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Origine e significato dei danni punitivi
Prima di soffermarsi sulla sentenza e sulle conclusioni alle quali è pervenuta la Corte, è necessaria una breve premessa che chiarisca cosa si intenda per danni punitivi e quale sia l'origine di questo istituto. I danni punitivi nascono nel sistema nordamericano dei torts e consistono nel riconoscimento da parte dei giudici (spesso non professionali, le cosiddette giurie) di una somma di denaro notevolmente maggiore rispetto all'entità del danno subito dal soggetto richiedente quando la condotta del soggetto danneggiante è considerata particolarmente deplorevole e pericolosa. Appare quindi chiaro come la figura in esame abbia una funzione più deterrente che compensativa e le relative sentenze abbiano perciò carattere esemplare nei confronti del danneggiante e dei consociati. C'è da ricordare però che negli ultimi anni a causa del proliferare delle sentenze che riconoscevano il risarcimento dei danni punitivi.soprattutto dell’esagerato ammontare che spesso tali somme raggiungevano, la Corte Suprema americana ha posto dei paletti per la quantificazione di esse:
- la non contrarietà ai principi costituzionali e in particolare al concetto di “giusto processo” (XIV emendamento);
- il riferimento all’ammontare del danno effettivamente subito dalla vittima, all’antigiuridicità della condotta del danneggiante e a eventuali altre sanzioni civilistiche comminate per comportamenti analoghi;
- il rispetto dei principi di ragionevolezza e proporzionalità.
Essendosi ora chiarite la funzione e l’origine dell’istituto si può tornare all’esame della sentenza alla quale si è fatto cenno in principio.
La Corte di Cassazione italiana con detta pronuncia ha avallato la decisione della Corte d’Appello di Venezia che aveva rifiutato la delibazione di una sentenza della Corte distrettuale di Jefferson (Alabama) in quanto
contraria all'ordine pubblico italiano: l'ammontare eccessivo e il carattere punitivo della somma in questione stridono infatti con il nostro concetto di responsabilità civile caratterizzato dalla natura risarcitoria e compensativa del danno subito.
Nello specifico la sentenza condannava un'impresa italiana di caschi a corrispondere una notevole somma di denaro a titolo di danno punitivo alla famiglia di un uomo morto in moto in quanto il casco che portava difettava nella fibbia di chiusura e non lo ha quindi protetto a dovere nello schianto contro un'automobile.
I sostenitori dell'estraneità della figura dei damages al nostro sistema (si veda per esempio Carlo Castronovo) fanno leva soprattutto sulla funzione e sul concetto di responsabilità civile come delineata dal nostro codice civile agli articoli 2043 e ss.
Tale articolo è preso come perno dell'intera disciplina. In esso è previsto al soggetto danneggiato la corresponsione
di unrisarcimento a seguito di un danno ingiusto subito a causa della condottadolosa o colposa del soggetto danneggiante. Dalla formulazione si ricava lanatura compensativa, restitutoria di tale risarcimento; la funzione deterrente-punitiva sarebbe quindi inesistente in tale contesto. A ulteriore prova si èaggiunto che la previsione del risarcimento "in natura" o "per equivalente"non può che essere riferito al danno subito e non certo alla condotta tenutadal danneggiante la cui punizione è eventualmente riservata al diritto penale.Altra parte delle dottrina (si ricorda Guido Calabresi per esempio) invece sipresenta più favorevole all'estensione di questa particolare forma dirisarcimento anche in Italia partendo dal presupposto che ormai il fenomenodella globalizzazione interessa tutti i campi della cultura e della societàcompreso quello del diritto.Punto di partenza per una tale conclusione è un'analisipiù attenta di tutta ladisciplina del risarcimento che coinvolge oltre ai casi del codice civile anchequelli previsti dal diritto dell’ambiente, dalle norme sulla responsabilitàcivile dei Magistrati e della difesa della proprietà industriale. In questicampi infatti emerge una tutela risarcitoria maggiore, maggiormentecalibrata alla deplorevolezza della condotta (i valori in gioco sonoparticolarmente elevati ) che lascia trasparire anche una funzionesanzionatoria delle norme in questione.
Ma lo stesso articolo 2059 del codice civile potrebbe essere preso per ladottrina in esame, quale punto di partenza per l’ingresso dei danni punitivinel nostro sistema di responsabilità civile. Esso accorda un ristoro a seguitodi una perdita non patrimoniale subita dal soggetto; il risarcimento vieneaccordato ora, in modo sempre più estensivo, a vittime di reati che hannosubito perdite non solo patrimoniali ma anche morali e sentimentali.
Essendo
logicamente difficile quantificare in denaro tali danni si lascia la decisione al giudice che quindi come parametri sicuramente non prescinderà dalla condotta alla base del reato causa del danno. Soprattutto in questa sede entrano in gioco grandi valori dell'individuo e quindi appare in tutta chiarezza come non si possa negare che il risarcimento che il giudice attribuirà secondo equità possa fungere anche da sanzione nei confronti del danneggiante oltre che da ristoro per il danneggiato. Si nota inoltre come il processo logico seguito per la quantificazione della somma sia simile a quello svolta dai giudici americani per la liquidazione dei danni punitivi: esame della condotta, del danno e quantificazione della somma che spesso per le delicate questioni a cui si riferisce raggiunge anche cifre decisamente notevoli. Da ultimo si veda anche come pure nel nostro sistema giudiziario negli ultimi anni si stia assistendo a un proliferare di danni
Riconducibile all'ambito dell'articolo 2059 che hanno indotto i Tribunali a porsi dei freni nell'accordare i risarcimenti e il loro ammontare così come analogamente è successo negli Stati Uniti con l'intervento della Corte Suprema per arginare l'eccessività delle somme erogate a titolo di damages.
C'è poi un'altra parte della dottrina (tra cui Pietro Sirena) che si è mantenuta in una posizione per così dire intermedia. Essa ritiene che allo stato attuale nel nostro sistema di responsabilità civile il risarcimento a titolo di damages non sia possibile data l'inequivocabile natura compensativa e non deterrente-punitiva (come del resto ribadito dalla terza sezione della Corte di Cassazione) che da noi riveste e ha sempre rivestito fin dalla tradizione romanistica.
Tale dottrina, tuttavia, non è contraria in assoluto all'ingresso nel sistema di questa figura, anzi lo auspica nel futuro.
Ritiene però che al fine di rendere