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Z
Y ≤ c ≤ Y + 1.
Z d
L’intervallo individuato può essere suddiviso in 10 parti uguali. Se x non è uno dei
punti della suddivisione, allora si trova tra due di questi consecutivi:
Y Y + 1
g g
Y + ≤ c < Y + h_i jk lhhli]jkl Y ∈ 0,1, … ,9
d d g
10 10
Possiamo poi suddividere ulteriormente questo nuovo intervallo in 10 parti uguali e
continuare il procedimento. Se dopo un numero finito di passi x coincide con uno dei
punti di suddivisione, allora è un numero finito decimale. In caso contrario il
procedimento continua indefinitamente, generando un numero intero a ed un insieme
d
infinito di naturali a ∈ 0,1, … ,9 . In questo caso diciamo che x ha una
g
rappresentazione decimale infinita x = a , a , … , a … Riassumendo le due possibilità
d g o
possiamo affermare che ogni numero reale ha una rappresentazione decimale finita o
infinita.
Al passo n-esimo, x verifica le disuguaglianze
a a a a 1
g o g o
a + + ⋯ + ≤ x < a + + ⋯+ +
d d
o o o
10 10 10 10 10
Queste forniscono due approssimazioni di x con un numero decimale finito, una per
difetto e l’altra per eccesso; in entrambi i casi l’errore nell’approssimazione è minore di
ro
10 .
Prendendo n sufficientemente grande, possiamo rendere l’errore minimo di una
qualunque prefissata quantità positiva ε.
CAPITOLO 2. I NUMERI COMPLESSI.
Ø Dati il numero complesso z e il numero n intero positivo, si dice radice n-esima di z
v
ogni numero w tale che u = w.
DIMOSTRAZIONE: z{
x = i cos y + isen y = i_ ; | = } cos ~ + isen ~
| = x ÄjÅkÇÅ } `l}~ + Å}_k~ = i(`l}y + Å}_ky)
Applicando la formula di De Moivre:
} `l} k~ + Å}_k k~ = i (`l}y + Å}_ky)
Dal confronto dei due numeri, ricaviamo un sistema: Ö
}= i
} = i y + 2ÉÑ
k~ = y + 2ÉÑ ~= `lk É Ü ℤ
k
Le radici sono n distinti numeri complessi, che si possono ottenere attribuendo a k
tutti i valori interi compresi tra 0 e (n-1). {àâäã
z
Ö i _
TEOREMA FONDAMENTALE DELL’ALGEBRA. Sia P(x) un polinomio di grado n a
Ø v vrë
coefficienti complessi. . Se S(X) è un
é è = ê è + ê è + ⋯ + ê è + ê
v vrë ë í
secondo polinomio, diciamo che P(x) è divisibile per S(x) se il resto della divisione di P
per S è nullo, cioè se esiste un polinomio Q(x) tale che:
P(x) = S(x)Q(x) ∀ è ï ℝ. é è è óòôòöòõòúù ûùü è − ° ⇒ é ° = í.
DIMOSTRAZIONE:
P(x) = Q(x) (x − α) + r ( Q(x) polinomio di grado (n-1) e r resto)
Se P(x) è divisibile per x − α, allora r = 0. E ciò accade se e solo se P(α) = 0.
Se P(x) ha una radice a1, allora:
§ c = c − y • c ¶_ Yk`ℎ_ • c ℎY jkY iYÇÅ`_ Y
g â
§ c = c − y c − y ¶ c `lk ¶ c hl^ÅklßÅl ÇÅ ®iYÇl (k − 2)
g â
©Åh_]_kÇl Å^ hil`_ÇÅß_k]l § c = ` c − y c − y … c − y
g â
`lk ` `l_™™Å`Å_k]_ Ç_^^Y hl]_kxY ÇÅ ®iYÇl ßY}}Åßl Åk §(c)
´ ´
¶_ ^_ iYÇÅ`Å k klk }lkl ÇÅ}]Åk]_: § c = ` c − ~ … c − ~
¨ Æ
g ≠
`lk ß ßl^]_h^Å`Å]à _ ~ iYÇÅ`Å ÇÅ}]Åk]_ Ç_^ hl^ÅklßÅl.
≠ ≠
Se ~ è una radice di molteplicità ß , equivale che il polinomio è divisibile per
z z
´ ´
c − ~ , ma non per c − ~ .
Ø Ø∞¨
z z a
Per i polinomi a coefficienti reali, vale: se è una radice complessa di un polinomio a
coefficienti reali, anche y lo è.
Utilizzando le proprietà dei complessi e ricordando che i coefficienti del polinomio
sono reali, si ottiene: § y = § y = 0. ±k™Y]]Å
ä ä ä ä
§ y = y Y = Y y = Y y = Y y = §(y)
ä ä ä ä
ä≤d ä≤Z ä≤d ä≤d
Pertanto se nella scomposizione di un polinomio deve comparire (x − α), deve
a,
comparire anche (x − y). Posto a+ib = risulta: â â
x − α x − y = c − y + ≥
hl^ÅklßÅ ÇÅ hiÅßl ®iYÇl Y `l_™™Å`Å_k]Å `lßh^_}}Å `Yßhl `lßh^_}}l
hiÅßl
hl^ÅklßÅ Y `l_™™Å`Å_k]Å i_Y^Å ÇÅ ®iYÇl Y ∆< 0 `Yßhl i_Y^_
}_`lkÇl
CAPITOLO 3. LIMITI. ®
UNICITÀ DEL LIMITE. Se per x la funzione ha limite, questo è unico.
è
Ø ∑
DIMOSTRAZIONE:
Suppongo per assurdo che L¹M. Prendo allora un intorno di L e un intorno di M in
modo che siano disgiunti. Per la definizione di limite, ci troviamo ne caso in cui ci sono
due intorni di x V’ e V’’ tali che:
∏ Ω
∀ c ∈ ∫ ∩ º − c ™ c Ü æ(ø)
d
ΩΩ
∀ c ∈ ∫ ∩ º − c ™ c Ü æ(¿)
d ℎY:
Sia V = V’ +V’’. V è ancora un intorno di x _ }Å
∏
∀ c ∈ ∫ ∩ º − c ™ c Ü æ(¿) ∩ æ(ø)
d
Ciò è assurdo dato che abbiamo ipotizzato che i due intorni fossero disgiunti.
®
PERMANENZA DEL SEGNO. Se per x il limite di f(x) è diverso da zero, la funzione
è
Ø ∑
ha localmente lo stesso segno del limite, escluso al più nel punto . Per localmente i
è
∑
intendono tutti i punti del dominio di f(x) che stanno in un intorno del punto
considerato.
DIMOSTRAZIONE:
Essendo L>0, possiamo prende un intorno di L formato da numeri interi positivi.
Per la definizione di limite, la funzione apparterrà all’intorno di L, che essendo
positivo, renderà la funzione positiva. ®
PASSAGGIO AL LIITE DI UNA DISUGUAGLIANZA. Se per x f(x) ha limite L e se
è
Ø ∑
³0.
localmente risulta f(x)>0, allora L
DIMOSTRAZIONE:
Ragionando per assurdo, se fosse L<0, per il teorema della permanenza del segno,
sarebbe anche f(x) <0. Ciò contraddice le ipotesi del teorema.
TEOREMA DEL CONFRONTO. Date tre funzioni g(x), f(x) e h(x) tali che
Ø ® ®
e per per x g(x), h(x) L. Allora:
ú∑¬êú√ùvƒù ≈ è ≤ ∆ è ≤ «(è) è
∑
® ®
per x anche f(x) L.
è
∑
DIMOSTRAZIONE: e;
Per la definizione di limite, fissato arbitrariamente un intorno di L (L – L +e), esiste
un intorno V di c tale che ∀ c ∈ ∫ ∩ º − c risulta
Z d
e £ £ e £ £
L – g(x) L +e L – h(x) L +e. Per le ipotesi fatte, risulta anche
e £ £
che ∀ c ∈ ∫ ∩ º − c ; L – f(x) L +e.
d
RESTRINZIONI. Sia B un sottoinsieme del dominio A di una funzione f e sia un punto
è
Ø ∑
di accumulazione per entrambi gli insiemi. Allora:
úò√ ∆ è = … ⇒ úò√ ∆ è = …, èï .
è → è è→è
∑ ∑
DIMOSTRAZIONE:
Dalla definizione di limite: Ω
∀ æ ø ∃ º c : ∀ c ∈ ∫ ∩ º − c ™ c Ü æ(ø). Dato che B è un sottoinsieme di A:
Z d
Ω
∀ æ ø ∃ º c : ∀ c ∈ Ã ∩ º − c ™ c Ü æ ø . Ciò prova l’affermazione dato che
Z d Ω
essendo c un punto di accumulazione anche per B, l’insieme à ∩ º − c non è
d d
vuoto.
LIMITI DI FUNZIONI MONOTONE. Sia f una funzione monotona definita in un intorno
Ø destro U+ o sinistro U– di . Allora:
è
∑
r
• ¶_ ™ è `i_}`_k]_ Åk æ , _}Å}]_ lim ™ c = sup ™(c)
Œ
Õ→d
à
• ¶_ ™ è `i_}`_k]_ Åk æ , _}Å}]_ lim ™ c = inf ™(c)
∞
Õ→d
r
• ¶_ ™ è Ç_`i_}`_k]_ Åk æ , _}Å}]_ lim ™ c = inf ™(c)
Œ
Õ→d
à
• ¶_ ™ è Ç_`i_}`_k]_ Åk æ , _}Å}]_ lim ™ c = sup ™ c
∞
Õ→d
DIMOSTRAZIONE:
• Supponiamo che sup f(x) = L (reale). Per definizione:
r
™ c ≤ ø ∀ c Ü æ
r
∀œ > 0 ∃ c ∈ æ : ™ c > ø − œ
Dato che f è crescente, nell’intorno sinistro (c, c) si ha ™ c ≥ ™ c e dunque
e
anche L – <f(x) < L +e. (definizione di limite sinistro uguale ad L).
• Se sup f(x) = +¥ per definizione r
∀ ¿ > 0 ∃ cÜ æ : ™ c > ¿.
Dato che f è crescente, nell’intorno sinistro si ha f(x) > M.
CAMBIAMENTO DI VARIABILE NEL CALCOLO DEI LIMITI. Data una funzione composta
Ø in modo da dare senso alla composizione:
∆ — è ¬∑v —: → ℝ ù ∆: “ → ℝ, — è ⊂ “,
• úò√ — è = …
è→è ∑
• — è ≠ … ú∑¬êú√ùvƒù ûùü è ≠ è
∑
• úò√ ∆ ƒ = ’
ƒ →…
Allora úò√ ∆ — è =’
è→è ∑
DIMOSTRAZIONE:
1. Preso arbitrariamente un intorno U(M)
2. Possiamo trovare un intorno W(L) tale che
3. Per ogni t di A che sta in W, eccetto al più L, f(t) sta in U
4. In corrispondenza dell’intorno W(L) trovato