vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
ANALISI
L'immagine della fama alata è molto comune nella letteratura. L'accenno a Prato cela in realtà il riferimento a città ben più grandi. L'espressione "dolsi emi ridoglio" sottolinea una forte partecipazione emotiva, come in Paolo e Francesca, di Dante narratore e personaggio. Il riferimento all'ingegno tenuto a freno più che prima è emblema dell'esperienza precedente di Dante con il Convivio. La "miglior cosa" è chiaramente la Grazia di Dio. "Invidi" è un latinismo.
Vi sono due similitudini molto diverse: una che riguarda la vita quotidiana, un'altra la Bibbia. "Colui che schiara il mondo" è una perifrasi, sono molto frequenti. "Colui che si vengiò con li orsi" è un'altra perifrasi infatti per Eliseo, discepolo di Elia, preso in giro per la calvizie e che si vendicò facendo mangiare.
agli orsicoloro che lo avevo offeso. "Atteso" significa sempre coinvolto e allude sempre alla compassione di Dante, diversa dal disprezzo che prova di solito verso chi si trova all'Inferno. Versi 49-63 Dal v.49 al 51 Dante dimostra una forte accortezza nei confronti di Virgilio volta a non sminuire mai la sua autorità. Ci sono accenni al mito classico. La fiamma è paragonata a quella della pira di Eteocle e Polinice che si leva dal rogo su cui furono bruciati insieme quasi a testimonianza del loro odio reciproco. Il gentilseme dei romani è Enea. C'è anche un riferimento dunque al cavallo di Troia, a Deidamia, regina di Sciro dove Teti aveva nascosto Achille in abiti da donna e al Palladio, statua di Pallade che rendeva inespugnabile Ilio, che Diomede con la forza e Ulisse con l'astuzia rubarono uccidendone i custodi. Versi 64-78 C'è un gioco di parole con il pregare, con l'uso di termini con la stessa base. Il piegarsiverso la fiamma di Dante simboleggia ancora una volta il forte coinvolgimento emotivo. Virgilio gli concede di aspettare l'avvicinarsi della fiamma, ma afferma di voler parlare lui, in quanto i Greci sono alteri, ma non conoscono il valore dell'Eneide. "Quivi" è un latinismo. Versi 79-102 "Perduto" sta a significare la perdita del senso del limite. Ulisse, consapevole del viaggio di Enea, racconta la sua storia. È ritratto come uno desideroso di conoscere. La sua morte non è narrata nell'Odissea ma Dante si serve comunque di alcune fonti latine per la sua versione, quali Seneca e Plinio. Il riferimento all'ardore è un riferimento ulteriore alla fiamma. Si parla di un desiderio di divenire esperto del mondo non solo fisico ma anche morale. Versi 102-126 Il confine del mondo secondo gli uomini del tempo era lo stretto di Gibilterra, chiamato il mondo senza genti, perché disabitato. Il viaggio dura poco, poiché icompagni sono vecchi. La parola picciola è ripetuta, in quanto sottolinea il numero esiguo di uomini e il poco valore della vita umana rispetto all'eternità. Nel discorso di Ulisse la parola esperienza è parola umana. Gli umanisti leggeranno questa orazione in chiave positiva. L'impresa è considerata dagli uomini del medioevo invece folle, che è un'altra parola chiave. Alcuni studiosi videro in questo discorso l'ultimo inganno di Ulisse perpetrato verso i suoi compagni.
Versi 126-142
L'accendersi e lo spegnersi cinque volte della luce della luna indicano il passaggio di cinque mesi.
La montagna scura è in realtà il purgatorio.
Canto VI del Purgatorio
La montagna che Ulisse intravede è il Purgatorio, che è il riflesso dell'Inferno, in perfetta simmetria con quest'ultimo rispetto a Gerusalemme. È una condizione molto simile a quella della vita terrena, in quanto le anime si purificano.
man mano che salgono la montagna. L'ascesa quindi è sempre simbolo di redenzione. Le anime dunque sono in movimento: vanno dalle balze più grosse fino ai peccati meno gravi della cima. Al culmine c'è il paradiso terrestre in cui potranno recuperare l'innocenza originaria. Le anime del Purgatorio essendo simili a quelle viventi in quanto in cammino verso la redenzione, percepiscono anche il tempo, contrariamente ai dannati e ai beati fissati nell'eternità. Rispetto a quello dell'inferno, sviluppato a partire dall'Etica di Aristotele e dal pensiero di San Tommaso, l'ordinamento morale del Purgatorio è più semplice. Nel Purgatorio si succedono i sette peccati capitali. La fonte di Dante principale è la Summa teologica di san Tommaso, secondo la quale l'amore è l'unica cosa che muove gli uomini anche nel peccato. Nel caso della superbia, dell'invidia e dell'ira, i peccati.più gravi, l'amore è rivolto a un malo oggetto, cioè al male altrui. Nel caso dell'accidia si tratta invece di un amore troppo debole per il bene: paragonabile alla moderna depressione e attribuita a sé da Petrarca, l'accidia si può definire come una mancanza di volontà, una tendenza a cedere alle difficoltà. Infine, nel caso della gola, dell'avarizia e della lussuria, l'amore è rivolto con troppo vigore ai beni terreni. Dal punto di vista temporale, il Purgatorio si colloca dal 1309 al 1313/14. Nel 1309 il papato viene spostato ad Avignone e viene meno Bonifacio VIII come principale bersaglio di Dante. Nel 1313 invece viene meno il sogno della restaurazione imperiale in Italia, che viene definita "il giardino dell'impero", la sua parte più bella. La monarchia per Dante è provvidenziale per salvare l'Italia divisa dalle discordie interne. In quegli anni Dante si stavadedicando anche la sua opera "De Monarchia". Durante questa fase della sua vita, Dante viaggia molto: lo troviamo a Verona presso gli Scaligeri, poi a Ravenna. Inizia quindi ad avere una prospettiva italiana, che viene riflessa nel canto VI, un canto politico come gli altri, che testimonia l'armonia presente nell'opera. Così come nell'Inferno c'erano gli ignavi, anche qui c'è un anti-purgatorio, destinato alle anime negligenti, a coloro che si sono pentiti solo all'ultimo momento, come i morti scomunicati o i morti di morte violenta. Proprio come sono stati tardivi nel pentirsi, ora devono aspettare per iniziare il percorso di redenzione. Le anime pregano Dante di esortare i parenti vivi a pregare per loro, poiché le preghiere possono accelerare il processo. Per criticare l'Italia, Dante utilizza la figura di Sordello, un poeta mantovano lombardo, che scrive in francese su temi di ispirazione civile e politica.celebre per il Compianto, il Plagne per ser Blacatz, signore provenzale. Il riconoscersi come concittadini e l'abbracciarsi di due anime come quella di Sordello e quella di Virgilio, che dovrebbero aver abbandonato le passioni terrene commuove Dante e gli causa lo sdegno verso le divisioni dei contemporanei. L'invettiva è un genere in sintonia con le opere di Sordello stesso.
ANALISI
Versi 1-12
Il canto si apre con una similitudine presa dalla realtà cittadina. La folla che circonda Dante è paragonata a quella che circonda il vincitore del gioco dei dadi.
Versi 19-24
Il conte Orso è il conte di Mangona, mentre la perifrasi successiva si riferisce a Pier da la Broccia, che fu accusato incolpevole da Maria di Brabante.
Versi 25-42
AL v.26 c'è un poliptoto, pregare si declina in più forme. Nei versi successivi Dante si rivolge a Virgilio come al solito con una grande delicatezza in quanto non accusa Virgilio di essersi sbagliato ma se stesso.
Dinon aver ben interpretato quel passaggio. Il passaggio a cui si riferisce è quello in cui Palinuro chiede di poter essere traghettato oltre l'Acheronte, ma la sibilla gli risponde con la celebre frase: "Desine fata deum flecti sperare precando", cioè "Cessa di sperare che i decreti degli dei siano piegati con la preghiera". Virgilio risponde che la volontà è compiuta a prescindere dalla preghiera, ma che l'amore dei cari può invece sostituirsi al tempo. Inoltre, al tempo di Virgilio, la preghiera non era rivolta al vero Dio e le anime non avevano ancora la possibilità di salvarsi dal peccato perché Dio non aveva ancora salvato Cristo.
Versi 42-57
Al v.48 si nota una particolare sequenza di verbo e aggettivo in riferimento a Beatrice. I riferimenti al sole invece sono riferimenti ai giorni che passano.
Versi 58-75
A partire da questi versi è introdotta la figura di Sordello, descritta anche nei vv.61-63 da
Un commento di Dante autore. Al v.72 c'è un riferimento alla epigrafe di Virgilio: Mantua me genuit, Calabricapuere, Parthenope nunc tenuit. Versi 76-96 L'espressione "di dolore ostello" sembra un riferimento a una condizione quasi infernale. Il paragone con la tempesta è un paragone molto antico nella letteratura, di origine addirittura platonica. Il riferimento al bordello è un rimprovero verso una città soggetta al volere altrui. Il freno sono gli strumenti del potere, che si identificano con il Corpus Iuris civilis di Giustiniano. La sella indica invece la sede del potere. Lo stato è paragonato a un cavallo che deve essere dominato dall'imperatore. Un rimprovero va dunque anche alla chiesa che avrebbe dovuto lasciare campo libero all'imperatore. Qui dunque è ribadito il concetto del De monarchia, che il papa e l'imperatore sono due soli, non l'uno il sole e l'altro la luna che brilla di luce.
riflessa: il primo si occupa della salvezza delle anime, l'altro della pace, la razionalità, la giustizia, la virtù terrena. Per affermare questo concetto si richiama alle parole di Dio stesso: "Il mio regno non è di questo mondo". Versi 97-114 Successivamente Dante si rivolge ad Alberto d'Austria che simboleggia l'impero. Il successore cui si riferisce è Arrigo VII di Lussemburgo, mentre il padre è Rodolfo d'Asburgo. La maledizione che deve abbattersi sulla famiglia probabilmente si riferisce a un evento che in realtà era già avvenuto. Versi 118-126 Dante si rivolge a Dio definendolo sommo Giove, in una perfetta sintesi tra cultura classica e cristianità. Egli dimostra di credere profondamente nella Provvidenza divina che è inconoscibile e spesso incomprensibile agli uomini. Ci sono inoltre molti accenni polemici alla politica: con il termine tiranni egli si