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In ogni lingua possiamo parlare di diversi fenomeni: tra questi ricordiamo la polisemia, che si verifica
quando un lessema ha due, tre o più significati, i quali hanno in comune sempre qualcosa (“volare” può
significare “correre veloce”, “viaggiare in aereo”, ma tutte queste accezioni presentano l’idea di movimento);
può nascere quando, in base a processi di metafora, metonimia, ad un termine viene aggiunto un significato.
Talvolta i significati secondari possono distaccarsi però da quello originario. Abbiamo poi l’omonimia, ossia
termini coincidenti (sul paino grafico, su quello fonetico o su entrambi) in significante, ma diversi in
significato, ed ancora i sinonimi, termini diversi nel significante, ma sostanzialmente uguali nel significato.
Frequenti sono i sinonimi parziali, oppure sinonimi che possono essere utilizzati solo in vari ambiti d’uso.
Caratteristica dell’italiano poi è la presenza di geosinonimi, ossia parole di uso regionale che nelle varie parti
d’Italia designano uno stesso oggetto; recentemente è stata elaborata la nozione di geoomonimi, ossia parole
identiche formalmente, che in luoghi diversi sono associate a concetti diversi. Lessemi che hanno significato
opposto sono detti antonimi, divisi in antonimi bipolari (maschio/femmina) e i graduabili, che permettono
gradazioni intermedie (caldo/freddo); abbiamo poi gli antonimi lessicali, che non rivelano formalmente la
contrapposizione (bello/brutto) e quelli grammaticali, più chiari (felice/infelice), preferiti nella neologia.
Abbiamo infine gli iperonimi, che hanno un significato generale che comprende altri lessemi, detti a loro
volta iponimi: gli iponimi possono anche diventare iperonimi di altri iponimi, di significato ancora più
ristretto.
Il lessico italiano è molto ampio ma , naturalmente nessun italiano conosce o usa l’intero lessico; gli stessi
dizionari ne raccolgono solo una parte. Il dizionario dell’italiano contemporaneo più ampio è il Grande
dizionario italiano dell’uso, detto anche GRADIT, diretto da Tullio De Mauro nel 1999, che comprende
250000 lemmi (voci letterarie, termini specialistici, varianti formali, regionalismi, parole straniere, voci
gergali, latinismi, sigle, abbreviazioni ecc), ma neanche questo può dirsi completo, considerando le nuove
parole diffusesi in Italia dopo il 1999 e le diverse accezioni che i termini hanno assunto. Lo stesso De Mauro
ha individuato nel lessico un vocabolario di base (7000 lessemi), diviso in lessico fondamentale (2000
lessemi noti a tutti coloro che parlano italiano, lessico di alto uso (2500-3000 lessemi), noti a chi ha un
livello di istruzione medio , e lessico di alta disponibilità (2300 lessemi), che comprende termini noti al
parlante ma che non vengono usati quotidianamente, e che è più legato alle trasformazioni sociali e alla
moda. Altri 45000 lessemi appartengono al vocabolario comune, comprensibili da chi ha un livello medio-
alto di istruzione; il vocabolario comune e quello di base formano il vocabolario corrente, al di fuori del
quale vi sono i lessemi dei linguaggi settoriali (che assumono dal vocabolario comune lessemi a cui
assegnano valori specifici, e viceversa) e della lingua letteraria. Altri settori del lessico da ricordare sono le
voci gergali, parole usate da gruppi ben definiti per non farsi comprendere da estranei o per riconoscersi
come appartenenti allo stesso gruppo, e che solitamente sono voci della lingua comune o di base dialettale
modificate nel significato o nel significante, e poi i regionalismi. Questi ultimi sono estesi nella varietà di
italiano parlata in alcune regioni e subregioni: si tratta di solito di voci del dialetto locale (italianizzate ),
oppure di parole esistenti in italiano ma che in singole regioni assumono particolari significati; molto
marcata è la fraseologia. Alcune voci regionali possono entrare nell’italiano comune, passando da
regionalismi a dialettalismi.
Nel lessico italiano possiamo avere tre diverse componenti: le parole di origine latina, i prestiti o
forestierismi e le neoformazioni. A queste possiamo aggiungere i deonomastici (nomi propri divenuti nomi
comuni); interiezioni e ideofoni, le voci inventate dal nulla. Non sempre è facile la distinzione tra i tre
gruppi, in quanto spesso parole derivanti dal latino sono entrate in italiano tramite un’altra lingua, oppure
degli ibridi, o ancora composti neoclassici, ossia parole costituite da elementi latini e greci che designano
discipline o nozioni denominate all’estero (antropologia); a volte poi si ha l’ingresso di un nuovo significato
assunto da una parola già esistente nella nostra lingua.
Per quanto riguarda la componente latina, dobbiamo fare una distinzione tra le parole popolari, che
dal latino sono passate nella nostra lingua, e che spesso erano parole formatesi nel latino volgare
oppure che in questo avevano assunto un nuovo significato, e i latinismi, parole dotte recuperate nel
lessico italiano in momenti diversi. Spesso da una base latina sono derivate due parole italiane, una
popolare (riconoscibile per la maggiore lontananza dalla base) ed una dotta (più simile alla base sia
formalmente che sul piano del significato): tali parole vengono dette allotropi (ricordiamo il latino
“machina”, che ha dato vita alle italiane “macina” e “macchina”). Molte parole però di origine
popolare sono legati aggettivi di coniazione dotta: talvolta la matrice comune è evidente, come in
“fiore” e “floreale”, mentre in altri no, come “orecchio” e “auricolare”; vi sono però anche casi in cui
voci popolari si legano semanticamente con parole dotte di altra matrice, latina o greca (bocca/orale,
cavallo/equino/ippico ecc). i latinismi che sono entrati nella nostra lingua sono stati spesso
modificati, ma ciò non si è verificato nei latinismi d’uso colto e specialistico e per quelli entrati
tramite lingua straniera (par condicio, album, referendum, e altre che hanno subito un cambio di
categoria rispetto la base latina, come lavabo e placebo, sostantivi maschili tratti dal futuro di lavo e
placeo). Forte è però anche la componente greca. I grecismi sono stati introdotti principalmente in
epoca moderna per via dotta, e sono tipici del linguaggio scientifico tradizionale; tra i più diffusi
ricordiamo agonia, catastrofe, strategia, esodo. Sia il latino che il greco hanno fornito all’italiano
elementi per formare nuove parole, quali prefissi (super, extra, iper, mega), suffissi (ista, essa) e
confissi (auto, filo, voro, logia).
Vi sono poi anche i forestierismi, o prestiti, parole tratte da altre lingue: tale fenomeno può essere
dovuto alla contiguità territoriale, movimenti demografici, al prestigio di un determinato popolo. I
prestiti possono essere di necessità (dovuti all’esigenza di denominare oggetti di origine straniera in
precedenza sconosciuti) e di lusso (che sostituiscono termini già esistenti nella lingua che li importa).
La tradizione puristica italiana definisce i forestierismi anche barbarismi, esotismi, per voci tratte da
lingue esotiche, e xenismi. Talvolta dei prestiti tornano alla lingua originaria, seppur con delle
modifiche (“maschera” è entrata nell’inglese con la variante “màscara”, per ritornare come
“mascàra”), ma nella maggior parte dei casi vengono integrate nel sistema italiano, dopo delle
modifiche (bleau adattato come “blu”). Il prestito viene definito prestito semantico se consiste
nell’aggiunta di un nuovo significato ad una voce già esistente (tale prestito si distingue in
omonimico quando si basa sulla somiglianza del significante, come in “assumere”, con significato di
“supporre”, e in sinonimico, se la somiglianza si basa sul significato). Altro procedimento è quello
del calco, una sorta di traduzione (anche qui abbiamo quelli omonimici, come “processor” e
“processore” e quelli sinonimici, come “fuorilegge” e “outlaw”). Frequenti sono i mutamenti di
categoria, l’acquisizione di un significato diverso dall’originario e il mantenimento di un solo
significato di parole polisemiche in altre lingue. Da segnalare poi le parole apparentemente straniere,
ma che sono invenzioni italiane. Passando in rassegna i vari tipi di forestierismi, abbiamo i
germanismi (tratte dalle popolazioni germaniche che invasero l’Italia dopo il crollo dell’Impero
romano), per quanto riguarda soprattutto parti del corpo, oggetti domestici, concetti generali o
astratti, aggettivi relativi ai colori, verbi come “scherzare” e “guardare”, suffissi come “-ingo” e “-
ardo”. Abbiamo poi gli arabismi, soprattutto per voci riguardanti il commercio o prodotti importati
dall’Oriente, termini dell’ambito scientifico (matematica e astronomia); forte l’influsso del turco
(divano, caffè) e numerosi gli ebraismi, soprattutto termini liturgici (osanna, amen) e poche altre
(fasullo). Grazie al prestigio delle letterature d’oc e d’oil, importanti sono diventati i gallicismi,
diffusisi in Italia per lungo tempo: appartengono al francese infatti voci come “mangiare” e
“viaggio”; nel corso del Novecento si sono diffusi altri termini, come menu, peluche, garage,
fuseaux, salopette, gaffe ecc; neologismi semantici e calchi come burocrazia, riciclaggio e impegno:
molti francesismi sono stati poi sostituiti da anglicismi (maquillage da make up, coiffeur da hair
style). Forti gli ispanismi come quintale, flotta, regalo, e voci esotiche (amaca, cacao) entrate
tramite lo spagnolo; a questa si ricollegano le parole di origine ispanoamericana,
legate alla politica, allo sport, musica e costume. Frequenti i tedeschismi (kitsch, blitz, kaputt) e i
nipponismi (sudoku, karate, judo, karaoke). Posto essenziale è riservato agli anglicismi, sviluppatisi
largamente nel secondo dopoguerra. La loro importanza si spiega con l’individuazione dell’inglese
come lingua della comunicazione internazionale, l’importanza della civiltà angloamericana in ambito
culturale e politico-economico, la relativa facilità delle strutture della lingua. Molti anglicismi sono
entrati nella politica, nei diversi linguaggi settoriali, come l’informatica (mouse, browser),
l’economia e la finanza, medicina, ma anche nello sport, ne4lla musica (rock, pop), moda, costume
ed altri ancora. Gli anglicismi sono frequenti anche nella lingua comune, dove entrano anche voci
specialistiche e derivati italiani (bypassare); frequenti le sigle inglesi.
Il lessico italiano presenta anche dialett(al)ismi, ossia dei prestiti interni dai vari dialetti parlati nella
nostra penisola. Questi termini passano alla lingua tramite la mediazione delle varietà regionali, che
tendono ad adattarli al sistema dell’italiano, tant