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PARTE SECONDA: LA LUNGA SERIALITA’ TELEVISIVA

CAPITOLO DUE – QUESTIONI DI DEFINIZIONE

La soap opera è un racconto televisivo infinito che tratta di tematiche

amorose/sentimentali e presenta personaggi e situazioni spesso poco credibili nella

loro ostinazione a perseguire la felicità di coppia. Riferito a situazioni quotidiane il

termine indica una situazione di coppia eccessiva, irreale, piena di colpi di scena ma

che non sembra prevedere alcuno scioglimento finale. Il senso comune evidenzia solo

le caratteristiche superficiali di questo genere complesso e particolare. Uno sguardo

più attento di quello che solitamente si riserva alla lunga serialità svela che ciò che

indica un oggetto ben diverso da quello designato con lo stesso termine negli Stati

Uniti, in Gran Bretagna e in gran parte del mondo non solo occidentale.

2.1 Ambiguità semantiche

La soap opera è considerata un prodotto televisivo americano, il programma simbolo

della cultura televisiva d’oltreoceano, improntata alla spettacolarità a scapito dei

contenuti. A causa di questo atteggiamento critico sia verso il programma sia verso le

coordinate della cultura che lo produce, la sua diffusione in Europa è stata spesso

considerata tra le espressioni più evidenti dell’imperialismo culturale americano. Nella

cultura televisiva europea, la finalità commerciale della soap opera, la banalità dei

temi, l’interruzione da parte della pubblicità, l’impressione che gli investimenti per

produrlo siano molto inferiori rispetto ad altre tipologie di programma, la recitazione e

così via, rimandano all’opposizione storica tra sistema televisivo pubblico, improntato

alle logiche della qualità, e sistema televisivo privato, basato sull’idea di consumo e di

profitto e su un palinsesto costruito su una maggioranza di programmi di facile e baso

intrattenimento. In Italia parlare di soap opera significa riferirsi a Beautiful. Beautiful e

soap opera sono considerati sinonimi e indicano un racconto lentissimo e infinito,

basato su intrecci sentimentali inverosimili e spesso incestuosi, senza adesione al

mondo reale. Beautiful è seguito quotidianamente da cinque milioni di spettatori da

più di dieci anni. All’evidente gradimento degli spettatori corrisponde un giudizio

negativo della critica, rinforzato anche dall’eredità delle telenovelas sudamericane che

hanno riempito i palinsesti della televisione commerciale italiana per tutti gli anni

ottanta al punto che nel linguaggio comune è frequente l’impegno del termine

telenovela per indicare una soap opera. Il pregiudizio culturale sul genere si è andato

rafforzando su un doppio versante: quello della condanna delle logiche commerciali e

incuranti della qualità che sembrano caratterizzare tutti i prodotti di provenienza

statunitense e quello dell’ancor più duro ostracismo nei confronti della lunga serialità

sudamericana di cui si sono sottolineate le caratteristiche negative (mancanza di

aderenza alla realtà, lunghezza di dialoghi e situazioni, atmosfera melodrammatica e

approssimazione delle scenografie). Sia la soap opera statunitense sia la telenovela

sono due delle possibili declinazioni in cui si articola il più vasti ambito della lunga

serialità televisiva. La soap opera americana è approdata in Italia negli anni ottanta, a

seguito di Dallas. Sulla scia del suo enorme successo di pubblico si sono succedute

sugli schermi di Rai e Mediaset numerose produzioni statunitensi, molte delle quali

sono tuttora in onda con ascolti significativi: da Sentieri a Quando si ama, da Capitol a

Febbre d’amore. Ma è Beautiful a rappresentare in Italia l’archetipo della soap opera.

Tuttavia negli Stati Uniti Beautiful può essere considerato una eccezione al genere

soap. È un prodotto pensato per l’esportazione, nonostante ottenga un buon successo

di pubblico anche nel paese di origine, struttura narrativa e formato sono il risultato di

un adattamento del genere alle esigenze dei mercati esteri a differenza di quanto

accade per i numerosi altri prodotti del soapscape statunitense i quali, non a caso, non

riscuotono il medesimo successo di pubblico in ambito internazionale. Quella che per

noi italiani rappresenta l’archetipo della soap opera, di fatto è solo una delle possibili

declinazioni della soap opera statunitense e forse la meno rappresentativa. I prodotti

televisivi che vengono accorpati sotto questa etichetta si rivelano un insieme tutt’altro

che omogeneo, prevalentemente per il fatto che formati, tematiche e contenuti

comuni vengano di volta in volta adattati al contesto culturale di provenienza e di

consumo. La nascita recente di prodotti nazionali di lunga serialità, definiti dal

linguaggio comune come soap opera, rende necessario chiarire caratteri e contenuti

per svincolare questi prodotti dallo stereotipo negativo legato al genere. La parola

fiction, di matrice anglosassone, nei paesi d’origine non definisce la stessa area

semiotica che viene attribuita in Italia. Nel nostro contesto culturale fiction sta a

indicare i prodotti televisivi caratterizzati dalla predominanza del codice narrativo e di

contenuti finzionali, mentre negli Stati Uniti e in Gran Bretagna per indicare la

medesima area semantica si utilizza il termine drama in tutte le possibili declinazioni.

Il termine fiction, per gli anglosassoni definisce i prodotti letterari e non il racconto

audiovisivo. La sua persistenza nel linguaggio comune può indicare da un lato

l’impossibilità di trovare un’espressione immediata che individui l’ambito di questione.

Dall’altro lato la sua intraducibilità mette in evidenza come il passaggio di significati

da una cultura all’altra venga arricchito di contenuti autonomi e originali, estranei al

contesto da cui il termine proviene.

2.2 La lunga serialità come espressione del national drama

La lunga serialità televisiva permette di articolare i contenuti narrativi con modalità

che non appartengono a nessun altro formato della fiction. La ritualità

dell’appuntamento quotidiano o plurisettimanale crea un rapporto fiduciario solido con

il pubblico; la collocazione di palinsesto per lo più nel daytime costituisce un’audience

specifica sia per gusto che per modalità di fruizione; i contenuti vicini alla sfera

emotiva/sentimentale o relativi ad un privato non problematizzato ma rilassante e

distensivo, favoriscono il coinvolgimento nelle storie narrate più che l’identificazione

con i personaggi. L’andamento quotidiano delle storie e il protagonismo policentrico

che le caratterizzava creano una familiarità di fruizione che si traduce in una modalità

originale, che è stata ricondotta al piacere del pettegolezzo e alla vicinanza con i

personaggi e le loro storie. La lunga serialità è lo spazio narrativo televisivo che meglio

esprime e sviluppa le caratteristiche del national drama, quelle figure dell’immaginario

collettivo prodotte da una cultura che riflesse sulla propria quotidianità e costruisce su

di esse un racconto familiare e prossimo la cui chiave di lettura è costituita

dall’aspetto relazionale e privato. La lunga serialità riesce a costruire un mondo

parallelo. L’assenza di un prodotto italiano di lunga serialità fino alla metà degli anni

novanta ha impedito la riflessione su questo particolare formato televisivo.

L’importanza strategica di Un posto al sole è stata evidenziata positivamente non

tanto dalla stampa italiana quanto da fonti anglosassoni. Il Wall Street Journal valuta

positivamente questo drama. La rilevanza della lunga serialità non è tipica solo del

mondo anglosassone. In India nel 1987 debuttò Ramayan, programma che segnò il

primo tentativo da parte della rete televisiva governativa di affrontare l’adattamento

in forma seriale di una delle grandi narrazioni epiche e religiose nazionali. Inizialmente

l’epica era stata ridotta in 52 episodi di 45 minuti ciascuno. Grazie al successo di

pubblico la programmazione venne estesa ad un numero triplo di episodi seguiti a

distanza di qualche mese da un sequel basato sul contenuto del settimo libro.

Ramayan divenne in poco tempo il programma di maggior successo trasmesso in

India. Nella Cina post-Tienanmen un melodramma televisivo di 50 puntate ottenne

molto successo: Ke Wang, la storia delle lotte e degli amori di due famiglie nell’arco di

venti anni, dalla fine della rivoluzione culturale degli anni ottanta, eclissò il resto della

programmazione televisiva e dovette essere trasmetto ogni sera con puntate di tre ore

ciascuna, esaurendo in un mese gli episodi. Culture diverse manifestano uno stesso

bisogno di costruire un racconto elettronico quotidiano, articolato in forme e contenuti

tipici ed esclusivi. È in questa prospettiva che intendo collocare l’analisi della lunga

serialità italiana, come luogo in cui è possibile rintracciare manifestazioni dell’identità

nazionale. Il termine soap opera si rivela troppo riduttivo. Diverse culture aderiscono il

lessico a formati e contenuti mediali indigenizzati: in francese si chiama feuilleton, in

inglese serial drama. I tentativi di italianizzare il termine soap opera praticati fino a qui

non sono soddisfacenti: termini italiani come teleromanzo o sceneggiato sono

inadeguati a descrivere il prodotto. Il termine serial continuo da un lato rispetterebbe

il debito verso la cultura anglosassone da cui il prodotto deriva e dall’altro vi

assocerebbe una componente italiana. Un posto al sole rappresenta l’identità ibrida

del nostro panorama televisivo. Parlare di soap opera riferendosi a prodotti

statunitensi, anglosassoni, francesi, italiani, sudamericani o altro significa indicare

oggetti diversi tra loro che declinano alcune coordinate comune adattandole al

linguaggio e alle aspettative del proprio pubblico oltre che alla struttura dei sistemi

televisivi. Anche in ambito anglosassone il dibattito sul tema è vivace: numerose

definizioni di cosa si intenda per soap opera sono state avanzate e discusse in ambito

accademico.

2.3 Alcune definizioni

Il termine soap opera è nato negli Stati Uniti negli anni trenta per descrivere un

prodotto mediale creato allo scopo di pubblicizzare prodotti per la pulizia della casa.

Un’altra interpretazione ha associato il termine opera al melodramma, genere dal

quale la soap delle origini ha mutato parte dei propri contenuti. La modalità di

narrazione continua, giorno dopo giorno, è la caratteristica più evidente del genere. Il

serial continuo è stato spesso definito una narrazione illimitata e in quanto tale

inverosimile e dannosa. I creatori di soap sono esperi nel trovare delle azioni senza

scopo che servono

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
15 pagine
4 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher EMANULEA90 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Teorie e tecniche della comunicazione di massa e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi dell' Insubria o del prof Bellavita Andrea.