vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
SECONDA PARTE
L'INGRESSO NEL POSTMODERNO
Sulle rovine del museo (di Dounglas Crimp)
"I musei sono come tombe di famiglia delle opere d'arte" (Adorno)
Anche Kramer sostiene che in fondo, la pittura dei salon era considerata perfettamente morta.
Specifichiamo che Kramer attribuiva le condizioni di vita o di morte, non al museo, bensì alle
opere, la cui qualità è minacciata dalle distorsioni di un allestimento sbagliato. Ma l' "allestimento
sbagliato" è tipico del postmodernismo. Nell'età moderna si faceva molta più attenzione: il
modernismo esercitava un'autorità non solo estetica ma anche morale che impediva operazioni
come porre un quadro d'arte classica accanto a uno di tutt'altro stile ed età. Col postmodernismo "va
bene tutto".
L'archeologia di Foucault comporta la sostituzione dell'ottica storicista con concetti come
discontinuità, rottura, soglia, limite e trasformazione.
L'inizio del modernismo si fa spesso coincidere con il dipinto Olympia di Manet (primi anni '70
dell'Ottocento), in cui il rapporto della pittura con i suoi antecendenti storico-artistici viene
apertamente esibito.
Etereogeneità degli artefatti del museo--> la compagine degli oggetti del museo è tenuta insieme
solo dalla finzione che essi costituiscano un universo rappresentativo coerente.
Il complesso espositivo (di Tony Bennett)
Bisognerebbe comunque svincolarsi dalla visione del museo come istituzioni di internamento.
Ques'idea appare davvero bizzarra: sembra quasi che le opere d'arte prima vagassero tra le strade
d'Europa e poi fossero state esposte al pubblico come il condannato sul patibolo. È vero che i musei
le hanno rinchiuse dentro le mura, ma il XIX secolo ha visto aprirsi le loro porte al grande pubblico.
Le istituzioni che formano il "complesso espositivo" operano un trasferimento di oggetti e corpi dai
luoghi chiusi e privati in cui sono stati mostrati in precedenza (a un pubblico ristretto) ad arene
sempre più aperte e pubbliche dove, attraverso le rappresentazioni cui sono sottoposti, si
trasformano in veicoli per infondere messaggi in tutta la società. Abbiamo quindi due istituzioni
diverse: il complesso espositivo e l'arcipelago carcerario si sviluppano più o meno nello stesso
periodo. Il problema che interessa a Foucault è quello dell'odine: egli vede nelle nuove forme di
disciplina e di sorveglianza il "tentativo di ridurre un popolo ingovernabile a una popolazione
differenziata a più livelli". Il complesso espositivo fu anche una risposta al problema dell'ordine, ma
tentò di trasformarlo in un problema culturale, cercando di conquistare i cuori più che addestrare i
corpi. (Il complesso espositivo verrà esaminato come un insieme di tecnologie culturali volte a
organizzare una cittadinanza disposta ad autoregolarsi). Disciplina, sorveglianza. Parte una specie di
lavoro pedagogico sul pubblico per mettere in piena sicurezza le mostre. Viene così alimentato il
complesso espositivo. Ultimo anello di questo "ammaestramento" saranno le fiere pubbliche, alle
quali, appunto, il pubblico potrà partcecipare liberamente.
Per quanto riguarda le discipline espositive, possiamo dire che fu in Francia che lo storicizzarsi
dell'esposizione museale diede le prime prove. Bazin afferma che la galleria progressiva e la period
room sono le due principali poetiche del museo. Ma, per esempio, le esposizioni di esemplari
naturali o geologici non erano state ordinate in senso storico. La vita organica doveva essere
concepita e rappresentata, non come una successione cronologica ordinata di diverse forme di vita,
bensì come la conseguenza di una spinta interna inscritta nel concetto stesso di vita.
I processi interni alla storia e all'archeologia, consentirono così l'emergere di nuove forme di
classificazione e di esposizione. Dopo alcuni anni, è significativo l'avvento dell'antropologia che
assunse la funzione centrale di connettere la storia delle nazioni e delle civiltà occidentali a quella di
altri popoli, ma solo separandole l'una dall'altra attraverso l'introduzione di una continuità interrotta
nell'ordine dei popoli e delle razze, dove i "popoli primitivi" venivano espulsi dalla storia per
occupare una posizione liminare tra natura e cultura. --> concezioni poligenetiche delle origini
dell'umanità (discriminazioni razziali). Poi la teoria darwiniana permetterà di smentire queste
ipotesi con la teoria dell'evoluzione e della selezione naturale.
Ciò che ci interessa: per quanto riguarda l'esposizione museologica degli oggetti provenienti da
queste culture, essa si effettuò in accordo con il sistema genetico o tipologico che accostava tutti gli
oggetti di natura simile, senza alcuna considerazione per i raggruppamenti etonografici, in una serie
evolutiva che andava dal semplice al complesso. Poi, lo spazio di rappresentazione costruitosi nei
rapporti tra le conoscenze disciplinari, dispiegate all'interno del processo espositivo, permise la
costruzione di un ordine cronologicamente organizzato di popoli e cose.
Gli apparati espositivi: se il museo dava a quello spazio una solidità e una permanenza, lo facev a
scapito della flessibilità ideologica. I musei pubblici istituivano un ordine di cose destinato a durare:
in tal modo, fornivano allo Stato moderno una base ideologica profonda e continua, che tuttavia non
poteva rispondere a esigenze ideologiche a breve termine. Per questo furono allestite le Grandi
esposizioni, adatte ad assecondare nuove ideologie e strategie egemoniche specifiche. La Grande
esposizione introdusse due varianti: l'accento si spostà dai processi di produzione ai prodotti,
chiamati a testimoniare il potere produttivo dello Stato. Va ricordato che accanto alla cultura
ufficiale delle esposizioni andava formandosi la cultura popolare. Ma anche all'interno delle zone
ufficiali, le discipline espositive potevano così rivolgersi a un pubblico non meno ampio di quello
che le forme più commercializzate di cultura popolare aspiravano a raggiungere.
Oggetti di conoscenza: una prospettiva storica dei musei (di Ludmilla Jordanova)
Ci siamo abituati a pensare ai musei in termini di scoperta, e nessuna categoria di persone più dei
bambini è tanto strettamente associata al senso di novità e di soddisfazioni di fronte alla scoperta.
Nei musei, tutti tornaimo bambini perché nuovi oggetti importanti e preziosi sono fonte di
rivelazione per chi li osserva. Connesso a questo concetto, è la convizione che nella visita di un
museo scatti automaticamente un processo di apprendimento. Ma ci sono vari modi per concepire
una conoscenza proveniente dalla visita di un museo. In primo luogo, possiamo esaminare il
presupposto secondo cui guardare un'oggetto è fonte di conoscenza riguardo non soltanto la cosa in
sè, ma anche tutta una serie di processi più ampi. In secondo luogo, possiamo concentrarci sulle
tecnologie espositive, che contrinuiscono alla costruzione di senso (quindi sarà importante il
trattamento degli oggetti, tant'è vero che proveremmo un senso di smarrimento nel guardare un
oggetto senza saperne la provenienza o altre indicazioni).
Gli oggetti mettono in moto catene di idee e di immagini che vanno molto al di là del punto di
partenza iniziale. La "conoscenza" che i musei promuovono ha a che fare con l'immaginazione.
Tutti i musei sono esercizi di classificazione. Tre principali livelli di classificazione: collochiamo
l'istituzione nel suo complesso in una categoria derivata dalla natura dei suoi materiali contenuti
(geologia, storia naturale, arti visive..); dal tipo di persone intorno a cui è organizzata (grandi
scrittori, collezionisti..); infine, dal luogo in cui essa opera.
[1) Gli oggetti e i materiali contenuti; 2) gli interni dei musei, ordinati e suddivisi in zone; 3) i
sistemi di classificazione operano a livello dei singoli oggetti.]
Il sapere che più comunemente ci si aspetta di trarre dal museo è il senso del passato. Spesso
elementi che lasciano simulare un'ambientazione del passato, suggestivi per il pubblico (ricerca del
verosimile, acqusizione di maggiori informazioni). Ma perché sentiamo la necessità di scoprire i
rapporti sociali negli oggetti e come si è creata l'illusione che la cosa sia possibile? Si possono dare
due risposte: la prima consiste nell'analizzare il livello psichico, la seconda, nel considerare la storia
degli oggetti raccolti e messi in mostra. (In realtà, i due processi non dovrebbero essere compiuti
separatamente).
Possiamo trarre delle conclusioni: la prospettiva storica può svolgere un ruolo molto importante,
ponendo domande sui rapporti tra i musei e le società a cui essi appartengono. In secondo luogo, i
metodi per studiare i musei devono considerare due livelli, materiale e psichico. È fondamentale
capire quanta presa abbia ancora su di noi l'illusione che la conoscenza emani direttamente dagli
oggetti in mostra. TERZA PARTE
FINE DELLA GRANDE NARRAZIONE
(di Debora Meijers)
Il museo e la mostra a-storica
"Il museo è una casa per l'arte" afferma Szeemann, e prosegue dicendo che l'arte è fragile in quanto
alternativa a tutto ciò che nelle nostre società è legato al consumo e alla produzione.
Rivoluzione museale negli anni '70: l'arte proiettata verso il mondo esterno.
Un'evoluzione recente di grande interesse: le mostre a-storiche, che abbandonano la tradizionale
disposizione di tipo cronologico. Lo scopo è quello di svelare corrispondenze tra opere che
appartengono a epoche e a culture molto lontane tra loro. Abbandonata anche la classificazione
canonica in termini di materiali. Gli elementi eterogenei sono uniti dal buon gusto (un'atmosfera
estetica senza tempo). Quella che Szeemann va cercando è l'essenza dell'opera d'arte, ossia la sua
dimensione fuori dal tempo, che può essere ritrovata nella forma visibile. È la zona in cui l'utopia di
una società ideale può prendere foma, attraverso un'accademia dove le cose si combinano senza
ridursi l'una all'altra.
Origini: 1) L'accademia seicentesca era nata per favorire il confronto tra diversi caratteri e tradizioni
antiche. 2) La galleria "mista" del XVII secolo. 3) il mecenatismo aristocratico e l'accademia
rappresentavano un tipo di collezione d'arte in cui le opere non venivano ancora disposte in ordine
geografico e cronologico. 4) le scuole venivano mescolate tra loro per favorire il confronto tra
diversi stili.
Un'eco lontana furono alcuni riallestimenti delle collezioni nella seconda metà degli anni '90 del
Novecento (in