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GUIDO GOZZANO
C’è sempre la percezione di un passato, la civiltà umanistica, irrecuperabile che mai potrà
tornare presente: il mondo delle lettere per come lo si conosceva fino alla fine dell’800 è
consegnato ad un passato che è perduto per sempre. La poesia di Gozzano si muove in due
direzioni: un passato splendido irrecuperabile, un presente rappresentato da una realtà gretta,
prosaico dove il sublime appartiene al passato. L’arte quindi appartiene alla dimensione del
passato, per essa non c’è più posto nel presente. Ciò che caratterizza Gozzano è l’ironia,
elemento che registra la distanza tra un passato non più esperibile e il presente: la letteratura
appartiene al passato, mentre al presente appartiene la vita del mercato, del commercio.
(poesie da non fare: inverno, assenza)
“La signorina Felicita ovvero la Felicità” solo strofe antologizzate nel testo
È una poesia molto lunga che adotta la forma del poemetto, struttura poetica che deriva dal
poema, di ampio respiro e quindi di evocazione più narrativa. In esso si racconta la storia
epigrafe,
della signorina Felicita 10 luglio: santa Felicita = data dell’onomastico, questa è
l’occasione che fa venir voglia al poeta di scrivere il poemetto. Già nella prima strofa si
capisce che ci si rivolge al passato: argomento centrale della poesia di Gozzano oltre
all’ironia, è la memoria, perché la poesia può rivolgersi solo al passato, mai al presente con
il quale cozza. Gozzano è di Torino, intraprende studi giuridici e infatti compare nella poesia
come “l’avvocato”, compaiono le lande come luogo di riferimento, ma la signorina Felicita
è una creatura letteraria di fantasia: la poesia in questo caso non ha funzione di ricordare una
persona esistita davvero per tramandarne la memoria, ma solo perché la funzione letteraria
può essere declinata solo al passato. Gozzano nelle prime strofe ricostruisce l’ambiente della
villa delle lande dove vive Felicita col padre, ragazza che è in cerca di marito. Gozzano si
trova lì per un periodo di convalescenza dopo la malattia, lui aveva avuto davvero la
tubercolosi. L’avvocato è l’alter-ego di Gozzano nella poesia: tra lui e Felicità c’è
dell’affetto. Nei versi successivi si vede il rapporto tra aulico legato al passato e prosaico
legato al presente, messi in relazione attraverso la poesia. La villa dove Felicita abita è una
villa nobiliare secentesca che quindi aveva conosciuto un passato di splendore, era
circondata da un parco e da un giardino ornamentale: si tratta di Vill’Amarena dove c’è il
fantasma di una marchesa. La villa aveva un varco circondato da un muro di recinzione e da
cocci di vetro per difendersi dagli intrusi = aulico cozza col prosaico, il sublime cozza con
l’anti-sublime. La cimasa è la grondaia che sta sotto al tetto: la facciata nobiliare di una villa
del 600 viene usata per far seccare il granturco la villa diventa un casolare, ciò che
domina è l’idea borghese del profitto. Ci sono statue che rappresentano le stagioni: sono
senza naso e braccia perché erose dal tempo e venivano accatastate dai contadini tra letame
e vinaccia che servono per concimare gli ortaggi. La società del presente è volta all’utile, al
guadagno: un giardino ornamentale risulta essere inutile, meglio usarlo come orto per
ricavarne un profitto. Felicita è una donna priva di lusinga, quasi brutta e che beve molto:
tutte caratteristiche che non si dovrebbero scrivere in una poesia, ma rappresenta una donna
di vita prosaica di provincia, non è una donna fatale. Viene indicato un dialogo diretto con le
virgolette all’interno della poesia sottolinea il taglio narrativo del poemetto: in esso si dice
che ci sono le donne raffinate e belle vogliono imitare il modello della donna dannunziana,
mentre Felicita è intenta ad occuparsi dell’andamento domestico della casa. Più avanti viene
messa a confronto la vita del padre di Felicita che è dedito a ricavare il maggior profitto
possibile dalle sue attività come un usuraio: Gozzano desidererebbe avere anche lui una vita
più serene dedicata solo al profitto. Il soggetto afferma “io mi vergogno di essere un poeta”
perché un poeta non ha alcuna funzione o ruolo nella società presente, lo ha solo nel passato
a cui non si può tornare. Viene fatta una rima tra camicie e Nietzsche = prosaico vs aulico.
“Io non voglio più essere io”. Il continuo rapporto tra presente e passato messo in atto con
l’ironia attraverso un procedimento antifrastico, cioè dire una cosa per dire il suo contrario:
Gozzano dice di voler sposare la signorina Felicita, ma non è vero, non vuole far parte di
quel mondo e attraverso l’ironia indirizza il lettore ad una lettura vigile, di sospetto che è
messo in dubbio nelle sue certezze, leggendo passivamente ma attentamente. 25/09/18
AVANGUARDIA FUTURISTA
La crisi del ruolo del poeta e la funzione della poesia nel corso della crisi della società
umanistica del primo 900. Fausto Curi dice che i crepuscolari hanno manifestato la crisi
mettendo in evidenza in modo provocatorio l’abbassamento della figura del poeta e
l’avvicinamento della parola poetica al silenzio, della tradizione ottocentesca, mentre il
futurismo per mezzo del rovesciamento. Il passaggio tra crepuscolarismo e futurismo non è
netto: nel secondo caso abbiamo Palazzeschi e Govoni.
ALDO PALAZZESCHI
Aldo Palazzeschi nel 1909 pubblica la raccolta Poemi che fa riferimento ai crepuscolari per
temi e personaggi (Cavalli bianchi e Lanterna), ma svuota anche questi temi e li valuta da
una prospettiva diversa.
Analisi della poesia Chi sono? di Palazzeschi
Si apre in modo simile a quella di Corazzini “sono forse un poeta? No, certo” = negazione
del ruolo tradizionale del poeta. Il riferimento all’anima ci riporta ai temi del
crepuscolarismo verso i quali si esprime sentimento, nostalgia… anche la follia può
ricordare i temi crepuscolari per l’essere fuori dal contesto sociale. Riferimento alla
nostalgia. Mentre la poesia di Corazzini si fermava all’abbassamento del ruolo del poeta, qui
c’è la ricerca di una risposta su chi sia il non poeta, e cioè un saltimbanco, un buffone, un
giullare, colui che fa ridere Fausto Curi parla di “carnevalizzazione della poesia” =
rovesciamento del grottesco, dall’alto al basso, riferimento a temi bassi in riferimento al
corpo e a ciò che è osceno. Il saltimbanco non è semplicemente colui che con la risata fa
dimenticare i problemi, ma scaturisce una risata che è un divertimento volto a mettere in
crisi soprattutto le norme e le convenzioni su cui si basa la società borghese dell’epoca, la
morale benpensante, al fine di aprire una nuova strada alla funzione del poeta, quella
eversiva, di ribellione rispetto alla norma tradizionale e sociale. La lente posta davanti al
cuore porta alla deformazione della realtà al fine di mettere in crisi un sistema di valori.
Nel manifesto Contro dolore Palazzeschi immagina la figura di Dio, dipingendolo in modo
buffo al fine di scaturire risata e divertimento che vanno a sostituire il dolore, e così un
luogo di dolore come il cimitero diventa un luna park, una fiera. Nella poesia Il Fiore il
protagonista a cena con amici, preso dalla malinconia, si allontana dagli amici per
passeggiare nella natura e osservare i fiori; sente delle voci e capisce che provengono dalla
rosa, simbolo di bellezza e amore romantico, la quale però si rivela essere una prostituta e
quindi gli altri i fiori hanno una vita erotica intensa con essa si nota scambio parodico fra
alto e basso, fra sublime e anti-sublime.
Analisi poesia Lasciatemi divertire di Palazzeschi
C’è lavoro sperimentale sulla parola poetica: mentre in Corazzini la parola poetica si
avvicina al silenzio, in Gozzano all’ironia per il riferimento unico possibile solo al passato.
Viene scritta quando entra in contatto con Marinetti, la pubblica nella rivista di questo
chiamata Poesia. Palazzeschi nella raccolta poetica Incendiario mostra vicinanza con
l’avanguardia futurista e con assunti di Marinetti, ma presto si discosta dal futurismo in
particolare non assorbendo gli assunti della parola libertà. Palazzeschi sembra aderire a
molte correnti, ma in realtà mantiene una sua autonomia e finisce per scostarsi da tutte.
La prima strofa è composta da versi formati solo da onomatopee, cioè riproduzioni grafiche
di un suono, caratteristica prima dei bambini quando cominciano ad acquisire il linguaggio.
Si inserisce poi il tema del divertimento del poeta-saltimbanco: progressivamente
Palazzeschi si tira fuori dall’indossare di nuovo l’aureola, ma volentieri la lascia nel fango
riservandosi uno spazio di libertà. Poi Palazzeschi inserisce nella poesia il punto di vista
della gente, che riassume l’insieme dei valori morali e le norme della società benpensante e
borghese, e che lui vuole mettere in crisi. Distrutta la tradizione, che viene messa in crisi,
restano le macerie, gli avanzi, da cui di può ripartire per trovare un linguaggio nuovo. Viene
poi chiesto conto al poeta del perché le sue poesie siano fatta da strofe messe a caso senza
un significato: De Saussure differenzia langue, insieme di norme e convenzioni
grammaticali e sintattiche di una lingua, norme lessicali per cui ad una parola corrisponde
un tale significato, ed è quindi risultato di una convenzione sociale, e parole, caratterizzata
dall’uso individuale e creativo del linguaggio, che qui il poeta estremizza oltrepassando la
soglia della comunicabilità. Palazzeschi afferma che quelle parole onomatopee significano i
suoni che uno pronuncia quando canta senza sapere le parole, cosa di grande volgarità,
facendo riferimento ad un codice anti-sublime. Il foco è quello della poesia; il divertimento
nel senso di eversione dalla norma sociale. Nella poesia Incendiario si parla di una persona
che ha causato incendi dolosi per trarne piacere, e per questo viene punito perché la sua
colpa ha causato devastazione; il poeta si identifica nell’incendiario. Il poeta si ritaglia la
nicchia del divertimento, al fine di mettere in crisi e in dubbio la norma sociale e la
tradizione letteraria, quest’ultima tuttavia viene mantenuta in parte da Palazzeschi poiché
alcune strofe della poesia mantengono una comunicabilità del linguaggio: la totale rinuncia
avverrà con Marinetti.
Fondazione e Manifesto del Futurismo: 20 febbraio 1909
Marinetti nel 1909 pubblica il primo manifesto del futurismo su Le Figarò, quotidiano
francese parig