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La morfologia analizza le forme delle parole e le
modificazioni che possono presentare per assumere
funzioni e valori diversi. Lo studio delle varie forme
individuate, dette forme flesse, costituisce appunto la
morfologia flessiva. L’elemento minimo dell’analisi
morfologica è il morfema (o, a, no, avo). Sulla base
morfologica le lingue del mondo sono state suddivise
in Lingue Analitiche e Lingue Sintetiche che
tendono ad unire in una sola parola più morfemi.
Alle lingue sintetiche appartengono le lingue
flessive, in cui la parola e costituita da un elemento
chiamato desinenza. Un importante funzione della
flessione è che l’espressione di alcuni significati
attraverso i morfemi desinenziali consente un
notevole risparmio di altre parole, e quindi una più
facile memorizzazione. Nei nomi italiani la flessione
marca la categoria del numero (singolare/plurale) e
del genere (maschile/femminile).
Gli aggettivi
Gli aggettivi sono divisi in due classi, la prima con
più forme flesse (es. buono/buona/buone/buoni) e la
seconda con due (grande/grandi). Ci sono anche gli
aggettivi invariabili, come pari o come viola, rosa,
blu. Sugli aggettivi è marcato morfologicamente
anche il grado: si realizza con l’avverbio più, il
superlativo assoluto con l’aggiunta di avverbi come
molto e assai e con il suffisso -issimo o vari prefissi
come -arci, -stra, -ultra.
I pronomi
L’italiano è una lingua che consente la caduta del
pronome (lingua PRO-drop), a parte il presente e
l’imperfetto congiuntivo (voglio che tu vada; non
sapevo che cosa tu facessi). Nel parlato sono in
declino i pronomi, egli, esso, ella, essi, che cedono
sempre più il posto a lui, lei, loro. I pronomi atoni, o
clitici, sono mi, ti, ci, vi ecc.
Il sistema verbale
Delle tre coniugazioni la prima comprende i verbi
che terminano all’infinito i -are, la seconda in -ere, la
terza, in ire. Il presente, il passato e, all’indicativo, il
futuro, sono detti tempi deittici. Nel tempo passato si
distinguono tre forme: l’imperfetto (negli anni
sessanta si ballava il twist), il passato prossimo (ho
bevuto del vino) e il passato remoto (Dante nacque
nel 1265). Glia altri tempi (futuro anteriore e
trapassato, prossimo e remoto) sono detti tempi
anaforici.
Capitolo VI -Morfologia Lessicale
La morfologia lessicale studia i meccanismi
attraverso io quali da parole già esistenti si formano
parole nuove. È possibile formare parole derivate da
altre già esistenti con l’aggiunta di determinati
prefissi e suffissi, oppure parole composte con altre
già in uso o con confissi di origine latina o greca.
La derivazione
È il meccanismo più usato in italiano per formare
nuove parole. La derivazione può realizzarsi in vari
modi:
- con la conversione: un verbo può diventare un
nome (sapere il sapere), un aggettivo un nome
→
ecc.
- con la suffissazione: si aggiunge un suffisso a
destra della base (lavora-re lavora-tore, libr-o
→ →
libr-aio).
- con la prefissazione: con l’aggiunta di un
elemento, detto prefisso, a sinistra della base (capace
in-capace, avventura dis-avventura).
→ →
È possibile inoltre la conversione dei verbi (i fari
abbaglianti, i cantanti, l’andante, l’abitato, veduta
panoramica, il crescendo rossiniano).
La composizione
La composizione si realizza accostando due o più
lessemi che vengono poi univerbati, cioè trattai
come una sola parola anche nello scritto. In italiano i
più frequenti sono
- nome + nome: cassapanca e caffellatte formati da
elementi coordinati e cane poliziotto in cui il
secondo determina il significato del primo.
- aggettivo + nome: gentiluomo, che sembra però
poco produttivo al contrario del tipo
- nome + aggettivo: cassaforte, pettirosso, caschi blu)
- aggettivo + aggettivo: è tuttora molto produttivo
(giallorosso, pianoforte, marxista leninista,
italoamericano).
- verbo + nome: è molto presente anche questo tipo
di composizione (lavapiatti, accendisigari,
portacenere).
- verbo + verbo: si formano per lo più con la
ripetizione del medesimo verbo (fuggifuggi) o con
l’accostamento di verbi dal significato contrario
(saliscendi, tiremmolla).
- preposizione + nome: senzatetto, dopocena.
La composizione neoclassica
La composizione neoclassica utilizza elementi propri
del latino e soprattutto del greco, combinati tra loro
(glottologia “studio della lingua, cardiopatia
“sofferenza del cuore”). In questi composti possono
rientrare anche più di due elementi (si pensi a
otorinolaringoiatra, formato da ben quattro confissi).
Questa composizione è nata soprattutto nel
linguaggio delle scienze: il lessico latino e greco ha
fornito così un serbatoio inesauribile a cui attingere.
Abbreviazioni, sigle, acronimi e parole
macedonia, accorciamenti e retroformazioni
L’italiano contemporaneo ha sviluppato una serie di
meccanismi che non servono s formare nuove parole,
ma a ridurre parole già esistenti.
- le abbreviazioni si trovano prevalentemente nello
scritto (s. “santo”, pag. “pagina”, prof “professore”).
- le sigle riducono sintagmi formate da più parole
alle sole lettere iniziali di queste (ct “commissario
tecnico”, doc £denominazione di origine
controllata”).
- le sigle vengono chiamate anche acronimi quando
esse sono formate anche con pezzi delle parole del
sintagma (Polfer “polizia ferroviaria”).
- le parole macedonia, simile alle precedenti, sono
formate da pezzi di varie parole (cantautore,
cartolibreria).
- gli accorciamenti si hanno quando parole
complesse di una certa lunghezza vengono troncate
dalla parte finale (bicicletta bici, frigorifero
→ →
frigo).
- le retroformazioni, usate spesso nel gergo
giovanile, sono simili agli accorciamenti (benzina →
benza, spinello spino).
→
Le politematiche
Si definiscono politematiche sintagmi formati da più
unità tra loro separate ma che semanticamente
costituiscono un unico lessema (sala da pranzo,
camera da letto, avviso di garanzia, fare appello, per
via di, tra l’altro).
Sintassi
La sintassi studia la frase e le diverse unità più
piccole da cui essa è costituita; definisce funzioni
come quelle di soggetto, di predicato, di
complemento. Il nucleo della frase è costituita dal
verbo. Possiamo avere verbi monovalenti, che
richiedono solo un argomento, cioè il soggetto (verbi
intransitivi assoluti come dormire, tossire); verbi
bivalenti, a cui si lega anche un secondo argomento
(verbi transitivi come vedere, amare o intransitivi
come credere); verbi trivalenti che richiedono tre
argomenti (transitivi come dire, dare o intransitivi
come andare); verbi tetravalenti che ne ammettono
quattro (tutti transitivi come tradurre). In italiano
esistono anche verbi zerovalenti che non richiedono
neanche l’espressione del soggetto e sono i verbi
atmosferici come piovere, nevicare. Nella frase si
individuano anche altri elementi, come i circostanti -
legati a un singolo elemento del nucleo, come gli
avverbi modali, che modificano il verbo (piove forte)
– e le espansioni - collocate al di fuori del nucleo,
come il complemento di nucleo (tutte le mattine mi
alzo alle sette) -. Altre prospettive di studio partono
dal sintagma, l’unità più piccola dal punto di vista
sintattico, che si distingue in sintagma verbale,
sintagma nominale, sintagma preposizionale,
sintagma aggettivale. L’italiano conserva una certa
libertà nell’ordine delle parole. Le frasi che
presentano una sequenza diversa da quella SVO sono
dette frasi marcate. Nel parlato si tende a staccare il
complemento iniziale dal resto della frase con una
pausa: si parla di dislocazione a sinistra (A Parigi, ci
vado spesso per lavoro). La dislocazione a destra si
ha quando i complementi assumono un valore
tematico a dispetto della loro posizione postverbale
(Non ci vado da mesi, al cinema). Bisogna
distinguere nelle frasi le interrogative totali o
polari, così dette perché richiedono la risposta si o
no (hai finito?), dalle interrogative disgiuntive, che
offrono un’alternativa (Ti piace il mare o la
montagna?), e dalle interrogative parziali,
eventualmente precedute da avverbi come quando,
dove, come, ecc. Quando all’interno della frase
troviamo almeno due nuclei parliamo di frase
multipla. Si parla di frase composta se il rapporto
tra queste frasi è di coordinazione (è venuta zia Anna
e mamma è uscita con lei). Si parla di frase
complessa se il rapporto tra le frasi è di
subordinazione, cioè una sola è autonoma e le altre
dipendono dalla principale (Francesco, che in questo
periodo mi sembra distratto, non ha capito il
problema).
Le Varietà Parlate
Il parlato, soprattutto nell’italiano, è spesso
accompagnato dal linguaggio dei gesti, tradizione
ricca e vitale del nostro paese. Inoltra il parlato può
servirsi di elementi non articolati, come risate, colpi
di tosse, ecc. Inoltre, l’utilizzazione della voce,
grazie al volume, al tono, al ritmo, può veicolare il
significato del messaggio. Non mancano riduzioni
della parola, come ‘giorno per buongiorno, e
variazione come na! che indica un no enfatico. Lui e
lei sostituiscono a egli e ella e agli inanimati, invece
di esso ed essa; i plurali essi ed esse cedono il posto
a loro. Per quel che riguarda i verbi la caratteristica
principale del parlato è la riduzione nell’uso dei
modi e dei tempi. Il presente indicativo sostituisce
non solo il passato ma anche il futuro (vengo
domani). L’imperfetto è forse il tempo più in
espansione (volevo chiederti) e spesso sostituisce il
congiuntivo (se venivi, vedevi). Un importante
funzione testuale è quella dei segnali demarcativi,
che indicano l’inizio e la fine di un discorso (allora,
chiaro?), e dei segnali fàtici, che assicurano il
contatto con l’interlocutore, sollecitandone la
partecipazione (sai, dai, ho reso l’idea?). Entrambi
sono segnali discorsivi. Come i connettivi, che
indicano il tipo di relazione tra le varie parti del testo
(fatto sta, perché poi, a proposito). Una funzione
importante dei segnali discorsivi è anche quella di
riempire le pause, dando così a chi parla il tempo di
pianificare almeno una parte del suo discorso.
Bisogna ricordar