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MODI DI VALUTAZIONE ISTITUITA RICORRENTI IN CAMPO FORMATIVO
Pedagogico audit: dal micro, al meso, al macro. Possiamo concepire la valutazione a diversi livelli di approfondimento e a diversi livelli di classificazione:
- Approccio pedagogico
- Economico
- Policy evaluation
- Audit
Dal libro "Storie di formatori" di Domenico Lipari, 2011 su commissione dell'Associazione italiana dei formatori. Fondata da metà anni '80. Ha associato/reclutato un nucleo consistente di formatori. Inizialmente consulenti aziendali milanesi che nelle aziende o per le aziende si occupavano della formazione dei manager per quelle organizzazioni. Nel tempo ha avuto uno sviluppo importante. Nel corso dei suoi primi anni ha promosso e realizzato molte iniziative che consistevano in convegni rivolti ai formatori. In seguito ha cominciato a pubblicare una rivista: "Form" + collana di pubblicazione di libri a cura di Franco Angeli. Il clima culturale all'interno del
quale è promossa e nasce e si sviluppa questa associazione è il clima culturale della formazione organicistica/neomodernista. In questo clima culturale nasce come abbiamo sottolineato una sorta di campo disciplinare della formazione. Uno dei più autorevoli studiosi che più hanno contribuito all'elaborazione attorno al processo formativo è Gianpiero Quaglino. La figura professionale di un formatore di struttura in questi anni attorno ai contenuti del processo di formazione: analisi dei bisogni... Dentro questa associazione sono maturate differenti pensieri e sono stati pubblicati diversi volumi il più importante dei quali è "professione formazione" (1988) curato da Massimo Bruscaglioni. In questo libro è riassunta e sviluppata tutta questa teoria della formazione dentro la quale a partire dal contributo di Quaglino questi temi vengono sviluppati analiticamente. Dunque questo libro rappresenta un punto diApprodo importante nella elaborazione delle teorie e degli strumenti di metodo ai quali attingono tutti quelli che fanno i formatori. Nel frattempo si dilata il campo delle attività formative nelle aziende e nelle pubbliche amministrazioni. All'aumentare di questa rilevanza acquista spessore e valore anche la figura professionale del formatore ma ci si è sempre interrogati su una serie di questioni: chi è un formatore? Come nasce? Come si forma? A proposito di ciò alcune istituzioni hanno incominciato a proporre una varietà di corsi che si chiamavano "corsi di formazione dei formatori". Partecipavano individui per 5/6 settimane di una giornata piena e alla fine avevano la possibilità di sentirsi formatori. MA ci troviamo davanti ad un problema: chi è il formatore. Il formatore non è un docente. È un progettista, un produttore di progetti, facilitatore di processi e molto altro. Lo sfondo di riferimento "AIF".
Che nasce per tenere insieme in un’associazione i formatori italiani, è il punto di riferimento della riflessione che faremo oggi. Sfondo di una domanda fondamentale di ricerca che Domenico si è posto nel 2011: chi e che cosa sono i formatori oggi in Italia? I tratti costitutivi e metodologici di questa ricerca si basano sulla raccolta di interviste e la loro trascrizione. Domenico ha impegnato un anno ad elaborare questa ricerca. La domanda del committente era generica ma allo stesso tempo fiduciosa nella capacità di Domenico di proporre e di provare a fare qualcosa di utile. Ma avendo campo libero è partito da un punto di vista che ha orientato il lavoro di ricerca e anche poi il metodo che ne ha sostenuto tutto il percorso. D ha ritenuto utile e plausibile l’idea di lavorare ad un tema centrale che per lui in quel momento era identitario: chi e che cosa sono i formatori. Già a inizio nuovo millennio questa domanda si è articolata e ramificata.
anche sul terreno delle pratiche, sul terreno del che cosa si fa.IDENTITÀ dovrebbe essere considerata come l'esito di un processo di costruzione che coinvolge varie dimensioni. In particolare quando parliamo di identità personale è a pratica svolta in contesti specifici. In generale => = risposta alla domanda chi sono io che risponde alla percezione soggettiva di me stesso MA come io mi vedo definisce una parte della mia identità. L'altra domanda è che cosa sono io = come gli altri mi vedono. L'insieme delle risposte a queste due domande è l'identità. È più importante come gli altri mi vedono. Io posso avere una percezione di me interessante e densa ma se questa non è riconosciuta da nessuno non è plausibile. È dunque un processo di costruzione continua. Dovendo però dire chi sono i formatori, Domenico non ha potuto che legare la domanda identitaria a qualchecosa di
Fondamentale per capire chi sono. Ha dunque immaginato che l'identità dei formatori sia costituita da un processo di costruzione identitaria alla quale contribuisce una pluralità di dimensioni. La più importante delle quali è la pratica. Ha visto che il punto di passaggio obbligato diventava l'elaborazione di una cornice di analisi in grado di produrre una cornice adeguata che li rappresentasse nello svolgimento concreto del loro agire => obiettivo: costruire schema di analisi capace di proporre una descrizione plausibile dei formatori in azioni = ne momento in cui svolgevano il loro compito. Il lavoro si è mosso dunque dalle pratiche lavorative, dal nucleo di conoscenza che queste pratiche strutturano e infine a partire dalla lettura e analisi delle percezioni soggettive dei modi in cui la pratica professionale sostiene i processi di costruzione identitaria. Problema: Domenico doveva cogliere anche la definizione di un'identità.
collettiva = chi sono i formatori in quanto gruppo professionale. Questa idea di mettere in centro la pratica è una scelta fatta da D nella convinzione del fatto che identità professionale sia costruita da un processo di condivisione dei significati che impegna i soggetti in un investimento continuamente rinnovato. In quanto esito consolidato di un processo di questo tipo, l'identità professionale è data dalle autorappresentazione dei soggetti con riferimento alla loro attività lavorativa. I racconti nel libro sono quelli forniti da interviste individuali o da focus group. Da questo punto di vista e così considerata la descrizione identitaria mette in evidenza l'identità professionale come autorappresentazione => focus centrale dell'analisi è costituito dal modo in cui gli intervistati si definiscono in quanto formatori a partire dai contenuti che danno senso alla denominazione dei formatori. La descrizione siConcentra sull'identità sociale = percezione degli altri dei formatori, a partire dal grado di comprensione dei non addetti ai lavori di che cosa è il formatore. Il fatto di ancorare la ricerca ai dati di realtà non esclude il fatto che D avesse una sua cornice interpretativa. I punti di vista del ricercatore allora c'erano come c'erano i suoi pregiudizi. Questione deontologica/etica: i punti di vista presi rispetto al lavoro sul campo influenzano il lavoro di ricercatore. Non è possibile metterli tra parentesi, soprattutto nelle scienze sociali. L'importante è riconoscere che non si sta facendo una ricerca oggettiva ma molto soggettiva. Ciò dipende anche dal fatto che la raccolta dati in questo caso è qualitativa. L'interpretazione è fatta a partire dal modo in cui le lenti di D hanno visto ciò che ha raccolto e le sue lenti sono le sue e non quelle di tutti => assolutamente irragionevole pensare
di ottenere risultati oggettivi. Qual è il valore della conoscenza che produce una ricerca sociale? È dato dalla condivisione dei dati dei soggetti con i quali la ricerca ha interagito + da quanto la conoscenza è ritenuta valida e condivisa da una platea di ascoltatori. Il lavoro di ricerca qualitativa è in larga misura caratterizzato dalla soggettività del ricercatore e della soggettività dei referenti su cui si svolge l'indagine. È dunque una ricerca fondata da una dimensione intersoggettiva => metodo di ricerca utilizzato da D non era una scelta legata alle sue preferenze agli approcci qualitativi ma favorito dalla tipologia della ricerca. D si è mosso dalla necessità di scoprire problemi, non era necessario avere un campione rappresentativo. Nessuno sa in Italia quantitativamente quanti formatori ci sono => impossibilità di creare un campione rappresentativo. Non essendoci rappresentatività statistica
>D ha dato priorità alla significatività. Prospettiva di interpretazione e di descrizione etnografica. Le finalità dell’ indagine e l’approccio favorito da D è quello qualitativo + necessaria raccolta di dati di realtà.Necessario un trattamento speciale per questi dati x esplorare in profondità. Il lavoro etnografico così concepito richiede pazienza di sostare davanti alla realtà da comprendere e tempi lunghi per la trascrizione scritta. Stile del resoconto di ricerca ha un carattere fortemente narrativo=> racconto che racconta storie. Sià allude dunque ad una scelta di argomentare i dati e di spiegare (stile espositivo) che merita chiarimento:- Coerente con il metodo qualitativo ed etnografico adottato (etnografia = stile di ricerca e modalità di scrittura). Etnografia produce narrazione in cui sono raccolti ed interpretati dati.- Tendenza ormai consolidata nelle scienze sociali caratterizzata da un
Crescente interesse per le narrazioni -> svolta narrativa. Frammenti di narrazione in questo caso sono racconti e anche testimonianze, testimonianze da intendere come ciò che D ha attribuito conseguentemente alla sua visione.
La ricerca ha fatto emergere la realtà complessa del lavoro di formatore. Infatti partendo dalle pratiche come raccomanda un antropologo francese Bruno LaTour, "seguire gli attori se vuoi capire cosa fanno!" D ha interpretato ciò come un dovere inseguire questi attori per poterli scoprire in azione = lavorare su una varietà di pratiche a cominciare da una pratica di aula. Una prima modalità attraverso cui si esprime l'azione formativa è l'aula -> azione didattica come tematizzata precedentemente.
Esempio di osservazione -> mentre svolgeva la ricerca D si trovava in una stessa aula con un altro docente che ha dunque osservato. Altre osservazioni -> tutor d'aula, una sorta di assistente che si avvicina
alla formazione e lo fa svolgendo compiti sussidiari/accessori/complementari all'attività didattica svolti in genereda giovani. Altre pratiche osservate -> non si riduce all'aula il compito del formatore -> altre pr