasticum, si fa portavoce della teoria episcopale della Chiesa; egli riconosce allo Stato la capacità.giuridica sulla Chiesa, tuttavia ammette l'autonomia del suo ordinamento, proprio in quanto societas inequalis, cioè gerarchico-episcopale, istituita da Gesù Cristo e provvista di ministeri indipendenti dai fedeli.
Pufendorf e Pfaff elaborano la teoria collegiale. la Chiesa è 1 associazione di eguali, i cui poteri originari, risiedono nella totalità dei fedeli, a cui spetterebbe il dir. di regolare la vita comunitaria, mentre i sacerdoti sarebbero soltanto dei semplici funzionari; proprio x la sua natura egualitaria, la Chiesa è priva di autonomia giuridica e soggetta allo Stato quale società gerarchica e indipendente.
Il principe territoriale funge da summus episcupus x tacito o espresso consenso della comunità.
Thomaius aderisce alla teoria territoriale. Nega alla Chiesa lo statuto di ordinamento separato e la assoggetta, come parte dello Stato, al potere del principe.
9.1. IL GALLICANESIMO.
Con il termine gallicanesimo, si intende quel
Complesso di dottrine e di atteggiamenti politici, che si oppongono, in vario modo, all'autorità del papa nella Francia dell'antico regime e che coinvolgono il clero, il re e l'Università di Parigi; le polemiche maggiori, toccano la forma di governo della Chiesa.
De Dominicis (vescovo di Spalato), nel DE RES PUBLICA CHRISTIANA, sostiene che la costituzione della Chiesa deve essere analoga a quella di una repubblica civile, dove i vescovi rappresentano il senato e il papa gode di poteri esecutivi, senza poter rivendicare sulle singole diocesi un'autorità superiore a quella dei vescovi.
De Marca, nel DE CONCORDANTIA SACERDOTII ET IMPERII, sostiene che le leggi pontificie non obbligano, se non dopo l'accettazione da parte del corpo dei fedeli e del principe come loro rappresentante.
Edmond Richer, nel DE ECCLESIASTICA ET POLITICA POTESTATE LIBELLUS, sostiene che:
- Il potere legislativo appartiene al concilio, quello esecutivo al papa;
- Il potere giudiziario spetta ai vescovi;
- Il potere temporale spetta al re.
L'infallibilità è stata data da Cristo alla Chiesa e non al papa;
le elezioni sono essenziali per la Chiesa;
è legittimo l'appello per abuso, contro i comandi ingiusti (anche quelli del Papa);
Luigi 14°, nel 1663, rompe le relazioni diplomatiche con la S.Sede e occupa Avignone;
nel 1673, scoppia il conflitto sul diritto preteso dal re di percepire le rendite dei benefici vacanti e di nomina ad altri.
Fallito il tentativo di mediazione di Bousset, il re sollecita una dichiarazione da parte dell'assemblea del clero.
Nei 4 articoli gallicani, redatti da Bousset e approvati da 36 vescovi e 38 prelati minori, si afferma:
- il rifiuto della potestà diretta o indiretta del papato negli affari temporali;
- l'accettazione di due principi (contraddittori): la plenitudo potestatis della S.Sede e l'autorità dei concili generali;
- i limiti a cui è soggetta l'autorità papale, il cui esercizio doveva essere moderato dal
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