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Conseguenze giuridico-soggettive del principio costituzionale di varietà

Il principio di varietà evidenzia (movendo dalla condizione comune del fedele, diverse modalità nell'agire del cristiano; è lo Spirito Santo a condurre i fedeli attraverso distinti cammini di spiritualità. Il Concilio Vaticano II ha proposto tale principio nei seguenti termini "la santa Chiesa, per divina istituzione, organizzata e diretta con mirabile varietà".

La dimensione giuridica del principio di varietà si manifesta, innanzitutto, nei diritti fondamentali che tutelano la libertà e l'iniziativa dei fedeli, per la costituzione del fine della Chiesa, rendendo così possibile il legittimo pluralismo.

La Chiesa è un popolo sacerdotale, nel quale tutti i fedeli partecipano al sacerdozio cristiano; tuttavia anche in questo aspetto si manifesta il principio di varietà, poiché vi sono 2 modi di prendere.

Parte al sacerdozio: il sacerdozio comune di tutti i fedeli battezzati e il sacerdozio ministeriale, al quale si partecipa attraverso la recezione del sacramento dell'ordine. I fedeli che hanno ricevuto il sacramento dell'ordine, sono chiamati sacri ministri o chierici; viceversa i fedeli non ordinati si chiamano laici. Esistono 3 gradi del sacramento dell'ordine: il diaconato, il presbiterato e l'episcopato; pertanto i ministri sacri o chierici, si suddividono in diaconi, presbiteri e vescovi. Il Codice contrappone da un punto di vista terminologico i chierici o i ministri sacri ai laici, pertanto i laici dal punto di vista terminologico, sarebbero i fedeli non ordinati; tuttavia si precisa che la vita consacrata, può essere seguita tanto dai chierici o ministri sacri, tanto dai laici. Sino al Concilio Vaticano II, si affermava, che nella Chiesa esistevano 3 stati fondamentali: i chierici, i religiosi e i laici, ciascuno di essi definito da specifici diritti e doveri.

Dopo il Concilio Vaticano II, tale concezione per stati deve essere considerata superata poiché incompatibile con una visione unitaria della comune condizione del fedele. Ne è derivata la proposta di Fornés, di abbandonare la nozione di status e di sostituirla con quella di condizione giuridica. Non sono mancati tuttavia canonisti, che hanno proposto di conservare il termine status, attribuendo ad esso un significato più flessibile, compatibile con l'idea di una comune condizione (quella di fedele), il cui contenuto giuridico, sarebbe rappresentato dai dir. e dai doveri fondamentali; proprio quest'ultima condizione è predominante nella terminologia del nuovo Codice. 27. SACERDOZIO E GOVERNO ECCLESIASTICO: PRERCEDENTI. A) IMPOSTAZIONE. Un altro grande tema del dir. costituzionale canonico, da porre accanto ai dir. dei fedeli, è rappresentato dal fondamento del potere della Chiesa. In realtà entrambi tali temi, sono 2 facce della stessa

moneta: la Chiesa infatti è una società dotata di organi gerarchici, perché è strutturata organicamente al servizio della dignità e della libertà che rappresentano la condizione del popolo di Dio. 12B) LE FUNZIONI GERARCHICHE NELLA STORIA: POTESTÀ DI ORDINE E POTESTÀ DI GIURISDIZIONE.

Esistono 2 modi di partecipare al sacerdozio di Cristo: il sacerdozio comune e quello ministeriale; ad entrambi si partecipa per via sacramentale (poiché il sacerdozio comune dei fedeli si riceve con il sacramento del battesimo e quello ministeriale attraverso il sacramento dell'ordine).

Questa distinzione, ha indotto numerosi teologi a denominare sacra gerarchia l'insieme delle persone ordinate, vale a dire i ministri sacri, ciò induce ad affermare che colo che fanno parte della sacra gerarchia, godono della sacra potestà.

I vescovi e i presbiteri, ricevono attraverso il sacramento dell'ordine la facoltà di

compiere segni sacramentali; la facoltà di realizzare segni sacramentali efficaci può essere chiamata potere. I vescovi, hanno maggiori poteri sacramentali dei presbiteri, anche se gli uni e gli altri partecipano al sacerdozio ministeriale. Quanto ai diaconi, che ricevono il sacramento dell'ordine, non hanno poteri sacramentali in senso stretto, ma sono ordinati, per il compimento dei ministeri intimamente connessi con la vita sacramentale della Chiesa. Facendo riferimento ai primi secoli della vita della Chiesa, la sacra gerarchia, costituita dai vescovi, dai presbiteri e dai diaconi, aveva (oltre alle funzioni connesse con i sacramenti), un compito decisivo nella struttura gerarchica di ciascuna delle comunità locali cristiane, governate appunto dal vescovo con la collaborazione dei presbiteri e dei diaconi; la distinzione fra la funzione di indole ontologico-sacramentale e la funzione di governo, neppure si poneva. Tuttavia già nel primo millennio, è

Dato osservare fatti che fanno comprendere la distinzione tra le funzioni ontologico-sacramentali e quelle di governo delle comunità cristiane: nel Decreto di Graziano si distingue la potestà di amministrare le cose spirituali dalla potestà di reggere, governare, comandare; la distinzione è ancora più nitida in dei testi del 1180 e dei primi decenni del XIII sec. Ciò dimostra che la più antica scienza canonica, conobbe la bipartizione di potestà, che sarà usuale per secoli fra i canonisti e che sarà raccolta nel Codice del 1917: e cioè la potestà di ordine (che abilita alla formazione e alla bipartizione dei sacramenti e che si trasmette attraverso l’ordinazione) e la potestà di giurisdizione o potestà di governare la società ecclesiastica, (che è conferita mediante la missione canonica).

C) LA BIPARTIZIONE DELLE POTESTÀ NELL’ETA’ MODERNA: PROTESTANTESIMO E

CONTRORIFORMA CATTOLICA. La distinzione fra potestà di ordine e di giurisdizione, provocò posizioni incompatibili con la fede della Chiesa. In effetti, alcune tendenze antigiuridiciste (specialmente dopo la redazione del Defensor pacis di Marsilio da Padova) separarono del tutto queste 2 potestà. Per Marsilio da Padova, solo la potestà di ordine spettava alla Chiesa, mentre quella di giurisdizione era una funzione di governo che spettava ai laici; Marsilio quindi considerava ecclesiastica, soltanto quella d'ordine. Anche il protestantesimo negava l'esistenza della potestà ecclesiastica di giurisdizione. Inoltre, la teologia dei riformatori, conteneva la negazione della potestà d'ordine. Il Concilio di Trento, riaffermò la distinzione tra sacerdozio comune e sacerdozio ministeriale e, conseguentemente, l'esistenza della potestà di ordine; mentre i teologi e i canonisti dell'epoca (specialmente da RobertoBellermino in poi) difesero l'esistenza della potestà ecclesiastica di giurisdizione. Successivamente la Chiesa, nel momento in cui entrò in vigore il Codice del 1917, era concepita come una società, nettamente differenziata dalla società civile, le cui funzioni direttive, erano esercitate quasi esclusivamente dai presbiteri e dai vescovi, che hanno ricevuto sacramentalmente la potestà di ordine e - mediante la missione canonica - possono ricevere la potestà di giurisdizione. D) POSIZIONI DOTTRINALI POSTERIORI AL CODICE DEL 1917. Del Giudice e De Bernardis, considerarono la potestà di giurisdizione, come il dato fondamentale per la comprensione del sistema del dir. canonico, essendo in questa fondata la spiegazione dell'efficacia delle norme di dir. umano e della canonizzazione delle norme di dir. divino. 13 Diametralmente opposta, è invece la posizione di Klaus Morsdorf, volta a sottolineare la radicale unità.della potestà sacra, fondata nell'unione fra potestà di ordine e potestà di giurisdizione. E) LE DISCUSSIONI SUI LAICI. Non erano infrequenti nella disciplina canonica tradizionale, gli es. di incarichi amministrativi e di governo nella Chiesa eseguiti da laici, cioè da fedeli cristiani che non avevano ricevuto né gli ordini minori o maggiori né la tonsura. Talvolta si trattava di incarichi, di indubitabile importanza nel piano dell'organizzazione ecclesiastica, dell'applicazione del dir: (funzione giudiziaria) o dell'amministrazione del patrimonio della Chiesa. Invece (per ragioni fondamentali di indole costituzionale) non potevano essere esercitati dai laici, le funzioni principali di una chiesa particolare (tale incarico era riservato ai vescovi) o gli uffici che, comportando la cura delle anime dei fedeli, possono essere svolti solamente se il loro titolare esercita le facoltà nel piano ontologico-sacramentale.conferito dal sacramento dell'ordine. La linea disciplinare culminante nel Codice del 1917 riservò al clero tutti gli uffici ecclesiastici e concepì il laicato in una posizione passiva, con la conseguente clericalizzazione della struttura gerarchica della Chiesa-società. La rettifica di tale impostazione fu portata a compimento dal Concilio Vaticano II e dal codice del 1983, con l'affermazione del principio costituzionale dell'uguaglianza radicale e con la proclamazione dei diritti fondamentali del fedele. Su un piano più strettamente dottrinale, il tema dei laici fu considerato con attenzione da parte dei teologi. Congar elaborò la sua teoria del laicato distinguendo la Chiesa-istituzione dalla Chiesa-comunità, con due principi organizzativi - istituzionale e comunitario - il secondo dei quali avrebbe giustificato la funzione del laico nella Chiesa. Da parte sua K. Rahner muove dalla distinzione fra potestà di ordine e

potestà di giurisdizione ed afferma che il concetto di chierico, non può essere fondato sul modo di trasmettere la potestà, ma sul contenuto del potere conferito. Egli propose un’ampissima nozione teologica di clero, nella quale, restava incluso ogni cristiano che giuridicamente fosse in possesso di qualche potere liturgico o giuridico non incluso nei dir. fondamentali propri di ogni battezzato. Tali posizioni furono criticate da Morsdorf, in quanto la prima, implicava una rottura arbitraria delle nozioni di istituzione e di comunità, dimenticando che la Chiesa è per l’appunto una comunità. Nella tesi di Rahner, invece, Morsdorf vedeva una conseguenza dell’eccessiva separazione tra potestà di ordine e potestà di giurisdizione.

28. LA DOTTRINA DEL CONCILIO VATICANO II SUL SACERDOZIO E SUL POTERE DELLA CHIESA.

La cost. Lumen Gentium, sostiene che tutti i fedeli partecipano al sacerdozio di Cristo, ma precisa anche che tra il

Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico, esiste una distinzione essenziale e non solo di grado. Questo stesso documento, s

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A.A. 2011-2012
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SSD Scienze giuridiche IUS/11 Diritto canonico e diritto ecclesiastico

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher trick-master di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Canonico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Lo Castro Gaetano.