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PARTE TERZA - LA POST-PRODUZIONE

Finite le riprese comincia la fase della post-produzione, in cui il materiale accumulato viene organizzato per la presentazione al pubblico, quindi il film passa in sala montaggio, poi nei laboratori di sviluppo e infine viene consegnato alla distribuzione, per le operazioni di promozione e di lancio.

Sciolti le file della troupe, entrano in gioco in questa fase il montatore (editor) e il suo assistente (assistant editor). Oltre al montatore continuano a seguire il film il regista, il direttore di produzione e il direttore della fotografia. Il regista indirizza il montatore e il musicista, anche se la maggior parte delle volte la musica è già stata scelta in fase preliminare, poi con il produttore e l'ufficio stampa si organizza per la campagna pubblicitaria. Il direttore di produzione organizza le varie fasi di post-produzione, ovvero montaggio, missaggio ed edizione, e sottopone la copia definitiva alla commissione per

Il visto, deposita il film a norma di legge e rileva i dialoghi per un eventuale doppiaggio. Il direttore della fotografia segue la stampa definitiva del film occupandosi della posa delle luci.

Il montaggio è la terza tappa fondamentale della produzione di un film, le centinaia di inquadrature vengono riorganizzate e collegate fino ad assumere un ordine e un senso. I primi teorici del cinema vedevano nel montaggio la vera essenza artistica dell'arte cinematografica, poi il montaggio, in primis con Godard e Truffaut, diventa manipolazione giocosa e discorso intellettuale. Oggi il montaggio conosce un nuovo trionfo, anche grazie alla tecnologia digitale, che lo rende molto più semplice, così la lezione classica si è contaminata con l'avanguardia.

Strumenti e processi

Giunti al laboratorio di sviluppo e stampa, i negativi dei ciak giudicati buoni o riserve vengono sviluppati con un procedimento chimico analogo a quello della fotografia.

Se dal controllo del datore luci non emergono velature o difetti del negativo si procede al montaggio, che può avvenire in due modi, o con la moviola, oppure eseguire un telecinema e usare il computer. La moviola è un banco formato da sei/otto piatti rotanti, dotato di un dispositivo per leggere contemporaneamente le bobine dell'immagine e quelle del suono, l'assistente montatore effettua la sincronizzazione audio-video passando le due bobine in moviola. Le inquadrature sincronizzate vengono poi avvolte in una bobina e proiettate per un controllo, se la sincronizzazione è giusta la pellicola passa per una macchina numeratrice che ogni 15 fotogrammi stampa un numero progressivo. Alla moviola il materiale può essere visionato e montato nella cosiddetta copia lavoro: la pellicola, attraverso un sistema di rocchetti, scorre dai piatti di sinistra a quelli di destra, fino ad un prisma illuminato che proietta l'immagine su di un monitor, nello stesso modo.il nastro magnetico del suono aggiunge una testina di lettura che lo traduce in suoni. Le bobine posso scorrere in qualsiasi direzione e anche fermarsi. Quando il montatore ha deciso dove staccare segna il fotogramma e taglia la pellicola verticalmente, raccorda poi i due spezzoni con la giuntatrice, lo stesso processo avviene con il nastro magnetico, solo che quest'ultimo è in diagonale, così da rendere graduale il passaggio. Normalmente il montaggio avviene in due tappe, ma questo dipende dalla quantità di materiale da montare, di solito dopo le riprese si fa un primo assemblaggio di massima, in gergo rough cut, lasciando le inquadrature un po' più lunghe di quanto saranno alla fine. Se si monta attraverso computer il procedimento è totalmente diverso, partendo dal fatto che si tratta di un processo "non lineare". Il negativo non viene stampato su positivo, ma trasferito su un nastro Beta attraverso un sistema detto telecinema.

proietta la pellicola nell'obiettivo della telecamera. Un procedimento analogo avviene per il sonoro. Le immagini vengono così trasformate in files.

Materialmente la postazione è costituita da un'unità centrale di elaborazione, cui sono collegate alcune memorie aggiuntive e due o più monitor ad alta definizione. Il primo monitor è detto di archiviazione, in quanto raccoglie e organizza tutte le scene acquisite sotto forma di clip, che con il mouse possono essere selezionate e trascinate nel secondo monitor, di edizione, dove vengono posizionate una dopo l'altra sulla time line, qui l'ordine delle inquadrature può essere invertito in qualsiasi momento, ed è qui che avviene il montaggio vero e proprio. Sulla time line poi, sotto le tracce video, sono presenti almeno tre tracce audio, che si muovono in sincrono con quelle video. Questo sistema semplifica la ricerca delle inquadrature, accorcia le operazioni di

sincronizzazione e di taglio, ma soprattutto permette di sperimentare all'infinito, in quanto tutto quello che succede sulla time line non incide sui files originali e ancora di meno sulle scene in pellicola. I Time code poi sono i codici iniziali e finali delle varie inquadrature montate, e anche il software di montaggio produce una EDC (Edit Decision List), che è una lista di tutti i time code di tutte le scene montate e aggiunte sulla time line.

Le funzioni del montaggio

Come aveva intuito Ejzenstejn, il montaggio è un procedimento che trascende la tecnica cinematografica, e riguarda forse le modalità stesse della conoscenza umana. Il semplice fatto di allineare due immagini spinge lo spettatore a metterle in un qualche rapporto logico. Se al totale di una stanza facciamo seguire l'immagine di un uomo che apre una porta, automaticamente lo spettatore penserà che è la porta della stanza. Ora, se per montaggio intendiamo la messa in fila di

più inquadrature“incomplete” allo scopo di dare vita a un nuovo insieme possiamo distinguere varie forme e funzioni del montaggio:

  1. Funzione narrativa: è quella che dal collegamento delle inquadrature fa scaturire dei contenuti narrativi.
  2. Funzione concettuale: è legata al nome di Ejzenstejn, che teorizza un montaggio che non ha come fine la continuità realistica, ma la discontinuità, dallo scontro delle inquadrature deve nascere un significato astratto. L’esempio perfetto è la scena di Ottobre di Ejzenstejn, dove mette una dopo l’altra immagini senza collegamenti spazio-temporali, se non simboliche.
  3. Funzione ritmico-formale: il collegamento tra le inquadrature non è dettato da motivi di ordine logico o narrativo, ma dai rapporti spaziali di linee, colori, volumi, superfici. Ovviamente tutti i montaggi seguono delle regole di correttezza visiva, ma alcuni, come i film dell’impressionismo francese degli anni venti,

1) Funzione espressiva: si basano sull'esibizione dei giochi di forme.

2) Funzione descrittiva: istituisce tra i piani rapporti di ordine prevalentemente spaziali, le inquadrature vengono una dopo l'altra, non l'una a causa dell'altra.

Il montaggio narrativo

9.3. Il montaggio narrativo è quello in cui il legame tra le inquadrature ha come fine la costruzione di un mondo immaginario, cioè una sequenza spazio-temporale di avvenimenti in cui agiscono dei personaggi, una sorta di meccanismo di domanda e risposta, ogni inquadratura suscita una domanda alla quale solo l'inquadratura successiva può rispondere. Ovviamente le combinazioni sono infinite, basta invertire due inquadrature per cambiare il senso, o per suscitare curiosità diverse o emozioni diverse, si può variare il ritmo e la successione. Sono almeno due le forme in cui si può presentare il montaggio narrativo: come montaggio invisibile, o continuo, e come montaggio visibile, o discontinuo.

9.3.1.

Il montaggio invisibile Come si è detto, lo scopo del montaggio narrativo è costruire un mondo narrativo dove agiscono dei personaggi. Se si vuole che questo mondo risulti verosimile bisogna nascondere l'intervento del montaggio, facendo apparire come lineare e continuo ciò che in realtà è discontinuo e incoerente, è questo il montaggio invisibile, le sue caratteristiche sono le stesse della regia classica, chiarezza e comprensibilità, linearità e casualità e funzionalità. Un esempio perfetto è la sequenza tratta da Il grande caldo di Fritz. La scena si apre con un piano di insieme (estabilishing-shot), che informa lo spettatore di dove si trovano i personaggi e com'è fatta la stanza, seguono una serie di piani ravvicinati (break-down shots) che rappresentano i personaggi da vicino nel corso della conversazione (spesso, come in questo caso con un campo/controcampo), poi con un.

Carrello all'indietro abbiamo un altro mezzo totale (re-estabilishingshot), che informa lo spettatore di un nuovo elemento, ovvero del mobile dove il personaggio sta prendendo una bottiglia, dopodiché di nuovo campo/controcampo con piani ravvicinati, questa volta di quinta (seguendo così la regola del variatio) che introducono a un ultimo mezzo totale, chiuso poi dal primo piano del protagonista. Gli stacchi devono essere motivati, se uno stacco non serve, quasi sicuramente si nota.

Il montaggio invisibile opera innanzitutto sullo spazio, selezionando alcuni elementi significativi che vengono poi ricostruiti in un'unità orientata secondo gli assi destra/sinistra, davanti/dietro. In questo senso esso può procedere in due modi: far seguire a un piano d'insieme dell'ambiente una serie di inquadrature che lo frammentano, come l'esempio appena fatto; oppure allineare una serie di inquadrature che mostrano ciascuna una parte dell'ambiente.

In entrambi i casi però, perché le tessere del puzzle combacino, è necessario mettere in atto una serie di raccordi tra le inquadrature, raccordi realizzabili solo se in fase di ripresa sono state seguite le regole di continuità. Ecco i principali tipi di raccordi: 1) Raccordo sull'asse: si passa da un'inquadratura A ad un'inquadratura B ripresa sullo stesso asse e dalla stessa angolazione ma a una distanza diversa, o cambiando obiettivo. Per realizzare questo tipo di attacco non bisogna staccare tra due immagini troppo vicine, qui rientrerà in gioco la regola dei 30°, tuttavia anche spostamenti troppo decisi (di 90°) possono disorientare lo spettatore, rendendo necessari dei piani intermedi. 2) Raccordo di posizione: nello stacco da un'inquadratura a un'altra i personaggi e gli oggetti mantengono le stesse posizioni sullo schermo: ciò che era a sinistra rimane a sinistra e così via. Il raccordo di posizione

È complementare alla regola dei 180°, essendo praticabile solo se la scena è stata ripresa senza scavalcare la linea immaginaria.

Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
37 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/06 Cinema, fotografia e televisione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher aris7ide di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Cinematografia 1 e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Accademia di Belle Arti di Napoli - Accademianapoli o del prof Ce Giovanna.