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Il Rinascimento e la Chiesa
Chiesa riuscì a recuperare parte della sua importanza, della sua dignità. Contemporaneamente sul piano economico e finanziario una improvvisa ondata di ricchezza e benessere generale si diffuse in Roma proprio in quegli anni, allorché non solo dal Nord dell'Europa uomini di affari e prestigiosi banchieri scelsero la città come centro delle loro attività di grande respiro internazionale. Alessandro VI ricorse all'aiuto del figlio Cesare Borgia per domare le città e i feudatari ribelli della Romagna e probabilmente anche per tentare di impadronirsi dell'intera Toscana dove i Medici momentaneamente avevano perduto la signoria. Il suo successore Giulio II fu un papa guerriero: conduce personalmente le guerre, ordisce congiure di nobili, riesce a convincere dapprima il re di Francia e poi l'imperatore ad azioni militari per riconquistare le terre che la Repubblica di Venezia ha sottratto agli altri Stati italiani. Il Papa rovescia le
Machiavelli si trova la sua profonda conoscenza della lingua italiana e della letteratura classica. Machiavelli era un grande ammiratore degli antichi autori romani come Tito Livio e Tacito, e cercava di emularne lo stile e la retorica nei suoi scritti. Utilizzava un linguaggio chiaro e diretto, senza fronzoli o ornamenti superflui, per comunicare le sue idee in modo efficace. La sua prosa era caratterizzata da una forte capacità di analisi e da una grande precisione nel formulare concetti complessi. Machiavelli era anche un abile manipolatore delle parole, utilizzando giochi di parole e figure retoriche per rendere i suoi scritti più vivaci e coinvolgenti. La sua abilità nel manipolare il linguaggio gli permetteva di influenzare il pensiero e le azioni dei suoi lettori, facendo leva sulle loro emozioni e sulle loro convinzioni. In conclusione, la soluzione linguistico-letteraria di Niccolò Machiavelli si basava sulla sua profonda conoscenza della lingua italiana e della letteratura classica, sulla sua capacità di comunicare in modo chiaro ed efficace e sulla sua abilità nel manipolare il linguaggio per influenzare il pensiero e le azioni dei suoi lettori.Machiavelli ha una buona formazione giovanile proveniente dal mondo latino. Si può affermare che lo scrittore pensa in latino, compone i suoi periodi nella mente secondo la struttura logica-deduttiva della prosa classica e poi riesce a scriverli in una lingua nuova, ricca di suggerimenti espressive, fortemente modulata sulla esperienza diretta dei fatti. Padroneggia con grande disinvoltura tutta l'opera di Livio, Polibio, Sallustio e degli altri autori di storia e della latinità. La consuetudine con la vita degli accampamenti, con il mondo delle assemblee e dei senati antichi, con la seduzione e la corruzione delle corti gli permise di entrare in contatto con una realtà eterna della quale seppe ben presto cogliere i dati perenni, le abitudini, gli usi, le modalità che il tempo non può cancellare. La sua mente, attraverso una lettura approfondita e sempre più personalizzata, restò quasi paralizzata di fronte agli esempi di saggezza politica.
di grande astuzia, di prudenza, di energia, di eroismo nel mondo greco e romano. Egliseppe rivolgere la sua osservazione alla situazione politica del suo tempo e con il suo sguardo penetra nei recessi dei comportamenti degli uomini di Stato e la prontarielaborazione nella sua mente di un uomo acuto, freddo nella riflessione è decisamente pessimista. La grande capacità linguistica e l'assoluta razionalità e novità del giudizio nacque così la prima grande prosa moderna della lingua italiana. Nacque in lui la certezza che l'attività politica non può essere mai legata per lungo tempo al fatalismo e agli inganni di una visione religiosa spinta all'estremo. Egli sostiene che non esiste né potrà mai esistere una Repubblica che si fondi solo sugli aspetti religiosi di un popolo. La sua esperienza di segretario e il consulente di principi scaltri gli servì ben presto per capire che la politica vera era del tutto
Lontana dai precetti divirtù e di magnanimità, dei nobili fini dello Stato di cui fino ad allora avevano parlatogli umanisti nelle loro opere. Alle decine e decine di libri della trattatistica umanistica, fondate sui principi della virtù della bontà, lo scrittore fiorentino saopporre la propria riflessione pacata e ben ragionata, frutto delle sue numerose ambascerie presso le corti più importanti del tempo. Machiavelli osservava la frantumazione e la lacerazione politica e militare non meno che amministrativa di tutta la penisola italiana. I grandi Stati come quello di Milano e di Napoli erano ormai spariti; Firenze contava poco, le altre regioni erano del tutto insignificanti sul piano politico. La facilità con la quale gli eserciti di Spagna e di Francia percorrono la nostra penisola senza incontrare alcuna resistenza spinge Machiavelli a trovare un ulteriore motivo patriottico e ben giustificato, per accusare la precedente educazione politica e umanistica.
Alla prosa bella, arguta e sofisticata della tradizione classica, occorreva opporre un modo di scrivere e di esporre le cose più preciso, prosciugato di ogni eccesso retorico e quindi più vicino alla realtà. Nasceva proprio attraverso le pagine del Principe e dell'Arte della guerra una prosa affascinante e suggestiva, capace di affrontare i tempi più complessi, con la rapidità di una sintesi che coglie solo e sempre i nessi necessari e si svolge secondo assoluta razionalità e sicura sequenza di fatti. Per gli umanisti la storia può offrire esempi di virtù e poi insegnare che la vita è soggetta alla sorte, quindi l'uomo non deve fare affidamento sui beni della mondo. Questo era il senso generale dell'opera di Petrarca. Machiavelli invece dà un senso tutto nuovo alla lettura delle storie antiche per trarre da esse non insegnamenti morali ma piuttosto una lezione politica realistica. Non bisogna però credere che daParte di Machiavelli manchi un'ammirazione fervida verso gli eroi romani. Machiavelli nel Principe ha creato un'opera drammatica, così ricca di intelligenza della realtà, da apparire spesso una sorta di immenso affresco delle cose in Italia e in quel periodo. L'opera di Machiavelli si pone così come una sorta di inno all'intelligenza; possiede una dinamica del linguaggio che in primo luogo è arte e poesia. Solo Giambattista Vico qualche secolo dopo seppe raggiungere la stessa forza espressiva ma la sua fantasia così creativa finisce spesso per cadere nell'oscurità. La prosa del segretario fiorentino vigorosa e irruente procedere per dilemmi e per l'antitesi. Infatti essa presenta la sintassi della lingua latina, con un uso frequente di due posizioni soggettive e oggettive, con il ricorso persino all'ablativo assoluto e al participio congiunto. Ma ciò che più colpisce è la rapidità di tutti.
i periodi nei quali le congiunzioni inutili sono eliminati e tutti i legami logici sono accorciati. Machiavelli non ricorre a commenti inutili, le cose sono narrate così come sono avvenute, in un ordine chiaro secondo il quale vengono presentati da prima i fatti e poi gli esempi convincenti e sempre calzanti.Capitolo 10
La lingua italiana e la storiografia del primo '500
La vicenda politica culturale che si collegò direttamente allo sfortunato tentativo di Fra Girolamo Savonarola di conquistare il potere a Firenze attraverso un'azione ideologica e morale prima ancora che politica e militare lasciò grande seguito nella cultura fiorentina ed italiana. La fusione e gli ideali religiosi e democratici che Savonarola predicava e soprattutto la volontà di farle del discorso religioso una parte nella vita politica di tutti i cittadini avevano una profonda rispondenza nella coscienza comune. Si trattò di un tentativo assai importante che avrebbe
potutocondurre a un rinnovamento civile fondato anche su aspirazioni religiose del tutto assenti nella nostra penisola. Il popolo resterà per molti secoli l'oggetto della storia senza mai poter esprimere direttamente la propria opinione, la propria istanza politica. Sulpiano della storia della lingua italiana il movimento del Savonarola suscitò una serie di manifestazioni letterarie nelle quali gli interessi politici, le aspirazioni popolari, le esigenze religiose si fusero in una nuova e più decisa scrittura di storie di cronaca. Le scelte letterarie e le ideologie di Jacopo Nardi, Bernardo Segni, Benedetto Varchi, Donato Giannotti e Bartolomeo Cavalcanti furono pienamente avversate dai signori di Firenze che li costrinsero a trascorrere gran parte della loro vita in esilio. Questi storici comprendono che gli ideali della libertà italiana sono ormai definitivamente compromessi. La verità è nel fatto che anche altri storici fiorentini non si sono espressi in modo diverso.limitaronopiù ad usare una lingua parlata a Firenze né tendono come altri settori ad esprimersiin una forma vivace, vicina a quella della lingua parlata. Essi posseggono un'elevatapreparazione letteraria e quindi aspirano a scrivere una prosa finalmente degna delleopere classiche. L'esempio del Boccaccio indicato dal Bembo quale modelloessenziale era molto importante. Si trattava cioè di scrivere in un volgare privo dielementi dialettali, con una sintassi più composita di quella parlata. Era necessarioperò creare una prosa meno ricca e poetica di quella del Decamerone. La cosa piùimportante della prosa italiana fu lo studio approfondito della retorica di Aristotele.Pomponazzi aveva difeso l'uso del volgare contro il latino contro il latino umanisticoche era lontano dalla vita quotidiana. Sperone Speroni allievo di Pomponazzi, scelsedefinitivamente l'uso del volgare anche nelle opere di filosofia e di retorica. Gliscrittorifiorentini difeso l'uso della lingua di Firenze. Il Trissino fu tra i letterati, colui che più si batté per giungere ad una lingua liberata dal municipalismo, comune a tutti gli italiani. Furono in molti allora a cercare di costruire, attraverso opere dirette o retoriche, un vero e proprio modello di lingua volgare italiana non più fondato semplicemente sull'uso o sull'imitazione di un solo autore, ma determinato da una approfondita ricerca della retorica e della passione. La nuova prosa italiana nacque appunto dalla fusione della lezione del Bembo sulla necessità di adoperare il fiorentino dei grandi autori con una raffinata e completa rilettura della retorica di Aristotele. Si riuscì a formare una norma stilistica nuova attraverso una struttura sintattica e retorica nella quale tutte le novità espressive trovavano dignità letteraria. Si trattò di una sorta di compromesso tra l'insegnamento del Bembo e le tendenze retoriche.Della scuola di Padova. Fu allora che Firenze venne fondata l'Accademia della Crusca che ebbe tra i suoi rappresentanti più autorevoli Leonardo Salviati.