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Da qualcuno questo venne definito il primo edificio
moderno, mentre Hoffmann era ancora decisamente attaccato al tema dell’ornamento.
Il Protorazionalismo
Il termine protorazionalismo si usa per inducare un fenomeno europeo, iniziato nel primo
decennio del ventesimo secolo, che coincide con quei primi progetti che assumono una
distanza critica dalle opere del passato, ed in particolar modo dallo storicismo e dalla
eccessiva importanza data alla forma.
Tra gli architetti europei che hanno vissuto i fermenti del protorazionalismo, i più
rappresentativi sono Auguste Perret, Adolf Loos, Peter Behrens, Josef Hoffman, Tony Garnier.
Nell’operare profonde semplificazioni linguistiche e determinanti ricerche tecnico-costruttive
essi fungono da anello di congiunzione tra la realtà dell’Ottocento ed il mondo Moderno.
L’Art Nouveau venne percepita come una creazione soggettiva, non troppo in grado di
rispondere ai bisogni della società, e nemmeno particolarmente radicata in essa: a Vienna,
Hoffmann e Loos suggerivano che per arrivare ad uno stile moderno fosse necessaria una
semplificazione formale. A Berlino, Peter Behrens ricorreva ai principi classici per rielaborare
una forma coerente con il moderno stato industriale. A Parigi, Auguste Perret cercava una
disciplina formale nei vincoli e nelle potenzialità del cemento armato.
La posizione razionalista era la seguente: se gli architetti del presente ragionassero con la
semplicità di quelli del passato, ovvero concentrandosi sulla chiarezza della funzione e della
struttura, le forme sarebbero più autentiche.
Il calcestruzzo fu uno dei materiali più utilizzati a partire dalla seconda metà del XIX secolo,
per la scoperta delle sue grandi potenzialità. Attorno al 1870 fu inventato il calcestruzzo
armato, vera e propria rivoluzione in campo architettonico.
Adolf Loos (1870–1933)
Adolf Loos ebbe poche influenze da parte dell’Art Nouveau, anzi fu uno dei personaggi più
polemici riguardo a questo movimento, e portò avanti un percorso di semplificazione lineare
e volumetrica estremamente drastico.
Non fu particolarmente affine all’Art Nouveau parzialmente perché aveva vissuto molti anni
negli Stati Uniti, e parzialmente perché si era accorto che questo movimento era
un’espressione artistica troppo personale, che non poteva avere un risultato durevole nel
tempo. 32
Scrive “Ornamento e Delitto”, dove critica l’uso improprio dei materiali, che comprendeva
anche l’uso dei rivestimenti per celare le strutture, e critica ogni forma di ornamento che non
avesse una base funzionale. In questo sarà forte anticipatore delle tendenze del Novecento.
Loos ammirava anche la semplicità dell’architettura contadina, in contrasto con i penosi
eccessi dell’architettura borghese di Vienna.
Per Loos la bellezza andava ricercata solo nella forma e non nell’ornamento: il suo linguaggio
si ridusse alla progettazione di parallelepipedi bucati da semplici aperture, affiancati ad
interni più complessi e compenetranti (raumplan). 1909, Adolf Loos, Looshaus –
Raiffeisenbank Wien
Fu una provocazione di Loos. Nonostante
il suo funzionalismo estetico, l'edificio non
è un semplice edificio funzionale,
soprattutto nei materiali. Vi è un forte
contrasto tra la facciata rivestita in marmo
utilizzata al piano terra e la facciata in
gesso naturale dei piani residenziali sopra.
Dopo il suo completamento, la casa
incontrò notevoli controversie nella città
ancora dominata dal sapore storicistico.
1910, Adolf Loos, Casa Steiner
L’effetto architettonico si basava sulla
contrapposizione delle grandi finestre di cristallo
sulle superfici disadorne.
Per Loos, l’Art Nouveau era uno dei tanti stili
superficiali, e che il vero stile del mondo moderno
sarebbe emerso quando sarebbe stata data la
possibilità alle forme di emergere disadorne.
Adolf Loos, Villa Muller, 1930 Noto simbolo degli esordi dell'architettura
moderna, Villa Müller incarna l'ideale di economia e
funzionalità di Loos. La particolare progettazione
nello spazio, definita Raumplan, in questa villa
raggiunge il suo apice portando a termine un lungo
processo di sperimentazione già presente nel
progetto di Villa Steiner. Lo spazio viene
caratterizzato, anche all'interno di una stessa
stanza, dal mutare in altezza dei livelli di calpestio,
indicando il cambiamento di una funzione o la
simbolica importanza di una determinata area. 33
Tony Garnier (1869-1948) Realizza un progetto molto importante, che è il primo
tentativo di realizzare una città ex novo da progetto
partendo dalla progettazione urbanistica e arrivando
allo studio del singolo edificio. Si tratta della Cité
Industrielle (1901-1917), nella quale confluiscono il
tema della città giardino di Howard, le utopie di
Fourier e i pensieri di Sitte e di Wagner.
Afferma che la formazione della nuova città debba
avvenire vicino alle industrie, e la pensa per 35.000
abitanti. Ripartisce uniformemente e rigorosamente
le funzioni, anche in base all’orografia del terreno. La
zona abitata è costituita come un grande parco con isolati da 30 a 150 m e ampio uso di verde.
Tutti gli edifici sono in vetro e cemento armato, per esigenze della standardizzazione, senza
elementi decorativi. L’area residenziale era pensata come composta da edifici dai volumi a
parallelepipedo, con tetti piani e realizzazione in calcestruzzo.
Auguste Perret (1874-1954)
Pioniere del cemento armato e precorritore del movimento moderno, Auguste Perret
rappresenta un caso singolare nella storia dell’architettura del Novecento. Ispirato dalle teorie
di Viollet-le-Duc, secondo le quali ogni specifico materiale dovrebbe avere una forma
adeguata che lo rappresenti, ricerca un linguaggio architettonico per il cemento armato,
trovandolo nelle forme ortogonali, nelle facciate che riflettono la struttura interna
dell’edificio, e nell’assenza totale di ornamento.
1902, Auguste Perret, Alloggi di Rue Franklin
Gli appartamenti progettati da Perret nel centro di Parigi, oltre
all’originale distribuzione degli interni, presentano un’innovativa
soluzione strutturale, del tutto collegata al periodo di rivoluzione
tecnologica e industriale nel quale il progettista sta vivendo. La casa
non è sorretta da muratura portante, come voleva la tradizione
accademica, ma è concepita con un sistema a telaio in calcestruzzo
armato. In questo caso il calcestruzzo in facciata è rivestito.
Auguste Perret, Garage di Rue de Ponthieu, 1905
Nel 1905, Perret costruisce il garage al numero 51 di Rue de
Ponthieu, dove lascia il cemento completamente a vista.
Probabilmente a questo punto della sua vita aveva capito che le forme
migliori per il cemento armato erano quelle ortogonali, un po’ per
pregiudizi estetici ed un po’ per la semplicità nel realizzare casseri.
Questo progetto diede la convinzione che le forme rettangolari
fossero più adatte alla standardizzazione e al cemento armato. 34
Futurismo in Italia negli Anni Dieci
Alla base del futurismo fu l'intuizione che la cultura del Novecento non avrebbe potuto non
tener conto dei poderosi processi di trasformazione socio-economica in atto: la rapida
industrializzazione, la nuova struttura e la nuova funzione delle città, il trionfo della velocità,
protagonista dei mezzi di comunicazione (come la radio) e dei mezzi di trasporto
(l'automobile, l'aereo e in generale quelli mossi dal motore a scoppio), infine la stessa violenza
distruttiva delle nuove armi. Ai futuristi risultò inadeguata la vecchia concezione della cultura
come riflessione e comprensione razionale della realtà; così le contrapposero l'idea di una
cultura incentrata sul bisogno di agire e su un progetto artistico capace di rappresentare il
dinamismo.
L'elaborazione teorica fu affidata ai cosiddetti "manifesti". Il primo Manifesto del futurismo fu
pubblicato il 20 febbraio 1909 da F.T. Marinetti, sulle pagine del quotidiano "Le Figaro" di
Parigi e richiamava l'atto di fondazione di un movimento politico: i futuristi aspiravano a
modificare radicalmente la società. Il futurismo, dunque, si pose in un'ottica dichiaratamente
antiborghese: fu contro il perbenismo, ogni forma di tradizione, il parlamentarismo e la
democrazia; sostenne invece la positività assoluta del gesto ribelle e libertario, dell'eroismo
fine a se stesso, del disprezzo dei sentimenti, della guerra come "sola igiene del mondo
Antonio Sant’Elia (1888-1916)
Il principale esponente dell’architettura Futurista è
Antonio Sant’Elia. Immagina progetti per una possibile
città nuova, priva di continuità storica con il passato,
dinamica ed in pieno movimento. Sant’Elia progetta
pensando ad i nuovi materiali (ferro e vetro), che
avrebbero consentito un’enorme leggerezza ed elasticità.
Per Sant’Elia, come nel passato ci si è ispirati alla natura,
ora ci si deve ispirare al mondo delle macchine. Il concetto
di dinamismo era tipico dell’architettura futurista, e
ripreso anche da Boccioni che sosteneva che la velocità
fosse una necessità. La velocità doveva essere anche
costruttiva, e questo influisce molto nella scelta dei
materiali.
La Germania tra Espressionismo e Razionalismo
In Germania, nel primo ventennio del 1900, si contrappongono concettualmente due modi di
fare architettura. Il primo è l’espressionismo, che eredita dall’omonimo movimento artistico
sviluppatosi in quegli anni il gusto quasi romantico dell’espressione della realtà interiore
dell’artista, attraverso forme complesse e plastiche, dai colori e dalle geometrie forti.
L’altro è il razionalismo, che al contrario verteva ad una semplificazione massima delle forme
e ad una riduzione all’essenza, che prevedeva una maggior importanza data alla funzione,
piuttosto che all’esito formale. 35
L’Espressionismo di Erich Mendelhson (1887-1953)
Fu proprio sotto il fuoco bellico, più precisamente nel 1917 che Mendelsohn concepì
quell'architettura destinata a renderlo universalmente famoso: si tratta dell'osservatorio di
Potsdam, altrimenti noto come “Torre di Einstein”.
Erich Mendelhson, Torre Einstein di Potsdam,
1924
La costruzione della torre, destinata a consegnare il
nome di Mendelsohn nelle pagine dei libri di storia
dell'architettura, si sarebbe conclusa nel 1924. Si
tratta di un osservatorio astrofisico con lo scopo di
compiere verifiche empiriche di alcuni aspetti delle
teorie elaborate dal celebre scienziato sulla Teoria
della Relatività. L’ed