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IL DENTRO E IL FUORI

Sostenere che l'allievo debba stare sempre in classe perché questa è la logica dell'integrazione o, al contrario, che non possa starci in quanto le attività che si svolgono non sono adatte al suo livello di competenze, è un modo assolutamente inadeguato di porre il problema, anche se ancora presente nei dibattiti che si conducono in vari contesti.

Per uscire da una dimensione fortemente connotata da posizioni ideologiche su questo tema è necessario considerare tre aspetti:

  1. L'esigenza di una programmazione congiunta fra insegnanti curricolari e di sostegno alla ricerca di punti di contatto
  2. La possibilità di avvicinare gli obiettivi e di partecipare a quella che viene definita la "cultura del compito"
  3. La prospettiva di svolgere attività personalizzate all'interno o all'esterno della classe

Per programmare l'integrazione bisogna, innanzitutto, integrare la

Gli obiettivi dell'integrazione per gli allievi con bisogni speciali possono passare da semplici enunciazioni di principio a concreta operatività soltanto se prendono lo spunto da una programmazione integrata. L'affermazione può sembrare ingenua e banale, in considerazione dell'esistenza di un insieme di norme che prevedono questa prassi, ma osservando la realtà di molte scuole appare evidente come la programmazione individualizzata sia redatta spesso dal solo insegnante di sostegno, senza particolari coinvolgimenti dei colleghi curricolari e di altri operatori. Esistono ancora dei pregiudizi molto pericolosi: da un lato alcuni docenti di sostegno pretendono di essere gli unici titolari dell'insegnamento al bambino in situazione di disabilità che è stato affidato loro e dall'altro, molto più spesso, sono gli insegnanti curricolari che pensano di non avere titolo o competenza per lavorare con l'alunno.

che pone problemi didattici particolari e ritengono più giusto (sicuramente anche più comodo) delegare all'insegnante per il sostegno tutto il peso e la responsabilità educativa. Queste argomentazioni, sostenibili a livello generale, assumono una rilevanza ancora più pregnante quando si interagisce con allievi così particolari come quelli affetti da disturbo autistico. Chiaramente, quando le cose si presentano in questo modo, porsi nella prospettiva di pensare a obiettivi comuni (o comunque simili), che possano favorire la permanenza proficua in classe dell'allievo con autismo, risulta molto complesso. Ci si limita così a semplici sovrapposizioni durante alcune attività di ascolto musicale, di educazione motoria, di laboratorio e poche altre. Al contrario, le domande fondamentali che, come raccomanda Tortello (1999), tutti gli insegnanti curricolari e per il sostegno dovrebbero porsi sono le seguenti: - "C'èaltri compagni di classe. Questo favorisce l'inclusione e la collaborazione tra gli studenti. Per quanto riguarda l'alunno che segue un piano educativo individualizzato, è possibile individuare almeno una cosa che può essere svolta anche dagli altri studenti della classe. Allo stesso modo, per l'alunno in difficoltà, esistono attività che possono essere proposte anche agli altri compagni di classe. È importante adottare un approccio flessibile al curricolo, che sia una sintesi tra programma e programmazione. L'adattamento degli obiettivi non deve essere unidirezionale, cioè limitato all'adeguamento della programmazione individualizzata alla classe. Al contrario, possono essere pensate attività specifiche a favore dell'alunno in difficoltà, alle quali partecipano anche gli altri studenti. Questo favorisce l'inclusione e la collaborazione tra gli studenti. i compagni (ad esempio quelle centrate sui punti di forza). Equesto non rappresenta un semplice rallentamento, in quanto, come dimostrano varie ricerche (cfr.Cottini, 2004), i compagni ne possono trarre dei consistenti vantaggi, sia di tipo cognitivo (adesempio con la ripetizione di alcune parti del programma, con la scomposizione di compiti complessiin sequenze, ecc.), che di tipo sociale.

2.2. Gli obiettivi possono essere avvicinati
In molte situazioni non risulta possibile determinare punti di contatto fra la programmazionecurricolare e quella individualizzata. Quando il deficit è consistente oppure quando gli obiettividiventano complessi per l’aumentare del livello scolastico, individuare delle sovrapposizioni puòdiventare arduo.
Anche in queste situazioni, comunque, la presenza in gruppo dell’allievo con autismo può esserefacilitata avvicinando i suoi obiettivi a quelli della classe attraverso un’azione sui contenuti didattici.
In altre parole,si tratta di perseguire degli obiettivi personalizzati con attività che abbiano qualche somiglianza con quelle dei compagni. Il lavoro di avvicinamento degli obiettivi, quindi, richiede che i contenuti didattici siano modificati, ridotti o illustrati per adattarli alle esigenze dell'allievo con autismo. Oltre all'utilizzo di materiale con ampia presenza di figure, l'insegnante può anche decidere di agire sui libri di testo per renderli più semplici e comprensibili per il suo allievo. Può predisporre dei quadernoni ad anelli che affianchino o sostituiscano completamente il libro di testo della classe o prevedere degli specifici adattamenti degli stessi. In entrambi i casi potrà disporre di strumenti personalizzati e molto attinenti a quelli utilizzati dalla classe. Questa procedura è sicuramente da preferire in confronto alla prassi frequentemente adottata di utilizzare libri riferiti a classi inferiori, i quali certamente enfatizzano

In negativo le differenze e non favoriscono la determinazione di un senso di appartenenza al gruppo.

Partecipare alla cultura del compito

Abbiamo visto come gli obiettivi della programmazione curricolare e quelli individualizzati possano essere sovrapposti per alcuni aspetti o come possano essere almeno avvicinati, al fine di consentire all'allievo con bisogni educativi speciali di svolgere attività simili a quelle dei suoi compagni all'interno della classe.

L'esigenza di far rimanere l'allievo con disabilità insieme ai suoi compagni il più a lungo possibile, facendolo partecipare agli stessi apprendimenti, è stato affrontato da alcuni autori (Rollero, 1997; Tortello, 1999) distinguendo fra "apprendimento di un compito" e "partecipazione alla cultura di un compito". In altre parole, anche quando non è possibile creare adattamenti degli obiettivi e delle metodologie che consentano apprendimenti significativi su

Compiti dello stesso tipo di quelli dei compagni, è comunque utile farlo partecipare alle attività della sua classe, mettendolo nelle condizioni di cogliere almeno alcuni elementi per apprezzare l'argomento di cui si sta trattando. In questo modo, l'allievo percepisce che le consegne destinate all'intero gruppo non gli sono totalmente estranee e questo facilita sicuramente il suo sentirsi parte integrante della classe e motiva anche il suo impegno nei compiti che lo vedono maggiormente protagonista.

Nel caso dell'allievo con disturbo autistico, questo può essere facilitato prevedendo all'interno della classe una postazione per il lavoro autonomo, nel quale l'allievo possa effettuare compiti routinari e graditi.

Sono molte le descrizioni che ci informano come, agendo in questo modo, alcuni allievi abbiano dimostrato di aver acquisito competenze sorprendenti, che vanno ben oltre i confini di quanto si era previsto a livello di programmazione.

(ad esempio: relativamente alle lingue straniere, alle abilità di calcolo, ecc.). Uno dei casi più eclatanti segnalati in letteratura è quello di Donna Williams (1996), la quale, nella sua autobiografia, riferisce che l'essere stata inserita in una scuola normale le aveva permesso di accumulare moltissime informazioni sulle persone e sulle situazioni di vita sociale. La mia esperienza mi ha insegnato che ci sono dei momenti in cui imparare ad agire da "normale" presenta certamente i suoi vantaggi. L'essere in qualche modo socialmente accettata (sia che potessi elaborare efficientemente l'esperienza, il senso o il significato di quella accettazione sociale in modo conscio e nel contesto oppure no) significava comunque che ero esposta ad una gamma più ampia di informazioni di quanto non sarei stata altrimenti ed anche se non avessi potuto elaborare quell'informazione in quel momento, potevo comunque immagazzinarla per un'eventuale

elaborazione pre-conscia o sub-conscia. La conoscenza che nasceva da quell'elaborazione poteva poi, talvolta, pur se casualmente, essere attivata e sollecitata. L'essere nelle scuole normali significava accumulare moltissime informazioni su come la gente si muoveva e parlava e su quanto dicevano, su ciò che a loro piaceva e che volevano o pensavano e come rispondevano a certe cose. Accumulavo informazioni sulle persone apparentemente come gli altri, in certi aspetti, quando dicevano o facevano cose nello stesso modo di qualcun altro. [...] Se mi si chiedeva che cosa mi piacesse, mi interessasse, pensassi o facessi, avevo informazioni teoriche su quanto a una persona piacesse, che cosa volesse, le interessasse, pensasse o facesse. Se volevo spostarmi attraverso una stanza, per prendere qualcosa, avevo accumulato tutte quelle informazioni su come lo facevano gli altri e potevo farlo come loro. In assenza di messaggi del corpo o di altre connessioni, se non avessi accumulato

tutte quelle informazioni, probabilmente non sarei mai stata socialmente tollerante e tollerabile, abbastanza da andare in tutti i posti dove sono stata.

Se non avessi imparato ad agire come se potessi far fronte al linguaggio (o far credere a qualcuno che ne ero in grado), non mi avrebbero parlato tanto come hanno fatto. Nessuno avrebbe pensato che ne valesse la pena.

Se non fossi stata esposta a tutte quelle parole, l'enorme vocabolario che avevo accumulato in modo subconscio, che sarebbe stato spesso, più tardi, attivato dall'esterno, da altri, non sarebbe stato costruito su base così ampia e non avrei avuto l'onore di essere citata come dizionario che cammina (p. 100).

2.4. Svolgere attività personalizzate all'interno o all'esterno della classe

La programmazione individualizzata per l'allievo con disturbo autistico contiene sempre una serie di obiettivi molto specifici e funzionali, che richiedono, per essere perseguiti, la promozione di

Una serie di attività differenziate in confronto a quelle della classe. In alcune situazioni, tali attività possono essere previste all'interno del contesto integrato, nel momento in cui l'ambiente di apprendimento lo permette.

Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
14 pagine
2 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/03 Didattica e pedagogia speciale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Sara F di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Didattica Speciale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Murdaca Anna Maria.