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(A) (A) (B) (B)
oppure (coefficiente generico di riparto):
α = Cc / B = 54.000 / (180 * 10) = 30
TOT
α α
Qc = * A = 30 * 1.000 = 30.000 ; Qc = * B = 30 * 800 = 24.000
(A) (B)
9. Il principio funzionale e i suoi limiti
Il principio funzionale (o causale) sostiene che il consumo dei fattori produttivi deve riflettere il reale
contributo che, questi, hanno dato alla produzione dell’oggetto di costo, del quale si vuole conoscere la
sintesi di costo.
Ad esempio, se vogliamo conoscere il costo di un tavolo, la prima operazione è quella di individuare i fattori
che hanno concorso all’ottenimento di questo bene (ad esempio, le ore di manodopera, le spese di
produttivi
trasporto, i macchinari e le materie prime).
A questo punto, per conoscere la sintesi di costo, occorre definire gli elementi di costo di ciascun fattore
produttivo, applicando il principio funzionale:
1. considerando le materie prime (ad esempio, il legno), il valore del costo elementare è pari al prodotto
tra la quantità di legno assorbita dal tavolo ed il prezzo;
2. considerando le ore di manodopera, invece, il valore del costo elementare è pari al prodotto tra le ore
effettive di lavoro ed il compenso orario.
Il principio funzionale trova piena applicazione, se si verificano due condizioni, cioè il fattore produttivo
e deve essere interamente utilizzato, nel senso che
deve essere perfettamente divisibile nell’impiego
l’impresa non deve avere una capacità produttiva inutilizzata.
Il principio causale funziona bene per i costi speciali e non per i costi comuni, perché, di fronte a questi costi,
non è possibile valorizzare il consumo effettivo dei fattori produttivi, in quanto si hanno solo quantità astratte
(ad esempio, il calcolo delle quote di ammortamento viene effettuato solo su ipotesi e congetture).
Per i costi comuni, quindi, si cerca di osservare il più possibile il principio funzionale, ipotizzando che i costi
comuni derivanti dalla capacità produttiva inutilizzata siano imputati ai vari oggetti di costo.
Un altro limite del principio funzionale, invece, è quello relativo alla presenza di una capacità produttiva
inutilizzata e, quindi, al non totale sfruttamento dei fattori produttivi.
L’astrazione del principio funzionale comporta errori, che possono essere:
1. involontari;
2. volontari (per scopi fiscali); l’attendibilità
3. tollerabili, quando non pregiudicano della sintesi di costo;
4. intollerabili, quando la loro presenza comporta una sintesi di costo sbagliata.
Esempio 1
(pieno impiego della capacità produttiva)
Supponiamo che, in un centro produttivo, vengono ottenuti due prodotti (A e B), tra i quali bisogna ripartire
un costo comune (Cc) pari a 2.000.
La capacità produttiva, espressa in termini di ore, è pari a 200 e viene totalmente assorbita dal processo:
il prodotto ”A” assorbe 120 ore;
1. il prodotto ”B” assorbe 80 ore.
2.
Calcolare: da assegnare al prodotto ”A”;
1. la quota di costo comune
la quota di costo comune da assegnare al prodotto ”B”.
2. Prodotti
Dati Totale
A B
120 80 200
Ore assegnate (Base totale)
1
0,6 0,4
Coefficienti specifici di riparto (α) 2.000
Quote di costo comune 800
1.200 (Costo comune)
α α
= A / B = 120 / 200 = 0,6 = B / B = 80 / 200 = 0,4
(A) TOT (B) TOT
α α
Qc = * Cc = 0,6 * 2.000 = 1.200 Qc = * Cc = 0,4 * 2.000 = 800
(A) (A) (B) (B)
oppure (coefficiente generico di riparto): α = Cc / B = 2.000 / 200 = 10
TOT
α α
Qc = * Cc = 10 * 120 = 1.200 ; Qc = * Cc = 10 * 80 = 800
(A) (B)
Esempio 2
(parziale impiego della capacità produttiva)
Supponiamo, ora, che il 10% della capacità produttiva resti inutilizzata, ma ipotizziamo che i costi comuni
derivanti dalla capacità non utilizzata siano imputati, ai due prodotti (A e B), in misura proporzionale.
Il costo comune da ripartire è sempre pari a 2.000 e lo sfruttamento (virtuale) della capacità produttiva, in
termini percentuali, da parte dei due prodotti, rimane inalterato:
il prodotto ”A” continua a sfruttare il 60%;
1. il prodotto ”B” continua a sfruttare il 40%
2.
Calcolare:
1. la capacità produttiva utilizzata;
2. le ore assorbite da ciascun prodotto;
la quota di costo comune da assegnare al prodotto ”A”;
3. la quota di costo comune da assegnare al prodotto ”B”.
4. Prodotti
Dati Totale
A B
108 72 180
Ore assegnate (Base totale)
0,6 0,4 1
Coefficienti specifici di riparto (α) 2.000
800
1.200
Quote di costo comune (Costo comune)
Capacità produttiva utilizzata
– –
200 (200 * 10%) = 200 20 = 180
Ore assegnate a ciascun prodotto
A 60% * 180 = 108
B 40% * 180 = 72
α α
= A / B = 108 / 180 = 0,6 = B / B = 72 / 180 = 0,4
(A) TOT (B) TOT
α α
Qc = * Cc = 0,6 * 2.000 = 1.200 Qc = * Cc = 0,4 * 2.000 = 800
(A) (A) (B) (B)
oppure (coefficiente generico di riparto):
α = Cc / B = 2.000 / 180 = 11,11
TOT
α α
Qc = * Cc = 11,11 * 108 = 1.200 ; Qc = * Cc = 11,11 * 72 = 800
(A) (B)
Esempio 3
(parziale impiego della capacità produttiva) (dell’esempio 1)
Supponiamo, ora, che si verifica un decremento del 20% della capacità produttiva utilizzata,
concomitante ad un diverso tasso di impiego del centro produttivo:
il prodotto ”A” continua ad assorbire 108 ore;
1. le ore assegnate al prodotto ”B” variano.
2.
Il costo comune da ripartire è sempre pari a 2.000.
Calcolare: ”B”;
1. le ore assorbite dal prodotto
la quota di costo comune da assegnare al prodotto ”A”;
2. la quota di costo comune da assegnare al prodotto ”B”.
3. Prodotti
Dati Totale
A B
108 52 160
Ore assegnate (Base totale)
0,675 0,325 1
Coefficienti specifici di riparto (α) 2.000
650
Quote di costo comune 1.350 (Costo comune)
Capacità produttiva utilizzata
– –
200 (200 * 20%) = 200 40 = 160
Ore assegnate a ciascun prodotto
A 108
–
B 160 108 = 52
α α
= A / B = 108 / 160 = 0,675 = B / B = 52 / 160 = 0,325
(A) TOT (B) TOT
α α
Qc = * Cc = 0,675 * 2.000 = 1.350 Qc = * Cc = 0,325 * 2.000 =
(A) (A) (B) (B)
650
oppure (coefficiente generico di riparto): α = Cc / B = 2.000 / 160 = 12,5
TOT
α α
Qc = * Cc = 12,5 * 108 = 1.350 ; Qc = * Cc = 12,5 * 52 = 650
(A) (B)
CONCLUSIONE: ”A” assorbe sempre 108 ore, ma
In questo caso, il principio funzionale non ha funzionato, perché il prodotto
la sua quota di costo comune non è più di 1.200, ma è aumentata fino a 1.350.
10. Le configurazioni di costo
Configurare un costo significa specificare la natura ed il numero degli elementi di costo, che concorreranno
alla definizione di una determinata sintesi di costo. Ciò vuol dire che un costo può essere configurato
considerando solo i costi elementari di diretta imputazione, oppure prendendo in considerazione tutti i costi
diretti ed alcuni costi di indiretta imputazione, oppure considerando tutti gli elementi di costo, cioè tutti i
fattori produttivi che hanno concorso alla sintesi di costo. In particolare, una classificazione di costo si può
ritenere effettivamente compiuta quando vengono considerati cinque elementi, cioè:
l’oggetto di riferimento (per arrivare alla sintesi di costo);
1.
2. la natura dei fenomeni aziendali da rilevare;
3. il numero e la specie dei costi elementari (che partecipano alla sintesi di costo);
4. i criteri di valutazione degli elementi di costo;
5. la considerazione della variabile tempo.
Si può, quindi, dire che ci saranno tante configurazioni di costo, quante sono le possibili combinazioni degli
elementi da prendere in considerazione.
L’oggetto di riferimento
quanto riguarda il primo elemento da considerare, per oggetto di riferimento si intende l’entità alla quale
Per
sono imputati i costi elementari che partecipano alla sintesi di costo.
L’oggetto di riferimento può essere definito dal punto di vista temporale e spaziale:
individuare l’oggetto dal punto di vista temporale significa
1. fare riferimento ai costi consuntivi e ai
costi preventivi:
i costi consuntivi vengono calcolati dopo lo svolgimento di un processo produttivo o
distributivo;
mentre i costi preventivi vengono definiti prima dello svolgimento del processo produttivo o
distributivo.
Spesso, però, nella definizione dei costi preventivi, si utilizzano anche i costi di carattere consuntivo
del periodo precedente, cosi come, nel calcolo dei costi consuntivi, si possono prendere in
considerazione anche i costi di natura preventiva (come, ad esempio, nella definizione delle
indennità di fine rapporto e delle quote di ammortamento relative alle immobilizzazioni).
individuare l’oggetto dal punto di vista spaziale, invece, significa fare riferimento alle tre più
2. importanti funzioni aziendali, per cui si hanno costi amministrativi, costi di produzione e costi di
distribuzione:
i costi amministrativi sono utilizzati per lo svolgimento dell’attività produttiva e per la
distribuzione;
mentre i costi di produzione riguardano non solo i costi del processo produttivo e delle sue
singole fasi, ma anche i costi dei singoli prodotti ottenuti (esempi di costi di produzione sono
i costi di reparto e i costi di stabilimento);
i costi di distribuzione, invece, riguardano i costi di pura distribuzione e i costi di vendita:
riflettono l’organizzazione distributiva scelta dall’azienda,
- i costi di pura distribuzione
in funzione delle caratteristiche specifiche dei propri prodotti (esempi di costi di pura
distribuzione sono i costi per il mantenimento dei prodotti in magazzino e i costi per il
trasporto dei prodotti dal produttore al consumatore);
- i costi di vendita, invece, sono di supporto alla produzione e alla distribuzione (come i
costi di pubblicità, i costi di ricerca e i costi di sviluppo).
La natura dei fenomeni aziendali
Una volta definito l’oggetto di riferimento, bisogna conoscere la natura dei fenomeni aziendali, in base alla
quale è possibile distinguere tra costi effettivi e costi ipotetici:
1. i costi effettivi derivano dall’effettivo svolgimento dei processi produttivi, sia che siano stati svolti in
passato sia che siano in corso di svolgimento sia che avvengano in futuro: i costi effettivi, quindi,
possono essere preventivi, correnti o consuntivi;
2. i cost