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CONCLUSIONE

Democratizzare la televisione?

La politica della partecipazione

Nel 2005 l'ex vicepresidente democratico Albert Gore contribuì al lancio di una nuova

emittente televisiva giornalistica via cavo, “Current”. L'obiettivo dichiarato del nuovo

network era promuovere la partecipazione attiva dei giovani: agli spettatori, cioè, non

veniva solo richiesto il consumo dei programmi offerti, ma anche di collaborare alla

loro realizzazione, selezione e distribuzione. Secondo una stima effettuata dalla rete

tv, il 25% dei contenuti che trasmetteranno saranno opera dei suoi spettatori, infatti i

produttori mediatici amatoriali caricheranno i loro video digitali sul sito web, i visitatori

valuteranno ciascun singolo contributo, e quelli che riceveranno il maggiore

gradimento saranno trasmessi.

Ancora prima di aprire le trasmissioni, la promessa fatta da Current di “democratizzare

la televisione” divenne un tema centrale nei dibattiti sulla politica della

partecipazione. Sostanzialmente ci si interrogava su quattro punti fondamentali, cioè

se Current sarebbe stata democratica:

• nei contenuti, concentrandosi sui generi di informazione di cui una società

democratica ha bisogno per funzionare;

• negli effetti, mobilitando i giovani verso una partecipazione più attiva al

processo democratico;

• nei valori, promuovendo il discorso razionale ed un senso più forte di contratto

sociale;

• nei processi, allargando l'accesso ai mezzi di produzione e distribuzione

mediatica;

Ma molti si spinsero oltre nel dibattito, sostenendo che le pressioni economiche, la

richiesta di soddisfare gli inserzionisti e di placare gli azionisti, avrebbero impedito a

qualsiasi rete commerciale di raggiungere il livello di democrazia promesso da Gore.

Come c'era chi si chiedeva perché, in una società dive prosperavano blog, social 26

network ed altro, qualcuno avrebbe dovuto avere bisogno della tv per pubblicare i

propri contenuti. Altri hanno invece espresso il loro disappunto per l'approccio

volontaristico del network: gli amatori avrebbero proposto la pubblicazione dei propri

contenuti ed in caso di accettazione avrebbero ricevuto un compenso; questo,

secondo loro, renderebbe Current poco più che un canale di pubblico accesso. Da

parte sua il network si trincerava dietro la scusa del “work in progress”, facendo del

suo meglio per democratizzare un medium tenendo conto dei vincoli del mercato.

Quello che invece, a partire dal 2005, fece la BBC, fu esattamente il contrario. La rete

cominciò a digitalizzare buona parte dei contenuti in archivio per renderli acquisibili in

streaming dalla rete. Quindi, se il percorso di Current andava dal web – dove molti

potevano scambiarsi le loro creazioni – ai media broadcast – dove tanti utenti

potevano usufruire delle creazioni di pochi, gli sforzi della BBC si dirigevano invece

dalla parte opposta: all'apertura del contenuto televisivo agli impulsi più partecipativi

che danno forma alla cultura digitale.

Entrambi le reti, in un certo senso, promuovevano ciò che il libro chiama “cultura

convergente”. La convergenza rappresenta un cambio di paradigma: il passaggio da

contenuti specifici per un medium a contenuti che fluiscono su più canali mediatici, ad

una maggiore interdipendenza dei sistemi di comunicazione, a modalità molteplici di

accesso ai contenuti ed, infine, a relazioni ancora più complesse fra i grandi media e la

cultura partecipativa. Nonostante la retorica sulla “democratizzazione della

televisione”, tale passaggio è guidato da interessi economici, non dalla missione

sociale di conferire più potere al pubblico. Le aziende dei media vedono con favore la

convergenza per vari motivi: perché le strategie basate su di essa sfruttano i vantaggi

della conglomerazione mediatica, perché crea molti modi di vendita dei contenuti agli

utenti, perché rafforza la fedeltà dei consumatori. In alcuni casi la convergenza viene

addirittura spinta dalle grandi aziende come occasione per plasmare il comportamento

dei consumatori, mentre in altri casi, essa è volontà dei consumatori, che richiedono

alle imprese una maggiore attenzione riguardo i loro gusti ed i loro interessi. Tuttavia,

al di là delle diverse motivazioni, la convergenza sta cambiando le modalità operative

delle imprese mediatiche, nonché la percezione che ha la gente della propria relazione

con i media. Molti imprenditori sono dell'avviso che, la ragione principale per cui la

televisione non potrà continuare ad operare secondo le vecchie modalità, è che i

broadcaster stanno perdendo i loro spettatori più giovani, i quali si aspettano di

esercitare una maggiore influenza sui media che consumano.

I media personalizzati erano uno degli ideali della rivoluzione digitale nei primi anni

novanta: secondo molti i “media digitali” ci avrebbero liberato dalla tirannia dei mass

media, permettendoci di accedere solo al contenuto che avremmo reputato

personalmente interessante. Gilder, teorico del digitale, sostenne che le proprietà

intrinseche del computer spingevano per una personalizzazione e decentralizzazione

crescente, l'era dei contenuti personalizzati ed interattivi, sosteneva egli, ci avrebbero

lanciato in “una nuova età dell'individualismo”. Al contrario, tuttavia, il libro ha

sostenuto che la convergenza incoraggia la partecipazione e l'intelligenza collettiva,

rendendo possibili nuove forme di collaborazione. Secondo Lévy, al culmine del suo

utopismo, il potere emergente della partecipazione fungerà da correttivo robusto

contro quelle fonti di potere tradizionali, anche se esse cercheranno di reindirizzarlo

verso i propri fini.

Adesso quello che dobbiamo fare è, più che altro, capire come è perché gruppi con

diversi background, agende, prospettive e conoscenze, possono ascoltarsi a vicenda e

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collaborare nella realizzazione di un obiettivo condiviso, anche perché stiamo a

malapena riuscendo a renderci conto di come applicare le nostre abilità partecipative

nella relazione con l'intrattenimento commerciale.

Tra gli ultimi anni ottanta ed i primi anni novanta gli studiosi attribuivano alle comunità

di fan un ruolo marginale, considerandoli semplici seguaci di un prodotto; nell'ultimo

decennio, invece, il web ha portato questi consumatori dai margini al centro del

mondo dei media, fino a farli diventare gli odierni “consumatori ispiranti” di Roberts.

Oggi potremmo guardare alle strutture delle comunità di fan come esempi di nuovi

modi di pensare il civismo e la collaborazione. Gli effetti politici di queste non sono

conseguenza semplicemente della produzione e circolazione di nuove idee, ma anche

dell'accesso a nuove strutture sociali (intelligenza collettiva) e di nuovi modelli di

produzione culturale (cultura partecipativa).

Il libro potrebbe essersi spinto un po' troppo oltre, forse attribuendo un po' troppo

potere a queste nuove comunità di consumo, ma l'autore preferisce di gran lunga

questa impostazione piuttosto che quella dei pessimisti critici come Miller, Chomsky e

Mc Chesney, i quali si concentrano soprattutto sulle difficoltà di realizzare una società

più democratica. Infatti, nel farlo, spesso esagerano il potere dei grandi media per

impaurire e spingere all'azione i loro lettori; così facendo, anche se potrebbe sembrare

che li invitino a mobilitarsi, tolgono potere ai consumatori. Più volte, questa versione

del movimento per la riforma dei media ha ignorato la complessità del rapporto fra

pubblico e cultura popolare, finendo per appoggiare gli oppositori di una cultura più

variegata e partecipativa. La politica dell'utopismo critico è fondata sulla nozione di

responsabilizzazione, mentre quella del pessimismo critico su quella di vittimizzazione:

la prima analizza ciò che facciamo con i media, la seconda si occupa di ciò che i media

fanno con noi. Come è già accaduto per le rivoluzioni del passato, il movimento per la

riforma dei media acquista slancio quando la gente si sente più responsabile, non più

debole.

La politica della partecipazione parte dal presupposto che possiamo disporre di un

maggiore potere di negoziazione collettiva se ci riuniamo in comunità di consumo.

Prendiamo come esempio Sequential Tart: nato nel 1999 è un gruppo di difesa delle

consumatrici frustrate dal mondo dei fumetti, che storicamente le ha del tutto

trascurate o trattate con sufficienza. Loro difendono il piacere della lettura dei fumetti

da parte delle ragazze, criticando la rappresentazione negativa del genere femminile,

presentano le pratiche produttive che attraggono e disgustano le donne e facendo

luce sul lavoro di piccole case editrici che riflettono i gusti del suo pubblico. Le

Sequential Tarts sono sempre più corteggiate da editori e artisti che pensano di avere

contenuti interessanti per questo tipo di pubblico, ed hanno contribuito a far si che gli

editori maggiori fossero più attenti a questo mercato prima quasi ignorato. Questo

gruppo rappresenta una nuova tipologia di gruppi in difesa dei consumatori, che

spinge per la diversificazione dei contenuti e stimola i mass media ad avere più

considerazione dei loro consumatori. Ciò non vuol dire che i media opereranno mai

davvero secondo principi democratici, le grandi imprese, infatti, non hanno bisogno di

condividere i nostri ideali per cambiare le loro pratiche, la loro motivazione è

l'interesse economico. Quello che occorre è un'azione collettiva che cambi la natura

del mercato, perché così facendo è possibile mettere sotto pressione le imprese

affinché cambino i loro prodotti ed i modi di relazionarsi con i consumatori.

Nelle aziende che si occupano di intrattenimento si fa un gran parlare, in questo

periodo, di quella che vine chiamata “la coda lunga”: poiché i costi di distribuzione si

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abbassano, gli editori possono mantenere in circolazione un numero crescente di titoli

di catalogo e le comunità di nicchia possono usare il web per mobilitarsi in favore dei

prodotti di loro interesse. In questo scenario faranno maggiori profitti quelle imprese

che sapranno generare la più ampia varietà di contenuti, rendendoli disponibili ai

prezzi più ragionevoli. In questo modo i prodotti di nicchia hanno più possibilità, nel

tempo, di trasformarsi in fonti di profitto. Il modello della coda lunga presuppone un

consumatore di media sempre più consapevole, che si procurerà da sé i contenuti di

proprio interesse e li consiglierà agli amici.

I produttori di televisioni cult hanno comin

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A.A. 2013-2014
39 pagine
6 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher EMANULEA90 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Teorie e tecniche della comunicazione di massa e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi dell' Insubria o del prof Bellavita Andrea.