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17.03.2014
ASSETTI PROPRIETARI BANCA D'ITALIA
Dal punto di vista degli assetti non cambia molto dalla legge 36-38 al TUB. Vengono infatti fatte salve
tutte le norme riguardanti gli assetti proprietari della BI. L'organizzazione e la proprietà non cambiano.
In particolare stiamo parlando dell'art.161 della legge 12 marzo 1936. Non cambiano le norme ma
cambia il contesto. Le competenze in materia di politica monetaria ora non sono più della BI ma della
BCE. Inoltre dagli anni 90 in Italia inizia un processo di privatizzazione del sistema bancario, non solo
da parte del TUB ma anche da parte di differenti provvedimenti legislativi incentivando le banche enti
pubblici a trasformarsi in SPA. Inoltre molte banche privatizzate si aggregano tra loro. Quindi quei
soggetti che la legge 36-38 erano indicati come enti di diritto pubblico si erano trasformati in SPA di
diritto privato. Se si guarda agli attuali assetti della BI si vedrà che la maggior parte delle
partecipazioni fanno capo a casse di risparmio, gli unici due soggetti che hanno mantenuto il profilo
pubblicistico sono INPS e INAIL, quindi gli istituti di previdenza. Bisogna distinguere però la natura
pubblica dell'ente dalla natura privata delle società che partecipano. Nei primi anni 2000 si scatena un
dibattito relativo alla BI conseguente a due scandali societari: l'offerta pubblica di acquisto sulla Banca
Antoniana Veneta e Banca Nazionale del Lavoro. Si parla di società con azioni quotate e l'acquisto del
controllo non può avvenire in modalità private, l'offerta dell'acquisto della maggioranza delle quote
partecipative deve avvenire secondo modalità vigilate (Consob) e secondo presupposti che
l'acquirente deve presentare. Questa procedura si chiama appunto offerta pubblica d'acquisto. Le due
banche sono oggetto di attenzione da parte di una banca olandese ABN, e del banco spagnolo. I due
soggetti lanciano 2 offerte pubbliche d'acquisto. Ci furono tentativi di contrasto da parte di gruppi
italiani. I soggetti che cercarono di opporsi però lo fecero attraverso concertazioni che non furono rese
pubbliche al mercato alterando una sana competizione anche con profili penali. Questi due soggetti
erano la Banca Popolare di Lodi (Fiorani) e Unipol. L’opacità di queste controfferte venne in realtà
manifestata da parte della Consob. La BI invece fu compiacente con questa gestione, all'epoca la BI
era autorità di vigilanza competente in materia bancaria. Dopo questi scandali quindi si ricomincia a
parlare dell'anomalia delle competenze e della struttura della BI. Si arrivò quindi ad un intervento
legislativo sulla onda dell'urgenza: legge di tutela sul risparmio del 2005. Venne introdotto l'art.19
della predetta legge, che al comma 10 che detta una disciplina di rimando delegando anche al limite
della legittimità costituzionale. L’anomalia più grande è che la norma non detta alcun limite. la BI di
fronte a questa ambiguità detta una disciplina transitoria nel proprio statuto prevedendo che gli assetti
partecipativi avrebbero dovuto essere strutturati in modo da garantire autonomia, indipendenza ed
equilibrata distribuzione della quote, inoltre nelle more di attuazione del regolamento, le quote
partecipative di BI potessero essere trasferite soltanto ad enti pubblici o società controllate da enti
pubblici oppure ancora le fondazioni di origine bancaria (soggetti di diritto privato che sono il risultato
della privatizzazione delle casse di risparmio). Questo regolamento dell'art. 19 della legge del 2005
rimane inattuato per diverse ragioni. Vi sono grossi problemi di interpretazione della norma soprattutto
in relazione al calcolo del valore delle quote di BI. Non ci fu rivalutazione monetaria. Anche con
l'avvento dell'euro si ebbe una semplice conversione.
In una SPA l'influenza dei soci si manifesta principalmente nel diritto di voto per l'elezione degli
amministratori e nei conferimenti. In cambio di questi elementi il socio percepisce un utile, ma nella BI
non funziona così:
1. Gli associati non sono direttamente coinvolti nella scelta dei vertici a cui poi competono le
funzioni di vigilanza (governatore BI e direttorio)
2. Il 20% degli utili netti dovesse essere imputato a riserva statutaria, un altro 20% poteva
essere imputato a riserva statutaria di tipo straordinario e ai soci poteva essere destinato
una percentuale non superiore al 10% del capitale sociale, tutto il resto degli utili netti viene
destinata allo stato.
Da questo comprendiamo come una struttura di questo tipo non possa essere contaminato da conflitto
d'interessi. Dal 2005 al 2013 nessuno sollevo più il problema degli assetti proprietari di BI. Ora si
provvede con la legge 5/2014. Sono dedicati alla BI il titolo II e in particolare l'art.4 relativo al capitale,