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CRITERIO DI ADSORBIMENTO ED ELUIZIONE DALLA RESINA
Ci serviamo della forza ionica della soluzione giocando con la sfera di idratazione delle
proteine (SALTING IN e SALTING OUT):
– A basse/medie concentrazioni saline le proteine non tendono ad aggregare tramite
le loro regioni idrofobiche, la loro sfera di idratazione è tale da consentire di tenere in
soluzione le molecole proteiche
– Ad alte concentrazioni saline le regioni idrofobiche proteiche tendono ad associarsi
tra loro e a schermarsi dall'ambiente in cui sono presenti molte cariche negative e
positive e sono quindi poco propense ad essere solubilizzate
Ponendomi quindi ad una concentrazione salina elevata ma non troppo da denaturare la mia
proteina e da mantenerla in soluzione, creo una condizione molto simile al salting out con
le regioni idrofobiche che si associano; quindi caricando la resina di specie chimiche
idrofobiche essa legherà la proteina.
PROCEDURA
-Equilibrio la mia colonna con soluzione ad alta concentrazione salina (2M di NaCl) e posso
così purificare (forza ionica non troppo alta da far precipitare la proteina).
-Dopodichè eluisco man mano con soluzioni a più bassa forza ionica: calando la forza
ionica cala anche la schermatura dei gruppi polari proteici sfavorendo l'interazione con la
fase stazionaria; le proteine che debolmente si erano attaccate alla mia resina eluiranno per
prime (saranno le proteine provviste di meno regioni idrofobiche) mentre le proteine ricche
in regioni idrofobiche si staccheranno con molta più difficoltà dovendo lavorare a
bassissime concentrazioni saline
SCELTA DEI BRACCI DI MATRICE
– Per proteine scarsamente idrofobiche utilizzerò bracci molto lunghi in modo da
favorire al massimo l'interazione della mia macromolecola con la fase stazionaria
– Per proteine ricche in gruppi aromatici posso utilizzare matrici con gruppi
aromatici.
N.B. Se la mia proteina è inserita in una miscela dove le altre proiteine sono più idrofobiche
rispetto ad essa, posso comunque purificarla in quanto essa eluirà per prima dalla mia
colonna.
Meglio rinunciare a questa tecnica se la mia proteina è pochissimo solubile a concentrazioni
saline elevate.
CROMATOGRAFIA A FASE INVERSA (RP-HPLC)
Utilizzata quando non è importante tenere la proteina di interese nella sua conformazione
nativa; possiamo effettuare analisi sia quantitative che qualitative (è la tecnica migliore in
quanto a risoluzione ovvero rispetto al grado di separazione delle proteine).
Sfrutta la stessa proprietà della HIC utilizzando le interazioni idrofobiche: la matrice quindi
sarà funzionalizzata con alcuni braccetti idrofobici (in genere 4/5,8 o 18 carboni con
quest'ultimo utile per purificare peptidi o pezzi di proteine, frammenti peptidici).
Non interessandoci del folding proteico non si lavora più in sistemi puramente acquosi ma
in solventi organici (senza però farle precipitare).
SOLVENTE: acqua + aceto nitrile (solvente polare quindi perfettamente miscibile in
acqua).
Proteine iniettate in acqua ma con matrice molto carica di gruppi idrifobici.
N.B.Questa tecnica mi permette di lavorare anche con pochissime quantità di materiale.
Lavorando ad alte pressioni il supporto non può essere costituito da polisaccaridi ma spesso
da gel di silice (SiO2) o polimeri plastici e le colonne sono fatte di acciaio (questo perchè
devo vincere la contropressione esercitata dalla matrice essendo costituita da materiale
molto resistente).
ELUIZIONE
Si utilizza un solvente quindi giochiamo competendo con la idrofobività della nostra
matrice. Il solvente utilizzato è appunto l'aceto nitrile istuendo così lavaggi con soluzioni a
crescente concetrazione di questa specie chimica; crescendo sempre di più l'idrofobicità
della fase mobile competerà con l'idrofobicità della fase stazionaria fino a che l'idrofobicità
non è così elevata (80-90% di aceto nitrile che in queste condizioni è denaturante) che la
proteina attaccata alla fase stazionaria avrà più affinità per la fase mobile. Posso separare
anche proteine che hanno la differenza di un solo amminoacido o addirittura a seconda di
eventuali modificazioni nei suoi gruppi laterali (es. diverso grado di
glicosilazione,fosforilazione ed ossidazione)!!!
Quello che esce dalla nostra colonna può essere letto in continuo tramite analisi di
assorbimento (anche a lunghezza d'onda di 215nm e non di 280 nm specialmente se
abbiamo frammentato la nostra proteina in dei pezzi che potrebbero aver perso i
amminoacidi aromatici).
In aggiunta si lavora in acido picloro-acetico in modo da schermare alcune delle cariche del
nostro campione e migliora la qualità dei picchi cromatografici.
Dimensione delle porosità varia a seconda delle proteine da purificare:
– per piccole proteine o peptidi si lavora con piccole porosità e bracci
funzionalizzanti molto lunghi.
– per proteine più grandi si lavora con grandi porosità e bracci più corti (altrimenti si
avvelena la colonna perdendo la proteina in essa che così non potrà più essere
recuperata). LA FLUORESCENZA
LUMINESCENZA= emissione di radiazioni, generalmente cade nell'UV/visibile. Questa
emissione può essere l'effetto di una reazione chimica (pratica detta chemioluminescenza
trova applicazione nell'dentificazione di proteine attraverso uso di anticorpi, quindi nel
WESTERN BLOT, usando come sonda finale un anticorpo secondario legato alla
perossidasi).
Lampada deve emettere una radiazione che in parte deve essere assorbita dal nostro
campione e quello che lui assorbe deve tradursi, almeno in parte, in fluorescenza (qualsiasi
sia la natura del campione) quindi deve restituire energia ad una lunghezza d'onda che non è
la lunghezza d'onda d'eccitazione (questo nella maggior parte dei casi).
La fluorescenza però non è l'unica forma di emissione quando noi irradiamo il nostro
campione, ma può esserci anche la fosforescenza, fenomeno che compete con la
fluorescenza (tempi di decadimenti diversi) e che di fatto ci sottrae parte della radiazione
assorbita.
Cosa succede quando abbiamo della fluorescenza ?
Abbiamo un campione che irradiamo con luce a lunghezze d'onda che cadono nello spettro
dell'UV/visibile (di solito nell'UV, quindi lunghezze d'onda più energetiche e quindi più
corte). Il campione è in grado di assorbire quella radiazione perchè le molecole che lo
compongono subiscono una transizione elettronica degli elettroni che stanno sugli orbitali
molecolari più esterni ed eccitandosi si trasferisce negli orbitali a più alta energia.
L'elettrone però rimane eccitato per poco tempo ritornando nel suo orbitale iniziale,
restituendo l'energia di eccitazione in vari modi possibili, uno dei quali è appunto la
fluorescenza, nella quale l'elettrone ritorna allo stato fondamentale e cede una quantità di
energia pari o inferiore rispetto all'energia di eccitazione. Per un riarrangiamento elettronico
chiamato inter-system crossing, se l'elettrone eccitato cambia di spin, si ha fosforescenza
(fenomeno deleterio e più lento) perdendo parte dell'energia di eccitazione; altra energia si
può perdere qualora la nostra molecola eccitata collida con un altra (dispersione di energia
tramite calore). Dei vari stati eccitati esistono però dei sottolivelli che corrispondono a
vibrazioni di legame (come stretching, bending, etc.) che non cambiano lo stato di
eccitazione dell'elettrone, ma cambiano soltanto i sottolivelli dello stato eccitato.
La fluorescenza ha un tempo in cui permane, in quanto mano a mano tutti gli elettroni
eccitati tornano allo stato fondamentale e con lunghezze d'onda più lunghe (quindi meno
energetiche rispetto alla luce eccitante); inoltre l'energia emessa dal campione dopo
eccitamento non sarà mai al 100% fluorescenza a causa dei fenomeni energetici descritti
prima.
Eccito il mio campione ad una lunghezza d'onda che so essere parte del suo spettro di
assorbimento, e registro la radiazione emessa (questa costituirà uno spettro essendo le
lunghezze d'onda di rilassamento diverse per ogni elettrone eccitato).
ATTENZIONE!!! devo rilevare solo la fluorescenza
Tutte le molecole organiche con anelli benzenici tendono facilmente a fluorescere qualora
eccitate con radiazioni UV.
A qualunque lunghezza d'onda che faccia parte del suo spettro di assrobimento io ecciti il
mio campione esso mi restituirà sempre lo stesso spettro di fluorscenza.
Come usiamo questo fenomeno ?
FLUORIMETRO= strumento che misura la fluorescenza (paragonabile allo
spettrofotometro). Posso avere, come nello spettrofotometro, la capacità di scegliere la
lunghezza d'onda della luce incidente sul mio campione (utilizzo monocromatore). La
differenza grande che si ha con lo spettrofotometro è che il rilevatore era posto in continuità
con il campione colpito, qui invece, a causa della luce non assorbita che verrebbe rilevata,
mi pongo a 90° rispetto al mio campione (sfrutto la non direzionalità della fluorescenza).
La fluorescenza inoltre mi ritorna abbattuta in parte da tutti gli altri fenomeni di dispersione
di energia.
Se il campione è molto diluito e la fluorescenza molto bassa, l'intensità della mia
fluorescenza è proporzionale alla concentrazione del campione (la costante di
proporzionalità però non si può sapere in quanto dipende da fenomeni che non possono
essere misurati, cosa che fa dell'intensità di fluorescenza un numero relativo).
N.B. La fluorescenza cade esponenzialmente in funzione del tempo, pH e temperatura a cui
lavoro.
In natura ci sono un sacco di molecole intrinsecamente fluorescenti: nelle proteine ci sono
gli amminoacidi aromatici tirosina e triptofano (fenilalanina ha una resa scadente; tra le due
il triptofano è quello più fluorescente); lunghezza d'onda massima di fluorescenza del
troiptofano è a 320nm. Anche le clorofille ,moltissimi cofattori enzimatici (NADH e
NADPH, FMN) , vitamine, molte molecole aromatiche che sintetizziamo a scopi
farmaceutici danno fluorescenza. Andando oltre possiamo utilizzare delle sonde fluorescenti
che possono essere attaccate alle proteine, produrre GFP attraverso tecniche del DNA
ricombinante, utilizzare intercalanti del DNA per rivelare specifiche bande.
Posso essere utilizzando questo fenomeno, molto sensibile nella mia analisi (posso rilevare
fluorescenza anche con basso segnale) e specifico (con fluorescenza secondaria marco solo
quella specie proteica).
Posso sfruttare l'abbattimento della fluorescenza data dagli altri fenomeni di emissione per
stu