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La sentenza della Corte Costituzionale sulla illegittimità costituzionale degli articoli 2, comma 2, e 3, comma 7, della legge del 1992, n. 210
La Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli articoli 2, comma 2, e 3, comma 7, della legge del 1992, n. 210. Questi articoli riguardano l'indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze irreversibili a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed esomministrazione di emoderivati.
La Corte ha stabilito che questi articoli escludono il diritto a un equo indennizzo a carico dello Stato per le menomazioni riportate a causa di vaccinazione obbligatoria antipoliomielitica, nel periodo compreso tra il manifestarsi dell'evento prima dell'entrata in vigore della legge e l'ottenimento della prestazione determinata dalla stessa legge. Questo diritto è escluso anche per coloro che hanno prestato assistenza personale diretta ai soggetti danneggiati.
La sentenza è stata emessa il 16 luglio 1999 con il numero 309.
assistita del servizio sanitario nazionale nei confronti dell'Unità sanitaria locale n. 11 di Venezia, avente ad oggetto il rimborso delle spese per prestazioni sanitarie sostenute all'estero (Stati Uniti d'America) a seguito di grave patologia che ne aveva determinato il ricovero d'urgenza in ospedale, il Pretore di Venezia, con ordinanza, ha sollevato, in riferimento agli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'articolo 37 della legge del 1978, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale) e del d.P.R. del 1980, n. 618 (Assistenza sanitaria ai cittadini italiani all'estero), nella parte in cui non prevedono alcuna forma di assistenza per i cittadini italiani che si trovino all'estero per motivi diversi dal retelavoro o dallo studio (dalla fruizione di borse di studio). La violazione degli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione, ad avviso del remittente, sarebbe particolarmente evidente.
nella quale si trova per motivi diversi dal lavoro o dalla fruizione di borse di studio, è comunque necessario garantire a tutti i cittadini italiani il diritto alla salute, anche quando si trovano all'estero. In caso di assoluta emergenza che non consenta il differimento del trattamento terapeutico, l'assistenza sanitaria deve essere garantita anche al di fuori delle strutture pubbliche esistenti nel territorio nazionale. Questo perché il mancato accesso a una qualche forma di assistenza, anche indiretta, potrebbe comportare gravi conseguenze per la salute della persona. Il giudice ritiene che la mancata previsione di un'assistenza adeguata per i cittadini italiani all'estero, soprattutto in caso di assoluta emergenza, violerebbe il principio di eguaglianza e il diritto alla salute. Pertanto, è necessario garantire una qualche forma di assistenza anche per coloro che si trovano all'estero per motivi diversi dal lavoro o dalla fruizione di borse di studio. In conclusione, il diritto alla salute deve essere garantito a tutti i cittadini italiani, indipendentemente dalla loro posizione geografica o dalla motivazione del loro soggiorno all'estero. In caso di assoluta emergenza, è fondamentale assicurare un trattamento terapeutico adeguato, anche al di fuori delle strutture pubbliche esistenti nel territorio nazionale.del cittadino che vi si trovi per motivi familiari o di svago, non potrebbe dubitarsi, secondo il remittente, che anche in questi ultimi casi il bene della salute, alla cui protezione ogni cittadino ha diritto, debba essere garantito, sia pure in forme e secondo procedure diversificate che tengano nel debito rilievo le differenze riscontrabili nelle fattispecie. La questione sottoposta a questa Corte ovviamente non riguarda i cittadini, iscritti al Servizio sanitario nazionale, il cui stato di salute necessiti di prestazioni immediate durante il soggiorno nel territorio di un Stato membro della Comunità europea o appartenente allo Spazio economico europeo. Per essi è infatti completa la copertura assicurata dal diritto comunitario (regolamento CEE n. 1408/71, concernente l'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità, e successive modificazioni) e dalle norme di diritto.interno (art. 1, comma 9, del decreto-legge del 1989 n. 382, recante "Disposizioni urgenti sulla partecipazione alla spesa sanitaria e sul ripiano dei disavanzi delle unità sanitarie locali", convertito con modificazioni dalla legge del 1990, n. 8), nonché dall'accordo sullo Spazio economico europeo (ratificato dall'Italia con la legge del 1993, n. 300). La questione sollevata dal Pretore di Venezia neppure riguarda le prestazioni assistenziali garantite ai cittadini italiani da altri accordi bilaterali o multilaterali (art. 2, incipit, del d.P.R. n. 618 del 1980), né quelle assicurate in forma indiretta presso centri di altissima specializzazione all'estero, regolate dalla legge del 1985, n. 595 (Norme per la programmazione sanitaria e per il piano sanitario triennale 1986-88). Così definito l'ambito, la questione è fondata nei limiti di cui ora si dirà. Questa Corte ha ripetutamente affermato che la tutela del dirittoalla salute non può non subire i condizionamenti che lo stesso legislatore incontra nel distribuire le risorse finanziarie delle quali dispone; ma ha anche precisato che le esigenze della finanza pubblica non possono assumere, nel bilanciamento del legislatore, un peso talmente preponderante da comprimere il nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana. Ed è certamente a quest'ambito che appartiene il diritto dei cittadini in disagiate condizioni economiche, o indigenti secondo la terminologia dell'art. 32 della Costituzione, a che siano loro assicurate cure gratuite.
Il diritto fondamentale garantito dall'art. 32 della Costituzione non è adeguatamente salvaguardato dalla disciplina contenuta negli artt. 1 e 2 del d.P.R. del 1980, n. 618, dettata in attuazione della delega di cui alle lettere a) e b) dell'art. 37 della legge del 1978, n. 833. Con tale disciplina lo Stato
assume l'onere di provvedere all'assistenza sanitaria dei cittadini italiani all'estero per tutto il periodo della loro permanenza al di fuori del territorio nazionale, purché si tratti di persone che quivi svolgano attività lavorativa (alla quale è equiparata la fruizione di borse di studio presso università o fondazioni straniere) e che non godano, mediante forme di assicurazione obbligatoria o volontaria, di prestazioni di assistenza previste da leggi speciali o fornite dal datore di lavoro. Le varie categorie di beneficiari, elencate nell'art. 2 del citato d.P.R. n. 618 del 1980, hanno in comune il fatto che la permanenza all'estero è giustificata da motivi di lavoro o dalla fruizione di borse di studio. Non rileva la qualità del datore di lavoro, che può essere un soggetto pubblico o anche privato; si prescinde dalla qualifica o dalle mansioni del lavoratore ed è indifferente la stessa natura del rapporto.che può essere sia di lavoro subordinato che di lavoro autonomo, nel quale è compresa l'attività dei liberi professionisti. Se sussiste una connessione tra la permanenza all'estero anche temporanea e l'attività di lavoro, di prestazione d'opera o di servizio, o, nei casi contemplati, l'attività di studio, il riconoscimento del diritto è pieno. Alla erogazione della assistenza si provvede in forma diretta, sulla base di convenzioni da stipularsi con enti, istituti o medici privati che assicurino i medesimi livelli di prestazione garantiti dal piano sanitario nazionale, ovvero in forma indiretta, mediante il rimborso delle spese sostenute dall'assistito, nei casi in cui non sia stato possibile stipulare convenzioni ovvero queste siano cessate o sospese o non garantiscano prestazioni analoghe a quelle spettanti in Patria, o ancora nei casi di urgenza o di necessità, quando l'assistito non abbia potuto farlo.Il ricorso alle istituzioni o ai sanitari convenzionati (art.3 del d.P.R. n. 618 del 1980). L'istanza di protezione del diritto alla salute anche al di fuori dei confini nazionali che informa l'intera legge è così pregnante che la titolarità delle provvidenze non viene subordinata ad alcun parametro di reddito, e spetta perciò anche alle persone agiate, che pure potrebbero sopportare, in tutto o in parte, il pagamento delle prestazioni mediche di cui necessitano senza un troppo grave nocumento per le loro condizioni finanziarie o patrimoniali. Ciò denota che il diritto alla salute, qui declinato come diritto all'assistenza in caso di malattia, ha assunto una configurazione legislativa che ne rispecchia la vocazione espansiva. La disciplina in esame è tuttavia censurabile, alla luce dell'art. 32 della Costituzione, nella parte in cui con essa si nega qualsiasi forma di assistenza sanitaria ai cittadini che, trovandosi all'estero.
Per motivi diversi dallavoro o dalla fruizione di borse di studio, versino in disagiate condizioni economiche. Non potrebbe obiettarsi che la scelta legislativa sia nel senso che i cittadini che non possono provvedere personalmente alle proprie cure abbiano l'onere di non lasciare il territorio nazionale o quello degli Stati dove, in caso di malattia, è loro garantita l'assistenza sanitaria. L'indigenza è già di per sé ostativa all'effettivo godimento dei diritti in genere e del diritto di espatrio in particolare; la perdita della assistenza sanitaria gratuita in caso di soggiorno temporaneo nel territorio di alcuni Stati esteri costituisce aggravamento di una condizione materiale negativa; aggravamento che al legislatore è vietato introdurre. Il principio contenuto nell'art. 32 della Costituzione postula infatti che il diritto alle cure gratuite sia assicurato anche al cittadino che, in disagiate condizioni economiche, si rechi all'estero.
quali un individuo può soggiornare al di fuori del territorio nazionale. Tuttavia, è importante sottolineare che il soggiorno all'estero può essere motivato da una varietà di ragioni, come ad esempio motivi familiari, ricerca di lavoro, studio di una lingua o di una professione, o semplicemente per scopi affettivi, culturali o di svago. Indipendentemente dalla motivazione, è importante non associare un giudizio negativo preconcetto al fatto di espatriare, poiché il soggiorno all'estero può comunque contribuire all'arricchimento e allo sviluppo della personalità di un individuo. Una volta stabilito che nel bilanciamento degli interessi coinvolti nella disciplina in questione non si può ignorare la posizione delle persone a favore delle quali la garanzia costituzionale è posta dall'articolo 32 con il massimo di riguardo, questa Corte non può andare oltre. Sarebbe fuori dal campo della giustizia costituzionale definire nei dettagli i requisiti soggettivi, le condizioni oggettive, le modalità, le procedure e le forme attraverso le quali un individuo può soggiornare all'estero.