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CAPITOLO TERZO - IL PROCESSO CANONICO PER LA DICHIARAZIONE DI NULLITÀ DEL MATRIMONIO
L'organizzazione dell'attività giudiziaria nella Chiesa
Dopo aver esaminato il regime delle nullità matrimoniali, dobbiamo trattare degli organi giurisdizionali che danno attuazione a tale regime: anche nell'ordinamento canonico, infatti, occorre la pronuncia di un tribunale per decretare la nullità di un sacramento importante come il matrimonio e per risolvere qualsiasi controversia. Analizziamo il sistema giudiziario della Chiesa, partendo dal presupposto che all'interno dell'ordinamento canonico non esiste la divisione dei poteri, come invece avviene negli ordinamenti civili: ciò significa che il potere legislativo, giudiziario ed esecutivo sono concentrati, per la Chiesa universale, nelle mani del Romano Pontefice, mentre per le Chiese particolari (comunità di fedeli in un determinato territorio) tali competenze appartengono ai Vescovi.
Per gestire in maniera più consona l'attività giudiziaria, i Vescovi, così come il Romano pontefice, affidano l'amministrazione della giustizia a degli organi "vicari", che operano in nome e per conto di chi detiene la potestà (Papa e Vescovi). Presso ogni diocesi, presieduta da un Vescovo, vi è un tribunale diocesano, competente in primo grado e presieduto dal vicario giudiziale, nominato dal Vescovo. In appello, invece, è competente il tribunale metropolita, il quale fa capo all'arcidiocesi, presieduta dall'arcivescovo, una figura a metà strada tra i Vescovi ed il Romano Pontefice. In terzo ed ultimo grado, invece, è competente la Romana Rota, tribunale a cui il potere giudiziario è demandato direttamente dalla Santa Sede, il quale può fungere anche da organo di appello, qualora, dopo la sentenza del tribunale di prima istanza, le parti si appellino direttamente ad esso. I tribunaligiurisdizione della Sacra Rota Romana, che è il tribunale supremo della Chiesa cattolica per le questioni matrimoniali. La Sacra Rota Romana è composta da cardinali e giudici esperti in diritto canonico. Ogni tribunale regionale è presieduto da un vescovo o da un sacerdote esperto in diritto canonico, chiamato vicario giudiziale. Questi tribunali sono responsabili di gestire i casi di nullità matrimoniale, che sono le richieste di annullamento di un matrimonio religioso. La procedura per ottenere una dichiarazione di nullità matrimoniale prevede l'avvio di un processo canonico, in cui vengono raccolte prove e testimonianze per valutare se il matrimonio è stato valido o meno secondo le leggi della Chiesa cattolica. Una volta che il tribunale regionale emette una sentenza, le parti coinvolte hanno il diritto di appellarsi alla Sacra Rota Romana. È importante sottolineare che la nullità matrimoniale non è la stessa cosa del divorzio. La Chiesa cattolica non riconosce il divorzio, ma può dichiarare la nullità di un matrimonio se si dimostra che non è stato valido fin dall'inizio. In conclusione, l'organizzazione dei tribunali ecclesiastici italiani prevede l'esistenza di tribunali regionali competenti in primo grado e un tribunale di appello per ogni regione ecclesiastica. Questi tribunali sono responsabili di gestire i casi di nullità matrimoniale secondo le leggi della Chiesa cattolica.La sovrintendenza del Vescovo della diocesi del luogo (definito come moderatore) e sono presieduti da un vicario giudiziale (o officiale) nominato, insieme ai giudici, dalla Conferenza episcopale regionale, per un periodo di 5 anni. Tra i giudici può figurare anche un membro laico. Oltre ai giudici, all'interno del tribunale, operano il promotore di giustizia, il quale interviene nelle cause penali e comunque quando sia in pericolo il bene pubblico, ed il difensore del vincolo, che intervengono nelle cause matrimoniali: entrambi svolgono il ruolo che il pubblico ministero (l'accusa) svolge nell'ordinamento civile.
Il tribunale della Rota Romana
Un cenno particolare merita il tribunale della Sacra Rota Romana, poi ribattezzato Rota Romana da Papa Giovanni Paolo II. Questo illustre tribunale venne istituito nel XII secolo e col passare del tempo assunse un'importanza vitale, tale da far assumere rilevanza alle proprie decisioni anche nei confronti dei tribunali dei principati.
Nel XIX secolo, però, cominciò una fase di decadenza, che culminò nell'abolizione dello Statopontificio del 1870, sino ad essere ripristinato nel primo ventennio del XX secolo. Il termine Rota, secondo la versione più accreditata, proviene da un particolare scaffale in cui venivano riposti gli atti dei procedimenti giudiziari, scaffale circolare montato su ruote, da cui gli uditore potevano prendere i documenti necessari senza alzarsi dal proprio posto, semplicemente facendolo ruotare. Il tribunale è composto da 20 prelati, definiti come uditori, nominati dal Pontefice e provenienti da diverse nazioni, presieduti dal "decano", normalmente il più anziano tra i giudici. La Rota giudica in collegi (o turni) di tre uditori con un particolare sistema di rotazione: ogni turno vede partecipi due uditori del precedente collegio ed uno diverso, più giovane, in quanto si procede dai più anziani sino ad arrivare ai più giovani.giovani, ovviamente ricominciando la rotazione una volta terminati i 20 prelati.
La Rota, come abbiamo specificato, funge da tribunale di seconda istanza ma, più spesso, da tribunale di terza istanza, qualora non vi sia accordo tra le due precedenti pronunce. Esso non svolge un giudizio di illegittimità, ma entra nel merito della faccenda.
Il processo di nullità del matrimonio. Principi generali
Il procedimento giudiziario previsto per le cause matrimoniali è quello del "giudizio contenzioso ordinario", applicabile a qualsivoglia controversia e disciplinato nel Libro VII del codice canonico. Per le cause matrimoniali, tuttavia, sono previste delle regole particolari, trattate appositamente in un diverso capitolo.
Questo sistema, però, ha provocato notevoli difficoltà per i giudici, i quali dovevano prendere in considerazione una disciplina generale ed integrarla con regole particolari: per tal motivo venne promulgato, nel 2005, un testo
Normativo riassumente tutte le norme in materia e le inclinazioni dei tribunali, oltre che le direttive pontificie in materia, denominato Dignitas connubii, che molti si aspettavano come innovatore, ma che ha assunto il ruolo di semplice raccolta per facilitare l'opera dei giudici. Esso non si applica, tra l'altro, ai procedimenti dinanzi alla Romana Rota. Nel processo, inoltre, il fine ultimo deve essere l'accertamento della verità, sempre e comunque, perché la causa matrimoniale specifica, riguardando un sacramento importante come il matrimonio, riguarda anche un pubblico interesse.
La legittimazione ad agire
Legittimati attivamente all'impugnazione del matrimonio per farne dichiarare la nullità sono, ovviamente, i coniugi, siano essi battezzati o meno, colpevoli della nullità o meno, i quali potranno partecipare al giudizio. Solo la persona priva dell'uso di ragione potrà essere rappresentata da un curatore, designato dal tribunale.
Nessun altro soggetto è legittimato a promuovere il giudizio, se non il "promotore di giustizia", il quale rappresenta il bene pubblico e può agire nel momento in cui l'elemento invalidante il matrimonio ha assunto, tra i fedeli, un'importanza elevata ed un'elevata conoscenza. La competenza del tribunale Il coniuge che intende far accertare la nullità del matrimonio deve presentare un ricorso, definito come "libello", al tribunale di prima istanza, designato dallo stesso attore, ma tenuto conto di alcune regole di competenza. Primo criterio è quello inerente il luogo in cui è stato celebrato il matrimonio. Secondo criterio è quello inerente il luogo in cui la parte convenuta ha il domicilio, che si acquista con la residenza in un luogo per rimanervi senza limiti di tempo o con l'effettiva permanenza in un luogo per almeno 5 anni, o in cui ha il quasi-domicilio, che si acquista con la permanenza in un luogo.Per almeno 3 mesi o con l'intenzione di rimanervi per lo stesso periodo di tempo. I primi due criteri sono definiti come ordinari o comuni. Il terzo criterio, riguardante le sole cause matrimoniali, riguarda il luogo in cui la parte attrice ha il domicilio: in tal caso, però, occorre che entrambi i coniugi risiedano nel territorio della stessa conferenza episcopale nazionale ed occorre il consenso del vicario giudiziale del luogo in cui la parte convenuta ha il domicilio.
Il quarto criterio riguarda il luogo in cui si debba procedere al raccoglimento della maggior parte delle prove: anche la possibilità di far ricorso a questo criterio, però, è subordinata al consenso del vicario del luogo in cui ha il domicilio la parte convenuta. Il terzo ed il quarto criterio sono definiti come "criteri di competenza speciale".
L'ultimo criterio è un criterio eccezionale, riguardante i capi di Stato e di governo: le proprie cause finiranno
direttamente dinanzi alla Rota Romana. L'introduzione della causa Il libello consegnato al tribunale dall'attore, ossia dal coniuge che intende promuovere la causa di nullità del matrimonio, deve contenere gli elementi giuridici e di fatto per cui è richiesta la nullità, nonché un'indicazione sommaria delle prove. Normalmente l'attore è assistito da un avvocato abilitato a patrocinare dinanzi ai tribunali ecclesiastici, ossia in possesso del diploma di avvocato rotale o comunque in possesso del dottorato di diritto canonico conseguito presso un'università pontificia. Alla presentazione del libello segue la nomina, da parte del vicario giudiziale, del collegio giudicante, composto da tre uditori. Il preside del collegio svolge un giudizio di ammissibilità della causa dinanzi al tribunale, verificando la legittimità ad agire, la competenza del tribunale e che vi sia un fondamento: in base a ciò respinge oAmmette (con decreto) il libello. Nel primo caso il decreto di reiezione può essere impugnato entro dieci giorni. Nel secondo caso, il decreto di ammissione deve essere comunicato all'attore, al difensore del vincolo e notificato alla parte convenuta.
La contestazione della lite e concordanza del dubbio
Dopo il decreto di ammissione, si procede alla "contestazione della lite", con la quale si definisce l'oggetto della causa. Nel decreto di citazione il preside del collegio deve inserire la cosiddetta "formula del dubbio" desunta dal libello, ossia il motivo di nullità su cui si intende impostare la causa: entro 15 giorni le parti o il difensore del vincolo potranno richiedere la fissazione di un'udienza per opporre una modifica della formula, la cui fissazione avverrà all'interno dell'udienza stessa. Qualora non fosse richiesta alcuna udienza, il preside procederà d'ufficio a fissare la formula del dubbio.
all'interno del decreto di formulazione. Con la contestazione della lite si chiude la fase introduttiva della causa. L'istruzione della causa. Vero artefice della fase istruttoria.