Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Il diritto vigente nella disciplina di matrimonio e famiglia
Il diritto vigente nella disciplina di matrimonio e famiglia tiene conto di una dupliceprospettiva, interna ed esterna. All'interno della famiglia i coniugi devono essere apostoli reciprocamente e devono essere i primi annunciatori di Cristo ai propri figli, verso l'esterno devono offrire viva testimonianza della santità e della indissolubilità del matrimonio cristiano. Il codice contiene un'ampia parte dedicata al matrimonio sacramento, ma prevede anche disposizioni relative alla famiglia che riguardano profili più attinenti alle competenze della Chiesa.
In relazione ai rapporti tra genitori e figli, mantenendo l'antico primato dell'eguaglianza tra coniugi, pone a carico di entrambi i genitori l'obbligo di formare i figli nella fede cristiana (can. 774); inoltre i genitori hanno il diritto - dovere di educare la prole e hanno il diritto di ricevere un aiuto dalla società civile per provvedere all'educazione.
La Chiesa cattolica riconosce ai genitori il diritto di educare i propri figli secondo i principi della fede cattolica (can. 793). Essi hanno la libertà di scegliere la scuola per i propri figli (can. 797), ma hanno anche il dovere di selezionare una scuola che offra un'educazione cattolica (can. 796). Inoltre, entrambi i genitori hanno l'obbligo di accompagnare i propri figli per ricevere i sacramenti al momento opportuno.
I fedeli laici possono essere chiamati a collaborare con i ministri sacri (chierici) nelle loro funzioni. Per quanto riguarda la funzione profetica, ovvero l'insegnamento, questa appartiene a tutto il popolo di Dio a causa della natura missionaria della Chiesa. Esistono diversi modi in cui i fedeli possono partecipare all'insegnamento: i chierici lo esercitano in modo ufficiale, autentico, autorevole e pubblico, mentre i fedeli laici lo fanno in modo non ufficiale e privato. Tuttavia, ci sono casi in cui i fedeli laici sono chiamati a collaborare.
aldocendi della gerarchia, come si afferma nel can. 759. Si configura una partecipazione dellaicato all'insegnamento pubblico della Rivelazione divina, ad esempio il can. 766 dispone che i fedeli laici possono in certe circostanze predicare in una chiesa o in un oratorio, escludendo l'omelia che è riservata ai chierici. Invece il can. 776 afferma che la formazione catechetica è funzione del parroco ma può farsi aiutare anche dai fedeli laici, in particolare dai catechisti che sono chiamati in modo speciale alla prima predicazione del cristianesimo ai non cristiani (can. 784). Un altro caso si ha nelle associazioni pubbliche di fedeli con lo scopo di insegnare la dottrina cristiana (can. 301), poiché queste associazioni possono essere presiedute da laici (can. 317) ma hanno finalità che si connettono con il docendi della gerarchia, quindi sono di diritto pubblico, vengono costituite dalla competente missio autorità e ricevono la per i.fini che si propongono di conseguire. Una modalità di insegnamento della gerarchia è l'insegnamento scientifico o dottorale di scienza sacra e secondo il can. 229 anche i laici idonei possono insegnare le scienze sacre. La funzione di munus sanctificandi, santificare gli uomini ( ), per renderli partecipi della santità di Cristo, è partecipata da ogni fedele in virtù del sacerdozio comune; una speciale funzione di santificazione (es. celebrazione dei sacramenti) spetta solo ai chierici. Questa funzione si trova nel can. 835 in cui sono precisate le varie funzioni che spettano alla gerarchia, in particolare ai Vescovi, ai presbiteri e ai diaconi, e poi è distinta la particolare forma in cui tutti i fedeli partecipano a questa funzione. Il diritto canonico prevede anche casi in cui i fedeli comuni possono cooperare alla funzione di santificare propria della gerarchia. Il can. 230 dispone ad esempio che i laici di sesso maschile, con l'età.e le doti giuste, possono essere stabilmente assunti, mediante rito liturgico, ai ministeri di lettori e di accoliti, cioè dei ministeri istituiti (ufficialmente determinati per speciali compiti e mansioni) distinti dai ministeri di fatto (categoria aperta di servizi alla comunità ecclesiale). Lo stesso canone permette ai laici di svolgere temporaneamente delle funzioni come lettore, commentatore o cantore, nonché, in caso di mancanza di chierici, di svolgere uffici non richiedenti l'ordine sacro. I laici possono inoltre assistere alla celebrazione del matrimonio e amministrare alcuni sacramentali. Più complessa la cooperazione dei laici alla funzione regale o di munus regendi (governo della Chiesa). Nel can. 129 troviamo che sono abili alla potestà di governo (nella Chiesa per istituzione divina) coloro che hanno ricevuto l'ordine sacro, cioè i chierici, aggiungendo che i fedeli possono cooperare a norma del diritto. A questa disposizioneOccorre aggiungere il can.228 secondo cui i laici che risultano idonei sono giuridicamente abili ad essere assunti in quegli uffici ecclesiastici secondo le disposizioni del diritto.
Poi sulla base del can. 145, l'ufficio ecclesiastico è qualunque incarico, costituito per disposizione sia di diritto divino sia di diritto umano, da esercitarsi per un fine spirituale.
Nel diritto canonico vigente gli uffici ecclesiastici non sono riservati ai chierici ma possono essere conferiti anche ai laici, dunque tra gli uffici si devono distinguere quelli strettamente clericali e quelli meramente laicali per i quali non è richiesto l'ordine sacro.
Esistono casi nei quali il diritto canonico configura la possibilità di conferire ai laici uffici ecclesiastici che comportano la titolarità della potestas regiminis, sia nell'ambito amministrativo che in quello giudiziario. Ad esempio nell'ambito amministrativo.
La partecipazione dei laici ai consigli pastorali (can. 512), ai consigli per gli affari economici (can. 492) e ai consigli in genere (can. 228); nell'ambito giudiziario i laici possono essere assunti all'ufficio di giudice (can. 1421) così come possono svolgere l'ufficio di assessore (can. 1424). Non è facile quindi comprendere il canone 274 secondo il quale solo i chierici possono ottenere uffici il cui esercizio richieda la potestà di ordine o la potestà di governo, perché sembra contraddire le altre disposizioni. Per risolvere questo problema la dottrina ha trovato varie soluzioni. Secondo alcuni solo i chierici avrebbero un'abilità permanente alla potestas regiminis e i laici possono solo collaborare con i chierici titolari. Secondo altri nella Chiesa esiste una duplice giurisdizione: una sacramentale e l'altra non sacramentale, detta ecclesiale, che potrebbe essere conferita anche a chi non ha l'ordine sacro.
Altri ancora in sacrissostengono che solo gli ordinati avrebbero una pretesa giuridicamente tutelatanell'ordinamento ad ottenere uffici ecclesiastici e i laici di conseguenza potrebbero ottenereuffici ecclesiastici con tale potestà senza che ciò risponda ad un preciso diritto. Si potrebbepiù semplicemente dire che in via generale gli uffici ecclesiastici che comportano eserciziodella potestà di governo sono riservati ai soli chierici, fatta eccezione per i casi in cui il dirittoammette anche i fedeli laici. In questi casi si tratta di una potestà di governo per il cuiesercizio non è necessaria la sussistenza del presupposto dell'ordine sacro. In conclusionepossiamo dire che la cooperazione dei fedeli laici alle funzioni dei ministri sacri possonoessere considerate come forme di supplenza. Le associazioni di fedeli Con il diritto di libertà di associazione riconosciuto dal can. 215, il codice detta un'ampiadisciplina alFenomeno associativo nella Chiesa. In particolare nei canoni 298-299 è sancito il diritto dei fedeli di formare associazioni con fini di pietà, culto, apostolato, carità, che possono essere erette dalla competente autorità ecclesiastica.
Il codice distingue due tipi di associazioni:
- Associazioni private: sono costituite per iniziativa dei fedeli (can. 299)
- Associazioni pubbliche: costituite direttamente dall'autorità ecclesiastica o aventi lo scopo di insegnare la dottrina cristiana in nome della Chiesa, di incrementare il culto pubblico (can. 301).
Questa distinzione si ricollega alla più generale distinzione operata dal codice canonico tra persone giuridiche private e pubbliche (can. 116), le persone giuridiche private nascono per libera iniziativa dei fedeli e agiscono in nome propria per il perseguimento delle finalità proprie della Chiesa, le persone giuridiche pubbliche sono costituite dall'autorità competente.
agiscono in nome di questa, esercitando f. autoritative. Questa distinzione si riflette sul regime giuridico delle associazioni, in particolare i beni appartenenti alle persone bona ecclesiastica giuridiche pubbliche entrano a comporre il patrimonio ecclesiastico ( ).
Tra le disposizioni di carattere generale troviamo la necessità di avere il consenso da parte della competente autorità per poter dire che l'associazione è cattolica (can. 300); la necessità di avere propri statuti, propria denominazione e prevedere le modalità di iscrizione e dimissione dei soci (can. 305). Le associazioni senza personalità giuridica possono possedere beni con l'effetto di far sorgere diritti in capo ai consociati intesi come comproprietari (can. 310). Alle associazioni di fedeli laici si applicano anche alcune norme speciali, in particolare è incoraggiata la loro costituzione per il perseguimento di fini spirituali. In altre parole
Il diritto positivo viene a favorire la formazione di quelle associazioni che rispondono alla funzione dei fedeli laici nel mondo e che si ispirano al Concilio Vaticano II, secondo cui esistono azioni che i fedeli compiono individualmente in nome proprio e azioni che compiono in nome della Chiesa in comunione con i loro pastori. Coloro che presiedono a queste associazioni devono favorire la cooperazione con altre associazioni affinché siano di aiuto alle opere cristiane (can. 328). Soprattutto i responsabili devono curare la formazione dei consociati, non solo una formazione cristiana e generale in relazione alle finalità dell'associazione ma anche una preparazione professionale specifica sulle attività dell'associazione (il cosiddetto volontariato). Possiamo dire che il canone 215 positivizza un diritto naturale proprio di ogni uomo, ma sarebbe riduttivo poiché se è vero che il diritto di associazione non è mai fine a sé stesso, ma
Trova riconoscimento e disciplina nella misura in cui l'associazione persegue le finalità, ciò è ta