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Abbiamo visto come l’ordine di reazione complessivo è dato dalla somma
degli ordini di reazione rispetto a tutte le specie chimiche che sono coinvolte
nell’espressione cinetica. Per conoscere l’ordine di una reazione occorre
quindi determinare la dipendenza della sua velocità da ciascuna di queste
specie.
In pratica, nello studio di reazioni in cui siano implicate più di una specie, si
prepara una miscela di reazione in cui tutti i reagenti sono in eccesso molare
rispetto ad un solo reagente. Modificando la concentrazione di quest’utimo, si
determina l’ordine di reazione rispetto allo stesso. Con successivi esperimenti
si determina l’ordine di reazione rispetto a ciascuna delle altre specie
chimiche coinvolte. Per es., si abbia:
A + B C.
Supponiamo che l’espressione cinetica sia: v = k[A][B], caratteristica di una
reazione di secondo ordine. Per verificarla ci si può mettere nella condizione
in cui la concentrazione di A sia molto maggiore di quella di B: [A] >> [B].
Si può quindi considerare che la concentrazione di A non vari
apprezzabilmente durante il corso della reazione. In altre parole: k[A] = k’ e
quindi v = k’[B], che rappresenta una reazione di primo ordine in B. Dopo
aver verificato sperimentalmente la validità di questa espressione si può
determinare l’ordine di reazione per la sostanza A ponendosi in condizioni in
cui sia B ad essere presente in concentrazione molto maggiore di A.
Teoria delle collisioni e degli urti efficaci
L’ovvia premessa della teoria delle collisioni è che, se in un processo si
verifica una reazione fra le specie chimiche A e B, queste debbono, quanto
meno “incontrarsi”. In aggiunta, la teoria delle collisioni prevede che un
singolo processo di reazione si possa verificare solo se l’urto tra molecole di
reagente è efficace, cioè se l’energia cinetica scambiata nella collisione è
uguale o superiore all’energia necessaria per rompere specifici orbitali
molecolari dei due reagenti, consentendo la formazione di dei nuovi orbitali
molecolari presenti nei prodotti.
Fatta questa premessa, possiamo considerare una reazione generica tra due
sostanze A e B. Poiché il numero di urti tra le molecole di A e B è
proporzionale alla loro concentrazione, possiamo scrivere:
frequenza delle collisioni = K[A][B]
Se ogni collisione fosse efficace potremmo concludere che la costante di
questa relazione è uguale alla costante di velocità specifica k. Tuttavia è
facile rendersi conto che non tutti gli urti sono seguiti da una reazione (se
così non fosse, dato l’elevato numero di urti che comunque avvengono
nell’ambiente di reazione, quasi tutte le reazioni sarebbero pressoché
istantanee).
Infatti soltanto quando le molecole che collidono possiedono un’energia
cinetica superiore a un certo valore minimo (che dipende dalla specifica
reazione) l’urto è seguito da una reazione. Quest’energia cinetica minima è
detta ENERGIA DI ATTIVAZIONE ed è indicata con E .
a
È possibile verificare (distribuzione di Maxwell) che la frazione (f) del numero
totale di molecole che possiede questa energia è funzione esponenziale della
temperatura, secondo l’equazione:
-Ea/RT
f = e
Se indichiamo con Z il numero totale di urti per unità di volume e unità di
tempo, il prodotto di questo per la frazione di molecole che possiedono
l’energia minima E ci dà il numero di urti la cui energia è sufficiente a dare
a
una reazione.
Si potrebbe quindi pensare che la costante di velocità specifica sia data da:
-Ea/RT
Z·e
L’esperienza dimostra però che non tutti gli urti che avvengono con sufficiente
energia sono seguiti da una reazione. C’è infatti un’ulteriore condizione che
deve essere soddisfatta. Gli urti devono infatti avvenire tra molecole
orientate in modo opportuno, in modo “stericamente” corretto.
Introduciamo quindi un fattore detto “fattore sterico” che tiene conto della
probabilità che l’urto avvenga con la giusta orientazione. Indicando questo
fattore con S possiamo scrivere:
-Ea/RT
k = S · Z · e
Oppure considerando S (fattore sterico, che tiene conto della probabilità che
l’urto avvenga con la giusta orientazione) e Z (numero totale di urti per unità
di volume e di tempo) costanti in quelle specifiche condizioni e indicando il
loro prodotto con A:
-Ea/RT
k = A · e , nota come EQUAZIONE DI ARRHENIUS, che mette in
evidenza la dipendenza della costante di velocità dalla temperatura.
Possiamo ora comprendere meglio il modo in cui la temperatura influenza la
velocità di una reazione. Solo le molecole con E ≥ E possono dar luogo alla
c a
reazione e per un aumento di temperatura di ca. 10°C il numero delle
molecole con energia cinetica superiore a E è circa raddoppiato. Da queste
a
considerazioni è evidente il motivo per cui la velocità di una reazione chimica
aumenta sempre con la temperatura.
L’equazione di Arrhenius ci offre un modo per misurare l’energia di attivazione
di una reazione chimica. Infatti, l’equazione di Arrhenius in forma logaritmica
risulta essere l’equazione di una retta: lnk = lnA - E /RT.
a
Riportando in grafico i valori di lnk in funzione di 1/T si ottiene una retta con
pendenza pari a - E /R e con intercetta (sull’asse delle ordinate) pari a lnA.
a
È ovvio che quanto maggiore è il valore dell’energia di attivazione tanto più
spiccata è la dipendenza dalla temperatura della velocità di reazione.
Può essere utile ricordare una forma alternativa dell’equazione di Arrhenius in
cui all’energia di attivazione viene sostituita la variazione dell’energia libera
di attivazione generalmente indicata come ΔG*:
-ΔG*/RT
k = A · e , e quindi:
lnk = - ΔG*/RT + lnA
Teoria del complesso attivato
La teoria delle collisioni è compresa in un principio più generale noto come
teoria del complesso attivato. Secondo tale teoria, quando due molecole si
avvicinano e iniziano a interagire, le lunghezze di legame si modificano
gradualmente finché si giunge a una particolare configurazione (che
possiamo pensare determinata dalla combinazione delle due molecole) detta
stato di transizione o complesso attivato. Se immaginiamo di seguire
l’andamento dell’energia potenziale delle due molecole durante in processo
potremo vedere che essa aumenta durante la formazione del complesso
attivato, la cui energia è pari all’energia di attivazione E , per poi decrescere
a
durante la formazione delle molecole dei prodotti e la loro separazione. Il
complesso attivato si trova a livello energetico superiore a quello di reagenti e
prodotti ed è a uno stato altamente instabile, caratterizzato da una geometria
e da una distribuzione particolare delle forze di legame tra le molecole
interagenti. Per la sua grande instabilità il complesso attivato esiste per un
tempo estremamente breve ed evolve subito verso la formazione dei prodotti
o retrocede per ridare i reagenti iniziali. I complessi attivati, quindi, non
possono mai essere isolati.
La generica reazione: A + B M + N avviene in uno solo stadio, cioè con la
formazione di un unico complesso attivato. Il decorso della reazione può
essere così schematizzato:
A + B (AB)* M + N
Il livello energetico dei reagenti (E ) è superiore a quello dei prodotti (E ).
1 2
Tuttavia la reazione non avviene se prima non è stata assorbita l’energia di
attivazione:
E = E – E
a 3 1
La velocità di reazione dipende dall’energia di attivazione ed è proporzionale
alla concentrazione del complesso attivato. Tanto minore è l’energia di
attivazione, tanto maggiore è il numero di molecole che possono formare il
complesso attivato e tanto maggiore sarà la velocità con cui A e B
reagiscono.
È importante sottolineare che la variazione energetica tra lo stato finale
(prodotti) e lo stato iniziale (reagenti): ΔE = E – E non comprende l’energia
2 1
di attivazione e quindi non riguarda la velocità con cui la reazione avviene. La
variazione energetica in questione rappresenta in questo caso l’energia
ceduta (reazione esoergonica) dal sistema nel passaggio dallo stato inziale a
quello finale.
Se si considera la reazione nel senso inverso:
M + N (AB)* A + B
la barriera energetica, cioè l’energia di attivazione, è maggiore essendo
uguale a:
E = E – E
a 3 2
In questo caso la reazione risulta endoergonica, essendo positiva la
variazione energetica tra stato finale e stato iniziale.
Cenni sui meccanismi di reazione
Per parlare di meccanismo di reazione dobbiamo prima introdurre il concetto
di molecolarità di una reazione. Con questo termine si intende il numero
delle specie chimiche che intervengono nella formazione del complesso
attivato. La molecolarità può coincidere o meno con l’ordine di reazione.
Quando la molecolarità coincide con l’ordine di reazione, questa viene detta
reazione elementare. In questo caso infatti l’ordine di reazione corrisponde
anche con la somma dei coefficienti stechiometrici dei reagenti. In genere, la
molecolarità coincide con l’ordine di reazione per quelle reazioni che
avvengono in un solo stadio e cioè attraverso la formazione di un solo
complesso attivato. È possibile avere reazioni mono-, bi- e trimolecolari.
Reazioni con molecolarità superiori sono altamente improbabili. Le reazioni
che coinvolgono più specie chimiche sono in genere caratterizzate dalla
presenza più stadi che, naturalmente, implicano la formazione di più
complessi attivati. Ogni singolo stadio sarà caratterizzato da un complesso
attivato e dalla formazione di un intermedio di reazione che si inserisce
come vera e propria specie chimica, isolabile tra i reagenti iniziali e i prodotti
finali. Inoltre ogni stadio rappresenta una reazione elementare per la quale
l’ordine di reazione coincide con la molecoarità e con i coefficienti
stechiometrici.
Per chiarire meglio, consideriamo una reazione generica che avvenga in due
stadi:
2 A + B C
Immaginiamo che la reazione avvenga secondo questa sequenza di reazioni
bimolecoari:
A + A I
I + B C
Se questo è il caso, la reazione è caratterizzata dalla presenza di due
complessi attivati (AA* e IB*) e da un intermedio di reazione (I).
In con