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Estratto del documento

Il Corbaccio è un’opera misteriosa sin dal titolo e testimonia sorprendentemente una

grande misoginia da parte dell’autore. In questo libro infatti Boccaccio è innamorato

perdutamente di una donna sposata, che però ad un certo punto muore senza averlo

mai corrisposto. Una notte il protagonista sogna di trovarsi in un bosco all’inizio molto

bello, poi, man mano che cammina, sempre più inospitale e minaccioso. Lì ad un certo

punto si imbatte per caso in un uomo che dichiara di essere il marito della donna

amata dallo scrittore e che elenca tutti i vizi della moglie morta e delle donne in

generale. Di conseguenza, dunque, con quest’opera Boccaccio sembra rinnegare

l’ammirazione verso l’altro sesso mostrata sia nel Decameron sia nel De Mulieribus

Claris (raccolta di biografie di donne illustri per vizi e virtù). Il Corbaccio è da

considerarsi una svolta? Un puro gusto polemico? Un esercitazione all’interno della

letteratura misogina, all’epoca molto diffusa? È un mistero. 21/11/13

La novella che si sta per raccontare è ambientata, almeno in parte, nel mondo arabo.

La cultura musulmana, apparentemente lontana anni luce, allora come, tutto sommato

anche oggi, da quella occidentale, riesce tuttavia a trovare un punto d’incontro cogli

“infedeli” attraverso la letteratura. Un esempio è Il Poema del mio Cid, di autore

ignoto, ma di sicura origine arabo-iberica, che per secoli è stato modello del poema

cavalleresco. Giornata II, Novella IX

Le donne si devono guardare da chi le inganna. Il racconto si apre con questo

ammonimento alle lettrici messo in bocca alla narratrice Filomena. Gli eventi che si

stanno per narrare lo dimostrano. Si comincia dunque a Parigi, dove una sera, in una

locanda, un gruppo di mercanti si trova a chiacchierare. Ad un certo punto l’argomento

cade anche sulle donne, viste non solo come “trofei” di tante avventure amorose dei

suddetti mercanti, ma anche come simbolo di infedeltà ed incostanza. (giusto per non

farsi tanti sensi di colpa per il tradimento delle rispettive mogli). Solo uno di loro si fa

avanti a difesa del gentil sesso; è Bernabò da Genova, che sostiene che la moglie è

diversa dalle altre donne. Si lancia quindi in un appassionato elogio della consorte, in

cui abbondano qualità non solo femminili, ma anche maschili (come leggere, scrivere

e far di conto, fatto effettivamente all’epoca straordinario per una donna italiana). C’è

di più; sua moglie non lo tradirebbe mai, anche se stesse lontano di casa dieci anni o

perfino tutta la vita. Alla luce delle considerazioni fatte prima, nessuno, ovviamente,

gli crede. In particolare, il giovane mercante Ambrogiuolo da Piacenza ribatte con un

cinismo terrificante alla lode di Bernabò; le donne sono tutte uguali, dunque Bernabò,

se pensa che sua moglie sia diversa dalle altre, è un povero illuso. Bernabò,

imbarazzato, prova a replicare che solo le stupide si lasciano tentare, mentre le

ragazze intelligenti hanno ancora più carattere degli uomini; Ambrogiuolo, implacabile,

rincara la dose, affermando che, se una donna non tradisce il marito, è solo perché o

non è desiderata da nessun altro uomo o perché viene respinta da colui che ama. Si

arriva dunque ad una scommessa fra i due; Bernabò è pronto a mettere in palio la

propria vita se sua moglie lo tradirà con Ambrogiuolo, contro mille fiorini d’oro di

quest’ultimo. D’altro canto, il proprio rivale del suo sangue non se ne fa nulla, ma, da

mercante ed uomo avido, non disdegna cinquemila fiorini d’oro di Bernabò. Tempo tre

mesi, sostiene Ambrogiuolo, e il tradimento sarà avvenuto e Bernabò ne avrà le prove.

Così Bernabò si trattiene a Parigi, mentre Ambrogio va a Genova. Presto si rende

conto, tuttavia, che avvicinare Ginevra (questo il nome della donna oggetto della

scommessa), è praticamente impossibile. Tuttavia, con una trovata molto teatrale,

riesce a corrompere una donna di umile origine intima di Ginevra e a farsi introdurre

da lei nella casa della donna nascosto in una cassa. Così, di nascosto, di notte, esce

dalla cassa ed accumula le prove dell’amplesso (infatti a lui in realtà non importa nulla

di fare davvero sesso con Ginevra, ma solo di vincere la scommessa). Le prove sono:

l’accurata memorizzazione dell’appartamento di Ginevra, alcuni suoi oggetti personali

e, infine, quella che deve essere la prova schiacciante, ossia un neo sotto al seno. Il

tutto si ripete per tre notti contigue. Tornato a Parigi, riunisce nello stesso luogo tutti i

compagni della sera della scommessa e mostra loro le “prove”. Alla rivelazione

decisiva del particolare segno fisico di Ginevra, Bernabò e sconvolto, la vergogna per

l’umiliazione ricevuta e la rabbia per il denaro perso lo trasformano letteralmente in un

altro uomo; spostatosi infatti da Parigi in una sua tenuta vicino a Genova, convoca lì

un suo servo fidato, incaricandolo di andare a prendere la moglie con la scusa di

accompagnarla da lui, ma di ucciderla durante il viaggio. Il servo, a malincuore,

esegue l’ordine,e, Ginevra, ignara di tutto, lo segue, sinceramente felice all’idea di

rivedere il marito. Arrivati, dopo molte discussioni (Ginevra, nonostante la propria alta

condizione sociale, è una donna molto gentile ed affabile con tutti)in un vallone

isolato, il servo si appresta ad ucciderla, ma Ginevra, dimostrando grande intelligenza

ed astuzia, fa una proposta utile ad entrambi; lei prenderà i vestiti del servo,

fingendosi dunque uomo e allontanandosi il più possibile da Genova, mentre lui

prenderà i vestiti di lei e li porterà come prova al proprio signore dell’avvenuto

omicidio. C’è dunque un vero e proprio cambiamento di identità e la dimostrazione del

fatto che l’intelligenza umana si fida troppo di prove fallacci. Dopo una sosta da una

vecchia, Ginevra va verso il mare, dove incontra un marinaio catalano, che rimane

colpito dall’intelligenza del “ragazzo” e decide pertanto di prenderlo al proprio servizio.

I due così prendono insieme il mare e si recano dal sultano di Alessandria, che rimane

parimenti molto colpito dalle doti del giovane e decide di tenerlo con sé. Ginevra

diventa così capo delle guardie, ed un giorno si ritrova a dover presidiare un mercato

internazionale, al quale partecipano mercanti sia cristiani che musulmani. 22/11/13

Sicurano (ossia Ginevra in versione maschile) riconosce due oggetti esposti al mercato

di Acri come propri. Ora Boccaccio pone il lettore nello stesso punto di vista del

Dechiede curioso di chi siano quelle merci ed allora Ambrogiuolo gli si presenta,

dichiarando che le merci sono sue, e, curiosamente, che non vuole venderle. Però, se

Sicurano le vuole, gliele può regalare. Sicurano nota che, mentre Ambrogiuolo dice

quanto appena scritto, ride, dunque sospetta che il mercante piacentino abbia avuto

una parte nei suoi guai. Tuttavia cerca di non far trapelare nulla e si limita a chiedere

ad Ambrogiuolo se ride perché lui, uomo, si interessa di oggetti femminili. La replica

dell’italiano è assolutamente cinica; ha avuto quegli accessori dalla moglie di un altro

mercante genovese, come prova del tradimento. Sicurano ora capisce tutto,

compreso, ovviamente, il motivo dell’ira di Bernabò nei suoi confronti e decide di

vendicarsi, ma, astutamente, non rivela ancora nulla, mostrando anzi una certa

complicità maschile per la “furbizia” di Ambrogiuolo, ed anzi facendoselo amico,

facendogli costruire un capanno tutto per lui ad Alessandria e dandogli anche dei soldi.

Facendo così vuole prendere tempo finché Bernabò non arrivi ad Alessandria, cosa che

effettivamente accade. Sorprendentemente, anche lui è molto cambiato; da

ricchissimo, infatti, è diventato povero. È questa l’ennesima dimostrazione, nel

Decameron, di come la sorte agisca sempre. L’improvviso cambio di fortuna di

Bernabò, inoltre, può essere vista come una sorte di punizione per il suo

comportamento spregevole verso la moglie. Intanto Sicurano fa raccontare ad

Ambrogiuolo tutta la storia della sua “prodezza” davanti al Sultano e allo stesso tempo

viene sapere che Bernabò è giunto ad Alessandria. Allora il giovane fa convocare

anche lui davanti al suo signore. Ora è il momento per Ambrogiuolo di dire la verità, se

non vuole essere torturato. Ambrogiuolo, spaventato, si arrende subito, illudendosi che

così facendo possa cavaserla colla restituzione del denaro e degli oggetti. Quando ha

finito di parlare, tocca a Bernabò raccontare la propria versione dei fatti. Nella sua

dichiarazione si nota un particolare, ossia il fatto che lo abbia ferito di più la vergogna

sociale e la perdita del denaro che non il presunto tradimento in sé. Dimostra quindi

un’enorme viltà miseramente umana. Sicurano, a tal punto, è di una lucidità e

franchezza spaventose. Dichiara, infatti, senza mezzi termini, le colpe di entrambi gli

uomini; quelle di Ambrogiuolo, un uomo senza scrupoli che non ha esitato a rovinare la

fama e la vita di una donna innocente e a danneggiare economicamente anche un

collega; quelle di Bernabò che, sciocco, ha creduto troppo in fretta alle frottole di un

uomo appena conosciuto, senza dar peso all’esperienza avuta in anni di matrimonio di

una moglie assolutamente leale. Anzi, forse sono più gravi le colpe di Bernabò, visto

che non ha esitato a far uccidere una donna che lo adorava senza nemmeno prima

darle il tempo di dichiarare una propria versione dei fatti. Dopo questa condanna

implacabile, ma giusta, chiede al Sultano, con grande meraviglia sia di Bernabò che di

Ambrogiuolo, di convocare la donna oltraggiata. Se Bernabò è solo stupito, nondimeno

Ambrogiuolo ha anche paura, perché si rende conto solo allora che l’apparizione di

Ginevra avrebbe per lui conseguenze molto più gravi che non una semplice multa. Ora

Sicurano torna ad essere definitivamente donna e può farlo soprattutto grazie alla

presenza del sultano, campione di cortesia non meno dei suoi “colleghi” europei. Ora

Ginevra viene rivestita dei suoi degni panni femminili. Se Bernabò viene subito

perdonato, Ambrogiuolo ha una punizione esemplare; viene infatti legato ad un palo

sotto il sole cocente e, denudato, cosparso interamente di miele; in tale condizione,

nel giro di un giorno viene letteralmente divorato vivo sino alle ossa da vari insetti e le

sue ossa rimangono appese per lungo tempo al palo come monito contro la malvagità.

C’è nella sua sorte atroce una sorta di contrappasso; infatti, così come lui ha distrutto

non

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
37 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Missshaggy94 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Pellizzari Patrizia.