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QUARTO CAPITOLO

VISUAL EFFECTS

Nel corso del ventesimo secolo i diversi ambiti della cultura delle immagini in

movimento hanno mantenuto separati i propri metodi di produzione e le proprie

estetiche. I film e i cartoni animati erano realizzati in modo completamente diverso ed

era facile distinguere i due linguaggi. Oggi la situazione è cambiata. La

softwarizzazione dell’intero flusso produttivo delle immagini in movimento ha creato

un bacino comune di tecniche impiegate indistintamente per video, film e animazione.

Tutti i designer di immagini in movimento condividono gli stessi strumenti, e sebbene

ciò non renda uguali tutti gli audiovisivi prodotti oggi, le variazioni nel look sono il

risultato di scelte deliberate e non di differenze produttive.

Oggi il termine “animazione” continua ad esistere ed indica anche un settore di

grande successo. L’animazione diventa come una cassetta per gli attrezzi: funziona

non come mezzo espressivo, ma come un insieme di tecniche multiuso che

confluiscono nel bacino di opzioni disponibili al designer/ regista. Ciò che una volta era

l’animazione è confluito nel metamedium computazionale. Questo nuovo ruolo

dell’animazione è ben illustrato dall’esempio del Universal Capture: metodo elaborato

per combinare riprese dal vivo e computer graphics. In questo metodo gli elementi

visivi di diversa natura sono fusi insieme per creare un nuovo tipo di immagine.

Sviluppo asimmetrico

La fotografia ha mostrato di essere un linguaggio resistente infatti è sopravvissuto a

ogni successiva ondata tecnologica e questo per la sua grande flessibilità in quanto le

fotografie si prestano facilmente a essere mixate con altre forme, come disegni,

immagini 2D e 3D. La fotografia domina la nostra cultura visuale: si tratta non tanto di

immagini pure, quanto di mutazioni e ibridi. Possiamo quindi affermare che la nostra è

una cultura fotografica. La fotografia costituisce solo lo strato iniziale del mix grafico

esattamente come nella grafica in movimento le riprese dal vivo sono subordinate al

linguaggio della grafica. In natura, nella società e nella cultura in cambiamento

avviene in diversi modi. Uni di essi è dall’interno: prima si modifica la struttura e in un

secondo momento la superficie si adegua al cambiamento. Finchè una nuova struttura

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non emerge ogni nuovo sistema di produzione inizialmente supporta le strutture

esistenti dell’organizzazione mediale. A partire dalla metà degli anni Cinquanta, la

computerizzazione della fotografia ha cambiato completamente la struttura interna

dell’immagine fotografica. Eppure la sua pelle, l’aspetto della fotografia, è rimasta

quasi la stessa, infatti presenta ancora la vecchia sovrastruttura fotografica su una

nuova infrastruttura computerizzata.

I film della serie di Matrix ne sono un esempio. I film raccontano della Matrice, un

universo virtuale retto dalle macchine. Esiste una perfetta simmetria tra noi spettatori

e gli abitanti della Matrice. La trilogia può essere anche interpretata come una visione

profetica di come saranno i videogiochi nel futuro. La chiave dell’universo visuale di

Matrix sono le nuove tecniche della computer graphics sviluppate nelle università e

negli studi di effetti speciali. Queste tecniche portano alle logiche conseguenze gli

sviluppo degli anni novanta, come il motion capture e spalancando nuovi scenari.

Come Matrix la vecchia infrastruttura fotografica è stata rimpiazzata da una nuova

infrastruttura informatica.

Simulare o campionare?

L’autore più famoso di Universal Capture, Jhon Gaeta, è tra i pochi ad aver attuato una

profonda riflessione sui nuovi metodi che ha inventato. Da un lato ne ha discusso il

ruolo come nuovi paradigmi per il cinema e l’entertainment, dall’altro ha elaborato

molti concetti e terminologie utili. Nel 1963 Lawrence G. Roberts pubblicò la

descrizione di un algoritmo in grado di costruire immagini in prospettiva lineare. Gli

spigoli degli oggetti erano rappresentati da linee: nel linguaggio attuale lo definiamo

wireframe. Nel giro di un decennio si svilupparono nuovi algoritmi per lo shading, ossia

la creazione di immagini ombreggiate. Tra la metà degli anni 70 e la fine degli anni 80

lo sviluppo della grafica computerizzata subì un’accelerazione. Tecniche fondamentali

apparvero a breve distanza l’una dall’altra.

Alla fine di questo periodo di creatività divenne possibile sintetizzare immagini di quasi

ogni oggetto. Per sintetizzare un’immagine della realtà era necessario simulare le

interazioni tra le sorgenti di luce, le proprietà dei materiali e quelle delle tecnologie di

ripresa. Un secondo postulato era che la realtà dovesse essere ricreata passo dopo

passo partendo da una tela bianca. Per ogni immagine e per ogni animazione si

ripeteva la storia della creazione biblica: prima bisogna creare la geometria, poi

scegliere le proprietà materiali di ogni oggetto e creatura, ora definire le luci e infine

lanciare il rendering della scena, osservare il risultato e ammirare la creazione.

Ma non ha ancora finito: bisogna aprire i menu per la definizione della fisica simulata.

La nostra situazione è diversa da quella della creazione del mondo in quanto stiamo

simulando un universo già esistente, cioè la realtà fisica. Gli sviluppatori intuirono che

invece di creare ogni volta una cosa da zero per via algoritmica si poteva campionarla

dalla realtà e incorporare questi campionamenti. Il texture mapping consente di

applicare a un modello 3D un’immagine bidimensionale digitalizzata. Il bump texturing

invece un’immagine bidimensionale e la utilizza per aumentare la complessità

geometrica del modello. Un artista può fotografare un muro reale, convertire

l’immagine in scala di grigi e poi inserirla nell’algoritmo di rendering. L’algoritmo

interpreta il valore di ogni pixel come l’altezza relativa alla superficie. Le tecniche

basate sul campionamento della realtà apparivano come soluzioni temporanee, da

impiegarsi in attesa di opportuni algoritmi o dell’hardware adeguato. I campionamenti

della realtà raramente si adattavano alle immagini algoritmiche e obbligavano a

ritocchi manuali.

Costruire la Matrice

Non solo ogni immagine simulata deve possedere una coerenza interna, ma deve

anche armonizzarsi con la fotografia del film. L’universo simulato e l’universo dal vivo

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devono essere congruenti. Dopo essere apparse per la prima volta al cinema nel 1980,

la computer graphics è stata impiegata nel decennio successivo come elemento

secondario in molti film. La situazione iniziò a cambiare nei primi anni novanta.

All’interno dei film pionieristici i protagonisti erano personaggi generati al pc. I

protagonisti digitali interagivano con ambienti e attori ripresi dal vivo. Questi

personaggi sintetici erano inseriti in un universo dal vivo prodotto dalla cattura del

mondo tramite una cinepresa ottica. Il mondo simulato veniva inglobato nel mondo

catturato e i due dovevano essere perfettamente congruenti. L’intuizione di Gaeta è

stata che il modo migliore per allineare l’universo dal vivo e quello sintetico era

costruire un unico, nuovo universo. Il procedimento smonta la realtà fisica per poi

ri-assemblare via software gli elementi in una nuova rappresentazione sintetica. Il

risultato è un nuovo tipo di immagine che presenta una struttura interna del tutto

nuova. L’Universal Capture è stato creato e raffinato nel corso di tre anni, tra il 2000 e

il 2003. Come primo passo si registra la performance( tutto quello che un attore dirà o

farà durante il film e le sue espressioni facciali) di un attore utilizzando cinque

cineprese ad alta risoluzione. In seguito, attraverso algoritmi, si tracciano i movimenti

di ogni pixel di ciascun fotogramma. Questi dati sono combinati con un modello

tridimensionale del volto dell’attore, ottenuto catturandone un’espressione neutra con

uno scanner tridimensionale. Il risultato è un modello tridimensionale animato che

ricrea la geometria della testa dell’attore durante la performance. Una volta che tutti i

dati sono stati estrapolati, allineati e combinati, il risultato è un umano virtuale:

un’accurata ricostruzione tridimensionale della performance. Il fatto che la

performance sia ora un oggetto tridimensionale in uno spazio virtuale significa che il

regista può inquadrarla da qualsiasi angolo attraverso la cinepresa virtuale, così come

può modificare in tempo reale l’illuminazione e applicare la testa 3D dell’attore su un

corpo generato in computer graphics. I personaggi della scena nota come Burly Brawl

sono stati creati combinandole teste degli attori protagonisti, generate con Universal

Capture, su corpi sintetici, costruiti con il motion capture, di altri attori. Poiché sia il set

che i personaggi erano sintetici, i registi hanno potuto utilizzare coreograficamente la

cinepresa virtuale. Total capture era una tecnica con cui si catturano tutte le

informazioni da un oggetto o una scena utilizzando tutti i metodi disponibili con le

attuali tecnologie. Le varie dimensioni della realtà sono catturate separatamente e poi

assemblate in una rappresentazione dettagliata e realistica. Il Total Capture è diverso

dall’animazione per fotogrammi-chiave e dalla modellazione fisica. Nel primo caso un

animatore indica soltanto i passaggi-chiave in movimento di un modello

tridimensionale e lascia che il computer calcoli i fotogrammi intermedi. Nel secondo

caso tutta l’animazione è creata dal software attraverso la simulazione della fisica in

movimento. Spesso i due metodi sono combinati. La tecnica della modellazione fisica

aveva dato i suoi risultati più impressionanti ne “Il signore degli anelli: il ritorno del re”

in una scena di battagli che coinvolgeva decine di migliaia di soldati virtuali guidati dal

software Massive. Ogni soldato virtuale poteva vedere il terreno e gli altri soldati ed

era dotato di una scala di priorità e di un cervello, ossia di un’intelligenza artificiale in

grado di determinare le azioni sulla base degli input sensoriali e delle priorità. Massive

non deve funzionare in tempo reale e può quindi creare scene con decine o centinaia

di migliaia di personaggi dotati di comportamento realistico. L’Universal Capture

campiona la realtà. Successivamente brevi performance di attori confluiscono in una

libreria da cui i registi possono attingere per costruire una scena. Sebbene il team di

Gaeta non abbia mai usato forme di intervento manuale sull’animazione per

aggiustare il movimento facciale di un attore, poteva intervenire su ritmo e durata

come nell’esecuzione di una partitura. Nel nostro caso s

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
36 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher EMANULEA90 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Teorie e tecniche della comunicazione di massa e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi dell' Insubria o del prof Bellavita Andrea.